Unkle - Psyence Fiction
  • 1998

Unkle – Psyence Fiction

Troppo ambizioso o troppo pretenzioso?
Il confine, quando vi sono in ballo determinati contesti, può risultare estremamente labile.

Unkle è la denominazione di un collettivo musicale che vide la luce in UK, verso la metà degli anni novanta.
Il deus ex machina della compagnia è James Lavelle, talentuoso produttore che -giovanissimo- fonda la Mo’ Wax, una casa discografica dalla vita breve quanto intensa che contribuirà, a suo modo, a riscrivere la storia di svariati generi musicali in voga nel fine millennio scorso.

Con lui, inizialmente, vi sono un paio di amici.
Fin quando, con un improvviso colpo di spugna, James li mette gentilmente alla porta e riesce a coinvolgere nel suo progetto il geniale DJ Shadow, che ha da poco pubblicato un capolavoro di album –Endtroducing…..– , indiscutibile pietra miliare di chi ama certe sonorità elettroniche.

L’unione dei due succitati elementi partorisce Psyence Fiction, il debutto degli Unkle.

Unkle - Psyence Fiction

DJ Shadow, più tardi, racconterà la genesi dell’album: sofferta, contorta, tribolata.
Due anni di lavorazione e una forte ansia legata alle aspettative -notevoli- del mercato.


Invero al tempo si poteva disporre di un ragguardevole budget per lavorare in studio, proporre e promuovere un prodotto di valore e reinvestire parte dei guadagni per migliorare le strutture a disposizione e, possibilmente, salire ulteriormente di livello nella produzione.
Oggi si punta sui tour, soprattutto, oltre che sul marketing.
Il risultato è palese: minore qualità nei dischi, maggiore impatto “estetico” nell’offerta musicale.

La pressione che PF generò su DJ Shadow fu enorme: James Lavelle riunii a corte un gran numero di artisti di valore, occupandosi del management e del business ed organizzando conferenze stampa e feste come se non vi fosse un domani.
Nel mentre l’altro si deformava il mazzo in studio alla perenne ricerca del suono perfetto, sforzandosi di creare un ensemble coerente con l’idea -ambiziosissima- di rompere gli schemi e proporre un qualcosa che, quantomeno sino a quel momento, è chimera pura: ovvero un disco ove influenti personalità e generi diversi possano convivere senza controversie e, in particolare, senza apparire sconnessi e dilatati.

Oggi, ad un venticinquennio di distanza, è ancora tosta dire se l’intento sia stato o meno portato a termine.

Facendo un sunto, per il pubblico e la critica Psyence Fiction è sostanzialmente:
A- un capolavoro assoluto
B- un gran bel disco
C- un interessante concept album non perfettamente riuscito
D- un mediocre e troppo ambizioso esercizio di stile
E- una cagata pazzesca

La maggior parte dei giudizi ondeggia tra B, C e D.
Lo stesso DJ Shadow, nei panni di giudice esterno, si inserisce a metà tra la seconda e la terza opzione, con i pro e i contro che ne conseguono.
Pochi osano la A, in diversi puntano la E.
Io sono per la B, tendente più verso la A che la B.

Perché, volente o nolente, discorriamo di un lavoro seminale che ha lasciato tracce indelebili in molti suoi eredi.
Lavelle parte dall’ispirazione dei primi lavori dei Verve e ricerca una forma canzone matura in un insieme di suoni catartici che oscillano tra l’elettronica e il rock, dando ampio spazio a tutto ciò che la sua etichetta propone in una fase storica di assoluta complessità e mescolanza, per l’ambiente musicale.
Ambizione a tonnellate, tocca ripetersi.


Elettronica, trip hop, hip-pop, rock alternativo, sperimentale, indie, pop, breakbeat, new age, downtempo e altro ancora.
Dispersivo, secondo alcuni.
Intrigante, per altri.
Innovativo, secondo me.

Nel calcio mi attraggono le giocate estemporanee, soprattutto se figlie dell’osare con estro.
In musica, mi sovviene un parallelo concettuale con Saturnz Return di Goldie, che uscii nello stesso anno.

In Psyence Fiction ci sono dodici tappe di un viaggio estremamente affascinante.


In vetta si piazza Celestial Annihilation, senza discussioni.
Pezzo strepitoso, per ritmo ed intensità.

Rabbit in Your Headlights conquista la piazza d’onore.
Thom Yorke anticipa i Radiohead più Radiohead di sempre, quelli Top, interpretando il brano con una carica emozionale che disintegra qualsivoglia difesa immunitaria.
Si ascolta, si erra, si vibra.
Alto livello.

Bloodstain (con la voce di Alice Temple) segue a ruota e chiude il podio con merito.

Notevoli pure Lonely Soul, con un Richard Ashcroft vigoroso ed al servizio della squadra.
Unreal, contorta e coinvolgente.
Nursery Rhyme / Breather, dove Badly Drawn Boy inizia a dar sfoggio del suo talento.
Chaos, col piano di sua maestà Mark Hollis ad accompagnare le suadenti melodie interpretate dalla francese Atlantique Khanh.
U.N.K.L.E. Main Title Theme, campionature d’annata e tappeto sonoro cinematico.
Niente male la conclusiva Be There, in realtà una bonus track, con Ian Brown degli Stone Roses.


James Lavelle è antipatico pure alla madre e questo è uno dei principali motivi per cui il disco, in determinati ambiti, è stato parecchio criticato.
DJ Shadow si è tirato fuori presto dal progetto Unkle, che è proseguito -tra alti e bassi- con Lavelle che man mani si è circondato di vari altri artisti.

PF resta di gran lunga il picco creativo del “gruppo”, comunque.
Un album controverso e coraggioso, prodotto con maestria nonostante sia stato registrato in una quindicina di località differenti ed in momenti talvolta ben distanti tra loro.
Imperfetto, come non faticano ad ammettere i due autori.
Eppure ardimentoso, spavaldo, deciso.
Antesignano, rispetto alla concezione di un lavoro oltremodo complesso e, a modo suo, assolutamente coordinato.

Non lo ascoltavo da un bel po’ ed ieri sera, inserendolo nel lettore, mi è sembrato di tornare a quella meravigliosa era in cui l’elettronica flirtava con altri generi musicali contaminandoli e facendosi contaminare in maniera sublime, senza smarrire la propria identità ma, piuttosto, rafforzandola ancor di più.

Soltanto in quei mesi venne fuori roba tipo:
-Mezzanine, Massive Attack.
-The K&D sessions, Kruder & Dorfmeister.
-Big Calm, Morcheeba.
Roseland NYC Live, Portishead.
-You’ve Come a Long Way, Baby, Fatboy Slim.
-Music is rotted one note, Squarepusher.
-Brothers gonna work it out, The Chemical Brothers.
-Moon Safari, Air.
-Music Has the Right to Children, Boards of Canada.
-LP5, Autechre.
-Big Calm, Morcheeba.

E ne dimentico un’altra decina, come minimo.
In cotanta abbondanza e virtù, l’LP degli Unkle merita la menzione e, opinione strettamente personale, si prende una delle posizione di vertice in una ipotetica graduatoria dei lavori più interessanti del suo tempo.


Unkle – Psyence Fiction: 8

V74

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