- Dentro o fuori
Uwe Rahn
Il campionato tedesco degli anni 70, 80 e 90 è stato foriero di personaggi veramente speciali.
Uno di essi, che molti ricorderanno come una meteora del calcio internazionale, è stato senza dubbio Uwe Rahn.
Il tipico crucco, all’apparenza.
Una faccione che può essere al massimo espressione di qualche montanaro che viene da una sperduta valle austriaca, a voler essere proprio generosi.
O, per l’appunto, è roba made in Germany.
E lui, Rahn, è tedeschissimo.
Nasce infatti a Mannheim, bella cittadina dall’atmosfera aristocratica, sita nella ridente regione del Baden-Württemberg, Germania sud-occidentale.
Siamo nel 1962 e di lì a poco inizieranno i Mondiali in Cile, dove sarà il fortissimo Brasile a trionfare.
Il Calcio entra ben presto a far parte della vita del piccolo Uwe, che a soli 8 anni è già protagonista tra i giovani del TSV Schönau, club della sua città natale dove muove i primi passi da calciatore.
Il ragazzino mostra doti interessanti e viene adocchiato dai vicini del SV Waldhof Mannheim -in quegli anni denominato Chio Waldhof 07, per ragioni di sponsorizzazione-, società di caratura superiore che dopo qualche anno ne rileva il cartellino e lo inserisce nel proprio dipartimento giovanile.
Rahn gioca da attaccante e non se la cava male neppure da mezzapunta.
La tecnica è notevole, il talento va sgrezzato ma tra gli addetti ai lavori della zona e tra i tecnici dell’SV l’impressione è che si tratti di un elemento destinato a raggiungere la fama.
Poco prima di diventare maggiorenne Rahn vince il campionato nazionale giovanile, subito dopo, passa al Borussia Mönchengladbach.
Per il ragazzo è la certificazione che la sua carriera sta spiccando il volo.
Il BM è una delle compagini più forti del paese ed è reduce da un decennio di trionfi, sia in patria che in Europa.
L’idea è quella di ricostruire un ciclo vincente: il mitico allenatore Udo Lattek ha firmato con il Borussia Dortmund ed è stato sostituito dal suo ex giocatore Jupp Heynckes, destinato a scrivere pagini memorabili di storia calcistica.
Uwe Rahn arriva in cambio di un bel premio valorizzazione e dell’incasso di una amichevole tra le due società interessate al suo trasferimento.
Viene acquistato insieme al talentuoso Wolfram Wuttke, prelevato dallo Schalke 04, ed al promettente Robby Langers, preso dall’Union Luxembourg, con l’intenzione di dare nuova linfa all’attacco dei “puledri” (Die Fohlen, come vengono soprannominati i renani).
Heynckes lo osserva attentamente nel ritiro estivo e lo lancia immediatamente tra i titolari, dandogli fiducia.
Al Bökelbergstadion, in quello che era all’epoca il tempio del BM, Uwe trasloca per ben 8 stagioni.
Il Borussia vive alcune annate di assestamento.
Nella prima stagione Rahn inizia da protagonista, come detto, poi viene utilizzato a sprazzi.
Ha bisogno di mettere minuti ed esperienza nelle gambe e nella testa, naturalmente.
Già dopo dodici mesi è una presenza fissa tra gli undici di partenza, schierato come centrocampista offensivo.
Difatti l’allenatore si è accorto della impressionante duttilità tattica del suo giocatore ed ha così deciso di utilizzarlo nella trequarti offensiva del suo team, di supporto al prolifico bomber Mill, preso dal Rot-Weiss Essen.
Idem la stagione successiva, anche se il Mönchengladbach incappa in una annata balorda, complice il pesante infortunio dello stesso Mill, costretto a fermarsi per oltre un anno.
In parte a metterci una pezza con i suoi gol è Reich, preso dal Wolfsburg.
Rahn continua a muoversi maggiormente da uomo-assist.
Nel 1983-84 arriva la svolta: Heynckes, che sta studiando per diventare il fenomeno che anni dopo andrà a vincere tutto, riesce finalmente a plasmare la squadra in maniera efficace e produttiva.
