- L’indeformabile
Jan Heintze
L’indeformabile, perché nonostante fosse bassino riusciva a tenere botta contro dei colossi che, puntualmente, finiva per annullare dal campo.
Difensore tenace e tostissimo, che per oltre venti anni di carriera ha mantenuto uno standard oltremodo elevato di rendimento.
Mi piaceva parecchio, soprattutto a livello di mentalità e grinta.
Jan Heintze, il protagonista del racconto odierno, nasce a Tårnby, in Danimarca, nell’estate del 1963.
La sua casa è posta in un villaggio di abitazioni antiche, a poca distanza dal mare e da alcuni edifici moderni, oltre che dalla capitale Copenaghen.
Ragazzino tranquillo e studente altalenante, Jan adora lo sport e sin da bambino si innamora del calcio, che gioca su un campetto vicino alla sua dimora.
Viene notato presto, per la sua notevole velocità.
A soli sette anni entra nel Tarnby BK, la squadra locale, ove svolge la classica trafila giovanile: è bravo e gioca da ala sinistra.
Viene convocato nelle rappresentative nazionali Under 16 ed Under 18, da sotto età.
Ha meno di diciassette anni quando viene acquistato dal Kastrup BK, che milita nella prima divisione danese.
L’intenzione dello staff tecnico del club è quella di utilizzare il ragazzo nelle giovanili, ma bastano un paio di allenamenti per comprendere la stoffa di Jan, subito aggregato alla prima squadra che, purtroppo, incappa in una sfortunatissima retrocessione in cadetteria.
Heintze, tra i migliori dei suoi, riceve diverse offerte per cambiare aria.
Il mercato olandese, nei primi anni ottanta, stuzzica soprattutto società di Olanda, Belgio e Germania, paesi vicini sia dal punto di vista geografico che ambientale.
Jan viene cercato con insistenza dal Twente: i dirigenti olandesi trovano l’accordo con il Kastrup, ma non riescono a convincere la madre del giocatore.
“Deve continuare a studiare e terminare l’Istituto Professionale: è ancora troppo giovane per traferirsi all’estero“, le lapidarie parole della genitrice (che si occupa di lui e della sorella maggiore, dopo il divorzio dal padre) che mettono fine alla questione.
Quantomeno momentaneamente, ecco.
Perché dodici mesi più tardi è il Colonia a farsi vivo.
I tedeschi vivono un periodo complicato, datosi che il santone Rinus Michels -allenatore dei renani- è entrato in rotta di collisione con alcuni elementi della rosa.
Per questo l’affare col Kastrup resta in stand-by per alcune settimane: nel frattempo su Heintze si inserisce il PSV di Eindhoven, che invece chiude l’accordo e porta il danese nei Paesi Bassi.
La città non è granché, onestamente.
Ci sono passato in alcune occasioni e non mi ha entusiasmato per nulla.
Molto industriale e poco turistica: il calcio è più di un semplice divertimento, in un posto così.
Il danese se ne accorge presto ed il nazionale norvegese Thoresen, suo nuovo compagno di squadra che gli fa da guida, provvede ad illustrargli tutte le cose piacevoli che si possono fare nei dintorni.
Jan Heintze non ha vita facile, nel PSV.
Si allena con grande impegno, ma il suo tecnico Libregts non lo reputa pronto per competere a certi livelli, pure perché lo scandinavo arriva in rosa a stagione in corso e con certi equilibri di squadra già abbastanza definiti.
Un infortunio alla caviglia complica ulteriormente i piani del danese, che però non molla di un centimetro.
Mette in fila solamente due presenze, poi in estate recupera dall’infortunio e si carica di buoni propositi nel ritiro, preparandosi nel migliore dei modi per la nuova stagione.
Che inizia con una sorpresa, per lui.
Il nuovo allenatore del PSV, Reker, è convinto che Jan debba arretrare il suo raggio d’azione, per dare il meglio di sé.
Lo prende sotto la propria ala protettiva e gli fa stringere amicizia con i suoi figli, che aiutano il giocatore ad imparare la lingua e ad integrarsi nel miglior modo possibile nel nuovo ambiente.
Reker vede Jan come esterno difensivo, chiaramente mancino, il piede preferito del danese.
Quest’ultimo, che ha firmato con gli olandesi un contratto di breve durata, pensa che in fondo completare il suo bagaglio da calciatore non sia un’idea malvagia, andando ad imparare un nuovo ruolo.
Nel girone d’andata, da riserva, poche presenze, perlopiù da subentrante.
Nel girone di ritorno titolare inamovibile da terzino sinistro e, più saltuariamente, da esterno di centrocampo.
