- Il baffo che vince
Ivan Nielsen
Un difensore veramente capace ed un idraulico davvero valente.
O un idraulico veramente capace ed un difensore davvero valente.
Oppure, più realisticamente, entrambe le cose.
Eh sì, perché la storia di Ivan Nielsen -uno dei migliori difensori di calcio del paese nordico- è quanto mai sfiziosa e particolare.
Una storia che, a parer mio, merita di essere raccontata.
Ivan nasce Frederiksberg, uno dei sobborghi più belli di Copenhagen, affascinante capitale della Danimarca.
Siamo in un quartiere agiato, dove vivono parecchie della famiglie più benestanti della nazione scandinava.
Il ragazzino è tranquillo e sfrenato allo stesso tempo: quando studia, tutto è placido.
Quando invece gioca a pallone, beh, si trasforma in una miniatura di felino.
La famiglia, di origini operaie, lo lascia libero di divertirsi nello sport, a patto di decidere cosa fare nella vita.
Il padre abbandona presto casa ed Ivan ne risente moltissimo, come è facile immaginare.
Finisce per stancarsi presto dei libri, iniziando a fare l’apprendista come idraulico.
Gli piace imparare i segreti del mestiere, sul campo.
E sul campo se la cava bene -eccome!- anche se si parla di calcio.
Continua inoltre a crescere, sia caratterialmente che fisicamente.
Diventa un bel marcantonio che da adolescente mette la museruola a tutti i suoi avversari, specializzandosi nel ruolo di centrale difensivo.
Gioca nel Fremad Amager, che è appena stato promosso in prima divisione danese.
E ci resta per quattro stagioni, due delle quali trascorse in seconda serie, dopo essere retrocesso.
Il Fremad ritrova il massimo livello locale nel 1979, ma Ivan Nielsen ha già spiccato il volo verso lidi più nobili.
Sul giovane, che nel frattempo ha esordito nella Under 21 danese, ha difatti messo gli occhi il Feyenoord, importante società di Rotterdam, in Olanda.
Ivan, arcigno e determinato, è il tipico difensore da battaglia, tutto ardore e forza fisica.
In un torneo come l’Eredivisie è l’ideale per rinforzare una difesa come quella del club della Mosa (uno dei soprannomi della compagine dei Paesi Bassi), che da qualche mese ha chiuso il campionato alle spalle del forte Ajax.
Proprio quell’Ajax che, tramite il mister e talent scout Leo Beenhakker, aveva cercato Nielsen tre anni or sono, senza riuscire a convincerlo al trasferimento a causa di un’offerta economica ritenuta eccessivamente modesta.
Il nostro è pure in rampa di lancio per la Nazionale, ove esordisce pochi mesi dopo aver firmato con la sua nuova squadra.
A Rotterdam il buon Ivan diventa subito titolare, imponendosi come un calciatore in grado di gestire il salto dal calcio danese -ai tempi più vicino ad un ambiente di stampo dilettantistico, pur non mancando affatto di grandi talenti- a quello olandese, cioè in un vero e proprio torneo professionistico.
Per ben sette anni Nielsen è una colonna di una compagine solida e qualitativa, che bazzica le zoni alte della graduatoria e vince, nel 1984, sia il campionato che la Coppa d’Olanda (un bis, dopo quella del 1980).
Il difensore ha inoltre la possibilità di condividere lo spogliatoio con l’inarrivabile fuoriclasse Johan Cruyff (che nel 1984, in rotta con l’Ajax, disputa la sua ultima stagione da professionista proprio a Rotterdam), col giovane ma già devastante Ruud Gullit, col vecchio ed indomito leone Willem van Hanegem, con il grintoso attaccante islandese Petur Petursson, con il bravo libero Michel van de Korput, con il talentuoso trequartista Mario Been, con il bomber Peter Houtman, con il velocissimo Johnny Rep, con il prolifico connazionale John Eriksen, con la sgusciante ala Simon Tahamata e con tanti altri ottimi elementi.
Esperienze che aiutano il giocatore a migliorarsi e che corroborano alla sua maturazione, fino a farne un prezioso perno della Nazionale allenata da Sepp Piontek.
Ivan Nielsen è titolare inamovibile dei suoi e, ovviamente, tra i convocati ai Campionati Europei del 1984, in Francia.
