• Essere, o non essere

Rodion Camataru

“Essere, o non essere, questo è il dilemma”.
Shakespeare, per bocca di Amleto, esprime il mitico dubbio.

Un dubbio che ha attanagliato per molto tempo parecchi appassionati di calcio, soprattutto quelli degli anni 70-80-90, cioè del periodo aureo.

Camataru, bomber rumeno, è stato, forse suo malgrado, uno dei giocatori più chiacchierati del suo paese.
E non solo, invero.

Una storia di quelle che intrecciano sport, politica, saga, cospirazione e chi più ne ha, più ne metta.


Rodion Gorun Camataru nasce a Strehaia, una piccola cittadina che si trova nella bella regione dell’Oltenia, penisola balcanica.
Vispo e ben piazzato, sin da piccolo mostra una notevole passione per lo sport.
Per essere precisi: il calcio.

Alto e snello, gioca da punta e si impone a livello giovanile come uno dei migliori talenti della zona.
A dodici anni viene tesserato dalla scuola calcio del Progresul Strehaia, sbaragliando la concorrenza dei suoi coetanei e mettendosi in mostra come una delle più promettenti bocche da fuoco della provincia.
A soli quattordici anni entra nel mirino delle migliori squadre della Romania.
Dodici mesi più tardi il suo cartellino è dell’Universitatea Craiova, società di buon livello che proprio in quegli anni vince il primo campionato della propria storia e che lascia il ragazzo a maturare un altro anno in quel di Strehaia, per poi inserirlo nella rosa della prima squadra dove esordisce a sedici anni nella massima serie rumena.

Camataru è un predestinato, non c’è dubbio.
A Craiova non sfonda subito, però.
Giovanissimo, impiega tempo a carburare: nella prima stagione colleziona 7 presenze, senza riuscire ad andare a segno.
Nelle tre successive migliora il proprio score, ma sempre attestandosi su numeri da stopper, piuttosto che da attaccante.
Fin quando, nel torneo 1978-79, non esplode e realizza 13 centri.
Da lì in avanti, tranne rari momenti di pausa, è una continua escalation verso la gloria, con il buon Rodion che entra a pieno titolo nella lista dei migliori bomber del calcio rumeno.

Rodion Camataru

Dopo aver esordito nella Under 21 e nella Nazionale Olimpica, Camataru viene convocato anche nella rappresentativa principale della Romania.

Nello stesso periodo vince due campionati, nel 1980 e nel 1981, sconfiggendo le corazzate di Bucarest, la Steaua e la Dinamo.
Alza al cielo anche ben quattro Coppe di Romania (1977, 1978, 1981, 1983).
E diventa un calciatore ambito: lo cercano in patria, proprio Steaua e Dinamo.
E gli arrivano proposte anche dal vecchio continente, rispedite al mittente a causa del regime che impedisce ai calciatori rumeni di trasferirsi all’estero prima di aver compiuto una certa età.
A tal proposito si fanno vive Benfica e Sporting Lisbona, che addirittura contattano direttamente il governo rumeno tramite il consolato e la presidenza della repubblica, chiedendo di poter aprire una trattativa con la sua società di appartenenza senza che i regolamenti vigenti debbano necessariamente stoppare il tutto.

Niente da fare
Alla fine della fiera Rodion Camataru firma per la Dinamo Bucarest ed al primo anno riesce nell’impresa di vincere la Scarpa d’Oro, con ben 44 reti, che lo consegna alla gloria imperitura.

Rodion Camataru

C’è un problema, però.
Neanche piccolo, ecco.

Il risultato è altamente farlocco, in quanto Ceausescu e compagnia bella (si fa per dire) hanno deciso di dargli una consistente mano ad ottenere un risultato storico.
Lo Steaua in quel triennio vince il campionato e la Dinamo, la squadra della Securitate (la polizia di regime), porta a casa un prestigioso trofeo internazionale, sebbene a livello di immagine si tratti pur sempre di un premio personale.
Camataru nelle ultime gare del campionato segna gol a grappoli, la maggior parte dei quali nei primi minuti di gioco -a voler quasi indirizzare gara e realizzazioni- e con modalità alquanto sospette. per quanto si discorra di un calcio accennato e raccontato e non, come oggi, universalmente visto e rivisto.

Fatto sta che certe voci iniziano a girare ed arrivano nei centri di potere dell’UEFA, che approfondendo la questione scopre una faida familiare interna alla famiglia Ceausescu, con i figli del dittatore che utilizzano le proprie squadre (Steaua e Dinamo, per l’appunto) come strumenti di potere e di contrasto.