Il PSV gioca un buon calcio e chiude al secondo posto in classifica, dietro ai campioni del Feyenoord.
Jan Heintze conquista il posto nel PSV e firma il rinnovo di contratto col club olandese.
In rosa, oltre ai succitati Heintze e Thoresen, ci sono elementi di valore: il bomber Koolhof, il libero svedese Hysén, il potente jolly Haan, il versatile mancino Valke, il poderoso van Aerle, il tuttofare Willy van de Kerkhof ed altri ancora.
Insomma, il materiale “umano” non manca di certo.
Però Feyenoord ed Ajax, in quegli anni, riescono a prevalere.
Il PSV è comunque intenzionato ad aprire un ciclo e lavora in tal senso.
I soldi della Philips aiutano, ma è necessario creare anche un progetto sportivo che possa permettere ai Boeren (i contadini) di ambire alla vittoria finale dell’Eredivisie.
Pochi e mirati acquisti, nella campagna estiva di rafforzamento: il portiere van Breukelen e l’attaccante danese Brylle, su tutti.
Risultato: PSV che torna a vincere il campionato, dopo quasi una decina d’anni di astinenza.
Heintze è una colonna dei suoi e si ripete dodici mesi più tardi, disputando una super stagione e mettendosi alle spalle Ajax e Feyenoord, bissando il trionfo in Eredivisie.
In panchina, dopo un interregno di alcuni mesi con Hans Kraay, si è seduto un signore che di lì a breve andrà a scrivere le più belle pagine della storia del club: parliamo di Guus Hiddink, fino a quel momento vice-allenatore con Reker e collaboratore tecnico con Kraay.
Hiddink è un allenatore dalle idee chiare e dal polso deciso: sfrutta nel migliore dei modi la forza di calciatori come Gullit e e Gerets e la classe di altri come Arnesen e Vanenburg e riesce a compattare un team che pian piano inizia ad essere un concentrato di determinazione e sostanza.
Il libero Ronald Koeman è il cervello arretrato della squadra, col grintoso danese Nielsen a chiudere tutte le falle difensive dei compagni.
A centrocampo ed in attacco tutti debbono fare tutto, secondo la filosofia hiddinkiana.
Il PSV è ormai lanciato verso il terzo successo consecutivo in Eredivisie.
Ma Hiddink vuole primeggiare anche in Europa, dove spesso il club olandese si è fermato troppo presto in relazione alla propria forza.
L’allenatore dei biancorossi ragiona sui punti che intende migliorare e, unitamente ai suoi dirigenti, prende decisioni importanti, per quel che concerne l’organizzazione del roster.
In estate la società della Philips cede Gullit ed altri elementi di buon livello e punta sul gruppo, rinforzando la rosa in maniera non vistosa come in passato, ma in maniera estremamente intelligente.
In porta c’è il solido van Breukelen, come detto.
La difesa è imperniata sul forte terzino destro belga Gerets, sul roccioso Nielsen ed il nostro Heintze, sul bravo nazionale olandese van Aerle a protezione del fortino e sul fuoriclasse Ronald Koeman a chiudere tutti i varchi ed organizzare la manovra.
A centrocampo ci sono gli ottimi Arnesen e Lerby, anch’essi danesi, il buon Vanenburg, l’attento Linskens o, in alternativa, l’esperto Willy van de Kerkhof.
Davanti Kieft, Gillhaus e Viscaal, a turno, si dividono l’onere di mettere in difficoltà le retroguardie nemiche.
Detto fatto, il PSV vince campionato, Coppa Nazionale (Battendo 3-2 il Roda, all’ultimo atto) e Coppa dei Campioni.
In Europa, al termine di un match inguardabile per un’esasperante battaglia tattica tra le squadre, il PSV vince la sua prima Coppa dei Campioni battendo ai calci di rigore (0-0 alla fine dei supplementari) il Benfica di Mozer ed Elzo nella finale di Stoccarda, nel 1988.
Un successo epico, che porta Heintze e soci sul tetto del Vecchio Continente.
Il danese, nel frattempo, conquista pure la maglia della sua Nazionale.
Dopo essere stato convocato in tutte le selezioni giovanili (inclusa la Under 21), arriva per lui la chiamata del mitico Sepp Piontek, commissario tecnico di una Danimarca che partecipa agli Europei del 1988, in Germania Ovest, ma che non riesce a ripetere i fasti del bel Campionato del Mondo del 1986 giocato in Messico, quantomeno nella fase iniziale.
In Germania i biancorossi perdono tutte le (tre) gare del proprio girone, tornando subito a casa.