I danesi iniziano il torneo con una sconfitta (0-1), dinanzi ai padroni di casa di Platini e Lacombe.
Poi sommergono di reti la malcapitata Jugoslavia di Susic e Stojković (5-0) e vincono pure col Belgio di Ceulemans e Vercauteren (3-2), superando il girone ed approdando in semifinale, allorquando è la Spagna di Santillana e Gordillo a stoppare i sogni di gloria deigli scandinavi, imponendosi per 5-4 ai calci di rigore, dopo l’1-1 dei tempi regolamentari e dei supplementari.
Il danese è presente anche in Messico, per i meravigliosi Mondiali del 1986, con la Danimarca che stupisce il pianeta col suo calcio sbarazzino e spettacolare, meritandosi la conferma di quell’appellativo –Danish Dynamite– già affibbiatole durante il succitato EURO 1984 e mettendo in mostra trame di gioco aggressive quanto imprevedibili.
I nordici, nella kermesse messicana, esordiscono battendo per 1-0 la Scozia di Strachan e Souness.
Nella seconda partita del girone surclassano l’Uruguay di Francescoli ed Alzamendi per 6-1, quindi chiudono in bellezza il primo turno superando per 2-0 la Germania Ovest di Mattheus e Schumacher.
I biancorossi sono in forma strepitosa ed hanno un roster di tutto rispetto.
In porta si alternano Rasmussen ed Hogh.
In difesa ci sono Morten Olsen, Busk, Sivebaek, Andersen, e, per l’appunto, Nielsen.
In mezzo al campo si alternano Lerby, Molby, Arnesen, Berggreen, Bertelsen, Olsen.
Davanti ci pensano Laudrup, Elkjær, Simonsen, Eriksen.
Ivan salta soltanto il match con i tedeschi, a scopo precauzionale dopo un leggero risentimento muscolare.
Nelle altre partite è protagonista assoluto, ingabbiando avversari di notevole spessore.
Tranne che agli ottavi di finale, ove è ancora una volta la Spagna ad estromettere i danesi dal torneo, con un imbarazzante 5-1 che non ammette repliche.
Complici un paio di infortuni e la squalifica di Arnesen, gli uomini di Piontek steccano clamorosamente e si inchinano al cospetto di uno straripante Butragueño, autore di una quadripletta.
Una uscita di scena ingloriosa per una compagine che fino a quel punto aveva dato spettacolo, come detto, e che pareva destinata a firmare imprese di grande rilievo.
Al ritorno dal Messico Ivan Nielsen firma un contratto pluriennale per il PSV di Eindhoven.
I Boeren (contadini), campioni d’Olanda, sono tornati a dominare in patria ed ambiscono a farlo pure in Europa.
Attrezzano una rosa di valore, con elementi quali Gullit, Ronald Koeman, Arnesen, Gerets, van Breukelen, Vanenburg, Heintze, Willy van de Kerkhof e altri ancora.
Rivincono in carrozza il campionato e si rinforzano con acquisti mirati, tipo Kieft, Gillhaus e van Aerle.
Rinunciano quindi anche ad alcuni nomi di grido (Gullit, in primis), puntando sulla forza del gruppo piuttosto che su quella dei singoli.
La scelta si rivela vincente ed a sorpresa, al termine di un match inguardabile per un’esasperante battaglia tattica tra le squadre, il PSV -guidato dal tecnico Hiddink- vince la sua prima Coppa dei Campioni battendo il Benfica di Mozer ed Elzo nella finale di Stoccarda, nel 1988.
Un successo epico, raggiunto al termine di una sfida sì brutta ma pure tesissima, conclusasi ai calci di rigore, con Ivan Nielsen che realizza il suo penalty e contribuisce al raggiungimento di un trionfo epocale, peraltro impreziosito dal triplete (Eredivisie, Coppa d’Olanda e Coppa dei Campioni).
Il difensore danese siede sul tetto d’Europa, quindi.
E non certo a caso, intendiamoci.
Parliamo di un elemento di estrema solidità, affidabile e tignoso.
Un marcatore della vecchia scuola, sempre attento sull’uomo ed in grado di agire in tutti i ruoli della difesa, compreso quello di libero, ed in tutti i moduli che il calcio moderno mette a disposizione degli allenatori.
Fisicamente imponente, è forte di testa, bravo nell’anticipo, ruvido nel tackle e fenomenale nelle scivolate alla disperata, quando mostra un tempismo ed una risolutezza da primato.
