• Il geniaccio

Oberdan Biagioni

Nel Calcio la rubrica delle “promesse non rispettate sino in fondo” è sempre particolarmente florida.
Ve ne sono a iosa di talenti promettenti che poi, per una ragione o per l’altra, hanno finito per smarrire la retta via.

Uno di essi, senza alcun dubbio, è -stato- Oberdan Biagioni.
Sessanta presenze in serie A e circa centottanta in B, oltre ad un centinaio di gare di C: mica male, eh.
Però con i suoi mezzi, beh, la sensazione di parecchi addetti ai lavori e di molti tifosi è che potesse fare di più.
Molto di più.


Romano di Roma, Oberdan nasce nella capitale nell’ottobre del 1969.
Come parecchi protagonisti dei nostri racconti calcistici, sin da piccolo ha il pallone letteralmente attaccato ai piedi.
Al destro, soprattutto, col quale incanta e conquista l’attenzione dei tecnici della Romulea, società che è storicamente considerata tra le più floride della regione per quanto concerne la bontà del suo settore giovanile.
Biagioni si impone sin da subito come un elemento in grado di bruciare le tappe.
Gioca trequartista, dietro le punte, oppure agisce da seconda punta.
Veloce, sveglio, tecnicamente dotato: su di lui mette gli occhi la Lazio che, dopo un rapido provino, ne acquisisce il cartellino e lo destina alla Primavera allenata da Morrone, nell’ultimo biennio giunta per due volte vicinissima alla vittoria del campionato.

Oberdan Biagioni - Lazio

Oberdan si inserisce subito nel gruppo nonostante sia uno dei più giovani, conquistando la fiducia del tecnico e la stima dei compagni.
La Lazio parte in sordina, poi carbura alla grande e giunge sino all’ultimo atto.
Dinanzi ai romani, nella doppia finale, vi è il fortissimo Torino di Lentini, Fuser, Venturin e Bresciani, con l’ottimo Vatta a guidarne le gesta dalla panchina.
La Lazio risponde con una formazione equilibrata e dinamica, col portiere Fiori a comandare un’arcigna difesa e Biagioni ad ispirare il duo d’attacco Saurini-Rizzolo.

All’andata, in Piemonte, si chiude sulo 0-0.
Al ritorno, a Roma, segna Rizzolo e la Lazio diventa Campione d’Italia Primavera.
Biagioni è tra i migliori dei suoi, con Fiorini ed altri membri della prima squadra che si godono lo spettacolo e compartecipano alla gioia di Morrone, che peraltro è già sicuro di lasciare il posto a Carosi.


In estate la prima squadra della Lazio, che dopo una penalizzazione di nove punti a causa del Totonero-bis si è salvata dalla serie C mediante gli spareggi, riparte con il chiaro intento di conquistare la promozione in A.
Mister Fascetti chiede ed ottiene l’inserimento di Biagioni nella rosa.
Il ragazzo dimostra una sorprendente maturità, in relazione all’età, e si allena con assoluta serietà e notevole impegno, contribuendo con tre presenze (da subentrante: due vittorie ed un pari) al terzo posto finale che garantisce ai biancocelesti il ritorno nella massima serie.

Oberdan in A non troverebbe spazio, in questo contesto: viene quindi mandato al Monopoli, in C, insieme al compagno Agostinelli.
Prestito biennale, per favorirne la crescita caratteriale e tecnica in un calcio di provincia, crudo e battagliero.
In Puglia, allenato da Sensibile, Biagioni gioca -da titolare- con tre ex Laziali (Meluso, Fonte e Sgarbossa) ed alcuni elementi di valore come il portiere Cavalieri ed il centrocampista Rizzo.
Stagione altalenante, col Monopoli che nonostante un girone di ritorno da protagonista paga un inizio balbettante e resta invischiato nella lotta per la salvezza.
Alla fine mantiene la categoria soltanto allo spareggio, battendo il Campobasso (4-1) sul campo neutro di Catanzaro dopo aver vinto l’ultimo match del torneo proprio in terra molisana (2-1), conquistando il diritto a spareggiare in virtù di una classifica avulsa che salva invece Ischia e Francavilla.

