- Nippo Nappi
Marco Nappi
Un idolo.
Nippo Nappi: e chi non lo ricorda?
Nella mitica golden age (80-90) del calcio italiano, questo giocatore è stato un personaggio indimenticabile.
Un’icona di energia e grinta, che con alcune sue giocate è entrato nell’immaginario collettivo di tifosi ed addetti ai lavori.
Originario del quartiere Boccea, a Roma, Marco Nappi viene alla luce nel maggio del 1966.
Figlio di un litografo e di una casalinga, da piccolo passa le ore a giocare a pallone con gli amichetti.
Bassino ma già rapidissimo di gambe, è imprendibile mentre sfreccia sui campetti improvvisati dietro casa e fuori scuola.
La squadretta del quartiere, il Pineta Sacchetti, lo “ingaggia” prima di subito.
Su di lui posano quindi gli occhi gli osservatori della Lazio, che lo inseriscono nel proprio settore giovanile.
Marco brucia le tappe e dimostra di possedere stoffa.
Per un quadriennio indossa la casacca biancoceleste, nonostante sia simpatizzante della Roma.
Poi si ritrova, sedicenne, senza squadra.
La Lazio non ci punta, probabilmente a causa del fisico non particolarmente aitante.
Finisce quindi alla Urbe Tevere, tra i dilettanti.
E segna sette reti in quattordici gare: un’ottima media, per un ragazzino.
Qualcuno lo segnala al Cesena, che manda un dirigente a visionarlo.
Pochi mesi dopo Marco Nappi è in Romagna, senza però trovare spazio nella prima squadra, che milita in serie B.
Viene quindi prestato al Ravenna, in Interregionale, dove a diciotto anni vince il campionato giocando da titolare e segnando parecchi gol.
Tornato alla casa madre, si rende conto di avere troppa concorrenza nel ruolo.
La presenza in rosa dei giovani Agostini, Rizzitelli e Bianchi e dei più navigati Gibellini e Traini non lascia molti margini, di manovra, in effetti.
Nappi torna al Ravenna, quindi, disputando il torneo di C2 e, nel contempo, svolgendo il Servizio Militare a Bologna.
Risente del “doppio impegno” e del salto di categoria (dall’Interregionale) rispetto alla precedente annata, ma non se la cava poi così male e contribuisce al quarto posto finale dei giallorossi.
Passa quindi alla Vis Pesaro, nello stesso girone della C2, e segna una quindicina di reti in trenta gare, trascinando i vissini alla vittoria del campionato ed alla conseguente promozione in C1.
A ventuno anni di età Marco Nappi è pronto per spiccare il volo verso categorie più consone al suo valore.
Lo cercano in parecchi, sia dalla C1 che dalla B.
Il Cesena, che ha conquistato la serie A, ha allenato la presa dodici mesi or sono, lasciando alla Vis Pesaro il possesso del suo cartellino.
E Nappi finisce in cadetteria, all’Arezzo.
Il mister dei toscani è Bolchi -proveniente proprio da Cesena, dove ha raggiunto la promozione in massima serie-, una garanzia per la crescita del ragazzo romano.
La società è ambiziosa ed ha allestito una rosa è di ottima qualità.
I portieri sono Orsi e Facciolo.
In difesa ci sono Minoia, Mangoni, Pozza, Rondini ed Incarbona.
In mezzo al campo Allievi (a destra), Ruotolo (in mezzo) e Butti (a sinistra) macinano chilometri, mentre Ermini provvede ad organizzare il gioco e Carrara offre il cambio a chi necessita di prendere un po’ fiato.
Sulla trequarti si muove De Stefanis e, talvolta, Dell’Anno.
Davanti ci sono Tovalieri, Ugolotti, per l’appunto Nappi ed un altro giovane che farà strada, Silenzi.
La B del periodo è tosta, eh.
Però, almeno sulla carta, l’Arezzo può giocarsela per le zone nobili della graduatoria.
Sulla carta, ecco.
Perché il campo dice ben altro.
Gli amaranto difatti non riescono ad ingranare la marcia giusta e disputano un torneo scadente.