Jan Heintze è il titolare della fascia sinistra ed anche, tra i convocati, quello che ha meno presenze in Nazionale.
Morten Olsen, Elkjær, Lerby, Busk, Sivebæk, Michael Laudrup, Berggreen, Nielsen e Jesper Olsen fanno parte della vecchia guardia, mentre Eriksen, Povlsen, Vilfort, Schmeichel e lo stesso Heintze rappresentano il nuovo che avanza.
Ed avanzerà a lungo, nel caso di Jan.
Seppur con uno stop, forzato.
Accade che durante le qualificazioni al Campionato Europeo del 1992, che si svolgerà in Svezia, il PSV chiede al proprio giocatore di rifiutare una convocazione, essendo in programma una gara importante per la compagine olandese.
La Federazione Danese si oppone alla richiesta ed Heintze parte per il ritiro, salvo poi scoprire che il suo allenatore, Richard Møller Nielsen, non è intenzionato ad utilizzarlo per quel match.
Torna quindi ad Eindhoven, abbandonando i connazionali.
Ne consegue un bando di un anno dalla Nazionale, per punire il suo comportamento.
Beffa delle beffe, la partita del PSV che generato il malcontento viene cancellata.
Jan Heintze ritorna con la Danimarca proprio alla vigilia dell’Europeo del 1992, che però non gioca a causa di un infortunio rimediato nelle settimane precedenti al torneo.
La Danimarca, ripescata al posto della Jugoslavia, andrà sorprendentemente a vincere la kermesse.
Møller Nielsen prenderà spunto da questo trionfo per puntare su altri calciatori ed accantonare Jan, al quale non hai perdonato sino in fondo lo sgarbo di cui sopra.
Il difensore dovrà attendere il 1996 e l’arrivo del nuovo tecnico Bo Johansson per riprendersi la maglia della sua Nazionale e non mollarla più, giocando sia i Mondiali del 1998 in Francia che gli Europei del 2000 che hanno luogo in Belgio e nei Paesi Bassi.
Nei primi il laterale mancino parte da riserva, poi conquista i galloni di titolare in una Danimarca che si spinge sino ai quarti di finale, eliminata dal forte Brasile di Ronaldo e Rivaldo.
Agli Europei invece le cose vanno molto peggio ed i biancorossi beccano otto reti in tre partite, senza segnarne manco una ed abbandonando la competizione al primo turno, con Jan Heintze titolare di una difesa che imbarca acqua da tutte le parti.
Johansson lascia così il posto a Morten Olsen, leggenda danese e fraterno compagno di Heintze, che convoca per il Mondiale nippo-coreano del 2002 e che inizia il torneo da titolare e capitano, per poi essere relegato in panchina dopo aver sofferto terribilmente la calura del luogo e la miglior condizione atletica di parecchi avversari.
La Danimarca, che aveva cominciato brillantemente la kermesse intercontinentale, esce agli ottavi, battuta per 3-0 dall’Inghilterra.
E Jan Heintze, a fine Mondiale, saluta la sua Nazionale con una novantina di presenze (oltre cinquanta delle quali consecutive) che sarebbero potute essere molte di più, se non ci fosse stato quel periodo di stop di cui dicevamo in precedenza.
Una colonna della Danimarca ed una colonna anche del PSV Eindhoven: perché a livello di club, dopo aver centrato il triplete nel 1988, Heintze continua a giocare con gli olandesi sino al 1994, vincendo in totale sei campionati (1986, 1987, 1988, 1989, 1991, 1992), tre Coppe d’Olanda (1988, 1989, 1990) ed una Supercoppa Nazionale (1992).
Perde invece la Coppa Intercontinentale (ai rigori, contro il Nacional Montevideo) e la Supercoppa Europea (contro il Malines, nella doppia finale).
Gioca da terzino sinistro e, più di rado, da marcatore puro.
Il PSV domina in patria e fa bella figura pure in Europa.
Nel 1990 Hiddink lascia la panchina e viene sostituito da Bobby Robson, con la stella brasiliana Romario che segna a ripetizione e sopperisce alle varie cessioni, importanti, che la società effettua nel corso degli anni.
A Robson subentra dapprima Hans Westerhof, per una stagione, quindi Aad de Mos, il quale entra presto in conflitto con Jan Heintze.
de Moos è un ottimo tecnico, ma ha alcune fisime note.
Non ama particolarmente i difensori di bassa statura, ad esempio.
Fa qualche eccezione, di rado.
Non con Jan, però.
In un match di campionato lo schiera difensore centrale assegnandogli la marcatura di una punta di quasi due metri che, ovviamente, gli rifila due gol di testa.