Il forte difensore-goleador Hannes guida la retorguardia, in mezzo domina la scena il giovane ma già fenomenale Lothar Matthäus, davanti Mill è tornato in piena efficienza e segna come un dannato.
Rahn agisce alle sue spalle ed anche al suo fianco, da seconda punta, e mette a segno una quindicina di reti.
Il BM chiude terzo per la differenza reti, con gli stessi punti di Stoccarda ed Amburgo e col rimpianto di aver gettato al vento varie occasioni per chiudere al primo posto in solitaria e vincere lo scudetto tedesco.
Matthäus sbaglia un rigore decisivo a poche giornate dalla fine contro il Francoforte e gioca malissimo le ultime gare del torneo, dopo l’annuncio del suo passaggio al Bayern Monaco al termine del campionato.
Contro i bavaresi fallisce pure un altro rigore, nella finale di Coppa di Germania, che finisce per andare ad arricchire ulteriormente la bacheca dei rivali.
Facile immaginare le polemiche che divampano, per mesi e mesi.
Smaltita la cocente delusione, Rahn e Mill continuano a far faville, coadiuvati dall’altro ottimo attaccante Criens.
Il Borussia finisce quarto, stavolta senza riuscire a lottare per il primato.
E più o meno va così pure un anno più tardi, quando al termine del calciomercato estivo Mill decide di accasarsi ad un altro Borussia, vale a dire quello di Dortmund.
Heynckes sceglie di puntare su Rahn come punta centrale, affiancandogli Criens in supporto permanente e schierando alle loro spalle il solido Hochstätter, con licenza di inserirsi in avanti per sfruttare gli spazi creati dai movimenti delle punte.
Uwe gonfia la rete in ben 24 occasioni vincendo il premio di calciatore dell’anno, guadagnandosi il titolo di capocannoniere e trascinando i suoi ad un onorevolissimo terzo posto in campionato, oltre che alle semifinali di Coppa Uefa (eliminati dagli scozzesi del Dundee United) e di Coppa di Germania (fuori per mano dell’Amburgo).
Un exploit, per il centravanti di Mannheim, che lo consacra come attaccante di razza e tra i migliori calciatori tedeschi del periodo.
Non si ripete a distanza di dodici mesi, sia per qualche infortunio che ne limita il rendimento, sia perché psicologicamente paga il mancato trasferimento al PSV di Eindhoven.
Gli olandesi, che proprio in quella stagione vinceranno campionato, Coppa d’Olanda e -udite udite- Coppa dei Campioni, debbono sostituire nientepopodimeno che il mitico Ruud Gullit, ceduto al Milan.
Rahn, sebbene con caratteristiche ben diverse da quelle del tulipano nero, è il prescelto.
Gli astuti orange, mercanti per eccellenza, offrono al Borussia circa cinque milioni marchi tedeschi.
I teutonici scoprono che il Milan gliene ha dati ben quindici per Gullit e replicano chiedendo la stessa cifra per Uwe.
Il quale è ormai con la testa già nei Paesi Bassi, quando l’affare salta definitivamente.
Gli stessi dirigenti tedeschi, successivamente, ammetteranno che non chiudere positivamente la trattativa è stato un errore, per tutta una serie di ragioni.
In panchina l’assistente Wolf Werner viene promosso capo allenatore, datosi che Jupp Heynckes decide di trasferirsi nella ricca e prosperosa Baviera, firmando col Bayern.
Fa un tentativo per portare il suo pupillo insieme ai suoi bagagli, ma l’affare non va in porto.
Uwe Rahn, forse un pizzico demotivato e spesso infortunato, vive così la peggiore stagione della propria carriera.
A fine anno le strade del Mönchengladbach e del calciatore sono destinate a dividersi.
Rahn sperava in una conclusione migliore, del rapporto.
Ci si è messa di mezzo anche la sfortuna, a dire il vero.
Nel 1986 viene convocato dal Kaiser Beckenbauer, per i Mondiali in Messico.
