- Samy-gol
Souleyman Sané
Oggi, nel 2024, dici Sané e pensi a Leroy, forte ala-trequartista del Bayern Monaco e della Nazionale Tedesca.
Talvolta un pizzico discontinuo, certo, ma dal potenziale notevolissimo.
Gran bel giocatore, non si discute.
Ma per quelli della mia generazione (70-80) il vero Sané resta sempre il mitico Samy, cioè il padre di Leroy.
Punta centrale e con una bacheca infinitamente meno florida rispetto a quella del suo erede.
Calciatore però a suo modo parecchio iconico e di notevole importanza per il movimento calcistico tedesco, con la sua storia a metà tra la punta di valore che in campo sa fare bene il suo mestiere ed il coloured bersagliato da ignobili atteggiamenti di chiara matrice razzista che aiuta un intero movimento calcistico a cambiare atteggiamento verso chi ha la palle scura.
Ma, come al solito, proviamo a procedere con ordine.
Dakar, popolosa capitale del Senegal.
Siamo in Africa, continente tanto affascinante quanto misterioso.
Qui nasce, nel febbraio del 1961, il protagonista della nostra storia odierna: Souleymane Jean Sané, detto -più avanti- Samy.
A soli quattro anni il ragazzino si ritrova in Francia.
A Tolosa, per la precisione.
Difatti il padre è impiegato nell’ambasciata francese e quindi la sua famiglia si sposta spesso sull’asse Tolosa-Parigi.
Souleyman Sané cresce quindi in un ambiente agiato, sebbene abbastanza rigido.
Si appassiona allo sport e ne pratica in abbondanza, aiutato da un fisico che inizia a svilupparsi con una certa elasticità.
Atletica leggera, lotta libera, boxe e wrestling sono alcune delle sue discipline preferite.
In particolar modo eccelle nella corsa, dove potrebbe avere un futuro: se non fosse che a Samy, come viene presto soprannominato, piace il calcio.
E da matti.
Sì, il ragazzo sogna di diventare un calciatore.
La madre lo vorrebbe laureato, mentre al padre i giocatori di pallone sembrano tutto tranne che persone realizzate nella propria professione.
In realtà il fratello maggiore di Souleyman Sané, a dispetto delle direttive paterne, già gioca a calcio nel Tolosa.
Il minore si convince ad imitarlo ed entra nella scuola calcio del club locale FC Blagnac.
Lavora pure come pasticciere per adempiere alle direttive di famiglia, che non prevedono percorsi di puro e solo diletto.
Dovere e piacere, insomma.
Agli inizi degli anni ottanta, appena maggiorenne, Samy dapprima firma per il Vitry-sur-Seine (tra i dilettanti) e, di lì a breve, si accorda col Viry-Châtillon.
Terza serie, nei dintorni di Parigi.
Il salto è imponente ed il senegalese, che gioca da attaccante, risponde con una caterva di reti che lo rendono capocannoniere del torneo.
Arrivano per lui svariate richieste, anche da compagini di categoria superiore.
Però, nel frattempo, arriva pure la chiamata per svolgere il servizio militare.
Souleyman Sané ha un contratto in essere e, da sportivo, può usufruire di uno status differente rispetto ai suoi commilitoni.
Ma è in vacanza a Roma quando gli viene inviata la comunicazione ufficiale di convocazione presso la caserma ove formalizzare la sua documentazione da milite e, di conseguenza, al suo ritorno in territorio transalpino viene spedito in Germania, oltre il confine francese.
Neanche l’intervento paterno riesce a risolvere la questione e Samy si ritrova a Donaueschingen, nella nota Foresta Nera e nella bella regione del Baden-Württemberg.
Scenari naturalistici di assoluto interesse, ma dal punto di vista sportivo il trasferimento in territorio tedesco è una mazzata, per il giovane franco-senegalese.
La squadra del Donaueschingen milita in quarta serie e lotta per salvarsi.
Sané ci arriva in maniera abbastanza avventurosa, perché un tenente col quale fa amicizia sotto le armi scopre che l’africano è un calciatore e lo recluta per un torneo militare nel quale il ragazzo, manco a dirlo, fa faville.
Il graduato spiega al subalterno che in Germania le persone di colore sono ancora viste in modo inusuale, per usare un termine elegante.
In Francia, per ragioni coloniali e politiche, la situazione è diversa: per quanto non manchino ugualmente casi ove il colore della pelle possa risultare discriminante nella valutazione di una persona (ne abbiamo parlato raccontando di Jean-Pierre Adams).
