• Sfiga e Cuore

Hans Dorfner

Sfiga e cuore, sì.
In egual misura.


Questa è la storia di Hans Dorfner, forte centrocampista tedesco che negli anni 80 -ed in minor parte anche nei 90- è stato protagonista in Bundesliga con le maglie di Bayern Monaco e Norimberga, oltre ad aver indossato pure la gloriosa casacca della nazionale germanica.

Una sorta di Luca Fusi (che al di là dell’aspetto bonario era un signor giocatore) meno difensivo, più tecnico e più portato alla costruzione del gioco.
E così abbiamo evitato di scivolare in paragoni scomodi, citando gente di caratura sproporzionata.
Anzi: uno “serio” lo voglio nominare.
Ardiles, che Hans ricorda in alcune movenze.
Ma, soprattutto, il teutonico era un centrocampista che, in un certo qual modo e per caratteristiche ed inclinazione naturale, era predisposto per il tiki-taka quando quest’ultimo ancora non aveva preso piede nel calcio europeo.


Hans Dorfner, classe 1965, nasce nella zona centrale della Baviera, nei pressi della bella cittadina di Regensburg (Ratisbona), sud-est del paese, ove storia e natura si intersecano mirabilmente.
Davvero un bel luogo, sia da visitare che, come nel caso della famiglia Dorfner, da vivere.

In una famiglia molto numerosa, ma in un ambiente tutto sommato tranquillo, il piccolo Hans trova immediatamente qualcosa che lo attrae e che diventerà fondamentale per la sua crescita futura: un bel pallone.
Bianco e nero, di quelli di un tempo, poco resistenti ma pregni di fascino.

A sei anni d’età Hans Dorfner frequenta le elementari e si ritrova iscritto nella scuola calcio dell’ASV Ungdorf, dove inizia a muovere i primi passi di quella che, man mano, diventerà la sua professione, oltre che la sua passione.
O viceversa, perché il ragazzo -e lo dimostrerà sua storia- ci mette veramente il cuore quando indossa gli scarpini e calca un campo di calcio.


Il fisico non è aitante: negli anni dello sviluppo aumenta di qualche centimetro, finendo per assestarsi poco oltre il metro e settanta di altezza.
Farne un difensore centrale o un bomber di razza, in particolar modo nella Germania dei panzer, sarebbe impresa alquanto ardua.
I tecnici dell’Ungdorf lo impostano come centrocampista centrale, sfruttando l’inclinazione di Hans per la creazione del gioco.
Il giovane mostra infatti del talento nel far girare la sfera.
Ha cervello e visione panoramica: lavorando duro sulla tecnica e sulla tattica svilupperà ulteriormente queste doti, diventando un calciatore completo e di ottimo livello.

Nell’adolescenza su di lui posa gli occhi il Bayern Monaco.
Per questioni meramente geografiche i bavaresi hanno il quasi totale controllo dei settori giovanili di zona.
In un piovoso pomeriggio dei primi anni ottanta Reinhard Saftig, il vice-allenatore della prima squadra, dopo aver ricevuto una dritta da un osservatore che segnalava il ratisbonese come un bel profilo da attenzionare, si decise ad andare a dare una occhiata sino a Duisburg, ove era in programma un importante torneo.
Saftig è un ottimo formatore, oltre che un tecnico preparato: gli bastano pochi minuti per intuire che l’indicazione ricevuta è più che corretta.

Hans Dorfner entra nel mirino nientepopodimeno che della società più potente della nazione.
Lui, che sin da bambino sogna di diventare un calciatore professionista, si ritrova a contatto con un contesto che abbonda di veri e propri fuoriclasse della pelota.
Un paio di inserimenti last-minute di compagini del nord, interessate a prelevare il centrocampista bavarese, non sortiscono gli effetti sperati.
La famiglia, in particolar modo la madre Rosa, non vuole che il figlio si allontani troppo da casa e le prospettive del Bayern sono fin troppo allettanti per pensare di dedicarsi alle alternative.
Il padre, Johann, pretende piuttosto che il campioncino completi le scuole secondarie ed inizi a ragionare anche su un mestiere, quantomeno sin quando il calcio non gli potrà garantire una adeguata sussistenza.
Tutto giusto, tutto come da copione.
Alla fine Hans riesce a confondersi tra i suoi tre fratelli e le sue due sorelle e convince i genitori a concedergli il lasciapassare, firmando il cartellino ed entrando a pieno titolo nel settore giovanile Der Bayerische Riese (il Gigante Bavarese), dopo oltre dieci anni con l’Undorf.


Un salto notevole, per il ragazzo.
Che però, con carattere e disciplina, conquista subito le attenzioni dei suoi nuovi tecnici.
S’impone con tale personalità che di lì a poco arriva la convocazione per l’Under 18 nazionale.
Un risultato impensabile, sino a qualche mese prima, ma assolutamente meritato.
Il centrocampista è difatti il faro che illumina il gioco della squadra, con geometria e fiato.
A 18 anni viene aggregato alla prima squadra, col Bayern allenato da Udo Lattek che chiude al quarto posto in campionato e vince la Coppa di Germania sconfiggendo in finale -ai rigori- il Borussia Mönchengladbach del futuro tecnico dei rossi, Jupp Heynckes.
Qualche convocazione saltuaria, per il nuovo arrivato, ma nessuna presenza a referto.

