- Il ventiseiesimo
ἦθος ἀνθρώπῳ δαίμων
Ho completato il Liceo Classico da conferenziere, in pratica.
Mi presentavo saltuariamente, tra un impegno e l’altro.
Alcune gesta dello scrivente riecheggeranno per l’eternità, tenendo conto del luogo -prima di allora sacro- dove sono state perpetrate.
Non un gran vanto, in verità.
Al netto della personale mancanza di tempo per frequentarlo seriamente, il Classico rappresenta di gran lunga la migliore scuola che si possa bazzicare se l’intenzione è quella di intraprendere un percorso realmente impegnato allo studio al fine di formarsi una cultura vita natural durante.
Tornando all’attualità: la frase in questione mi ha sempre intrigato moltissimo.
Tradotta in cento modi, tutti diversi, ed interpretata in almeno altri mille, ancor più variegati.
Emblema di estro e genialità.
D’altro canto si discorre di Eraclito, mica di … (aggiungete chi Vi pare).
Io la interpreto in due modi, quasi opposti eppure entrambi maledettamente affascinanti.
E forse, a ben riflettere, nemmeno troppo distanti l’uno dall’altro.
Dovendo scegliere, dinanzi ad un ipotetico plotone istituzionale, opterei per “l’indole dell’uomo ne determina il suo destino”.
Non è vero, o quantomeno non è sempre così, ma mi piace pensarlo.
E mi piace pensare pure il contrario.
Per questo adoro la massima di Eraclito.
Braccio destro, parte interna.
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