- 2022
Trentemøller – Memoria
Era il 2006, verso la fine, e sul mercato discografico uscì uno di quei dischi che, pur non essendo dei veri e propri capolavori, rappresentano ugualmente una svolta epocale nell’ambito del proprio genere d’appartenenza.
The Last Resort era ed è un album imprescindibile per chiunque sia interessato alle sonorità elettroniche ed alla sperimentazione musicale.
Pezzi come Miss You, Moan ed altri ancora sono delle autentiche pietre miliari, oltretutto inserite in quello che è a tutti gli effetti un debutto sulla scena.
Inoltre un artista intelligente è ben consapevole che esordendo con un lavoro di siffatta qualità tutto ciò che verrà dopo sarà -inevitabilmente- sottoposto ad una severissima dogana recensoria, con un paragone iniziale che ben difficilmente lascerà adito alla possibilità di superarlo e superarsi.
Ed Anders Trentemøller è molto intelligente.
Il danese ha comunque scelto di seguire la propria strada senza condizionamenti di sorta, dedicandosi ad una costante crescita artistica e sviluppando una viscerale curiosità che ben si evidenzia nei solchi dei suoi cinque dischi seguenti (uno ogni tre anni, all’incirca).
Un triennio per immaginare, pensare, fare.
Il nordico ama isolarsi, in studio.
In tal senso e dal suo punto di vista, tralasciando le ovvie e maledette conseguenze, ha provato a trasformare il covid in una opportunità, per non dire in una manna dal cielo.
Solo, a lavorare sul nuovo progetto: Memoria.
Un album che già dal titolo vuole introdurre il suo scopo primario: quello di osservare il passato, analizzarlo, conservarlo proteggerlo ma, allo stesso tempo, nutrirsene per guardare al presente ed al futuro con occhi speranzosi.
Testa e cuore che viaggiano di pari passo, congiuntamente.
Mire alquanto ambiziose, bisogna ammetterlo.
Memoria è un tragitto di 14 tappe verso l’ignoto, perché esplorare i meandri della propria mente è un qualcosa di parecchio complesso, ancor di più se accompagnato da una profonda riflessione su cosa siamo e su cosa vorremmo essere e/o diventare.
Trentemøller di distacca dal gruppo storico di collaboratori e si cimenta in un nuovo programma sonoro, all’interno del quale trova ampio spazio la sua compagna, Lisbet Fritze, con la sua voce angelica e con la maternità che ha condiviso insieme all’artista danese, rendendolo quindi padre e donandogli una ulteriore consapevolezza umana che, in qualche modo, ha maggiormente intriso l’album di profondità emotiva.
Una prova riuscita, matura, convincente.
Gli anni ottanta sono il punto di partenza, con una ispirazione fortissima che proviene da lì: da quel periodo magico, pregno di talento e follia.
TRACKLIST:
1. Veil Of White
2. No More Kissing In The Rain
3. Darklands
4. Glow
5. In The Gloaming
6. The Rise
7. When The Sun Explodes
8. Dead Or Alive
9. All Too Soon
10. A Summer’s Empty Room
11. Swaying Pine Trees
12. Drifting Star
13. Like A Daydream
14. Linger
In All Too Soon, ad esempio, manca soltanto il buon Ian Curtis e poi siamo al completo, per inquadrare un brano che voglia riportare alla memoria -appunto- quelle tipiche contaminazioni di post-punk.
Dead Or Alive è un intrigante immersione nella darkwave più colta e raffinata, mediante un ritmo decisamente concitato eppure mai spossante.
Glow sembra una mistura depechemodiana tra i suoni di Construction Time Again e quelli di Ultra: il passato industriale che incontra il presente elettronico e ne fa scaturire un superbo affresco di futuribilità.
When The Sun Explodes si sposta invece su territori psichedelici, al limite della new age in alcuni riverberi di elettronica spinta: e mi garba assai.
Idem Darklands, che nell’ultimo The Soft Moon avrebbe avuto il suo perché.
Senza entrare nel merito, si può tranquillamente affermare che pure il resto dell’opera presenta spunti degni di riflessione e di compiacimento.
Una nota sfiziosa la dedico alla copertina, che ho scoperto -per puro caso, ma in modo divertentissimo- essere stata concepita e disegnata da una artista islandese, grande amica di Anders, che quest’estate si trovava ad Ischia insieme alla sua -di lei- compagna di vita con la quale, proprio sulla mia isoletta, ha deciso di organizzare la proposta per convolare a giuste nozze.
Islanda, Ischia, Trentemøller: tutto molto bello!, direbbe il mitico Pizzul.
Riepilogando: un bel disco.
Gli anni ottanta.
La memoria.
L’elettronica.
Uno dei miei produttori preferiti.
Parecchie sonorità che mi aggarbano.
3/4 pezzi di sicuro impatto.
Insomma: ci sarebbero tutti gli ingredienti per definirlo un album stupendo.
Lo è?
No.
IMHO: no.
Invero, sono certo che Memoria abbia raccolto e raccolga tuttora recensioni entusiastiche e consenso pressoché unanime.
Lo merita, senza alcun dubbio.
Il lavoro di Anders è veramente imponente, sia nella stesura del tappeto sonoro -e lì è un maestro- e sia nell’approccio al cantato, dove guida sapientemente la sua compagna e scrive alcuni testi di assoluto interesse.
Ci sono diversi passaggi che però, nella mia modestissima opinione, non mi convincono.
Non sono mai riuscito a farmi piacere certe derive di dream pop, in particolare quelle che strizzano l’occhio all’ambient o, peggio, allo shoegaze, confluendo in quello che alcuni definiscono nu gaze, una sorta di ambient pop con più chitarre e meno sintetizzatori.
In Memoria ritrovo alcune di queste sonorità inserite evidentemente in una maniera che non sempre riesco a deglutire, pur impegnandomi.
Si tratta di un mio limite, ci mancherebbe.
Uno che adora e si sciroppa senza colpo ferire inarrivabili mattoni tipo Saturnz Return di Goldie dovrebbe essere allenato a tutto, è vero.
Però nell’ultima fatica di Trentemøller c’è qualcosa che “appesantisce” la totalità dell’ascolto, soprattutto nei brani cantati, in riferimento al concetto che provavo ad esprimere in precedenza.
Sticazzi del mio pensiero (doveroso e dovuto) e disco da possedere nella propria collezione e da ascoltare, senza remore e senza paragoni col passato.
Anche perché Miss You non è replicabile.
Assolutamente no.
Trentemøller è un fenomeno come DJ (sebbene ormai si annoi nel farlo) ed un numero 1 come produttore (seppur sia palese il desiderio di ampliare gli orizzonti professionali), mentre per creare un lavoro di gruppo alla Planet Funk, per intenderci, ho la sensazione che la strada sia ancora lunga.
Molto lunga.
Trentemøller – Memoria: 6,5
V74