L’austriaco Toni Polster, che si gioca il trofeo con Camataru, rifiuta di partecipare alla cerimonia di consegna del premio, mentre Rodion spergiura di non saperne nulla di accordi e/o imbrogli e provoca lo stesso Polster, mettendo in dubbio i risultati ottenuti sul campo da quest’ultimo.

La Scarpa d’Oro viene consegnata al rumeno in quel di Montecarlo, salvo poi essergli revocata da France Football (che organizza la manifestazione) su spinta della succitata UEFA.
Polster vince il premio, ma a Camataru resta il “trofeo fisico”, oramai inamovibile dal suo salotto.
Sentivo puzza di bruciato per ciò che stava accadendo e non ero il solo. Mi dispiace per Camataru, che era comunque un grande goleador. La sua carriera non aveva bisogno di un inganno simile”, dirà Toni Polster anni dopo.
Ho segnato tutte quelle reti senza che nessuno si tirasse indietro per lasciarmele fare, credetemi. Non sono mai stato ufficialmente accusato di nulla e non mi è stato chiesto di restituire il trofeo che è ancora in mio possesso. E poi perché nessuno si è mai preoccupato di indagare sui goal fatti da Polster?“, la replica del bomber rumeno.

Brutta storia, a prescindere.


Che funge da viatico per un certo tipo di marketing, in realtà.
Il nome di Rodion Camataru inizia a girare parecchio e lui è sensibile a determinati richiami.

Già in passato, come detto, era stato vicino al trasferimento all’estero.
In particolar modo, nel 1983, era stato ad un passo dal firmare col Kaiserslautern, in Germania.
I tedeschi, che in quel periodo bazzicano la parte alta della classifica in Bundesliga e fanno discreta figura anche nelle coppe europee, cercano rinforzi offensivi e individuano in Camataru l’uomo adatto a trasformare in oro i cross degli ottimi stantuffi di fascia Hans-Peter Briegel e Andy Brehme.
Nella primavera del 1983 i destini si incrociano e Rodion, con la maglia del Craiova, si mette in mostra contro i teutonici, eliminandoli ai quarti della Coppa Uefa.
La sua squadra si fermerà al turno successivo, in semifinale (prima volta nella storia, per una squadra rumena), contro il Benfica.
Ma i dirigenti del Kaiserslautern fiutano l’affare e dopo la partita di andata, in territorio tedesco, si incontrano col giocatore in un bar non distante dall’albergo che ospita il ritiro dei balcanici.
L’offerta è allettante: contratto lungo, stipendio importante e la possibilità di ospitare pure la famiglia del calciatore, onde evitare ripercussioni da parte del regime per l’abbandono anticipato del paese.
Camataru è tentato, molto.
Vacilla, ma alla fine non se la sente di rischiare.
Idem dopo la gara di ritorno, allorquando i tedeschi gli prospettano una fuga vera e propria dal regime, dopo la partita della Nazionale in Svezia, che si sarebbe giocata da lì a poco, con tanto di organizzazione parallela tramite la compiacenza della compagnia di bandiera, Lufthansa, che avrebbe provveduto ad imbarcare il nostro anche contravvenendo al controllo approfondito della documentazione in atto, come da prassi del tempo.

Rodion Camataru conserva un rimpianto, a tal proposito.
Poiché è ben conscio che in quel contesto, nel pieno della sua maturazione calcistica (venticinquenne) ed atletica ed in quel tipo di campionato, fisico e tignoso, lui sarebbe -stato- probabilmente l’elemento adatto a completare la rosa del Kaiserslautern, trovando quindi la sua completa dimensione sportiva e, allontanandosi dal regime, forse anche quella umana.


Attaccante classico, vecchia scuola.
Prima punta dalla corporatura imponente, macchinoso eppure funzionale alla causa.
Bravo nel far salire la squadra, nel giocare di sponda e nel farsi trovare pronto in area di rigore, con buon senso del gol e mezzi atletici discreti, tenendo conto della stazza.
Di testa sono tutte sue e di piede (destro, nella maggior parte delle occasioni), pur non essendo bello da vedere, sa il fatto suo.
Ha grinta ed è un professionista serissimo.
Tecnicamente ha qualche limite e risente parecchio dei suoi stessi sbalzi umorali.

In Nazionale -dopo aver esordito con la Under 21 e, successivamente, con l’Olimpica- paga rapporti non eccelsi con gli allenatori (tranne con Lucescu), a causa di un carattere emotivamente labile fino a sfociare, talvolta, nella bizzarria.
Mette comunque nel carniere ben 75 gettoni di presenza in dodici anni di militanza, segnando 22 reti e giocando al fianco di gente come Hagi, Lacatus, Petrescu, Belodedici, Boloni e Popescu.

