- Il venticinquesimo
L’Orsacchiotto
“Meglio un giorno da leone o cento giorni da pecora?”
“Cinquanta da orsacchiotto e così non fai la figura di merda della pecora e nemmeno il leone che, però, vive solo un giorno!”
Il genio.
Infinito.
Inarrivabile.
Unico.
Scusate il ritardo, bellissima commedia in salsa agrodolce dell’indimenticabile Massimo Troisi.
Uno dei miei animali preferiti, l’orso.
In questi giorni -aprile 2023- al centro delle attenzioni mediatiche per una vicenda che fa male sotto tutti i punti di vista.
Non è facile, eppure questo è.
Da dovunque la si osservi, è una storia che fa male.
Prescindendo dalla circostanze, avevo già da qualche mese in lista il tattoo numero venticinque, per festeggiare le nozze d’argento.
Forte, indipendente, bello, tenero ma, nel contempo, in grado di mostrarsi feroce e determinato, ove necessario.
Sì, l’orso somiglia a qualcuno di mia conoscenza.
Inoltre, quando soltanto da pochi mesi ero venuto al mondo, ebbi in regalo da una gentile signora un dolcissimo orsacchiotto bianco che mi fu fedele compagno in momenti in cui, giocoforza, vi erano solamente sconosciuti, nei dintorni.
Quando si ritrova capovolto, oltretutto, inizia a frignare, guaire, vagire o quel che sia.
Ancora oggi, incredibilmente: dopo quasi cinquant’anni, sebbene con meno veemenza rispetto al passato.
L’ho tenuto come una reliquia, perché è uno dei pochissimi oggetti -tutti debitamente conservati- che sono passati dalla mani di mia madre, oltre che dalle mie.
La storia l’ho scoperta casualmente, peraltro.
Ma ci ero già affezionatissimo.
L’istinto, forse.
L’amico è stato al coperto in un armadio sin quando, circa un lustro fa, sistemando un po’ casa l’ho potuto affidare alla compagnia di tanti altri peluche.
Finalmente.
Quando li vedo nelle vetrine dei negozi, in solitaria, mi intristisco.
Fino a che non vanno ad allietare una nuova famiglia, nel mio mondo ideale, non dovrebbero mai stare da soli.
Mai.
L’ultimo è sopra di loro, momentaneamente protetto dalla discutibile arte imbianchina del sottoscritto, a far da guardiano alla “truppa”.
Il mio orsacchiotto, bianco e con elegante fiocchetto colorato (solitamente giallo, di tanto in tanto rosso), ora è in una splendida e nutrita combriccola.
Essendo un tipo abbastanza ordinario, per non dire ai limiti dello scontato, non ho potuto esimermi dal confermare le premesse e chiamarlo Orso.
Orso è anche sul mio braccio sinistro, in un punto ove la piegatura dello stesso pare quasi dargli vita.
Non troppo bianco, perché ne avrebbe guadagnato in estetica ma non in realismo.
Col nasino più scuro, datosi che invecchia anch’esso.
Fondamentalmente è identico a come appare sul mio corpo.
E siamo coetanei, eh.
Lo guardo/guarderò spesso, dal vivo e sulla pelle.
Poiché è parte della mia storia/vita e perché mi trasmette un senso di tenerezza e di serenità che non saprei descrivere adeguatamente con le parole.
E manco ci voglio provare.
V74