- Professione: gregario
Roberto Galia
I campioni ti fanno vincere i trofei, non vi è alcun dubbio a riguardo.
Quelli con la maiuscola poi, i Campioni, ti spediscono direttamente nella storia.
Però anche loro hanno bisogno di una cornice adeguata, per arrivare a dama.
Nel calcio, come in tutte le cose della vita, il talento non basta.
Servono tante altre componenti per comporre un mosaico vincente.
E, a tal proposito, avere a disposizione un bel gregario di quelli veramente forti, beh, è un aiuto di quelli fenomenali.
Uno che potrebbe ben rappresentare la succitata categoria è senz’altro Roberto Galia, terzino-mediano che negli anni ottanta e novanta si è distinto con le maglie di Como, Sampdoria, Verona e Juventus ai massimi livelli del calcio italiano.
Mi piaceva, Galia.
Serio, grintoso, tenace, umile.
Di un’affidabilità che veramente impressionava, inoltre.
Mi pare che come presentazione non sia affatto male, no?
Roberto Galia nasce a Trapani nel febbraio del 1963.
Nella bella Sicilia inizia presto a tirare calci ad un pallone, prima di ritrovarsi a vivere a Como, pieno settentrione, ove la sua famiglia si trasferisce (il padre viene a mancare quando Roberto ha appena dodici anni) e dove la sua inclinazione al gioco del calcio trova lo sbocco naturale nella Polisportiva Lario, dalla quale trasloca di lì a breve nel più noto settore giovanile della principale società della provincia.
Galia, fisico asciutto e polmoni d’acciaio, sin da subito colpisce i tecnici lombardi -tra i quali vi è il competentissimo talent scout MIno Favini- per la sua notevole serietà, dote sorprendente per un ragazzo ancora giovanissimo.
Calcia prevalentemente col destro, ma può giocare su entrambe le fasce e viene impiegato soprattutto come laterale di difesa.
Un terzino moderno, che unisce la proverbiale risolutezza della vecchia scuola alla ragguardevole capacità di proporsi in avanti e supportare l’azione dei compagni d’attacco.
Roberto brucia le tappe e si ritrova ben presto nel giro della prima squadra.
Il Como, guidato da Pippo Marchioro, ha appena vinto il campionato di serie B.
Galia viene aggregato al gruppo che lotterà per salvarsi, in massima serie.
Inizialmente la società lariana pensa d prestare il suo terzino a qualche compagine di seconda o terza serie, per favorirne la crescita e per fargli maturare esperienza.
Poi è lo stesso Marchioro a chiedere ai suoi dirigenti la conferma del ragazzo che, con le sue caratteristiche, può essere un jolly utile a sopperire ad eventuali infortuni e/o squalifiche degli altri calciatori in rosa.
Il Como è compagine non eccelsa dal punto di vista tecnico, bisogna dirlo.
Sopperisce a questo limite con carica agonistica ed attaccamento alla maglia.
Dietro ci pensa il roccioso Vierchowod a chiudere parecchi varchi, coadiuvato dal tenace Silvano Fontolan, mentre in mezzo al campo Centi, Lombardi, Gobbo e compagni provano a tirare la carretta.
In porta Vecchi para il parabile -e talvolta qualcosina in più-, mentre davanti tocca a Nicoletti e Cavagnetto cercare di imbustare qualche rete utile a portare a casa qualche punticino.
Galia, chiuso a destra da Vierchowod (che invero gioca da stopper aggiunto, in pratica) ed a sinistra da Riva, trova poco spazio.
Mette comunque a referto tre gare e conquista la fiducia del suo tecnico nelle ultime fasi della stagione, quelle decisive, andando a segnare una rete, quella della vittoria sul Bologna (2-1) nell’ultimo match del campionato che, di fatto, regala al Como la permanenza in serie A.
I biancoblù si salvano grazie alla classifica avulsa, al termine di un torneo equilibratissimo in cui ben cinque squadre chiudono al terz’ultimo posto in graduatoria.
Sia quel che sia, Roberto Galia esordisce appena diciottenne nel campionato -ai tempi- più difficile del mondo e lo fa mettendosi in mostra come uno dei prospetti più validi a livello nazionale.
Il Como rimanda al mittente le offerte di alcuni club di serie B e conferma il proprio gioiellino, a furor di popolo.
