- Il Capitano coraggioso
Jan Ceulemans
Nella botte piccola c’è il vino buono.
Ma anche nelle autobotti, talvolta.
Lui, questo cavallo pazzo belga, lo conferma a pieno titolo.
Jan Ceulemans nasce nel 1957 a Lier, nelle Fiandre, non distante dalla bella Anversa.
Sì, il Belgio è noioso, piove sempre e non succede mai niente (cit. da “Sono pazzo di Iris Blond”).
Io l’ho girato quasi tutto e sì, piove spesso ed in alcuni scorci è triste come un cinepanettone, per restare in tema.
Ha un suo fascino, però.
Mi piace, il Belgio.
Non ci vivrei a lungo, ma mi piace.
Tornando all’attualità, diciamo così, è necessaria una premessa: Jan è stato uno dei migliori calciatori della Storia belga.
Che lo pensi e dica il sottoscritto conta come il due di coppe quando è briscola bastoni.
Che lo pensino moltissimi addetti ai lavori ed esperti, beh, diventa decisamente più plausibile.
E dire che soprattutto durante gli anni 80 i Diavoli Rossi hanno goduto di un bel po’ di gente di assoluto livello: Van der Elst, Vercauteren, Pfaff, Gerets, Preud’homme, Vandereycken, Vandenbergh e tanti altri ancora.
Oggi poi, con Hazard, De Bruyne e compagnia, le cose non vanno per nulla male.
Ecco, forse i due succitati se la giocano, per titoli e classe, col vecchio Jan.
Che a differenza loro ha militato in compagini di non altrettanto prestigio, per quanto il Club Brugge del tempo fosse una signora squadra, di più che discrete tradizioni ma senza un grande pedigree internazionale.
Club Brugge che poi è la seconda ed ultima squadra in carriera, per Ceulemans.
La prima fu il Lierse, sotto casa, che lo accolse in tenerissima età e lo lanciò nel Calcio che conta/va.
Opta per il gioco ad 11 su consiglio del padre che gestisce, con la moglie, un baretto accanto ad un campo di basket, dove il piccolissimo Jan si appassiona alla pallacanestro prima di dedicarsi appunto allo sport più bello del globo.
L’esordio in prima serie ad appena 17 anni e la maturità di un trentenne.
Sembra un giocatore già fatto, Jan.
Si muove come un veterano, sul manto verde.
Al Lierse è veramente di casa: è sbarcato nelle giovanili a soli 7 anni, poi tutta la trafila classica con i genitori, Frans ed Yvonne, sempre attenti alla crescita del loro primo figlio maschio al quale se ne aggiungeranno altri tre, andando a completare una piccola squadra di calcetto intrafamiliare.
A metà degli anni 70 i gialloneri sono tra le migliori compagini del Belgio: Jan Ceulemans gioca a sprazzi nella stagione d’esordio e dalla successiva è già un titolare inamovibile.
Si muove da centrocampista avanzato, spesso da punta esterna, e per quattro annate offre un buon contributo alla cause del Lierse, che si attesta nella zona medio-alta della graduatoria.
Nel 1976 arriva pure in finale di Coppa del Belgio, con l’Anderlecht che si impone sui rivali per 4-0 e Jan che salta la finale ma ruba l’occhio in stagione a parecchie società importanti.
Alla fine il Lierse riuscirà a tenerlo in rosa fino all’estate del 1978, allorché a soli 21 anni, con oltre un centinaio di gare e una quarantina di reti messe a segno in un torneo abbastanza competitivo come quello belga dell’epoca, Jan Ceulemans è pronto a spiccare il volo verso mete di prestigio.
Le vicine Ajax e Feyenoord lo hanno richiesto ufficialmente già da qualche mese, intrigate da questo prospetto di indubbia qualità e grinta: egli stesso, pur apprezzando e ringraziando, ha declinato entrambe le proposte, preferendo continuare il suo percorso professionale in patria.
Dalla capitale l’Anderlecht si propone subito dopo: Jan incontra il santone ed allenatore Goethals che gli prospetta un graduale e lento inserimento nel suo progetto tattico.
Pure qui, poca convinzione nel cambiamento.