In Germania tocca lottare -e parecchio- per cambiare lo stato delle cose, ancor di più nelle campagne e nelle zone rurali della nazione, dove la presenza di stranieri è molto ridotta rispetto alle città ed alle aree industrializzate.
Samy si ritrova in un contesto ostile ed il un calcio di livello più scadente, tenendo conto che nelle sue precedenti esperienze aveva già iniziato a guadagnare benino, tanto da convincere pure il padre che il pallone può far guadagnare, oltre che divertire.
Inoltre nella Foresta Nera fa un freddo boia, in inverno.
Però si mangia bene.
L’amico tenente procura a Souleyman Sané parecchi permessi, sia per allenarsi che per svagarsi un po’ nei dintorni, e lo invoglia a lottare contro i pregiudizi ed i moti razzisti, al fine di cambiare la mentalità delle persone e, nel proprio piccolo, un pizzico di mondo.
Nel Donaueschingen il buon Sané continua a segnare con una apprezzabile regolarità e si innamora degli spätzle: al termine del servizio militare, dopo un breve rientro in Francia al Blagnac, Samy si accorda con la compagine tedesca e firma un contratto pluriennale.
Continua ad imbustarla come un dannato ed attira su di sé gli sguardi di alcuni addetti ai lavori, che ne monitorano i progressi.
Souleyman Sané lavora in una fabbrica di scarpe (lo sponsor della squadra) e col doppio stipendio vive bene, ma vorrebbe rientrare in Francia -dove ha più mercato- per giocare in una società che militi almeno in seconda divisione.
La barriera linguistica gli crea qualche problema, nonostante col tedesco inizi a cavarsela abbastanza decentemente.
Si sentirebbe più tranquillo nel paese transalpino, oltre ad avere accanto la sua famiglia.
Il destino è in agguato e sceglie diversamente, però.
Kickers Offenbach, Hessen Kassel e Stuttgarter Kickers si interessano al ragazzo.
Parliamo di Bundesliga 2, il secondo livello del calcio teutonico.
Roba seria, insomma.
Souleyman Sané torna a sognare platee importanti e, proprio in quel periodo, qualcuno fa il suo nome ad Achim Stocker, carismatico presidente del Friburgo, club che milita anch’esso in cadetteria.
Il massimo dirigente della squadra della Bresgovia, alla ricerca di un valido profilo offensivo per sostituire lo svedese Wendt, oramai prossimo al ritiro, si reca personalmente a visionare la punta di Dakar che, proprio in quel giorno, mette a segno cinque reti nel primo tempo del match in questione.
Nell’intervallo Stocker prende appuntamento col proprietario del Donaueschingen per trattare il passaggio dell’attaccante nelle file del Friburgo e saluta la compagnia, abbandonando anzitempo la tribuna e ripromettendosi di chiudere l’affare con calma, nei giorni successivi.
Samy, a 24 anni, sbarca nel calcio che conta.
E lo fa alla sua maniera, cioè da bomber.
Cambiano le categorie, non le prestazioni.
Sané timbra il cartellino in ben diciotto occasioni, permettendo ai suoi compagni di festeggiare una sofferta salvezza in una stagione travagliata, con tre allenatori succedutisi in panca e risultati oltremodo altalenanti.
Lo Schwarzwald-Stadion, il vecchio stadio del Friburgo, trabocca di passione per Souleyman Sané, sebbene molti -sotto traccia- preferirebbero avere uno più biondo al suo posto.
Il roccioso difensore jugoslavo Vujačić, il coriaceo jolly Maier e l’attaccante Low (futuro C.T. della Germania, Campione del Mondo nel 2014) sono i compagni con i quali Samy lega maggiormente dal punto di vista calcistico.
In questo periodo il giovane africano incontra anche una piacente fanciulla che diverrà la donna della sua vita: Regina Weber, nota ginnasta facente parte della Nazionale Tedesca.
Una coppia interraziale, che inizialmente va incontro a non pochi problemi.
In particolar modo la famiglia di lei, di stampo tradizionalista, non vede molto di buon occhio la relazione.
I fratelli di Regina, entrambi tifosi sfegatati del Friburgo, con la loro opera di mediazione rendono le cose più “facili”.
Al resto ci pensano i due novelli innamorati, che si amano davvero e lo dimostreranno nell’arco del tempo, andando a costruire una relazione a prova di bomba.