Purtroppo la stagione successiva non va come sperato ed i lariani retrocedono in cadetteria, incappando in una annata a dir poco disastrosa.
Galia gioca parecchio, perlopiù da titolare, ma non basta.
La partenza di Vierchowod priva la squadra del suo uomo più forte in difesa ed il calciomercato estivo si rileva, nel suo complesso, un vero disastro.
Marchioro salta a stagione in corso, senza che il suo esonero riesca ad invertire le sorti dei lombardi.
In estate il Como allestisce una compagine in grado di lottare per una pronta risalita.
Sbarcano in riva al Lago elementi di valore quali Palanca, Cinello, Mannini, Maccoppi ed altri ancora, con parecchi giovani di valore in rampa di lancio.
In panca viene fatto accomodare Burgnich, che guida i suoi ad un torneo altalenante in cui il Como parte al rallentatore, poi ingrana la marcia giusta ma, in alcuni momenti, pigia nuovamente il piede sul freno.
Alla fine della fiera, con un colpo di coda in extremis, i lariani conquistano un posto agli spareggi per la promozione in A.
La sconfitta col Catania (0-1) ed il pareggio (0-0) con la Cremonese non bastano al Como per tornare in massima serie.
Roberto Galia, titolare inamovibile ed autore di cinque gol, è tra i migliori del suo team.
Sta svolgendo il Servizio Militare presso la Compagnia Atleti di Bologna ed ha già esordito nella Nazionale Under 21: ventenne, è appetito da società importanti.
La spunta la Sampdoria del patron Mantovani, settima in serie A e vogliosa di scalare ulteriori posizioni verso il vertice del calcio tricolore.
A Genova il calciatore trapanese trova Ulivieri, come allenatore, ed una squadra con dei valori importanti: Roberto Mancini, Ivano Bordon, Brady, Scanziani, Pari, Francis e quel Vierchowod che Roberto Galia ben conosce dai tempi del Como.
L’ex comasco non paga dazio al cambio di casacca, mettendosi immediatamente al servizio della causa blucerchiata.
Ragazzo serio e posato, si ambienta bene in quel di Genova ed offre il suo contributo ad una Samp che, a fine stagione, conferma il piazzamento dell’annata precedente.
Le cose vanno meglio dodici mesi più tardi, allorquando i genovesi, guidati da Bersellini, chiudono quarti, conquistando la qualificazione alle coppe europee.
Non in UEFA, però, bensì in Coppa delle Coppe, in quanto la Samp vince la Coppa Italia edizione 1984-85, sconfiggendo nella doppia finale il Milan di Nils Liedholm e guadagnandosi così l’accesso a quella che negli anni ottanta è la seconda competizione più importante d’Europa.
Roberto Galia alza al cielo il suo primo trofeo in carriera e lo fa da protagonista di una compagine sbarazzina e divertente, che gioca un calcio rapido e ficcante.
Bordon è un portiere affidabile e la coppia centrale Luca Pellegrini-Vierchowod è una garanzia.
Sulle fasce giostrano Mannini (ex Como anch’egli) e Galia, mentre in mezzo al campo ci pensano Pari e Scanziani a portare acqua al mulino, con lo scozzese Souness che si occupa di dirigere il traffico e conl funambolico Salsano ad inventare per le punte Vialli e Francis.
Roberto Mancini inizia a dispensare spettacolo, mentre Renica e Casagrande sono riserve soltanto per modo di dire.
Antonio Paganin, Beccalossi, Bocchino e Gambaro completano una rosa che possiede qualità e tigna e che per qualche mese culla addirittura il sogno Scudetto, svanito poi a poche giornate dal termine del campionato.
Roberto Galia, da laterale sinistro, se la cava alla grande, dando inoltre manforte al settore mediano del centrocampo.
Il modulo della Samp, prettamente offensivo, lo “costringe” ad una notevole attenzione dal punto di vista tattico.
Lui spinge, quando può farlo, e copre la sua zona di campo, sempre.
Due in uno, come con i fustini Dash.
La stagione successiva vede i liguri sfiorare il bis in Coppa Italia, con la finale persa al cospetto della Roma.
I giallorossi vengono sconfitti all’andata a Genova (2-1), col gol decisivo della sfida firmato proprio da Galia, ma riescono a rimontare nel ritorno, con un 2-0 che consegna loro il trofeo.