Nemmeno l’esonero d Bolchi (sostituito da Angelillo) sortisce gli effetti sperati e con un girone di ritorno senza vittorie la retrocessione è invitabile.
A Tovalieri salta il crociato e la chimica tra i giocatori non si rivela adeguata alla causa, a voler trovare qualche motivazione per un’annata così balorda.
Ma la verità è che quando non gira, non gira.
Nappi è il più presente ed il miglior goleador: almeno lui si salva, nel marasma generale.
E non segue l’Arezzo in C perché nel match col Messina, a poche gare dalla fine del campionato, rincorre tutti gli avversari sino al novantesimo, nonostante la gara sia ampiamente decisa a favore dei siciliani.
Questo atteggiamento, tenace e professionale, colpisce il tecnico dei peloritani, Scoglio, che in estate passa al Genoa e chiede ai suoi dirigenti di mettergli a disposizione Nappi.
Il DS Sogliano, che già era in trattativa con l’Arezzo per il mediano Ruotolo, sgancia un corposo assegno e porta il duo in Liguria.
Il Grifone, reduce da una annata tutt’altro che tranquilla, ha voglia di rivalsa.
Marco Nappi è felicissimo del trasferimento e lega subito con l’ambiente, oltre che con compagni come Signorini, Eranio, Caricola, Torrente, Onorati, Quaggiotto, Briaschi, Fontolan, ed altri ancora.
Scoglio organizza un team solidissimo, che non segna molto ma che subisce pochissimo.
La ricetta giusta per arrivare a dama.
E difatti il Genoa vince il campionato, con Nappi miglior cannoniere dei suoi insieme a Fontolan, e sbarca in serie A.
Una gioia infinita per il popolo rossoblù e per lo stesso Marco Nappi, che raggiunge l’apice della sua ancor giovane carriera.
Manco il tempo di festeggiare ed il Genoa mette le mani sull’uruguaiano Aguilera, decidendo di disfarsi di Nappi, spedito al Brescia.
Nuovamente serie B, seppur in una pizza importante.
La sentenza Bosman è ben lungi dal manifestarsi ed i calciatori non dispongono del potere contrattuale odierno, invero esagerato.
Marco accetta quindi la destinazione, per quanto non nasconda la sua notevole delusione.
Ma la vita ed il calcio hanno in serbo una sorpresa, per lui.
In autunno, nel cosiddetto calciomercato di riparazione, ad interessarsi al romano è la Fiorentina di mister Giorgi.
Nell’arco di pochi giorni, per non dire ore, Nappi dalla B si ritrova nuovamente in serie A ed addirittura in Coppa Uefa.
I gigliati sono itineranti, in quanto lo stadio di Firenze è inutilizzabile a causa dei lavori in corso in vista dei Mondiali di Italia 90.
La rosa è valida, con l’argentino Dertycia (che si infortuna a metà stagione) ed il ceco Kubik che sono gli acquisti di punta, giunti a rafforzare i viola insieme a Buso, Pioli, Volpecina, Iachini e Faccenda.
Roberto Baggio e il brasiliano Dunga sono i calciatori di maggior spessore della rosa.
E con loro Nappi lega particolarmente, sin da subito.
In campionato i viola soffrono maledettamente, però.
Si salvano dalla caduta negli inferi al fotofinish, con Graziani che ha sostituito in panchina Giorgi già da qualche mese.
Invece i toscani se la cavano alla grande in Coppa Uefa, giungendo sino alla doppia finale con la Juventus e dopo aver eliminato compagini forti quali l’Atletico Madrid di Futre e Baltazar, il Sochaux di Carrasco ed Hadzibegic, la Dinamo Kiev di Protasov e Rats, l’Auxerre di Scifo e Boli ed il Werder Brema di Riedle e Rufer.
Nell’ultimo atto la gara di andata, a Torino, vede i bianconeri trionfare per 3-1.
Al ritorno, sul campo neutro di Avellino, la Fiorentina non riesce nella rimonta e lo 0-0 al novantesimo premia gli uomini di Zoff, che portano a casa la coppa.