Al rientro negli spogliatoi, alla fine del match, il mister si rivolge al suo calciatore dinanzi alla stampa:
“Vedi, Jan, che non sei molto adatto alla mia idea di calcio?“.
“Sono nel calcio da una vita e ad Eindhoven da una dozzina di stagioni. Ho capito, nessun problema. Ho capito tutto“, la educata quanto amara risposta del danese che, tra l’altro, è stato messo alla porta pure dal suo connazionale Arnesen, appena insediatosi in società come Direttore Tecnico e voglioso di rivoluzionare e ringiovanire la rosa, ove possibile.
Va detto che Jan nella città del PSV ha avviato diverse attività imprenditoriali, tra cui una specifica gestione del merchandising per la tifoseria locale.
Con due figli piccoli (un terzo arriverà più avanti) ed insieme alla moglie con cui vive a Nuenen, ad una decina di chilometri da Eindhoven, Heintze non ha intenzione di allontanarsi troppo dalla zona.
Cerca un progetto serio in cui rilanciarsi, però.
E lo trova ad una ottantina di chilometri da lì: più precisamente a Krefeld, dove gioca il Bayer 05 Uerdingen.
Nel mio lungo peregrinare in territorio tedesco sono stato anche qui.
Posto sfizioso, con una marea di connessioni interessanti ad un tiro di schioppo.
La squadra, neopromossa in Bundesliga, è guidata dall’allenatore Friedhelm Funkel che, con manico sapiente, porta i suoi alla salvezza, ottenuta con qualche patema e grazie ad un gioco non spettacolare ma redditizio.
Heintze, con la sua esperienza, contribuisce alla grande allo scopo.
Niente da fare , purtroppo, dodici mesi dopo, allorquando l’Uerdingen retrocede mestamente in seconda serie al termine di un deludentissimo campionato ed in mezzo a parecchie problematiche societarie che spingono il finanziatore principale della società, la Bayer, a ritirare la storica sponsorizzazione del club.
Jan Heintze, che era arrivato ai rosso-blu a parametro zero, non cambia sponsor: e, dopo un sondaggio dello Stoccarda non andato a buon fine, viene ceduto al Bayern Leverkusen per circa un milione di marchi tedeschi.
Die Aspirin (le Aspirine), agli ordini di Christoph Daum, sfiorano la vittoria della Bundesliga, finendo secondi alle spalle dei campioni del Bayern Monaco.
Le reti del bomber Kirsten, le giocate del brasiliano Paulo Sergio e la solidità di una rosa ricca di furore agonistico favoriscono l’ottimo inserimento di Heintze (spesso impiegato da centrocampista aggiunto), uno dei più continui del suo nuovo club.
Nella stagione successiva il Leverkusen è terzo in campionato e si spinge sino ai quarti di finale di Champions League, eliminato dai futuri vincitori della kermesse, gli spagnoli del Real Madrid.
Jan Heintze è titolare e lo è anche nell’annata successiva, col Bayer che arriva nuovamente secondo, dietro al solito Bayern Monaco.
I brasiliani Emerson e Ze Roberto danno nuova linfa al centrocampo dei tedeschi, mentre sulla fascia mancina Jan Heintze continua a fornire il suo solito apporto che gli varrà, tempo dopo, l’inserimento nella lista dei migliori calciatori della storia del Leverkusen, riconoscimento congiunto di stampa e tifosi, mediante l’esito di un sondaggio pubblico.
Idem al PSV e con la Danimarca: uno che impatta, quindi.
Indubbiamente.
Professionista di altissimo spessore, Heintze è stato un difensore di estrema affidabilità.
Veloce e concentrato, fenomenale nel tackle ed attento in marcatura e discreto nella spinta offensiva, ha interpretato il suo ruolo con agonismo e con determinazione.
Non il classico terzino sinistra di spinta, intendiamoci, quanto piuttosto un mastino che chiude la corsia mancina alle avanzate avversarie e si propone, quando lo reputa opportuno, in appoggio ai compagni.
Prezioso tatticamente e disciplinato, ha giocato anche da centrocampista aggiunto, da difensore centrale e da braccetto sinistro, sia in un modulo a tre col libero alle spalle che in un modulo che preveda marcatori fissi sulle punte avversarie.
Ovviamente in una difesa a quattro e/o a cinque, il posto sulla trasversale di sinistra è suo.
Con una bacheca ricca di trofei ed una carriera ultraventennale spesa ai massimi livelli del calcio internazionale a confermare la forza di un giocatore umile, serio e tremendamente tosto.
Veloce, con un gran senso dell’anticipo e della posizione ed una discreta tecnica di base.