In Coppa delle Coppe i blucerchiati non vanno molto avanti (fuori agli ottavi, col Benfica), mente in campionato l’andamento è modesto, con un dodicesimo posto finale che risulta essere alquanto deludente.
Non bastano gli acquisti del regista Matteoli (altro ex Como, una colonia ormai) e della promettente punta Lorenzo per far compiere agli uomini di Bersellini il passo decisivo verso la gloria.
In estate la Sampdoria mette le mani su Luca Fusi, ennesimo prodotto della scuola comasca, e decide di privarsi di Roberto Galia, ceduto al Verona di Bagnoli come parziale contropartita per il cartellino del panzer teutonico Briegel, in arrivo dal Veneto.
A volere Galia in maglia gialloblù è proprio il tecnico degli scaligeri, Campioni d’Italia nel 1984 e vogliosi di tornare a lottare per i primi posti, dopo un’annata non all’altezza delle aspettative.
Roma e Milan provano ad inserirsi nella trattativa, ma la Sampdoria trova la quadra con i butei e spedisce il suo giocatore sulle rive dell’Adige.
Bagnoli, uomo di calcio pragmatico ed astuto, vede Roberto come uno di quegli elementi in grado di inserirsi rapidamente in uno spogliatoio e, nel contempo, aiutare i compagni ad ottenere il massimo dai propri mezzi.
Roberto firma un biennale col suo nuovo club e si trasferisce a Verona con l’entusiasmo di un ragazzino.
Inoltre, dopo aver disputato una dozzina di gare con l’Under 21, l’ex comasco è convocato nella Nazionale Olimpica allenata da Dino Zoff, con cui partecipa alle Olimpiadi del 1988, in quel di Seoul, Corea del Sud.
In Asia, agli ordini del mister Rocca (subentrato a Zoff), Galia e compagni chiudono al quarto posto, sfiorando il podio.
Al ritorno in Italia il trapanese si ritrova a giocare fisso a centrocampo.
Nel suo Verona, infatti, Bagnoli lo vuole come mediano di corsa e sostanza.
Anche nella Samp il nostro era stato impiegato talvolta nel settore nevralgico del campo.
In Veneto, però, si trasforma in un vero e proprio centrocampista, bravo a proteggere la sua difesa e capace, quando possibile, di sganciarsi in avanti per provare a creare superiorità numerica.
Ed il giocatore ripaga le aspettative, disputando un’ottima stagione, con cinque reti a corredo e tanta grinta messa al servizio del club gialloblù.
Gli ex comaschi Giuliani (in porta) e Fontolan, il libero Tricella, il laterale sinistro De Agostini ed il marcatore Mauro Ferroni lottano in difesa.
Galia e Volpati corrono per quattro, con Di Gennaro che dirige le danze e Verza a sfornare assist.
L’ex Campione del Mondo, Paolo Rossi, ed il potente danese Elkjær, una autentica forza della natura, provano a scardinare le difese nemiche.
Bruni, Pacione e Fabio Marangon sono le principali alternative a disposizione di Bagnoli.
I primi due, maggiormente, sono semi-titolari a tutti gli effetti.
Il Verona, quarto a fine torneo, è in Coppa UEFA.
In estate Tricella e De Agostini passano alla Juventus in cambio di Soldà (ex Como, ci mancherebbe) e Pioli , oltre ad un buon conguaglio in denaro liquido.
Paolo Rossi annuncia il ritiro dal calcio, oltretutto, a causa di un ginocchio oramai letteralmente a pezzi.
Il Verona acquista il laterale destro tedesco Berthold, il difensore centrale Dario Bonetti, il mediano Iachini, il fluidificante di sinistra Volpecina ed alcuni elementi di contorno, per cercare di mantenere le posizioni che contano.
Il piano non va a buon fine e gli scaligeri chiudono decimi, venendo peraltro eliminati ai quarti di finale di Coppa Uefa dal Werder Brema di Votava e Riedle, in un doppio confronto in cui i veneti avrebbero meritato maggiore fortuna.
Nel calciomercato estivo per Galia giungono diverse richieste.
La più importante proviene da Torino ed è di marca bianconera: a puntare sul mediano è nientepopodimeno che la Juventus di Gianni Agnelli e Giampiero Boniperti.
La società piemontese ha deciso di affidare la propria panchina a Dino Zoff, con Gaetano Scirea a fargli da secondo.