Dopo aver esordito due anni prima con una rete contro la Svezia, nel primo pallone giocato con la Fußballnationalmannschaft, Rahn ha poi faticato a trovare spazio in nazionale.
Il passaggio veloce nella Under 21 ed una partecipazione ai Giochi Olimpici di Los Angeles del 1984 (eliminazione contro la Jugoslavia, ai quarti di finale, per 5-2) gli danno una buona visibilità, confermata dalle prestazioni in Bundesliga con il suo club.
Gli infortuni di alcuni compagni gli spianano ulteriormente la strada per il mondiale, al quale egli stesso arriva per miracolo, dopo aver a sua volta recuperato in extremis da una fastidiosa lesione al legamento della caviglia destra, occorsagli mesi prima.
In Messico la Germania chiude alle spalle dell’Argentina di Re Maradona, ma Rahn non entra in campo neanche per un minuto.
Il giocatore è triste per non aver potuto mettere in bacheca il titolo più importante nella Storia del Calcio, ma apprezza comunque l’esperienza ed è onorato di aver rappresentato il suo paese in una kermesse di siffatta importanza.
Al termine dell’avventura capisce che la quindicina di gettoni raccolti con la canotta germanica non subirà incrementi di sorta.
Si chiude qui, la breve parantesi di gloria.
Uwe Rahn è stato un ottimo centrocampista d’attacco ed una interessante punta di complemento.
Per una certa fase della sua carriera si è trasformato anche in bomber di razza, centravanti vero e proprio, ma gli è mancata la continuità per entrare a far parte di quella élite di autentici campioni che restano impressi nella memoria collettiva degli appassionati.
In patria è considerato un calciatore completo, nonostante tutto: dotato di buon fisico, discreta tecnica, dribbling secco, eccellente visione di gioco ed apprezzabile senso della rete.
Qualche infortunio di troppo ne ha limitato la carriera, impedendogli di spiccare il volo definitivamente.
Il mancato passaggio ad un PSV che gli avrebbe regalato una intrigante esperienza all’estero -e che probabilmente gli avrebbe pure cambiato la bacheca e la vita- ha finito per stralunarlo dal punto di vista psicologico.
Una vera e propria sliding doors, senza alcun dubbio, al quale aggiungere la richiesta del Bayern Monaco poche settimane più tardi.
Uwe ha sempre militato in prima serie, in Germania, giocando oltre trecento gare e segnando più di cento gol.
Dato molto significativo: in Coppa Uefa ha una media di una rete ogni due gare (su oltre trenta) ed in Nazionale di una ogni tre partite (su pochi incontri, questo sì).
Numeri di rilievo e che raccontano con insindacabile evidenza le sue qualità, assolutamente.
Ottimo stacco di testa, bel destro, discreto sinistro, visione di gioco da centrocampista puro e/o centravanti di manovra, vecchio stampo, bravo pure a giostrare da prima punta.
Un attaccante a tutto tondo, egoista al punto giusto, che ha giocato innanzitutto per la squadra ed i compagni, facendo gruppo e seguendo le indicazioni dello staff tecnico, finendo per agire più spesso da centrocampista avanzato che da punta vera e propria.
Una storia singolare, la sua.
Oltre ai succitati infortuni, ha palesato alcuni limiti di personalità in alcuni frangenti della sua vita sportiva.
Un pizzico di cattiveria agonistica, meglio ancora se ferocia, avrebbe sicuramente giovato alla causa.
Si è giocato le sue carte, da dentro o fuori, ma forse non fino in fondo.
Chiusa la parentesi col BM il nostro Uwe resta in zona e per poco meno di due milioni di marchi -il costo del suo cartellino- si trasferisce all’ambizioso Colonia del tecnico Daum, col quale centra due secondi posti alle spalle dell’onnipresente Bayern Monaco.
La squadra gira discretamente, ma Rahn non trova la quadra definitiva e non riesce ad imporsi.
Il suo stato di forma è perennemente insoddisfacente e questo fa sì che il Colonia opti per la cessione all’Hertha di Berlino, neopromosso in prima serie.
Uwe fa le bizze, poi accetta la destinazione, datosi che le altre richieste pervenute ai renani riguardano compagini della cadetteria e lui non ha intenzione di scendere di categoria.