In campo Souleyman Sané si ripete nella stagione successiva, con 17 segnature che trascinano i rossoneri nelle zone nobili della graduatoria.
L’ingaggio dell’esperto attaccante Schaub apporta un ulteriore rafforzamento al reparto offensivo della rosa.
Samy è carico, seppur deluso dal fatto che nessuna compagine di prima serie mostri interesse nei suoi confronti.
Il suo allenatore, Berger, con una franchezza spietata quanto leale, gli spiega che per arrivare in alto non basta essere belli e forti, ma bisogna essere i migliori.
“Devi fare meglio prima di tutto dei tedeschi, se vuoi prendere il posto di uno di loro“.
Che, detto da un tedesco, non è politicamente corretto ma, forse proprio per questo motivo, assume ancora più valore.
Souleyman, sveglio e consapevole, mette in atto il consiglio e nella terza stagione a Friburgo vince il titolo di capocannoniere della Bundesliga 2, mettendo a segno ben 21 reti che consentono al suo team, che poco o nulla ha cambiato rispetto alla stagione precedente, di disputare una annata dignitosa, conclusasi a metà classifica.
Samy Sané è oramai lanciato verso la massima serie e ad ingaggiarlo è il Norimberga, società ambiziosa e reduce da un torneo di alto livello.
Dal suo arrivo in Germania il francese d’adozione ha fatto passi da gigante, sul manto erboso.
I suoi allenatori, man mano, sono riusciti a fargli capire l’importanza dell’incisività nel puntare la porta.
Difatti da giovanissimo Sané tende a giocare troppo per lo spettacolo, mentre nella fase di maturazione diventa un vero e proprio cecchino.
Prima di firmare col Norimberga il senegalese viene cercato anche da Stoccarda, Bayer Leverkusen e Colonia in Germania e da Metz, Lens, Tolosa, Sochaux, Strasburgo e Laval in Francia.
D’altronde ha numeri importanti e la imbusta, senza se e senza ma.
In Franconia, la bella regione che si trova nella parte settentrionale della Baviera e che vede Norimberga come centro principale, Souleyman Sané vive una prima stagione abbastanza travagliata.
La squadra, orfana di alcuni giocatori di rilievo ceduti per esigenze di bilancio e per attuare una piccola rivoluzione tecnica, si presenta ai nastri di partenza della stagione con ambizioni comunque importanti.
In Coppa Uefa esce subito per mano della Roma, mentre in Coppa di Germania a far fuori i rossoneri è il Karlsruhe, nel secondo turno della competizione.
In campionato il Norimberga evita la retrocessione grazie alla miglior differenza reti rispetto alle sue contendenti (Kickers Stoccarda -che retrocede direttamente-, Eintracht Francoforte -che si salva dopo aver spareggiato con la terza classificata della seconda divisione, ovvero il Saarbrücken – e Bochum -salvezza diretta, anch’esso-).
Samy si impegna allo spasimo e segue fedelmente le indicazioni del tosto e bravo allenatore Garland, ma stavolta paga il salto di categoria e segna poche reti (6, di cui una al Bayern Monaco alla penultima giornata, che di fatto vale la permanenza in prima serie), al contrario dei suoi standard abituali.
Inoltre incappa in una lunga squalifica per un bruttissimo fallo ai danni del portiere del Karlsruhe, al quale quasi recide un orecchio con una entrata veramente insensata.
Come se non bastasse, la sua storia con la Weber balza al centro dell’attenzione mediatica e gli procura diverse rogne, inclusa una lite con un giornalista che ha superato il limite e con un tifoso avversario che ironizza maleducatamente sulla cosa.
Entrambi finiscono col naso gonfio.
In campo, per innervosirlo, gli avversari tirano banane e cantano cori offensivi al suo indirizzo.
Lui reagisce in maniera rabbiosa, poi con i ghanesi Yeboah e Baffoe prova a scrivere una lettera pubblica per sensibilizzare i tifosi sull’argomento.
Funziona.
In parte, ovviamente.
Ma funziona.
Sul terreno di gioco Souleyman Sané continua a pagare l’impatto con un calcio di alto livello, sia dal punto di vista tecnico che da quello agonistico.
Pure nella seconda stagione a Norimberga segna poco (di nuovo 6 gol), sebbene la squadra giochi un buon calcio e chiuda il torneo in ottava posizione.
Platini, tecnico della Nazionale Francese, si reca in città per parlare con l’attaccante, che vorrebbe convocare nella rappresentativa dei Galletti.