Camataru - Romania

Rodion Camataru è tra i convocati agli Europei del 1984 in Francia (il mio torneo internazionale preferito, alle spalle dell’inarrivabile Mondiale Messicano del 1986),
Gioca titolare in una Romania che pareggia all’esordio (1-1) con la Spagna di Arconada e Gordillo, poi perde (1-2) contro la Germania Ovest di Matthäus e Schumacher ed, infine, col Portogallo di Fernando Gomes e Chalana (0-1), venendo eliminata.

Ai succitati Mondiali del 1986 e agli Europei del 1988 i rumeni non riescono a qualificarsi, mentre nel 1990, nel Campionato Mondiale disputatosi in Italia, sono tra le trentadue nazionali che si giocano il torneo.
Camataru è tra i convocati dal C.T. Jenei, ma non mette mai piede in campo.
Nel gruppo B la Romania batte per 2-0 l’Unione Sovietica di Dasaev e Rats, perde (1-2) col Cameroon di N’Kono e Milla e impatta (1-1) con l’Argentina di Maradona e Caniggia, superando il turno.
Agli ottavi di finale è l’Irlanda a porre fine ai sogni di gloria dei rumeni, eliminandoli ai calci di rigore.


Volente o nolente in Italia si chiude la carriera in Nazionale di Camataru, che nel frattempo ha finalmente ricevuto il placet per trasferirsi all’estero, grazie alla rovinosa caduta del regime dittatoriale rumeno.

Attaccante di buon livello, costa poco di cartellino, non chiede uno sproposito come ingaggio, ha esperienza e non è soggetto ad infortuni.
L’identikit corrisponde al profilo che parecchie squadre cercano.
Fenerbahce, Logrones, Servette, Twente: le proposte non mancano di certo e qualcosina si muove anche dall’Italia, ove in passato era stato cercato dal Como e dalla Sampdoria.
Ma con un blitz a sorpresa è lo Charleroi, in Belgio, ad aggiudicarsi i suoi servigi.

Charleroi S.C.

Compagine modesta, in un campionato che solitamente è vetrina per spiccare il volo verso lidi maggiormente appetibili.
Rodion, alla soglia delle trentadue primavere, non cerca sogni, ma solide realtà.
Vola in Belgio e disputa una stagione senza infamia e senza lode, segnando sei reti in ventiquattro gare e dando il suo onesto contributo alla salvezza dello Charleroi.
Numeri non eccelsi, invero.
Nella stagione successiva vorrebbe rifarsi, quantomeno a livello realizzativo, ma l’inizio non è dei migliori ed i belgi si convincono di dover puntare su altri elementi, per mantenere la categoria.

Camataru ha mercato in Turchia e Germania (seconda serie), ma l’offerta più decisa è dell’Heerenveen, Paesi Bassi.
Società sbarcata da qualche mese per la prima volta nella massima serie olandese e vogliosa di provare a salvarsi attraverso l’ingaggio di calciatori esperti e validi.
L’impresa non riesce per un soffio (retrocessione a causa della peggior differenza reti nei confronti della diretta concorrente, SVV).
Rodion Camataru resta in Frisia, nel nord dei Paesi Bassi, per altre due stagioni.
Nella prima segna come ai bei tempi, ma non riesce a riportare i suoi in prima divisione.
Nella seconda invece è meno prolifico, ma offre il suo contributo per la risalita, mediante gli spareggi.
Inoltre trascina i suoi -più con la leadership che con le presenze- alla finale di Coppa d’Olanda, dove segna anche una rete ininfluente ai fini del risultato che arride al forte Ajax di Louis van Gaal (6-2).

Camataru - Heerenveen

Camataru diventa un idolo dei tifosi dell’Heerenveen, che lo eleggono miglior attaccante della storia del club e ne apprezzano la tigna e le doti calcistiche, per quanto non siano da top player.

A fine anno il rumeno decide di abbandonare l’attività e torna in Romania, dove diventa imprenditore nel settore edilizio e collabora con la FRF (la federazione calcistica rumena).

Quando può passa dall’Olanda, dove si sente ancora oggi a casa.

La vicenda della Scarpa d’Oro ritrattata ha superato la fama di un calciatore che, pur non essendo un fenomeno, meriterebbe di essere ricordato per i suoi buoni numeri, quelli autentici, messi in mostra nell’arco di una carriera di buon livello.

Rodion Camataru: essere, o non essere.

V74

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