Jan è stato un gran bel giocatore, indubbiamente.
Che nel 1999, trentaseienne, rifiuta garbatamente la proposta di rinnovo del Leverkusen e ritorna a militare nel PSV.
A volerlo sono i dirigenti olandesi, i tifosi biancorossi e, soprattutto, il nuovo allenatore: Eric Gerets.
Sì, proprio lui, con Jan Heintze che con l’oramai prossimo avvento di Morten Olsen sulla panchina della Danimarca si ritroverà ad essere allenato da due suoi amici ed ex compagni.
Il PSV Eindhoven di fine millennio è una squadra completamente diversa da quella che Jan ha lasciato da un quinquennio.
Continua a lottare per il primato in patria, mentre in Europa non riesce a ripetere i fasti del recente passato.
Gli elementi di valore ci sono, eccome: van Nistelrooy, van Bommel, Nilis, Vogel, Ooijer, Rommedahl ed altri ancora.
Poi tanti giovani, tra i quali l’ala Bouma, che al PSV -dopo la partenza del bravo Numan- vogliono riconvertire in terzino sinistro, proprio come accaduto in passato con Jan.
E chi meglio del danese può fargli da “tutor” e favorirne la crescita, in tal senso?
Heintze resta ad Eindhoven per altre quattro stagioni.
Nelle prime due è titolare, mentre nelle rimanenti gioca part-time.
Mette in bacheca altre tre Eredivisie (2000, 2001, 2003) ed altre due Supercoppe d’Olanda (2000, 2001) e dimostra, per l’ennesima volta, di essere un calciatore di grandissima affidabilità e di straordinaria efficacia.
Il PSV, che nel frattempo ha visto giungere in rosa altri campioni come Robben e Kezman, nel 2002 decide di affidarsi nuovamente alle cure di Hiddink, salutando Gerets.
Jan Heintze, che con Hiddink è arrivato a vincere la Coppa dei Campioni, lo aiuta nella riorganizzazione del team.
Quindi a fine stagione pubblica la sua autobiografia “Jan Heintze, 20 anni al top” e opta per l’addio al Calcio, consapevole che il meglio è ovviamente passato e fiero di tutto quello -tanto- che ha dato al suo amato sport, alle società che lo hanno stipendiato, alla Nazionale Danese che per lui è una seconda pelle e a quei tifosi che ne hanno apprezzato lo spirito indomabile e l’indiscutibile attaccamento alla causa.
D’altronde se il fisico regge fino ad ad una certa età, permettendoti di rincorrere avversari che potrebbero esserti figli, beh, oltre al DNA è necessario possedere anche altre doti.
Poi vi è l’elisir di lunga vita, che per Jan consiste nella polpa di squalo che consuma a dosi regolari negli ultimi anni di attività sportiva, dopo un infortunio alla caviglia che ha rischiato di minarne il rendimento sul manto verde.
“Gusto alquanto discutibile, ma efficacia assicurata“, a dire del danese.
Tutti si aspettano che l’ex nazionale scandinavo inizi la carriera di allenatore.
Ha passione, competenza, esperienza, attitudine, pazienza.
Lui invece continua come imprenditore, rilevando anche una quota di un importante società immobiliare con sede ad Eindhoven e specializzandosi nel ramo dell’assicurazione sportiva.
Ama l’adrenalina, a patto che non sia esasperante come la pressione che si vive oggigiorno negli ambienti calcistici.
Dopo tanti anni spesi a lottare negli stadi ora preferisce dedicarsi alla famiglia, ai suoi impegni negli affari ed al giardino della sua casa di Nuenen, dove continua a vivere insieme ai suoi cari.
Segue comunque il calcio, soprattutto Danimarca, PSV e Leverkusen.
Quando può, meteo permettendo, va in bici e gioca a calcetto con le vecchie glorie.
Lo ricordo contrassegnare negli anni una lunga epopea calcistica, con il suo numero 5 sulle spalle e la sua figurina presente in due Mondiali (1998, 2002) e nell’Europeo del 2000, oltre ai tantissimi successi col PSV, Coppa dei Campioni in prima fila.
Peccato per la mancata partecipazione all’Europeo del 1992, che Jan avrebbe meritato di vincere insieme ai suoi compagni della Danimarca.
A pensarci bene, non c’era neppure in quella spassosissima Danish Dynamite che impressionò il pianeta nel 1986, nei mondiali messicani.
Ma è presente, eccome, nella Storia del Calcio del suo paese.
E non soltanto, ecco.
Bel tipo, Heintze.
Uno che non molla mai.
Jan Heintze: l’indeformabile.
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