Intanto il Bruges ha bisogno di trovare un profilo che possa sostituire la ormai logora leggenda Lambert, attaccante di razza che ha già lasciato intendere di voler chiudere la propria carriera al termine della successiva stagione, essendo prossimo alle 36 primavere.
Jan Ceulemans visita la città ed il cento sportivo del club ed è amore a prima vista.
Le intenzioni reciproche combaciano quindi perfettamente e il Lierse, ben remunerato, non si oppone al trasferimento del calciatore che si sposta di una novantina di chilometri da casa e si trasferisce in quella che, in quel momento, è senza dubbio alcuno la società più importante del Belgio.
La famiglia del giocatore, ben poco propensa all’idea di saperlo all’estero in maniera continuativa, aveva accolto con soddisfazione la notizia dell’interessamento da Bruges, spingendo appunto per una “soluzione interna”.
Si narra che in realtà l’accordo tra le due società fosse antecedente al trasferimento e che da oltre un anno la trattativa fosse conclusa.
Ritenutolo oramai maturo e pronto a spendersi per la causa, Il Bruges avrebbe quindi deciso di ratificare l’accordo e porre fine a quello che, a tutti gli effetti, sarebbe stato un prestito ufficiale mascherato da interesse esplicito.
Fatto sta che la firma sul contratto c’è ed il trasferimento idem.
Nel frattempo Jan ha esordito pure in Nazionale.
Ne diverrà una insostituibile colonna, con il numero 11 tatuato sulla schiena e la fascia di capitano fissa sul braccio.
I Diavoli Rossi ci contano da subito, eccome.
I soprannomi per lui si sprecano e, per la maggior parte, sono intraducibili nomignoli di provenienza dialettale-locale, tendenti a sottolinearne l’esuberanza caratteriale, la preponderanza fisica, la dinamicità atletica.
A Bruges Jan Ceulemans sarà un idolo, un monumento, come in Nazionale.
La squadra viene da tre titoli consecutivi ottenuti nel torneo di appartenenza, da una Coppa del Belgio vinta e, soprattutto, da due finali perse entrambe contro il Liverpool, la prima in Coppa Uefa e la seconda addirittura in Coppa dei Campioni.
L’allenatore austriaco Happel, vero artefice dei ragguardevoli risultati del team, è appena passato a dirigere la Nazionale Olandese e il Bruges prova così a riorganizzarsi puntando su alcuni giovani di belle speranze come Jan, per provare ad inaugurare un nuovo ciclo di vittorie.
Ceulemans vince quattro scudetti (80, 88, 90, 92), due Coppe Nazionali (86, 91), ben cinque Supercoppe del Belgio (80, 86, 88, 90, 91).
Viene premiato come miglior calciatore del torneo di casa in tre occasioni (80, 85, 86).
In Europa le cose non vanno però come sperato: qualche buon piazzamento, diversi exploit e parecchie partite giocate alla grande ma senza riuscire nell’impresa di dare continuità ad un progetto che prevedeva il ritorno del club ai vertici continentali.
Il Bruges centra un paio di buone semifinali, vero, ma colleziona anche tante eliminazioni premature nelle coppe europee.
Al termine della prima stagione in maglia neroblu, complice un ottimo Europeo giocato con la Nazionale in Italia e culminato nella finale persa contro la Germania Ovest, su Jan Ceulemans posano gli occhi parecchie società di prestigio.
Il Milan, appena tornato in A, riesce a convincere i belgi a privarsi del calciatore mediante un’offerta economica adeguata.
La trattativa è apparentemente conclusa, datosi che lo stesso Ceulemans accetta di buon grado la destinazione, trova l’accordo con i rossoneri, effettua le visite mediche a Milano e partecipa ad una specie di presentazione -con tanto di foto- con Rivera ed altri dirigenti meneghini.
Salvo poi tirarsi indietro alcuni giorni dopo, a sorpresa.
Pare che ad influenzarlo sia stata la famiglia, come detto in precedenza non ben disposta all’idea di saperlo troppo distante da casa sua.
La storia del giocatore racconterà che oltre all’ambiente familiare, è egli stesso ad essere un abitudinario cronico, un ritroso di natura, refrattario ai cambiamenti e poco propenso all’idea di sconvolgere le proprie abitudini professionali e di vita.