Una delusione forte, per Nappi, autore di buone prestazioni e di qualche gol sia in serie A che in Europa, con una giocata clamorosa che resta impressa nell’immaginario collettivo di tutti i tifosi viola e non soltanto.
Contro il Werder, nella gara di ritorno, si inventa difatti una spettacolare progressione con la palla attaccata alla testa, percorrendo parecchi metri tra compagni ed avversari letteralmente sbigottiti, che gli vale il soprannome di “foca monaca“.
Un matto, che ci mette il cuore e l’istinto e che si merita la riconferma a suon di prestazioni positive, sia giocando da ala che, talvolta, da punta centrale.
In estate la Fiorentina ingaggia il brasiliano Lazaroni come tecnico ed acquista Fuser, Orlando, il romeno Lacatus, Mareggini, Fiondella e Borgonovo (un ritorno, dal Milan).
Roberto Baggio passa alla Juve, tra mille polemiche, e la squadra ne risente, disputando una stagione sotto tono.
Nappi non brilla e finisce spesso in panchina.
Nel luglio del 1991 passa all’Udinese, tornando in serie B su richiesta di Scoglio, appena insediatosi sulla panchina dei friulani.
Il Professore di Lipari viene esonerato a stagione in corso, ma l’Udinese -grazie anche alle ottime performance di Marco- riesce a salire in A.
D’altro canto Balbo, Sensini, Giuliani, Manicone, Dell’Anno, Mandorlini e compagnia bella non sono calciatori da cadetteria, diciamocelo francamente.
Fedele, che ha sostituito Scoglio, gradirebbe la conferma di Nappi anche in massima serie, ma l’attaccante si rende presto conto che giocherà poco, chiuso da Balbo e dal neo acquisto Branca, oltre che da Marronaro come alternativa.
A novembre la Fiorentina, ancora proprietaria del suo cartellino, lo gira in prestito alla Spal, da poco promossa in B.
Marco Nappi, come al solito, gioca bene e segna diversi gol.
Gli estensi, quantunque abbiano in rosa alcuni giocatori di sicuro valore (Soda, Ciocci, Vanoli, Salvatori, Madonna, e Paramatti, giusto per fare qualche nome), incappano in una stagione balorda, soprattutto a livello societario, cambiando una marea di allenatori e retrocedendo nonostante una disperata rimonta finale.
Il calciomercato estivo del 1993 diventa così un crocevia fondamentale per la carriera di Nappi, stanco di girovagare in prestito e di cambiare continuamente maglia.
Ha voglia di un progetto serio ed affidabile ed è in cerca di stabilità.
Le proposte non gli mancano di certo, essendo considerato una garanzia per la B ed un buon rincalzo per la A.
E proprio dalla prima divisione gli giunge un’offerta pluriennale, da parte del Genoa.
Un ritorno, per lui.
I liguri sono allenati da Maselli e schierano elementi come il ceco Skuhravý, l’ungherese Detari, l’olandese van ‘t Schip, il romeno Petrescu, Bortolazzi, Signorini, Tacconi, Galante, eccetera.
Nel girone d’andata il Grifone va male, poi Maselli lascia il posto a Scoglio ed il ritorno del siciliano permette ai rossoblù di mantenere la categoria.
Come ormai prassi, Marco Nappi viene inizialmente riconfermato: quindi nel calciomercato di riparazione viene spedito al Brescia, in A.
Ancora un ritorno, per Marco.
I lombardi, allenati da Lucescu, dispongono di una rosa omogenea, composta da vari mestieranti più adatti alla B che alla A ed alcuni buoni giocatori di categoria come Corini, Galante, Francini, Ivano Bonetti e gli stranieri Sabau (Romania), Cadete (Portogallo) e Lupu (Romania).
Questi ultimi rendono poco, purtroppo.
Lucescu lascia il posto a Maifredi e poi a Moro, ma il Brescia non reagisce adeguatamente ai tentativi di svoltare la stagione e a fine torneo scende in B.
Nappi naufraga miseramente, insieme a tutti i suoi compagni.
Annata da dimenticare, per la punta romana.