Fa gruppo, si mette a disposizione dello staff tecnico ed è coraggioso nello sfidare il suo diretto avversario nell’uno contro uno, se necessario.
Talvolta potrebbe sfruttare maggiormente la sua altezza negli inserimenti offensivi, forse.
Tendenzialmente è lento e non è un mostro di tecnica: però è un vincente, ha personalità e possiede doti da leader, silenzioso quanto carismatico.
Con la sua Nazionale chiude poco dopo i deludenti Europei del 1988, in Germania Ovest, con la Danimarca che perde con la Spagna (2-3, una maledizione!), con i tedeschi padroni di casa (0-2) e con l’Italia (ancora 0-2), abbandonando mestamente la competizione.
Si rifarà, ampiamente, quattro anni più tardi, trionfando ad EURO 92.
Ma Ivan Nielsen non ci sarà, avendo concluso con oltre cinquanta presenze il suo ciclo decennale.
La sua carriera prosegue nel PSV, dove nel frattempo sono sbarcati altri ottimi giocatori come il brasiliano Romario, ad esempio, collezionando il suo terzo campionato olandese consecutivo e la sua terza Coppa d’Olanda (anch’essa consecutiva), senza colpo ferire.
Nel 1990, ormai trentaquattrenne ed in rotta con il suo allenatore dopo aver trascorso parecchi mesi in infermeria per un serio infortunio muscolare, si convince a tornare in patria, nel suo amato Fremad.
Dodici mesi dopo si accorda con il B1903, di Copenaghen, che un anno più tardi si fonde con il KB dando vita al neonato FC Copenhagen, che vince subito la Superliga Danese.
A trentasette anni Ivan Nielsen disputa altre poche gare con il Næstved IF, che poi allena per qualche mese, prima di appendere definitivamente le scarpe al chiodo e dedicarsi ad una brevissima avventura da tecnico, dapprima, e poi da dirigente.
Stanco del mondo del calcio, torna quindi al suo primo amore ed apre una attività insieme al figlio, occupandosi di idraulica.
Ha due figli -Thomas e Mia- e diversi nipotini.
Con l’erede maschio gira l’amato isolotto di Amager per regalare soddisfazioni ai clienti così come faceva, in campo, per i suoi tifosi.
La moglie lo attende in serata nella cittadina di Varde, nel sud del paese, dove la famiglia Nielsen ha piantato le tende.
Per anni l’ex giocatore non ha avuto rapporti col padre, come detto inizialmente, e negli ultimi tempi è in crisi pure quello con la madre, giudicata troppo invasiva nell’intromettersi tra Ivan e la moglie.
Si diverte ancora da attaccante, con la classica partitella settimanale insieme agli ex compagni.
E guarda poco calcio, come detto, eccezion fatta per qualche gara della Nazionale Danese e per qualche incontro che vede protagoniste le squadre delle quali ha indossato, con fierezza, le divise da gioco.
“Il calcio è cambiato.
-Ivan Nielsen-
Troppo, per i miei gusti.
Oggi il talento conta poco e le squadre giochicchiano in attesa dell’errore dell’avversario.
Ai miei tempi era diverso.
Ricordo ancora quando ho avuto l’onore di condividere lo spogliatoio con un mito come Cruijff, col quale fumavamo spesso qualche sigaretta senza mai mancare un allenamento o una gara.
Amavamo davvero la nostra professione e la vivevamo al 100%, in tutto e per tutto.
In campo, poi, entravamo per vincere.
Sempre.
Oggi preferisco fare l’idraulico, senza dover gestire venti teste che vanno per i fatti propri e senza dover dare conto a dirigenti che di calcio che ne capiscono meno di zero.
Mi rilasso, con attrezzi e tubi.
E vivo felice, circondato dagli affetti di famiglia.”
Michael Laudrup racconta spesso di non aver mai visto un calciatore con le dita dei piedi lunghe come quelle di Nielsen.
Il baffo di Ivan, inconfondibile, è un ricordo indelebile della tante partite che ho visto in TV, con il danese a combattere al centro della sua difesa, sia con le maglie delle società in cui ha militato che con la casacca della sua Danimarca.
I calciatori dei tempi d’oro, ecco.
Bacheca florida e nervi d’acciaio.
Ivan Nielsen: il baffo che vince.
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