Il periodo non è dei migliori, per la Vecchia Signora.
Sono momenti di ricambio generazionale e di ambizioni abbastanza ridimensionate, rispetto al passato.
La Juve prova a rigenerarsi ed a mettersi alle spalle alcune stagioni non eccelse.
Zoff indica in Galia uno di quei calciatori che potrebbero rivelarsi di estrema utilità, per il suo gioco semplice quanto pratico.
Il Verona, in special modo per mezzo del suo allenatore Bagnoli, non vorrebbe privarsi del suo giocatore.
Ma la Juve è la Juve e Galia non è insensibile al fascino di un club che lo proietterebbe senza colpo ferire nell’élite del calcio europeo.
Il Verona, a malincuore, accetta la proposta della Juventus per il cartellino di Roberto, che firma un triennale per la sua nuova squadra.
In cambio, ai veneti, viene proposto il trequartista Magrin, che con i bianconeri non ha avuto successo nel rimpiazzare il campionissimo francese Platini.
Il Verona accetta, ma Magrin non è convinto e decide di restare a Torino.
Passerà al Verona dodici mesi più tardi, col cartellino di Galia che viene quindi pagato soltanto in moneta sonante e cash, dal suo nuovo club.
Roberto si ritrova in una Juventus in fase di cambiamento, come detto.
Gioca da titolare in una annata avara di soddisfazioni, per la compagine di Zoff.
Gli amici Tricella e De Agostini lo aiutano nel rapido inserimento nello spogliatoio juventino, ma la squadra non rende come sperato.
Il russo Zavarov, talento cristallino e carattere instabile, delude le aspettative.
Il portoghese Rui Barros invece se la cava discretamente, così come il danese Laudrup.
La presenza di elementi di indubbio valore quali Cabrini, Brio, Tacconi, Altobelli, Favero -e altri ancora- non basta a far vincere qualcosa alla Juventus, come da consolidata abitudine.
Nel calciomercato estivo la Vecchia Signora apporta alcuni cambiamenti al roster, inserendo diversi giocatori (Schillaci, Casiraghi, Napoli, Daniele Fortunato, Dario Bonetti) che si riveleranno fondamentali per la vittoria della Coppa Italia (battendo il Milan di Baresi e Van Basten nella doppia finale, con rete decisiva di Galia nel match di ritorno) e della Coppa UEFA (superando nella doppia finale la Fiorentina di Roberto Baggio e Dunga, con Galia ancora in rete all’andata).
Roberto Galia, come si può facilmente evincere dalle risultanze di cui sopra, è uno dei protagonisti del -doppio- trionfo bianconero.
Zoff lo vede centrocampista, pronto a proteggere la retroguardia e ad inserirsi sulla trequarti.
Il trapanese ripaga le scelte del suo allenatore con un rendimento veramente ragguardevole ed alza al cielo due coppe di grande importanza.
Ma, soprattutto, sconfigge i pregiudizi che avevano accompagnato il suo acquisto sin dalle prime settimane in terra d Piemonte.
Difatti i tifosi della Juve, nei momenti di difficoltà, individuano nell’ex comasco il capo espiatorio su cui riversare la propria rabbia.
Roberto, ragazzo sensibile ma tosto, si ritrova in varie occasioni sommerso dai fischi ed escluso dal blocco dipartenza.
Palle d’acciaio e mentalità da professionista: Galia capisce la situazione e lotta strenuamente per dimostrare le sue qualità, riuscendo pienamente nell’impresa e facendo ricredere gli scettici.
Nella terza stagione in bianconero il siciliano vive la rivoluzione societaria che porta in panchina Maifredi, nel tentativo di imitare l’epopea sacchiana del Milan di Berlusconi.
Il progetto è intrigante, ma non sortisce gli effetti sperati.
Nel nuovo Stadio delle Alpi il buon Maifredi naufraga insieme a tutta la ciurma.
Roberto Galia, che è uno dei pochi a sapersi adattare bene al modulo a zona del nuovo allenatore, avendolo già praticato in passato alla Samp, non ripete le due precedenti annate e finisce nel baratro -addirittura fuori dalle coppe europee- con il suo mister e con calciatori come Roberto Baggio, Di Canio, Häßler, Marocchi, Schillaci, Corini, Julio e Cesar e compagnia bella.
