Luiz Milton - San Gallo
  • Parvenza di Campione

Luiz Milton

Fine anni 80, quando il calcio in Italia è ancora una cosa seria.
Nel 1988 si svolgono le Olimpiadi a Seul, in Corea del Sud.
Nel mio sport preferito trionfa l’Unione Sovietica, che in finale sconfigge il Brasile.
Terza la Germania Ovest, quarta l’Italia.

I sovietici presentano una squadra compatta, ricca di agonismo e forza fisica.
I brasiliani sono una corazzata dal punto di vista del talento (Careca, Romario, Bebeto, Jorginho, Valdo, Mazinho) ma, come spesso capita, non riescono a capitalizzarlo sino in fondo.
I tedeschi schierano gente del calibro di Klinsmann. Riedle, Häßler, Wuttke, Mill e Sauer, portando a casa la medaglia di bronzo.
L’altalenante Italia di Virdis, Tacconi, Ferrara e Tassotti si ritrova invece fuori dal podio.

Il torneo è divertente e combattuto.
Si mettono in mostra vari elementi degni di nota.
Uno di loro, il verdeoro Milton, attira l’attenzione di parecchi addetti ai lavori: è un centrocampista dotato di ottima tecnica, di buon fisico e di raffinata intelligenza tattica.
Rispetto a parecchi dei suoi compagni di avventura è molto meno noto, quantomeno al grande pubblico, probabilmente perché gioca ancora in patria.
Non per molto, però.

Milton - 1988

Milton Luiz de Souza Filho, detto Milton, nasce a Rio de Janeiro, capitale dello stato omonimo, nel novembre del 1961.
Da giovanissimo inizia a giocare a pallone, continuando parallelamente a studiare con profitto ed impegno.
Ragazzo intelligente e voglioso, consegue il diploma di perito tecnico-chimico e riflette se proseguire o meno gli studi universitari.
La scelta è complessa, in quanto Milton è bravo anche sul campo di calcio, oltre che sui banchi di scuola.

Difatti dopo aver militato nelle giovanili di Flamengo, Olaria e Bangù, si ritrova nel Serrano di Petrópolis, che agli inizi degli anni 80 compete nel Campionato Carioca di seconda divisione.
Firma il suo primo contratto da professionista e opta per tentare la scalata nel calcio che conta, mettendo da parte gli altri progetti.

Gioca centrocampista e mostra doti interessanti, che gli valgono il trasferimento al Nacional di Manaus.
Seconda divisione, pure in questo caso, ma in un contesto di maggiore visibilità.
Luiz Milton continua a giocare bene ed attira l’attenzione di Jesus Vicentini, presidente del Roma Apucarana e talent scout di fama, che riesce a portarlo nella sua squadra dove resta pochissimo, in quanto sul ragazzo piomba il Curitiba.
Massima serie e prospettive che iniziano a divenire decisamente positive.

Milton - Curitiba

A destare interesse è soprattutto la costante crescita del giocatore, in grado di adeguarsi rapidamente ai vari contesti nei quali si ritrova a gareggiare.

La conquista della pesante maglia della Nazionale Brasiliana è il segnale che il calciatore è pronto a spiccare il volo definitivamente.
Le Olimpiadi di Seul, dove Milton è titolare e protagonista della cavalcata dei suoi fino alla finale, lo consacrano al calcio che conta.

Il Coritiba si lecca i baffi in attesa dell’offerta più allettante.
Luiz Milton riceve proposte da Germania, Francia, Olanda, Belgio, Spagna, Grecia e Italia.
Nella penisola nostrana lo cercano Pescara, Cesena, Verona e Como.
Le prime tre virano presto su altri obiettivi mentre il Como, tramite il mediatore Lamberto Giuliodori, un ristoratore friulano con ottimi contatti in Brasile (ha collaborato ai trasferimenti in Italia di Zico e Socrates, tra gli altri), decide di affondare il colpo.
Il D.S. Vitali trova l’accordo col giocatore e con la sua società di appartenenza e il presidente Gattei, speranzoso di regalare ai lariani la sesta permanenza consecutiva in serie A, concede il placet per chiudere l’affare: tre miliardi e mezzo delle vecchie lire e Milton sbarca sulle rive del lago.