Negli anni successivi arriveranno altre offerte per lui sul tavolo della dirigenza del Bruges, ma memore dell’esperienza pregressa, si deciderà di soprassedere.
Lui, a fine carriera, ne ammetterà due dall’Italia, successive a quella milanista: la prima della Roma, rifiutata dai belgi che proprio da pochissimi giorni avevano allungato il contratto con il loro giocatore.
La seconda, della Lazio, che vide uno spiraglio di plausibilità per alcune settimane.
Tutto saltò, come da prassi, per la poca convinzione di Ceulemans ad allontanarsi dal Belgio.
In una recente intervista ha confessato di essersi pentito della scelta di non misurarsi con dei campioni straordinari in quello che era di sicuro, negli anni 80 e 90, il miglior campionato del mondo.
Dopo i mondiali in Messico ci prova il Barca: esiti identici ai precedenti.
Era destino.
Chiusa la parentesi calciomercato e trasferimenti (quali?), torniamo alla sua avventura in Nazionale.
Mondiali del 1982 ed Europei del 1984 non saranno eventi da ricordare, per il Belgio.
Tutt’altra storia il succitato Mondiale del 1986, dove servirà tutta la infinita classe di Maradona per fermare i Diavoli Rossi ad un passo da quella che sarebbe stata per loro una storica finale intercontinentale.
Jan Ceulemans viene definito”Capitano coraggioso” per come guida i suoi all’arrembaggio degli avversari.
Trattasi del leader acclarato e conclamato della squadra.
E su di lui si apre un acceso dibattito tra gli appassionati su quale sia l’effettivo ruolo sul prato di gioco.
Un autentico rebus che ancora oggi divide parecchi suoi fans.
E che conferma, qualora ve ne fosse bisogno, la qualità del calciatore, capace di destreggiarsi in più compiti all’interno della stessa gara e con identico, ottimo risultato.
Ceuleamans, a parere dello scrivente, è stato un calciatore straordinariamente completo.
Una finta seconda punta, mi verrebbe da dire, parafrasando il tanto di moda “falso nueve” di guardiolana memoria.
Potente, potentissimo.
Per chi ha bazzicato il nostro adorabile calcio degli anni 80 assomigliava parecchio ad un altro cavallo pazzo, Preben Elkjaer Larsen, forte danese col quale Ceulemans ha battagliato sui campi belgi per oltre un quinquennio, quando il primo indossava la maglia del Lokeren.
Rispetto al danese Jan era meno offensivo, più disciplinato caratterialmente e, quasi incredibile a dirsi, più prestante fisicamente, con svariati centimetri in più di altezza e la medesima capacità dell’altro di lanciarsi in progressione come un treno senza freni, spazzando via ogni oggetto che si frapponesse dinanzi alla locomotiva in transito.
Jan Ceulemans è poi anche più disposto al sacrificio, gioca per la squadra, è un trascinatore e non molla mai la presa per tutti i 90 minuti e passa di gara.
Non necessita di pause, non ha cedimenti mentali, non mostra cali fisici.
Nonostante la imponente massa muscolare è sgusciante, tecnico, letale negli inserimenti, scaltro nei movimenti.
Il sinistro è chirurgico, il suo calcio pulito e preciso.
Stacca di testa con rilevante atletismo e possiede un ottimo tempismo.
Gioca praticamente a tutto campo iniziando da ala, muovendosi da trequartista/mezzala, agendo successivamente sia da seconda punta che da centrocampista puro, a seconda dei momenti, partendo spesso da lontano e non di rado iniziando l’azione come se fosse un costruttore di gioco, pur non possedendone le caratteristiche ideali, sebbene da giovanissimo si fosse disimpegnato talvolta proprio in quella zona di campo.
Un elemento straordinariamente eclettico, di una versatilità più unica che rara e che, ancora una volta opinione personale, avrebbe meritato una chance in un club di vertice.
Scelta sua di non arrivarci, come detto.
Un peccato, comunque.
Un vero peccato.
Agli Europei del 1988 il Belgio nemmeno si qualifica, mentre ai Mondiali Italiani del 90 viene eliminato dall’Inghilterra agli ottavi.
Si chiude lì l’epopea di Jan con la Nazionale: quasi 100 gare condite da oltre una ventina di gol e la rappresentazione del capobanda, cuore oltre l’ostacolo e polmoni d’acciaio.