Che torna al Genoa (nel frattempo retrocesso anch’esso in cadetteria) e ci resta, incredibilmente, per ben 4 stagioni.
Un vero e proprio record, per il calciatore di Roma.
Nel primo anno, con Radice e poi Salvemini in panca, i liguri chiudono al settimo posto e, complice un calo di risultati a metà torneo, non riescono a sfruttare l’ottima vena di Nappi (12 reti) e Montella (21 centri), mancando la promozione in A.
Nell’annata successiva il Genoa, affidato a Perotti, parte male.
Recupera nel proseguo della stagione, sfiorando la promozione.
Nappi fa coppia col belga Gossens (Montella è stato ceduto ai cugini della Sampdoria) e si sacrifica più per la squadra che per se stesso, segnando meno del solito (5 gol).
Dodici mesi più tardi ne mette a segno uno in più, ma il Genoa ancora una volta perde il treno per la A, stavolta con Salvemini (prima ) e Maselli (dopo) in panchina.
Davanti Giampaolo (11) e Kallon (10) se la cavano discretamente, rispetto al succitato Nappi.
Stesso esito di club nel torneo 1998-99, con Pillon e Cagni che si alternano nella guida di una squadra che chiude a metà classifica, senza acuti.
Nappi va in rete in dieci occasioni, supportando il bomber Francioso (16) nel migliore dei modi.
In estate, con l’avvento in panca di Delio Rossi ed il cambio di modulo, Marco Nappi viene venduto all’Atalanta.
Chiude la sua avventura genoana con una quarantina di reti in più di centocinquanta partite giocate con la casacca rossoblù, vincendo da protagonista l’ultima edizione della Coppa Anglo-Italiana, nel 1995-1996
E come in ogni piazza nella quale si è esibito, diventa un idolo indimenticato ed apprezzato sia come calciatore che uomo.
Perché Marco Nappi è l’emblema del calciatore generoso e combattente, che spende sino all’ultima goccia di sudore per la maglia che indossa.
Ma oltre all’impegno, vi è anche altro.
Molto altro.
La zanzara, come viene chiamato dai compagni per il suo instancabile ronzare intorno agli avversari, gioca quasi sempre col 7 sulle spalle, come il suo idolo Bruno Conti.
Attaccante moderno, in grado di partire dalla fascia ed accentrarsi senza offrire punti di riferimento al suo diretto marcatore e, anzi, mettendolo in difficoltà con la sua ragguardevole velocità d i suoi irresistibili slalom in dribbling.
Dotato di tecnica discreta e di un bel calcio, sa agire anche sulla zona mancina del campo e da seconda punta, oltre a cavarsela pure da centravanti puro, alla bisogna.
Non molla mai, pressa e rincorre tutti, dal primo all’ultimo minuto di gara.
Segna spesso, sebbene talvolta pecchi di freddezza dinanzi alla porta.
D’altronde con tutto il movimento che fa, gli si può perdonare qualche momento di stanchezza e/o poca lucidità.
Negli ultimi anni di carriera si specializza da subentrante dell’ultima mezz’ora, con i suoi guizzi improvvisi e le sue doti di “scompaginatore” dell’ordine tattico precostituito.
Nappi arriva a Bergamo con trentatré primavere sul groppone, ma nessuno se ne accorge.
Carico e determinato, svolge un’ottima preparazione estiva agli ordini di mister Vavassori, al quale è stato affidato il compito di provare a risalire in massima serie.
Un mix di giovani speranze ed esperti calciatori della categoria è pronto a lottare per tentare l’assalto alla A: Doni, Caniggia, Caccia, Fontana, Carrera, Zauri, i gemelli Zenoni e altri ancora.
E alla fine la compagine orobica coglie il bersaglio, col secondo posto che vale la promozione.
Marco Nappi è tra i protagonisti del successo dei lombardi, apportando esperienza e professionalità alla causa.
Il romano torna meritatamente a calcare i campi della A, seppur da comprimario.
L’ingresso in rosa di Ventola, Ganz e Morfeo riduce, giocoforza, il numero di apparizioni di Nappi, comunque utile a trascinare l’Atalanta sino ad un ottimo settimo posto finale in classifica.
