- Godibile
La Dea Fortuna
Özpetek è bravo: scuola Troisi, d’altronde.
Ho visto quasi tutti i suoi film e, al contrario del solito, ho atteso con bramosia questa nuova pellicola.
La Dea Fortuna
Negli ultimi anni l’eccessiva tendenza al politically correct ed al tentativo di non farne parte mi ha reso il regista turco alquanto indigesto.
Però “tecnicamente” non si discute ed il film infatti regala momenti di ottimo cinema.
Per 3/4 direi che è più che bello, mentre nel finale -deve essere una maledizione sul sottoscritto, visto che recentemente va così- le cose cambiano abbastanza nettamente.
Il simpatico Edoardo Leo si becca un personaggio perfettamente centrato per una sala che ha voglia di divertimento e commozione e lo interpreta alla perfezione.
L’antipatico Stefano Accorsi è più decentrato nella sua recitazione, eppure a me appare maggiormente credibile ed aderente.
La discreta Jasmine Trinca completa l’opera con garbo e mestiere.
Anzi, no: vi sono due giovanissimi che fanno un figurone, con lei che ha 11 anni e ne dimostra 35 a livello attoriale e lui, ancor più piccolino, che si muove con una tipicità che alla sua età è clamorosa.
Alessandro ed Arturo, i due protagonisti, svolgono mestieri non remuneratissimi, eppure vivono in una casa che ha il portone a Roma nord ed il bagno a Roma sud: una delle incongruenze del film che si perdona senza problemi.
Più fastidiosa quella attitudine Özpetekiana della quale si diceva in precedenza, ormai un vero e proprio marchio di fabbrica, che deve forzatamente evidenziare aspetti normali dell’esistenza umana facendoli passare come espressioni di talento e/o unicità contrastate dalla storia dell’umanità.
Qualcuno dovrebbe spiegargli che non tutti i gay sono divini, che non tutte le lesbiche assomigliano alla perfezione, che non tutti i malati sono sfortunati e che non tutti gli stronzi lo sono per indole naturale.
La Dea Fortuna è un bel film che sarebbe potuto essere stupendo: la storia è carina, la tematica interessante, le scene iniziali sfiziosissime, i protagonisti bravi.
Molto.
La regia lo è per buona parte, poi diventa più banale di coloro che pensano che per crescere un figlio serva un cazzo ed una figa, piuttosto che un cuore ed un’anima.
Da vedere, comunque.
Senza dubbio.
Ma l’effetto emozionale, che in vari frangenti emerge con forza ed è un merito, termina appena dopo la prima sigaretta post proiezione.
Nessun rimpianto, assolutamente: lui è ormai questo e così va preso.
Bello, ma non bellissimo.
La Dea Fortuna: 7
V74