Si riprende l’anno dopo al soldo di Giovanni Trapattoni, che siede nuovamente sulla panca bianconera e riporta i suoi al vertice del calcio italiano.
Secondo posto in classifica alle spalle del Milan di Capello e finalisti in Coppa Italia, sconfitti dal Parma di Melli ed Osio.
Roberto Galia, col Trap, gioca prevalentemente da intermedio di destra, per quanto il mister non esiti ad impiegarlo pure altrove, se necessario.
Si fida moltissimo del suo gregario e fa bene, visto il rendimento del ragazzo.
La Juve in estate compra Vialli, Moeller, Dino Baggio, Platt, Ravanelli, Conte e Torricelli.
A maggio supera il Borussia Dortmund nella doppia finale e rivince la Coppa UEFA, tornando a festeggiare un trofeo e rimpinguando la propria bacheca dopo un periodo di buio.
Galia gioca spesso, sebbene non da titolare fisso.
Nella sesta stagione con la casacca juventina è ancora una alternativa, in una squadra che in campionato chiude alle spalle dei campioni del Milan e che nelle coppe non fa troppa strada.
Roberto Galia è oramai un comprimario, impiegato quasi sempre da riserva.
Fa gruppo e mette tutto quello che ha sul terreno di gioco, as usual.
Però si rende conto di essere arrivato alla fine della sua avventura alla Juve e l’ingaggio del nuovo allenatore Lippi è il chiaro segnale di apertura di un nuovo ciclo, a Torino.
Al suo posto arriva Luca Fusi, col quale Roberto ha già intrecciato il suo cammino nel Como ed in Nazionale e che già alla Samp era arrivato proprio in sostituzione dell’ex veronese.
Galia, che un triennio or sono ha vestito per breve tempo pure la maglia della Nazionale Maggiore (nella prima edizione della U.S. Cup, 1992, con Arrigo Sacchi come Commissario tecnico degli Azzurri), comprende di aver chiuso col grande calcio alla soglia dei trentuno anni di età.
Invero sarebbe ancora giovane, per certi livelli.
In passato, prima di rinnovare il contratto con la Juventus, era stato cercato da Torino, Fiorentina, Genoa e Lazio.
Nell’estate del 1994 per lui ci sono vari interessamenti (Cagliari, Padova, Bari, Reggiana e Brescia), che non hanno alcun seguito concreto.
Eppure parliamo di un calciatore che, a suo modo, ha rappresentato il ruolo di gregario che assurge al top club.
Profilo ideale per chi è alla ricerca di un giocatore versatile e di una persona seria.
Un mix intrigante e, nel contempo, indispensabile.
Roberto Galia inizia la sua carriera da terzino, su entrambe le fasce.
Gran temperamento, indiscutibile affidabilità, eccellente corsa e buona tecnica, col piede destro che ogni tanto si inventa pure qualcosa di speciale e quello sinistro che, nella maggior parte dei casi, si limita all’accompagnamento.
Si trasforma presto in un ottimo mediano difensivo, prima di essere impiegato come intermedio (sia di destra che di sinistra) e, più di rado, come mezzala.
Tatticamente intelligentissimo, legge l’azione con un certo anticipo rispetto a compagni ed avversari ed è sempre presente sul pezzo, pronto ad andare in supporto dei suoi ed a contrastare i rivali, oltre che lanciarsi negli spazi e creare densità, col suo innato dinamismo.
Segna qualche golletto, quasi sempre decisivo, ed è adorato dai suoi allenatori, alcuni dei quali di gran nome, per le sue doti sportive ed umane.
In ogni allenamento si spende per migliorare, a dimostrazione di un’indole responsabile e virtuosa.
Merce rara, in un calcio che vive di immagine, più che di sostanza.
Oggi ancor di più di un tempo, per dirla tutta.
Inoltre è sovente impiegato per contenere il fantasista avversario -il fuoriclasse di turno, per intenderci-, con esiti oltremodo ammirevoli.
Non risente di infortuni gravi, nel suo percorso agonistico, ed è corretto sul manto verde, quantunque abbia una tigna di quelle proverbiali.
Non possiede il talento dell’asso e manco quello del campione, ecco.
Ed ogni tanto, pur essendo un gregario che fa della continuità uno dei suoi maggiori punti di forza, ha qualche pausa.
D’altronde è umano, no?
Ma è uno di quelli sui quali fare affidamento.