In estate la società bergamasca decide di non rinnovare il contratto all’attaccante di scuola Laziale.
Si punta su profili giovani e Marco, svincolato, deve attendere la riapertura delle liste per accasarsi alla Ternana, in B.
In Umbria trova una squadra discreta (Miccoli, Dell’Anno, Fabris, Schenardi, Calaiò, Borgobello, etc.), ma il caos societario e tecnico -in panchina si alternano Agostinelli, Tobia e Bolchi- regna sovrano e la compagine ternana ne risente, retrocedendo in C (verrà ripescata nel giro di qualche mese).
Marco Nappi, che a trentacinque anni non ha minimamente intenzione di smettere, deve però aspettare ancora una volta fino a novembre, per accasarsi in una nuova squadra.
Lo prende il neopromosso -in B- Como, che necessita di rinforzi di esperienza per salvarsi.
La compagine allenata da Dominissini, sull’onda dell’entusiasmo, sorprende tutti e riesce addirittura a vincere il campionato, grazie ai gol del bomber Oliveira ed alle ottime prestazioni di calciatori quali Taldo, Brunner, Pedone, Allegretti e via discorrendo.
Nippo Nappi, come lo appella sfiziosamente la Gialappa’s Band, è poco utilizzato, anche se nei momenti decisivi la sua capacità di fare gruppo e di spronare i compagni risultano essere decisive.
Non confermato nella rosa comasca che affronta il torneo di serie A, peraltro retrocedendo a fine stagione, per Nappi giunge una proposta dal Savona, appena promosso in C2.
Una ventina di presenze e qualche gol, utile a consentire ai suoi di ottenere la salvezza, in linea con le aspettative della società ligure.
Per Marco ecco quindi un anno e mezzo alla Carrarese (ancora C2), prima di un fugace intermezzo al Cuneo (serie D), salvo poi chiudere col calcio giocato a quaranta anni suonati dopo aver militato per una stagione nel Sestri Levante (ancora in D).
Cala così il sipario sulla carriera, di tutto rispetto, di un attaccante iconico: non un campione, certo, ma di sicuro uno che in ogni squadra ove è stato si è fatto sentire ed ha dato tutto quello che poteva, sempre e comunque.
Non a caso non vi è una sola tifoseria che non lo adori.
Incluse quelle che non hanno avuto la fortuna di averlo tra le loro fila.
E ho detto tutto, per citare il mitico Peppino De Filippo.
Appesi gli scarpini al chiodo, Marco Nappi si diverte a commentare le partite su alcune televisioni locali della Liguria ed apre una scuola calcio, in zona.
Poi inizia ad allenare, potendo ad oggi vantare esperienze in diversi settori giovanili (Savona, Livorno e Beijing BSU Football Club, in Cina) e guidando Pomigliano, Arzachena e, ultimamente, Nocerina.
In panchina la grinta è la stessa di quando calcava il terreno di gioco, ovviamente.
Zazzera bionda e nasone pronunciato, reso immortale dalla Gialappa’s Band con uno dei suoi indimenticabili tormentoni, Nappi è stato uno dei protagonisti del meraviglioso calcio che fu.
Il mio e, se state leggendo, di sicuro anche il Vostro.
Buon complemento di rose di serie A, ottimo innesto per ambiziose compagini di B, autentico lusso per squadre di C e navigato condottiero per club di serie minori, il romano ha esplorato tutte le categorie del panorama tricolore e, come detto, ha conquistato i cuori e scatenato le ugole dei tifosi con la sua innata scaltrezza e la sua feroce determinazione.
“Non sono mai stato un grande calciatore.
marco nappi
Però in campo mi divertivo come un matto, giocando come se mi trovassi in strada con gli amici e puntando tutto sull’estro e sulla voglia.
Mi sono sacrificato per il calcio: l’ho vissuto col cuore, con passione e con il massimo impegno, rispettando compagni, tifosi ed avversari.
Ho amato veramente questo sport e lo amo ancora, moltissimo.”
Ed è tutto qui.
Marco Nappi: Nippo Nappi. per meglio dire.
V74