Milton - Como

Il Como, allenato da Rino Marchesi, inizia il campionato dignitosamente.
La rosa non è malvagia: tanti onesti mestieranti (Corneliusson, Centi, Verza, Todisco) vogliosi di guadagnarsi la pagnotta e diversi giovani di valore (Simone, Notaristefano, Didonè, Annoni) alla ricerca della consacrazione definitiva nel grande calcio.
Pian piano il ritmo rallenta e già al giro di boa i lombardi sembrano in affanno.
Marchesi lascia il posto a Pereni, ma oramai il dado è tratto.
Il Como retrocede mestamente in serie B.
E Milton?

Beh, lui fa bella figura.
Quasi sempre tra i migliori in campo del suo team, dimostra di essere un elemento di qualità che vale ben oltre la classifica -e la categoria- dei lariani.
Lo seguono compagini importanti, Roma e Sampdoria in primis.
Il Como vorrebbe monetizzare e sogna di riuscirci alla grande allorquando su Luiz Milton piomba nientepopodimeno che la Juventus.
Il brasiliano piace parecchio ad un signore che di nome fa Gianni Agnelli.
Ricco, potente e, bisogna riconoscerlo, competente.
L’Avvocato trova terreno fertile in una dirigenza bianconera che prova a portare a Torino il calciatore carioca.
Un altro mito, l’allenatore Dino Zoff, ha però idee differenti e vuole un altro brasiliano, Dunga, alla corte della Vecchia Signora.
La Fiorentina, proprietaria del suo cartellino, tentenna e spara cifre folli per lasciare andare il proprio mediano: circa otto miliardi cash e Muller (al Toro), Pioli (al Verona) e lo stesso Milton in aggiunta.
Una provocazione, più che una richiesta.
La Juve ripiega sul sovietico Alejnikov ed a Milton pensa l’Atalanta, che non trova l’accordo economico col Como ed abbandona anch’essa la pista.

Tutte lo vogliono, nessuna se lo piglia.
Luiz Milton, spaventato all’idea di perdere la Nazionale scendendo in serie B, punta i piedi e chiede il trasferimento.
Dall’estero arriva qualche richiesta, ma nulla di realmente concreto.
Alla fine della fiera il Como lo convince a dare una mano per la pronta risalita, ingaggiando un tecnico preparato come Giampiero Vitali e non smantellando l’ossatura della squadra che nella serie cadetta dovrebbe tranquillamente competere per la vittoria finale.
Dovrebbe, in teoria.
In pratica invece non funziona così e dopo un inizio traballante, che costa a Vitali l’esonero, l’arrivo in panchina del pur bravo Galeone finisce per peggiorare ulteriormente le cose.
I lariani centrano una assurda doppia retrocessione consecutiva e Milton, palesemente oltre la media in seconda divisione, seppur non continuo e brillantissimo, si ritrova addirittura in serie C.

Un crollo verticale, pesante ed imprevedibile.
Dalla Juventus e dalla Nazionale Brasiliana alla terza serie ed ai polverosi campi di periferia dove Luiz non giocherà, comunque.

Perché per lui arrivano diverse richieste, sebbene non da compagini di grande blasone.
Il Como, che deve necessariamente liberarsi di un ingaggio pesante, acconsente alla cessione e lo vende al Chiasso, in Svizzera.
Seconda serie elvetica, con Luiz che non deve complicarsi eccessivamente la vita nel trasferimento datosi che cambia nazione, questo sì, ma fondamentalmente non è costretto neanche a fare il trasloco, vista l’esigua distanza tra le due città in questione.