Oltre che un elemento capace di ribaltare le gerarchie e di trovare spazio pure laddove per addetti ai lavori e tifosi sarebbe dovuto partire in panchina.
Salutata la Juve, per Galia si aprono le porte dell’Ascoli.
Per la prima volta Roberto va a giocare in una città che non si trovi nel nord Italia.
Certo, rispetto alla sua natia Trapani è ancora parecchio settentrionale, non si discute.
Lui è felice di passare in un club che pur militando in cadetteria, ha ambizioni di massima serie.
Piazza importante e fattore umano decisivo, col mitico presidente Rozzi che convince il trapanese al declassamento, offrendogli un sostanzioso contratto biennale e mettendolo a disposizione del tecnico Colautti insieme ad una rosa di buoni giocatori, tra i quali spicca il bomber tedesco Bierhoff.
Roberto Galia parte ovviamente da titolare, ma dopo alcune gare deludenti -sia dal punto di vista personale che di squadra- decide di cambiare aria.
Nel calciomercato novembrino di riparazione lo cerca il suo amato Como, che pochi mesi prima ha vinto i play-off di serie C1 ed è stato promosso in serie B.
Roberto risponde subito presente e torna sul Lago per provare a dare una mano ai ragazzi allenati da Marco Tardelli che, come l’Ascoli, sono partiti decisamente male in campionato.
Niente da fare, però.
Il Como a fine stagione torna in terza serie.
Così come l’Ascoli, anch’esso retrocesso in C1.
Annata quindi doppiamente amara, per Galia.
Il nuovo allenatore del Como, Scanziani, lo convince da ex compagno (hanno militato insieme nella Samp) ed amico a restare in Lombardia e tentare la pronta risalita in B.
Roberto accetta e, da leader, trascina il Como sino alla finale dei play-off, persa contro l’Empoli.
Ci riprova l’anno dopo, con la società lariana che incappa in una stagione modesta, impreziosita comunque dalla vittoria della Coppa Italia di categoria.
In estate Roberto Galia annuncia il suo ritiro dall’attività e, trentaquattrenne, inizia subito ad allenare nel settore giovanile del Como.
Insieme all’amico Centi guida la prima squadra nelle fasi finali del campionato di C1, edizione 1997-98.
Poi fa da vice anche a Dominissini, conquistando addirittura la serie A.
Quindi due retrocessioni consecutive, la seconda delle quella vissuta anche da allenatore capo, nelle ultime gare del torneo di B.
Nel 2004 si trasferisce in Svizzera, per allenare il Chiasso.
Ritorna poi nella penisola, firmando con la Pro Vercelli (C2).
Pochi mesi più tardi si accorda col Turate, in D.
Infine, dopo una esperienza come direttore tecnico della Scuola Calcio Juventus Soccer e la guida della Primavera del Como, si dedica al progetto dell’Accademia Calcio Como, con l’intenzione di far crescere giovani prospetti della zona e provare a lanciarli ad alti livelli.
Tempo dopo il tutto andrà a confluire con il Como, unendo le forze e lavorando per il futuro.
Da poco il buon Roberto Galia è in pensione, per quanto continui a seguire il calcio e ad occuparsi dei ragazzi vogliosi di correre appresso ad un pallone, proprio come lui da piccolino.
Quando il tempo è clemente prende la sua attrezzatura e va a pescare, come faceva spesso pure quando era in attività, per rilassarsi e stare in pace con sé stesso e con la natura.
Gregario grintoso e fidato, Galia ha rappresentato quel tipo di calciatore che di un’utilità pazzesca, all’interno di un team.
Lo ricordo con piacere, in un calcio che negli anni ottanta e novanta era semplicemente il più bello del mondo, in Italia.
Se fosse capitato in una Juventus più equilibrata e solida avrebbe di certo rimpinguato la sua bacheca, che comunque vanta due Coppe UEFA, due Coppe Italia e svariati piazzamenti di rilievo, come il quarto posto alle Olimpiadi del 1988 e il terzo ai Campionati Europei Under 21 nel 1984.
In effetti è così: non è andata male, Roberto.
Oltre trecento gare in serie A, una sessantina in B ed un’altra cinquantina in C1.
La Nazionale Maggiore, seppur di sfuggita, e l’Under 21 e l’Olimpica.
No, non è andata affatto male.
Altroché.
Roberto Galia: professione gregario.
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