Col Bruges chiude superando le 400 gare e sfiorando i 200 gol, numeri che dicono già tutto.
Alla fine degli anni 80 il suo corpo inizia a lanciare alcuni segnali d’allarme, come lecito che fosse.
Agli inizi dei 90 i segnali diventano alquanto preoccupanti.
Nella primavera del 1991 Jan Ceulemans decide di operarsi ad entrambe le ginocchia, nel tentativo di porre rimedio a dolori lancinanti che lo martoriavano da diversi mesi.
Rientrerà in campo dopo una lunga convalescenza ed una difficile riabilitazione, finendo per subire una immediata e letale ricaduta dai precedenti infortuni e dovendo, di fatto, abbandonare l’attività in anticipo rispetto alla scadenza naturale del suo contratto.
Prima che ciò avvenga viene insignito del Trophée National du Mérite Sportif, una importantissimo riconoscimento che in Belgio può essere conferito in una unica circostanza durante la carriera di uno sportivo e che ne premia l’ardore, l’attaccamento e la fedeltà dimostrata nei confronti del proprio paese d’origine.
La tigna che metteva in campo, unitamente alla forza fisica ed alla sagacia tecnica hanno fatto di Ceulemans un vero e proprio Mito degli appassionati di Calcio di tutto il mondo.
La complessa collocazione tattica ha ulteriormente contribuito ad aumentarne la fama.
Un Campione che nella mia compagine ideale degli anni 80 (e non solo) una maglia la trova di sicuro, col solito quesito sul ruolo da dover poi, con calma, risolvere.
In un ipotetico modulo oggi chiamato “ad albero di natale”, alias 4-3-2-1, sarebbe perfetto nei due dietro la punta centrale, oppure come terzo a sinistra dei tre di centrocampo.
In un 4-2-3-1 rappresenterebbe l’optimum come terzo a sinistra dei 3 dietro il centravanti.
Sia dove sia, ad avercelo…
A fine carriera si dedica alla famiglia, moglie e due eredi, per poi intraprendere il mestiere di allenatore.
Non se la cava male, dando la sensazione che sia bravissimo nell’accrescere l’autostima e lo spessore tecnico delle compagini che guida, portandole ad un livello superiore al precedente.
Fallisce però il match point della vita da Mister, quando si ritrova ad allenare il suo Bruges e le cose non vanno propriamente per il verso giusto.
Riparte umilmente da contesti minori e torna ad ottenere risultati discreti, sempre in relazione alle modeste aspirazioni degli stessi, fin quando non si rende conto di aver smarrito un certo tipo di carica, che per lui rappresenta la linfa vitale in qualsiasi cosa decida di fare.
Riflette, medita, pensa.
Infine decide di ritirarsi a vita privata, distante da pressioni, rotture di scatole, esaltazioni e lamenti.
Jan Ceulemans ha divorziato dalla moglie dopo ben trentacinque anni di matrimonio ed ha una nuova compagna con la quale si diverte a girare in bici per le strade della cittadina dove vive, Westerlo.
Vorrebbe praticare del tennis, ma negli anni i suoi menischi e le sue cartilagini lo hanno abbandonato senza palesare le difficoltà che aveva lui in carriera a lasciare le amate squadre dove ha militato, quindi desiste ed alla bici alterna sane e rilassanti passeggiate nel verde.
Ha fatto una capatina in politica entrando nel consiglio comunale, abbandonando subito la presa per manifesta incompatibilità col ruolo.
Si è divertito anche a scrivere una sorta di biografia romanzata, per raccontare le sue gesta -condite di molti aneddoti sfiziosi- ai suoi tantissimi fans.
Mi sarebbe piaciuto vedere Jan Ceulemans in Italia: ho la sensazione che si sia intuito.
Oggi il Belgio ha una rosa di calciatori veramente ragguardevole, forse addirittura superiore a quella del periodo d’oro dei Diavoli Rossi, quantomeno nel numero.
Qualitativamente parlando, beh, ci sarebbe da discuterne.
Di certo un trascinatore, un leader naturale, un talento come il suddetto servirebbe tantissimo.
A tutti, non solo ai fiamminghi.
Perché lui è Jan Ceulemans: il numero 11.
Il Capitano coraggioso.
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