- Indole sfortunata
Ragnar Margeirsson
La costa occidentale dell’Islanda è molto attraente.
Oltre alla magnificente Natura, tipica dell’intera isola vichinga, si respira un’aria di pace, serenità, quiete.
Un’atmosfera che invoglia a puntare sul silenzio, piuttosto che imbattersi nel rumore.
A Reykjavík, tanto per essere chiari, vi è rumore e vi è anche tutto ciò di poco piacevole che a queste latitudini passa il convento.
Ad Akranes, dove ho vissuto e dove spero di tornare prima del previsto, vi è il nulla cosmico, alias la pace eterna.
Vi è pure una biblioteca molto carina.
Si trova in uno spiazzale adiacente al Krónan, che unitamente al non troppo distante Bonus rappresenta il luogo in zona deputato all’acquisto di generi alimentari.
Nei dintorni, dinanzi ad un altro grande spiazzale con un parcheggio incorporato, vi è la banca, poi un punto vendita del celebre fast food Subway, un paio di negozietti di telefonia ed elettronica, una rivendita di Eymundsson -la più antica catena di librerie islandesi con baretto incluso: corrispondente un po’ alla nostra Feltrinelli, per intenderci- ed all’estremità della piazza, a sinistra osservandola dall’ingresso, ecco la succitata Bókasafn Akraness, la biblioteca della cittadina.
Ricordo tutto come se fossi lì, oggi, ora, particolare per particolare: dal più infinitesimale ciottolo della strada alla più insignificante delle finestre poste sul percorso che per anni, quasi tutti i giorni, mi divertivo a consumare girando per un paesotto che non aveva in fondo nulla di eccezionale (per un ischitano, poi…) ma che ai miei occhi e nella mia anima in quel momento era la sublimazione della gioia.
Sono abbastanza sicuro che qualcosa sia cambiato da quelle parti, ultimamente.
Lo scoprirò quando sarà.
Akranes mi manca tantissimo.
Tutta l’Islanda mi manca.
Del nord, delle isolette e dell’Aurora Boreale non ne parliamo proprio.
Ma Akranes per me è altro, come tentavo di spiegare in precedenza: è la sostanza nel regno dell’apparenza, il vinile quando tutti ascoltano il dvd, il fresco senza dover accendere il condizionatore, il Paradiso privo dell’insopportabile appendice religiosa.
Un qualcosa che il tempo ha stabilito essere soltanto mio, oltretutto.
Prima, durante e dopo.
Tornando in tema: nella sfiziosa ed ottimamente organizzata biblioteca di paese, con la tesserina che mi consentiva di sbirciare tutto lo sbirciabile, andavo a cercarmi ogni cosa che fosse scritta in inglese.
Geografia, turismo e calcio, in primis.
Anzi, per la precisione: calcio, turismo, geografia.
Lì ho scoperto l’esistenza di un pedatore islandese del quale mai avevo sentito parlare, prima di allora.
In effetti pure sul web le notizie su di lui sono poche e molto approssimative.
Provo a contribuire in minima parte alla causa, più con lo spirito di omaggiarne la memoria che con la possibilità di raccontarne le gesta, che in massima parte non ho avuto la fortuna di godere.
Gesta che, giova dirlo, sono state degne di nota, altroché.
Ragnar Ingi Margeirsson è il protagonista di una storia importante, purtroppo senza lieto fine.
Raggi, come sarà presto soprannominato, nasce a Keflavík.
Ovest.
Sud ovest, per meglio dire.
Una novantina di chilometri da Akranes.
Qui sorge l’aeroporto internazionale d’Islanda, il più importante del paese.
Chi arriva in aereo -quasi tutti- atterra in codesto luogo.
D’estate vi è una alternativa pure al nord, ma la stragrande maggioranza dei turisti inizia da Keflavík la conoscenza dell’isola e da Keflavík la osserva, triste e malinconico, quando se ne allontana.
Siamo nel 1962 e proprio nella cittadina in questione sorge una grande base aeronavale gestita dagli Stati Uniti: serve da controllo militare in un punto strategico del pianeta e, contemporaneamente, funge da baluardo difensivo in caso qualcuno possa avere cattive intenzioni e/o mire sul territorio islandese.