Il Mito transalpino, peraltro uno degli idoli del Samy ragazzino, ci aveva già provato tempo prima.
Quando sta per riuscirci, al calciatore africano arriva la chiamata di Otto Pfister, allenatore tedesco del Senegal.
“Tu giocherai con noi“, gli dice.
“Ma oramai è fatta con la Francia, loro neanche sanno che posseggo il passaporto senegalese“.
“Loro non lo sanno, certo. Ma io lo so, eccome”, la controreplica.
Sané ne parla col padre e, per una volta tanto, decide di ascoltare il suo suggerimento.
“Figlio mio, sei nato in Senegal e credo sia giusto che tu possa indossarne la divisa. Fatti onore!“, le parole del genitore.
Souleyman colleziona oltre cinquanta gettoni di presenza con i Leoni della Teranga, segnando diversi gol e contribuendo alla crescita del movimento sportivo del paese, sebbene la presenza dei coloratissimi senegalesi nel calcio internazionale si limiti soltanto alla Coppa d’Africa, negli anni novanta.
Per quel che concerne la sua attività di club, nell’estate del 1990 Samy lascia il Norimberga.
L’arrivo dell’argentino Zarate in maglia rossonera spinge il giocatore africano altrove.
Nell’ultimo biennio non ha brillato, è vero.
Però le richieste per lui non mancano: Uerdingen, Düsseldorf, Amburgo e St. Pauli lo cercano in Germania, mentre in Francia il Bordeaux prova ad ingaggiarlo.
Per qualche giorno pare destinato addirittura al Fenerbahce, in Turchia.
Però nessuno vuole accollarsi i due milioni e mezzo di marchi richiesti dal Norimberga, che ne detiene il cartellino.
Samy riflette, quindi si accorda col Wattenscheid, appena sbarcato in Bundesliga ed alla ricerca di un attaccante che possa sostituire il bomber Banach, principale artefice della promozione, che ha ceduto alle lusinghe del Colonia.
Gli ultimi saranno i primi, ecco.
Per il calciatore il suo nuovo club investe la cifra richiesta dal Norimberga e dalla squadra bavarese preleva anche il libero Stephan Kuhn, incluso nel pacchetto a mo’ di conguaglio al fine di ottenere la fumata bianca e portare così a termine la trattativa.
Klaus Steilmann, presidente della società, è un magnate del tessile che conosce bene Regina Weber, la signora Sané, per averla a lungo sponsorizzata nella sua polisportiva.
Aiuta lei ed il marito ad aprire una attività nel settore e punta sul senegalese come punta di diamante del proprio team.
Wattenscheid è fondamentalmente un sobborgo di Bochum, nella regione della Renania.
La rosa del team non è tecnicamente il massimo, ma tutti combattono fieramente per la causa comune.
L’allenatore, Bongartz, è preparato ed è un ottimo motivatore.
A livello di calciatori i difensori Emmerling e Neuhaus, i centrocampisti Fink e Hartmann e la punta Tschiskale spiccano sugli altri, insieme a quel Sané che torna finalmente agli antichi splendori e nella sua prima stagione sul Reno timbra tredici volte il cartellino, contribuendo ampiamente alla tranquilla salvezza dei suoi.
Il senegalese si ambienta alla grande, in zona.
Diventa un idolo della tifoseria e, pur segnando meno, anche nella seconda annata al Wattenscheid porta a casa la permanenza in Bundesliga, seppur per il rotto della cuffia.
E si ripete nella stagione successiva, con pochi gol ma un buon contributo alla causa.
Souleyman Sané ritorna a segnare con una certa frequenza (13) nel suo quarto campionato con i colori bianconeri indosso, ma ciò non basta ad evitare ai renani la retrocessione in seconda serie.
D’altronde Bongartz non è Gesù e per i miracoli toccherebbe contattare qualcuno più esperto nella materia.
Le nozze coi fichi secchi riescono spesso, ma mica sempre.
E con la retrocessione, sancita ufficialmente, a Sané non resta che trovarsi una nuova squadra.
Il suo ingaggio non è da cadetteria ed il Wattenscheid ha già trovato l’accordo con l’erede del senegalese: trattasi di Preetz, uno dei migliori cannonieri della seconda divisione tedesca, oltre che ex giocatore della Nazionale.
Un profilo importante, che spinge Samy Sané altrove.
E più precisamente in Austria, al Tirol Innsbruck, che all’ultimo tuffo lo soffia alla serrata corte dei cugini del Salisburgo.