Nella capitale Rahn gioca a sprazzi, per quanto lo faccia abbastanza bene.
La squadra retrocede con largo anticipo e lui deve rifare le valigie, direzione Dusseldorf.
Col Fortuna le cose vanno ancora peggio ed ecco che si materializza la seconda retrocessione consecutiva, anch’essa con esito ampiamente annunciato.
Il calciatore pare avviato verso un inarrestabile declino, allorquando arriva la chiamata dell’Eintracht di Francoforte.
Società forte, che ha appena gettato alle ortiche la vittoria della Bundesliga.
Uwe arriva per garantire un tocco di esperienza nel reparto avanzato, con l’idea di essere utilizzato da mordi e fuggi, a gara in corso, magari per sbloccare certe partite che non ne vogliono sapere di prendere la giusta piega.
L’impegno non manca, ma ancora una volta il tentativo si rivela un flop.
A trenta anni belli che suonati la carriera di Uwe Rahn, perlomeno ad alti livelli, è conclusa.
Infortuni frequenti, con conseguenti cali di forma continui, e morale finito sotto i tacchi ne certificano l’assoluta inaffidabilità in un torneo competitivo come la Bundesliga.
Di accettare offerte al ribasso, tecnicamente parlando, non se ne parla.
All’estero oramai non ha più mercato, tranne che nell’esotico.
Ci pensa Beckenbauer, a risolvere la questione: il suo ex C.T. offre al giocatore la possibilità di trasferirsi in Giappone.
Esperienza sportiva e di vita, per tentare di rigenerarsi, fisicamente e mentalmente, oltre che di guadagnare bene e di tornare ad essere decisivo, seppure in un contesto ben meno competitivo rispetto a quello europeo.
In termini sportivi è l’ennesimo fiasco, una collezione oramai imbarazzante.
Gioca solo qualche match, senza incidere più di tanto.
Il suo connazionale Michael Rummenigge, fratello del più noto Kalle, se la cava decisamente meglio.
Alla fine dei due anni di contratto è ora di tornare a casa per entrambi.
E di chiudere col calcio giocato.
Uwe Rahn non ci pensa proprio a fare l’allenatore, sa bene di non essere portato.
Si prende un po’ di tempo per riflettere, poi segue la moglie Christl che lavora nell’ambito dell’insegnamento e che riceve una proposta di lavoro in Italia, dalle parti di Varese.
La coppia si ferma nello stivale per ben sei anni, poi si trasferisce in Belgio, per la stessa ragione di cui sopra.
Negli anni Uwe Rahn diventa quasi un soggetto da “chi l’ha visto”.
Per i media è il calciatore scomparso e nascono una marea di leggende metropolitane su di lui.
In realtà il buon Uwe si è semplicemente divertito a conoscere nuovi paesi ed a vivere una condizione per lui assolutamente nuova: godersi la vita senza avere i riflettori perennemente puntati addosso.
Da qualche anno è ritornato ad abitare in Germania, in Baviera.
Dopo aver patito qualche acciacco, si è ritrovato a dover lottare contro un cancro al colon.
Passato un comprensibile smarrimento iniziale, il nostro amico ha preso le redini della situazione ed ha sconfitto il mostro con forza e tenacia.
Inoltre si prodiga con passione ed impegno per sottolineare l’importanza della prevenzione.
Nel tempo libero si diverte ad investire nei mercati azionari ed a passeggiare per i boschi nei dintorni di casa sua.
Con la sua figurina al Mondiale del 1986 con quel caschetto biondo da scugnizzo teutonico, la versione tedesca di Nino D’Angelo o -per restare in tema- il Pietro Puzone della Ruhr (pardon, amico mio), per capirci, Uwe Rahn è entrato nelle simpatie di parecchi devoti alla pelota, incluso il sottoscritto.
Mezzo centrocampista e mezzo attaccante, ma mai mezzo giocatore.
E, soprattutto, simpatico, disponibile ed intelligente.
Vecchia scuola, insomma.
Uwe Rahn: dentro o fuori.