Non è quindi raro che nascano amori tra fanciulle del luogo e personale statunitense di stazza in zona o persone che comunque abbiano legami e parentele con i militari che vivono e lavorano lì.
Ragnar ha padre americano e vive per un po’ lì, poi trascorre l’adolescenza con la madre ed i nonni a Keflavík, cresce in una famiglia numerosa e diventa presto un maniaco del cuoio.
Ovunque vede un gruppo di ragazzini che giocano, lui è lì.
E col suo fisico slanciato e formato dimostra immediatamente che non c’è trippa per gatti.
Dribbla ogni avversario con irrisoria facilità, evidenziando un talento naturale ed una tecnica di base sorprendente, tenendo conto che nel dopoguerra in Islanda è già una fortuna avere un buon impianto elettrico in casa, figurarsi una scuola calcio adeguata a gestire futuri campioni.
Il Keflavik ÍF è il suo primo club.
Inizia dalle giovanili, ma ben presto viene aggregato alla prima squadra che bazzica le zone alte della classifica in prima seria.
Esordisce nel 1979 e nelle prime due stagioni mette a referto una trentina di gare, con una decina di reti a corredo.
Niente male, essendo giovanissimo.
Se non fosse che la sua squadra, al termine della seconda annata, incappa in una inaspettata retrocessione.
Sul giovane hanno posato gli occhi diversi osservatori del continente ed il Keflavik decide di darlo in prestito ai tedeschi del FC 08 Homburg, nel Saarland.
Seconda serie, torneo che per l’ultima volta si gioca in due gironi.
Per questa ragione, dovendo unificare la pratica a creare un solo girone a venti squadre, a fine anno ci sono una marea di retrocessioni, inclusa quella del FC 08.
Raggi se la cava benino, alla sua prima esperienza fuori dall’isola natia.
Dove torna dal prestito e ritrova il Keflavik in prima serie, appena promosso.
Lui però viene subito ceduto nuovamente, questa volta al Gent, in Belgio.
Intanto arriva l’esordio in Nazionale A, in una amichevole contro la Nigeria.
Per una decina d’anni farà parte in pianta stabile dei convocati.
Il KAA Gent è una compagine interessante, che gioca un buon calcio ed arriva terza in Division 1, la seria A belga.
Margeirsson mette a referto una sola gara ma fa apprendistato e torna in Islanda per disputare il campionato -da maggio a settembre- col Keflavik, che si salva per un soffio da una nuova retrocessione grazie anche alle prestazioni del suo gioiello, che ad ottobre cede di nuovo in Belgio, stavolta al Cercle Brugge.
A Bruges Raggi gioca con buona continuità ed a fine anno torna al Keflavik, dove allunga il suo contratto e resta per le tre successive annate, raggiungendo ancora una volta la salvezza in extremis e poi salendo di livello, guidando la squadra a posizioni di prestigio in graduatoria.
Nella terza stagione mette a segno 12 reti in sedici gare (vice capocannoniere) e si guadagna un biennale dal Thor Waterschei di Genk, società belga che da pochi mesi ha ceduto un altro forte calciatore islandese, l’attaccante Lárus Gudmundsson.
Nelle Fiandre Ragnar Margeirsson gioca una buona prima stagione, di ambientamento, ma la squadra retrocede, soprattutto a causa di gravi problematiche societarie.
In seconda serie segna un buon numero di reti attirando le attenzioni del TSV 1860 di Monaco di Baviera, una delle più antiche società tedesche, che in quegli anni milita in terza serie e sta cercando di riconquistare il calcio che conta.
Raggi gioca un paio di match con il connazionale Guðni Bergsson, poi decide di rimettere la prua verso l’Islanda.
Firma col Fram di Reykjavík, campione in carica, e genera diversi mugugni tra i suoi amici di Keflavik.
Nella capitale arriva secondo e vince la Coppa d’Islanda, indossa la casacca del Keflavik nel 1988 prima di ritornare al Fram, campione pochi mesi or sono, che nel 1989 arriva terzo e rivince la Coppa.
Le buone gare con la Nazionale contribuiscono a riaccendere su di lui i riflettori internazionali.
Segna un bel gol all’Austria in un incontro che i suoi perdono per 2-1, nelle qualificazioni per il Mondiale di Italia 90.