Dove Sané può coronare uno dei suoi sogni: sciare.
Ebbene sì: il ragazzo di Dakar ha praticato una marea di sport, molti dei quali con ottimi risultati.
Però ha una fissa con gli sci e nel Tirolo si toglie lo sfizio che fino a quel momento, per la comprensibile intransigenza dei contratti tedeschi, gli era stato negato.
Sfizio si fa per dire, oh.
Dieci minuti dieci, proprio di orologio.
Il tempo di prepararsi adeguatamente e di andare letteralmente a culo in aria dopo cinque metri di discesa.
No, sciare non fa per lui.
Torna sul manto erboso, dove se la cava molto meglio, e vince la classifica di capocannoniere con la casacca del Tirol (20 gol in 33 gare).
La stagione seguente non riesce a ripetersi e nel calciomercato invernale gli austriaci cedono la punta al Losanna, in Svizzera.
Il titolo di bomber nel campionato austriaco rappresenta comunque un po’ il canto del cigno per il calciatore di Dakar.
Attaccante col fisico da seconda punta e con l’attitudine da prima, boa centrale in continuo movimento.
Ambidestro, a dispetto della statura non eccelsa dispone di uno straordinario tempismo nello stacco di testa.
In area è letale, con il suo feroce istinto della rete sempre in agguato.
Riesce a muoversi rapidamente in profondità, stordendo il proprio diretto marcatore nel’uno contro uno ed aprendo varchi per gli inserimenti dei compagni.
Ha un tiro secco e preciso ed è generoso ed altruista.
Ogni tanto la tensione agonistica gli gioca qualche brutto scherzo e se non è coinvolto al 100% nella squadra non offre il suo abituale contributo, finendo per pagare emotivamente lo scotto di una scarsa compartecipazione alla causa.
Testa e cuore, quindi.
Velocissimo (il suo picco è di 10,7 secondi sui centro metri), segna in tutte le categorie, dai dilettanti alla massima serie.
Soffre l’impatto iniziale con la Bundesliga, in verità, ma poi anche lì lascia una impronta importante.
Avrebbe probabilmente meritato una chance in una big, sì: però se con scelte diverse (sue ed altrui, invero) si sarebbe forse ritrovato una bacheca di certo più florida, è altrettanto evidente che giocare in contesti più umili lo ha arricchito dal punto di vista umano, essendo entrato nel cuore delle tifoserie che lo hanno apprezzato, sia come calciatore che -appunto- come persona.
Trentaquattrenne, Samy in Svizzera trova spesso la via della rete e per un anno e mezzo si diverte in un calcio che, come quello austriaco, non è eccessivamente competitivo.
Poi avverte il richiamo di casa e torna al Wattenscheid, che nel frattempo ondeggia tra la seconda e la terza divisione tedesca, trascorrendoci un altro biennio prima di cedere alle lusinghe del LASK di Linz, nuovamente in Austria.
Sebbene sia prossimo alle quaranta primavere, il nostro non ha assolutamente intenzione di ritirarsi dalle scene.
Una breve parentesi allo Sciaffusa, in Svizzera, e poi, avendo intrapreso alcune attività nei dintorni di Bochum, Souleyman Sané decide di mantenere la residenza in zona e si diletta per oltre un decennio a giocare nelle serie minori con diverse maglie, tra le quali quella della seconda squadra del Wattenscheid, che per un periodo si diverte anche ad allenare.
Quindi, alla soglia dei cinquanta anni di età, la decisione di smettere di correre dietro ad un pallone.
Cala così il sipario sulla carriera di un attaccante forte e di un personaggio originale quanto simpatico.
Di recente collabora con varie società, facendo scouting di giovani calciatori e fungendo da procuratore per alcuni di essi.
Quando può ed ha voglia, si svaga nei match tra vecchie glorie.
Oltre al succitato Leroy, conclamato campione del Bayern Monaco, la moglie Regina gli ha regalato altri due eredi: Kim, attivo nelle serie minori tedesche, e Sidi, ad oggi nell’Eintracht Braunschweig, in Bundesliga 2.
Lo sport, nella famiglia Sané, è di casa.
E la sua parabola, sportiva ed umana, è degna di menzione.
Perché Souleyman Sané è stato uno dei primi calciatori di colore del campionato tedesco ed è anche grazie al suo impegno che certe situazioni sono cambiate, quantunque non ancora definitivamente.
Souleyman Sané: Samy-gol.
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