Oberdan Biagioni disputa una buona stagione, la sua prima da professionista.
Deve maturare parecchio, certo.
Ma quando si alza la tensione, lui c’è.
Come ad esempio nell’ultima gara di Campobasso, dove con due assist decisivi nel finale consente ai suoi di ribaltare l’esito della partita e, praticamente, dell’intero campionato.
Nello spareggio è subentrato nel secondo tempo, salvo poi uscire poco dopo per un colpo subito.
Il Monopoli mantiene comunque la categoria e lo stesso Biagioni sale in cattedra nell’annata seguente, guidando i suoi ad una tranquilla salvezza, grazie anche ad alcuni rinforzi mirati (su tutti Mandressi, Cuccovillo ed un altro ex Laziale, Pesce).


Concluso il prestito in terra pugliese, per Oberdan è tempo di tornare a Roma.
La Lazio, oramai stabilmente in serie A, inizia ad avvicinarsi alle zone alte della graduatoria.
Si comincia a parlare di investimenti importanti e di lì a breve il presidente Calleri cederà il pacchetto di maggioranza al finanziere Cragnotti, che darà il via ad un’epopea di incredibili successi e creerà la Lazio più forte della storia.
Per Biagioni gli spazi in rosa sarebbero risicatissimi ed il ragazzo, d’accordo con la società, decide di cambiare aria e di spezzare il cordone ombelicale che lo lega al club capitolino.

Oberdan riceve alcune proposte dalla C ed un paio dalla B.
A cercarlo con maggior convinzione è il Cosenza -allenato da Di Marzio-, che ha appena evitato la C grazie alla classifica avulsa e che sottopone al giocatore romano un contratto biennale.
La società calabrese allestisce una rosa “da battaglia”, con le speranze di salvezza commissionate soprattutto alla vena del bomber Marulla.
Di Marzio viene presto sostituito da Reja ed il Cosenza, tra alti e bassi, al termine del torneo finisce nuovamente col doversi affidare alla classifica avulsa.
Stavolta ai silani tocca spareggiare.
Sul campo neutro di Pescara il match con la Salernitana è equilibratissimo e si risolve ai supplementari, col gol di Marulla che salva i suoi e condanna i campani alla C.
Oberdan Biagioni disputa una buona stagione, con il numero dieci sulle spalle ed il ruolo di trequartista/centrocampista offensivo che gli consente di sfornare assist e anche di mettere a segno diverse reti.
In estate i calabresi operano intelligentemente sul mercato, approntando una compagine solida e battagliera che, a sorpresa, lotta sino alla fine per la promozione in serie A, sfumata proprio sul traguardo.
Biagioni, titolare inamovibile, sfrutta i consigli di Reja e si impone come uno dei migliori prospetti offensivi della categoria, esprimendo una apprezzabile continuità di rendimento e mettendo in mostra delle giocate da autentico campione.

Oberdan Biagioni - Cosenza

Quasi scontato che su di lui mettano gli occhi società blasonate.
Le vie del calciomercato sono però infinite e pian piano le opzioni finiscono per svanire.
L’unica società che veramente mostra interesse per il calciatore è il Foggia, serie A.
I Satanelli, allenati da Zeman, sono riusciti a stupire addetti ai lavori e tifosi disputando un’ottima stagione da neopromossi e finendo addirittura nella parte destra della classifica finale.

Foggia Calcio

Oberdan Biagioni arriva in una squadra completamente rivoluzionata, che ha incassato una sessantina di miliardi di lire dalle cessioni (Signori, Baiano, Rambaudi, Shalimov, Barone, Matrecano, etc.) e ne ha investiti meno di venti per acquisire i cartellini di una quindicina di giovanotti provenienti dalla categorie inferiori.
Il cosiddetto Foggia dei Miracoli, costruito dal bravo D.S. Pavone e dal focoso presidente Casillo, ha ancora voglia di stupire, insomma.