E quella rete è fondamentale perché allo stadio sono presenti i dirigenti dello Sturm Graz, alla disperata ricerca di qualche buona e non troppo costosa idea per sostituire l’infortunato attaccante tedesco Krämer.
Oltre al gol messo a segno, Ragnar disputa un’ottima partita.
Trattasi di un attaccante completo, un’ala rapida e tecnica che all’occorrenza può agire da prima punta, oltre che da seconda.
Un calciatore moderno, di quelli che oggi farebbero la fortuna di parecchi allenatori.
Fisicamente ben impostato, valido tecnicamente, tenace e continuo nello svariare su tutto il fronte offensivo, con buon senso del gol ed in grado di dare una mano in fase di ripiegamento.
Ambidestro, molto forte di testa, abile negli inserimenti da dietro e nel saper leggere l’azione con un secondo di anticipo rispetto agli avversari.
In Nazionale si è fatto valere pure come centrocampista offensivo, sfruttando la propria esperienza e la sagacia tattica acquisita nelle avventure all’estero per mettersi a disposizione dei compagni più giovani e meno navigati.
Di indole mite e personalità alquanto schiva, Ragnar Margeirsson ha perso alcuni treni importanti in carriera a causa di qualche sfortunato infortunio e pure di una certa fragilità caratteriale che nei momenti chiave ha finito per limitarne le prospettive.
Lo Sturm Graz decide di ingaggiare l’islandese, il primo della propria storia, e gli fa firmare un contratto semestrale.
Margeirsson parla un buon tedesco, prende in fitto un appartamento nel capoluogo della Stiria e si ambienta molto bene nel club, disimpegnandosi con buon rendimento.
Allo scadere dell’accordo Krämer è di nuovo arruolabile ed il limite massimo dei tre stranieri schierabili in campo costringe lo Sturm a dire addio all’islandese, che a malincuore fa le valigie e torna a Reykjavík.
Il sogno di vincere il torneo vichingo resterà comunque tale, nonostante Ragnar si accordi col KR, la più antica e gloriosa compagine islandese.
Nel triennio successivo sfiora l’impresa, infine decide di tornare all’ovile e dopo qualche mese di inattività festeggia il suo trentaduesimo compleanno trasferendosi ancora una volta al Keflavik, che trascina nelle zone alte della classifica.
Nel 1996 una risicata salvezza ed una annata abbastanza travagliata convincono Raggi a defilarsi ed abbandonare l’attività.
Pochi mesi dopo il suo Keflavik vincerà una storica Coppa d’Islanda.
Il destino pare quasi voler limitare i trionfi in bacheca del forte attaccante che però ha finalmente il tempo di rilassarsi con la famiglia e godersi i suoi tre splendidi figli, un maschietto e due femminucce.
Adora la buona tavola e sovente fa capolino al Perlan, uno dei migliori ristoranti della capitale.
Ama il mare ed in estate si diletta a navigare le coste islandesi in barca a vela.
Purtroppo il suo matrimonio non durerà a lungo, così come l’assenza di Ragnar dai campi erbosi.
Agli inizi del secolo, alla soglia dei trentotto anni d’età, ritorna ad allenarsi con l‘UMF Njarðvíkur, nelle serie minori.
Un paio di incontri, giusto per divertirsi e nel contempo rendersi conto che il tempo passa per tutti, e cala definitivamente il sipario sulla carriera di Ragnar Margeirsson.
In Nazionale il suo percorso si è interrotto agli inizi degli anni 90, dopo aver collezionato quasi cinquanta gettoni con la maglia blu: un autentico pilastro della selezione nordica.
Prima di soffiare sulle quaranta candeline, nell’estate del 2002, Ragnar Margeirsson smette di lottare con un brutto male ed abbandona precocemente tutti i suoi cari ed i tantissimi amici e tifosi che ancora oggi lo ricordano con un torneo annuale che si tiene nella sua Keflavik, con il nobile intento di raccogliere fondi da donare in beneficenza ed onorare la memoria di una persona dolce ed educata, un calciatore forte e di talento che avrebbe forse meritato maggior fortuna nella sua pur discreta vita professionale.
La stessa fortuna che, maledettamente, è mancata all’uomo.
Ragnar Margeirsson: estro e sfortuna.
In egual misura, purtroppo.