• Una gran bella Storia di Calcio

Annata nefasta, per altre compagini.
Decisamente.
Il Verona diventa invece Campione d’Italia con merito, in un contesto sorprendente ed in una situazione resa volutamente irripetibile, da lì in poi.
Come lo era quasi sempre anche prima, del resto.
Ho diversi appunti su Briegel: giocatore duttile, eclettico e curioso, per certi versi.
Oltre che forte, potente, animalesco.
Garella l’altro Mito: portiere vero, seppur assurdo.
Una buona squadra, un valido tecnico, un ambiente compatto.
Questo articolo del CdS ripercorre rapidamente le tappe e la cronistoria dell’evento, oggi trentacinquennale.

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L’IMPRESA IRRIPETIBILE

Verona, lo scudetto compie 35 anni Maradona e Platini rimasero a secco

Il 12 maggio 1985 la squadra di Bagnoli a Bergamo vinse il campionato dopo essere stata sempre in testa: Briegel l’uomo chiave. Clamoroso il fallimento degli altri big

Verona, lo scudetto compie 35 anni Maradona e Platini rimasero a secco

Domenica 12 maggio 1985, ore 17.46: a Bergamo, Atalanta-Verona termina 1-1 , il Torino fa 0-0 a Firenze, i veneti sono campioni d’Italia dopo essere rimasti in testa da soli praticamente per l’intero campionato, a parte una sortita in vetta a pari punti dell’Inter a fine gennaio. Nel secondo Dopoguerra una città non capoluogo di regione non aveva mai vinto lo scudetto e in effetti non lo rivincerà nemmeno dopo. Ma come è stato possibile quel trionfo con Maradona appena sbarcato a Napoli, lo juventino Platini capocannoniere con 18 gol, Rummenigge all’Inter, Falcao alla Roma, Hateley e Wilkins nel Milan, Junior al Torino, Socrates alla Fiorentina, Zico all’Udinese? Il trionfo dell’Hellas è stato anche il fallimento degli squadroni, nell’anno del sorteggio arbitrale integrale.

La serie A (a 16 squadre e con i due punti per la vittoria) era la Hollywood del pallone, ma a sorprendere tutti furono gli attori non protagonisti. E dopo trentacinque anni, quello storico scudetto, comincia ad assumere contorni da leggenda. Perché resterà irripetibile non tanto per il Verona, che pure è tornato a livelli più che dignitosi in A, ma per la provincia italiana. Solo grazie all’Atalanta — sparring partner dei veneti in quel lontano pomeriggio di maggio, con annessa scazzottata tra i tifosi — una realtà di periferia è tornata a far parlare di sé: la qualificazione in Champions dei bergamaschi, con la qualificazione ai quarti prima della pandemia, è paragonabile a quello scudetto.

Quello però resta nell’albo d’oro e ormai ha pochi segreti: l’allenatore Osvaldo Bagnoli costruì una miscela unica di italiani, tra promesse e scarti, e due stranieri fenomenali, il tedesco Hans Peter Briegel e il danese Preben Larsen Elkjaer. Il primo, terzino decatleta della Germania, si dimostrò duttile e giocò più avanti a centrocampo, fu capace di annullare Maradona in marcatura (alla prima giornata) e anche di segnare 9 gol in quella stagione di grazia. Dirompente dal punto di vista fisico, esaltò le qualità del regista Di Gennaro e dell’ala destra Fanna. Elkjaer era l’altro cavallo pazzo, capace di segnare alla Juventus dopo aver perso la scarpa, nel ritiro estivo la sparò grossa: «Vinceremo lo scudetto». I compagni si misero a ridere, ma aveva ragione lui.

La formazione tipo di quel Verona prevedeva Garella in porta, sgraziato, sovrappeso, ma tremendamente efficace, non solo con i piedi: la sua giornata di gloria, all’Olimpico contro la Roma (0-0), è a disposizione su youtube: vedere per credere. I terzini erano Ferroni e Marangon, lo stopper Fontolan, il libero Tricella. Briegel in mediana, Volpati (oltre a Bruni e Sacchetti), Di Gennaro regista, Fanna ala destra, Galderisi centravanti ed Elkajer seconda punta. Quello di Bagnoli era un calcio semplice, ma efficace, veloce nel contropiede, con Briegel soprattutto capace di spostare gli equilibri.

«Lo scudetto? Fortuna, soltanto fortuna — dirà Bagnoli la sera della vittoria — . Fortuna di aver trovato dei bravi giocatori, della brava gente e infine una città alla quale forse il destino ha voluto che ricambiassi un favore. Quello di avermi fatto conoscere mia moglie». Fortuna anche che gli avversari hanno capito poco di quella banda di giocatori in cerca di riscatto: colpa loro, ma merito soprattutto del Verona dei miracoli.

da www.corriere.it

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