I media danno i rossoneri di Zeman per spacciati, ma il terreno di gioco è di altro avviso.
Oberdan Biagioni, che rispetto agli altri (Di Biagio, Seno, Mandelli, eccetera) è considerato un acquistone datosi che proviene dalla B, esordisce in A senza timori reverenziali, dando prova di essere all’altezza delle speranze riposte in lui.
Difatti Zeman lo schiera spessissimo da titolare e gli affida il compito di rigorista, che Oberdan onora appieno realizzando cinque tiri dal dischetto.
Nel finale di stagione il tecnico boemo ed il fantasista romano entrano in rotta di collisione, a causa di alcune divergenze di ordine tattico.
Il Foggia, come detto, si salva.
Biagioni finisce però sul mercato.
Il ragazzo ha ben impressionato nella sua prima avventura in massima serie, legando moltissimo col russo Kolyvanov, col quale parla la stessa lingua calcistica, e balzando all’occhio di parecchi osservatori per qualità tecnica e versatilità.
Valuta diverse possibilità (Atalanta, Genoa, Ancona, Cagliari, Middlesbrough), per poi decidere di accordarsi con l’Udinese, che fino a qualche settimana prima aveva cercato nel suo ruolo dapprima il fuoriclasse romeno Hagi e poi l’estroso Allegri.

Oberdan Biagioni - Udinese

Oberdan lascia Zemanlandia e si trasferisce al nord, in un club appena salvatosi dalla B dopo aver vinto lo spareggio col Brescia.
I friulani, che hanno ceduto i pezzi pregiati Balbo, Sensini e Dell’Anno, ingaggiano l’ex C.T. della Nazionale, Azeglio Vicini, e puntano alla salvezza.
La rosa non è adeguata e Vicini salta prima di subito.
Lo sostituisce Fedele, che non riesce ad invertire la rotta.
L’Udinese retrocede mestamente in serie B e Biagioni, che inizia la stagione da semi-titolare e poi finisce rapidamente in panca, delude le aspettative.
Le attenuanti non mancano di certo, in una Udinese in crisi societaria e tecnica che con l’arrivo di Fedele punta sui calciatori più tosti dal punto di vista agonistico e ne accantona altri tecnicamente validi ma meno determinanti sotto il profilo atletico.
Una scelta che non paga, va detto.


Fatto sta che Oberdan Biagioni non supera la prova del secondo anno in serie A e si ritrova fuori dal progetto friulano.
Torna a Foggia, quindi, in una società anch’essa in fase di smobilitazione a causa dei problemi giudiziari dell’ex patron Casillo e dell’abbandono di Zeman, passato alla Lazio di Cragnotti.
Il nuovo allenatore è Catuzzi: preparato e manco poco.
E lo dimostra organizzando una compagine grintosa e propositiva, che nella prima annata dove la vittoria vale tre punti anziché due parte a velocità doppia rispetto alle contendenti e si attesta nelle zone nobili della classifica.
Nel girone di ritorno però le cose cambiano ed il Foggia soffre dannatamente con tutti.
Biagioni ancora una volta non riesce a fare la differenza: inizia da titolare e poi scivola tra le riserve, ritrovando saltuariamente una maglia tra gli undici, senza tuttavia incidere come vorrebbe.
I Diavoli del Sud, che in Coppa Italia si spingono sino alle semifinali, cadono negli inferi della cadetteria e Oberdan Biagioni è di nuovo nella lista di coloro che cercano una squadra.
Il suo manager gli procura alcune occasioni dall’estero, ma il ragazzo non ha voglia di emigrare.

La Pistoiese di mister Clagluna, neopromossa in serie B, gli offre un contratto nel calciomercato invernale di riparazione del 1995.
Gli arancioni non hanno ambizioni esagerate e sognano una tranquillissima permanenza nella seconda serie nazionale.
Il fantasista, fuori rosa a Foggia, accetta l’offerta e si trasferisce in prestito.
Lui, Nardini, Montrone e Sclosa sono gli innesti per tentare di rafforzare una rosa che, ad onor del vero, in alcuni ruoli è abbastanza modesta.
I toscani, pur cambiando allenatore (a Clagluna subentra l’altrettanto valido Vitali) e pur impegnandosi allo spasimo, non riescono ad emergere dalla mediocrità e retrocedono in C.
Oberdan fa il suo, senza andare oltre.
E centra le terza retrocessione consecutiva.