Cala il sipario sulla carriera ad alti livelli di Milton, inutile girarci intorno.


Centrocampista in grado di abbinare qualità e quantità.
Interno, solitamente sul centro-destra.
Capace di disimpegnarsi anche da trequartista/mezzala, da regista e, se necessario, pure da mediano interditore.
Un calciatore moderno, fisicamente ben piazzato, aggressivo nella fase di conquista della sfera, raffinato nelle movenze ed astuto nelle giocate.
Con qualche gol e svariati assist a stagione nel repertorio.
Testa alta e tanta, tanta, tanta eleganza.
Con lanci millimetrici ed aperture precisissime.
Un fenomeno, allora?
No, questo no.
E neanche un campione, ad onor del vero.
Per essere considerato tale gli manca quella continuità di rendimento che a certi livelli fa la differenza.
La scelta del Como, ipoteticamente corretta se intesa come buon trampolino di lancio verso mete più intriganti, a posteriori si è rivelata alquanto sfortunata.

Luiz Milton in Svizzera mette le tende.
Dopo il Chiasso -col quale sfiora la promozione ai play off- passa allo Zurigo. firmando un biennale ed approdando nella massima serie elvetica.
Due buone stagioni, a livello personale.
Il suo club ottiene due salvezze sofferte, ma meritate.

Milton - Zurigo

A fine Milton contratto si trasferisce al Sion, ambiziosa società con qui sfiora la vittoria del campionato al primo anno, mentre al secondo la compagine del Canton Vallese porta a casa la Coppa Svizzera.

Nel 1995 Luiz si accorda col San Gallo, in prestito, su richiesta dell’allenatore Rapolder, ottenendo una tranquilla permanenza in categoria.

Dodici mesi più tardi il ritorno al Sion dove vince, allenato da Albertino Bigon, sia il campionato che la Coppa Svizzera.
Una doppia e meritata soddisfazione per il brasiliano, che nelle due parentesi al Sion prova anche l’ebbrezza di esordire nelle coppe europee.

Milton - Sion

Sul finire della carriera viene saltuariamente utilizzato anche da difensore centrale, come libero di impostazione.
Il campionato svizzero non è un torneo di grande spessore, siamo d’accordo.
Però Luiz Milton, a parer mio, in quel ruolo avrebbe potuto dire la sua anche in contesti di caratura superiore.

Calciatore che con un pizzico di buona sorte in più si sarebbe potuto tranquillamente ritrovare con una bacheca di alto livello.
Mi piaceva davvero parecchio, con quell’andatura stilosa e quelle geometrie lineari e, nel contempo, gentilizie.

Non a caso l’Avvocato ci aveva puntato qualche fiches e per il brasiliano la Juventus sarebbe stata un’occasione imperdibile, senza tralasciare che buona parte dei suoi compagni che hanno partecipato a quella Olimpiade di Seul del 1988 si sono poi laureati Campioni del Mondo ad USA 1994.
Sliding Doors, c’est la vie.

Io, ai tempi, speravo che Luiz Milton venisse alla Lazio.
Invece dopo quella canizza estiva di cui sopra, nel 1989, prendemmo Pedro Troglio, dal Verona.
Buon giocatore, senza dubbio.
Nazionale Argentino e vicecampione del Mondo ad Italia 90, per dire.
Eppure Luiz mi sembrava di ben altra caratura rispetto a lui.
E sono ancora oggi convinto che lo fosse.


Appesi gli scarpini al fatidico chiodo a trentasette anni, per Luiz MIlton si sono aperte le porte dello spogliatoio.
Da una prospettiva diversa, chiaramente.
Ha studiato infatti da allenatore, in Svizzera.
Più tardi è tornato in Brasile, occupandosi di affari e mediazioni calcistiche.

A Como lo ricordano tutti come un potenziale “crack”.
Gli appassionati del Calcio che fu, sottoscritto incluso, idem come sopra.

Luiz MIlton: Parvenza di Campione.

V74


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