Brutta storia.
Scaduto il prestito, Biagioni ritorna a Foggia.
Svolge la preparazione con i rossoneri ed il mister Burgnich lo tiene in considerazione.
Gli spazi sono molto ridotti, invero.
Oltre al suddetto, dalla trequarti foggiana in su ci sono Zanchetta, Chianese, Di Michele e Colacone.
Biagioni è una riserva, senza se e senza ma, e ha voglia di cambiare aria.
Per lui si fa avanti lo Young Boys, di Berna.
Oberdan accetta la destinazione a novembre, ma proprio negli stessi giorni gli arriva una telefonata dell’allenatore Papadopulo, che lo ha allenato a Monopoli e lo rivorrebbe alle sue dipendenze.
Il calciatore apprezza il corteggiamento e scende di categoria firmando per la Fidelis Andria, retrocessa da pochi mesi in C e bramosa di riacquisire subito la cadetteria.
Mariani, Olive, Cappellacci, Logiudice, Sturba, Frezza, Minaudo, Luceri, Lemme, Palumbo, Di Bitonto: squadra forte, per la categoria.
Il manico è all’altezza del compito e l’Andria vince il girone e ritorna in serie B.
Finalmente una soddisfazione per Oberdan Biagioni, dopo alcuni anni di poca gloria.
Certo, non siamo in un contesto internazionale, diciamocelo francamente.
Ma il piede torna ad essere caldo e la voglia di riassaporare il calcio che conta è ancora forte.
Un calcio che, bisogna ammetterlo, negli anni novanta in Italia è di alto livello, in particolar modo in serie A.
Per meritarsi la chiamata dall’alto serve un talento degno di tal nome ed è necessaria una continuità di rendimento che sia veramente tale.
Biagioni eccelle dal punto di vista tecnico, ma sulla continuità è conscio di avere limiti importanti.


Dotato di una tecnica individuale da top player, Oberdan Biagioni è il classico fantasista ricco di estro ed imprevedibilità.
Baricentro basso, corpulento eppure sveltissimo di gamba, con un sublime piede destro in grado di disegnare traiettorie arcuate quanto insidiose, sia da fermo -punizioni ed angoli- che in movimento.
Una vera e propria arma letale, che non di rado si accompagna anche all’altro piede e che in dribbling diventa mortifera per i difensori avversari.
Ottimo assistman, possiede visione di gioco e tatticamente è una mina vagante sulla trequarti del proprio team.
Abile pure se schierato da seconda punta, più a sinistra che a destra, oppure da centrocampista aggiunto, sa muoversi e svariare su tutto il fronte offensivo.
I suoi filtranti al limite dell’area sono spesso oro puro per i compagni.
Rigorista glaciale, se fosse altrettanto freddo in area potrebbe incrementare il suo bottino di reti.
Tende talvolta ad estraniarsi dal gioco e paga una certa incostanza di rendimento, figlia di un carattere particolare e di un non sentirsi pienamente coinvolto -in alcuni casi- nelle scelte dell’allenatore, che soprattutto ad alti livelli è inaccettabile e che, volente o nolente, gli tarpa le ali verso traguardi di ben altra levatura rispetto a quelli, pur importanti, ai quali è destinato.


Nel campionato 1997-98 Biagioni torna in cadetteria e lo fa alla grande, mettendo a segno quindici marcature, di cui nove su rigore, da titolare inamovibile e da leader di una Fidelis Andria ben costruita che vive una annata senza patemi, chiudendo a metà classifica e salvandosi con largo anticipo rispetto alle previsioni.

La rinascita di Oberdan gli vale la chiamata del Brescia di Corioni, appena retrocesso dalla A e smanioso di rimettere piede nel gotha calcistico tricolore.
Silvio Baldini è il mister designato per tentare l’impresa, mentre la squadra viene modellata al fine di garantire al bomber Hubner i rifornimenti adeguati.
Il romeno Raducioiu, Marino e lo stesso Biagioni si occupano a turno del succitato compito, mentre il belga Bodart prova a tenere chiusa la porta dei suoi, aiutato da Filippo Galli, Adani, Mero e Savino.
Diana ed il polacco Koźmiński arano le fasce.
I gemelli Filippini, Barollo e l’israeliano Banin procurano legna ad un centrocampo che affida a Nunziata le proprie geometrie.
Il Brescia parte bene, poi rallenta vistosamente e perde il treno per la promozione.
Hubner segna come un forsennato.
Invece Biagioni non decolla: inizia da titolare, poi finisce tra le riserve e scompare dai radar, senza colpo ferire.

In estate, trentenne, ha il morale sotto i tacchi.
Il Brescia mette le mani su Cerbone e vende Oberdan al Cosenza.
Il ragazzo è contento di tornare in Calabria, consapevole di dover lottare ancora una volta per la salvezza.
Con Mutti in panchina i rossoblù giocano un calcio sparagnino, che porta i suoi frutti e consente ai Lupi della Sila di mantenere la categoria.
Il nostro contribuisce alla causa, sebbene parta sovente dalla panchina.

Nel calciomercato estivo passa al Crotone, promosso in B per la prima volta nella sua storia.
I pitagorici partono col piede sbaglito e dopo qualche mese l’allenatore Cuccureddu viene sollevato dall’incarico.
Al suo posto arriva Papadopulo e Biagioni, che col tecnico ha un rapporto verace, chiede la cessione per non metterlo in difficoltà, avendo avuto problemi con alcuni dirigenti.

Si trasferisce al Giulianova, in C1, dove ritrova l’amico Cappellacci ed ottiene un decimo ed un quinto posto in due annate, giocando a sprazzi.
Resta quindi in Abruzzo ancora per un’altra stagione, con una salvezza ottenuta al play-out (pareggiando due volte col Sora, entrambe per 0-0) grazie al miglior piazzamento in stagione rispetto ai ciociari.
Oberdan Biagioni guarda le due sfide decisive dalla panchina e poco dopo si accorda col Tivoli, in C2, che non riesce a salvare dalla retrocessione in D.


Ormai trentacinquenne -e con qualche acciacco di troppo-, chiude col calcio giocato e si tuffa nella professione di allenatore.
Inizia proprio dal Tivoli, per poi guidare Terracina, Ostia Mare, Andria, Viterbese, Olbia, Potenza, Messina, Lanusei, e nuovamente Olbia.
Ad Agropoli e Trapani lascia prima di iniziare, perché Oberdan Biagioni è uomo d’istinto, ma anche d’onore: e se le condizioni non sono quelle previste, non esita a dimettersi e salutare la compagnia.

Oberdan Biagioni

Ai suoi giocatori, da tecnico, raccomanda sempre impegno e serietà.
Ed, in particolar modo, costanza ed applicazione.

“Il mio impegno in campo non è mai mancato, nemmeno per un secondo.
Ma avrei dovuto essere più costante nel rendimento e meno testa calda in alcuni frangenti della mia carriera.
Era un calcio diverso da quello odierno, però.
Vi era in giro una qualità spaventosa e debbo ammettere che le mie soddisfazioni sono riuscito comunque a togliermele, anche se obiettivamente avrei potuto fare ancora di più.
Molto di più, forse…”

Oberdan biagioni

In quella Primavera d’oro della Lazio il buon Oberdan Biagioni pareva destinato a sbocciare, salvo poi dover ripartire dal basso.
Nel mitico ed indimenticabile Foggia di Zeman sembrava luccicare, mentre ad Udine ha avuto la sfortuna di capitare al posto giusto nel momento sbagliato.
A Cosenza e ad Andria ha regalato spettacolo, perché quando era in giornata non lo fermavi manco con i cannoni.
In altre squadre, invece, era quasi trasparente.

Io lo ricordo come un fantasista che da un momento all’altro poteva letteralmente inventare calcio o, come per una magia, decidere di scomparire dal vivo del gioco.
Perché alla fine della fiera decideva sempre lui.
Sempre.

Oberdan Biagioni: il geniaccio.

V74

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