Lattek lo apprezza, però ritiene che sia ancora immaturo per calcare palcoscenici di un certo tipo.
Inoltre il team è forte e gli spazi sono ridotti.
Hans ha la possibilità di osservare da vicino mostri sacri quali il super capocannoniere Karl-Heinz Rummenigge, il forte portiere belga Pfaff, il solido centrale difensivo Augenthaler, il grintoso intermedio danese Lerby.
Impara l’arte e la mette da parte, con i monacensi che a fine stagione decidono di verificarne il percorso di crescita prestandolo al Norimberga.
Siamo in Franconia, meravigliosa regione di grande tradizione storica e, soprattutto, culinaria.
Pur sempre Baviera, però, dal punto di vista amministrativo e logistico.

Hans Dorfner, da giovane

Hans Dorfner non si allontana troppo dalla casa madre e dalla famiglia, insomma.
Il Norimberga è appena retrocesso in seconda divisione, dopo aver disputato una stagione a dir poco oscena.
Vi è grande voglia di rivalsa ed Hans, chiamato amichevolmente Charly o Hansi, è considerato un elemento in grado di poter dare profondità alla rosa.
Non è titolare, inizialmente.
Poi accade che alcuni calciatori si ribellino ai metodi del tecnico Heinz Höher e siano licenziati in tronco.
La società protegge il suo allenatore e decide di puntare su elementi coinvolti nel progetto e vogliosi di emergere, tra i quali lo stesso Dorfner, il solido difensore Grahammer, l’ottimo esterno Reuter, l’estroso attaccante Eckstein.
Tutta gente che, chi più chi meno, farà strada nel calcio.

Il Norimberga vince il campionato con un avvincente sprint nel finale in un torneo equilibrato e caratterizzato dall’exploit del cannoniere Burgsmüller, autore di ben 29 realizzazioni con la casacca del Rot-Weiß Oberhausen.
Hans Dorfner disputa un’ottima annata, mettendosi in mostra tra i migliori elementi della categoria nel settore nevralgico del campo.


Al Bayern, dove nel frattempo è sbarcato il totem Lothar Matthäus, gli spazi sono ridotti.
I dirigenti bavaresi acconsentono quindi volentieri alla richiesta dei colleghi del Norimberga di rinnovare il prestito del giocatore per un’altra stagione, come da accordi precedentemente messi in cantiere ma non del tutto ratificati.
Hans si è trovato benissimo in Franconia, sa bene che ha bisogno di giocare per migliorare il suo bagaglio calcistico e non oppone la benché minima resistenza.

Parte bene, in Bundesliga, facendo intendere che può esprimersi tranquillamente ai massimi livelli del soccer teutonico.
Un paio di infortuni ne limitano però il rendimento, costringendolo a saltare diverse gare.
I primi segnali sfortunati di quella che, nel corso della sua carriera, diventerà purtroppo una costante.

Il Norimberga chiude a metà classifica, centrando con largo anticipo l’obiettivo di una tranquilla salvezza.
Il Bayern Monaco vince la sua nona Deutsche Meisterschale e riporta a casa il figliol prodigo, convocato intanto pure nella Nazionale Under 21.


A Monaco si entra in campo per vincere, sempre.
Lattek ora crede ciecamente in Dorfner e lo utilizza parecchio.
Il ragazzo ripaga la fiducia con ottime prestazioni, poi nel periodo più caldo della stagione si infortuna seriamente e salta il finale.
Il Bayern vince il suo decimo campionato ma perde la finale di Coppa dei Campioni, a Vienna, contro il Porto di Futre, Madjer e Juary.
Una delusione atroce, che porta al cambio in panca: Lattek lascia il posto ad Heynckes, come era già accaduto anni prima a Mönchengladbach.

Hans utilizza la pausa estiva per riprendersi dall’infortunio patito in precedenza e per rimettersi in carreggiata.
Ad inizio stagione è pronto e carico a pallettoni e non delude le aspettative del nuovo allenatore, che gli affida subito le chiavi del centrocampo.
La Supercoppa di Germania 1987, vinta contro l’Amburgo, sembrerebbe un buon viatico per il proseguo dell’annata, ma le cose vanno diversamente.
In Bundesliga il Bayern chiude infatti al secondo posto, dietro al Werder Brema di Otto Rehhagel.
In Coppa dei Campioni è il Real Madrid, ai quarti di finale, ad estromettere i tedeschi dalla competizione.
In Coppa di Germania l’Amburgo si prende la rivincita della Supercoppa e, sempre ai quarti, elimina i ragazzi di Heynckes.
Bilancio non eccelso, per i bavaresi.
Discreto, invece, per il centrocampista di Ratisbona: l’esordio in Nazionale maggiore, dopo una fugace comparsata in quella Olimpica, è la consacrazione di Hans Dorfner a livelli internazionali.

Viene convocato per Euro 1988, che si svolge in patria.
La concorrenza è folta ed Hans non trova spazio nel team di Franz Beckenbauer che arriva sino alle semifinali, perdendo il match contro l’Olanda di Rinus Michels (e di Gullit e Van Basten) che andrà poi a vincere la finale contro l’Unione Sovietica di Lobanovskiy (e di Belanov e Dasaev).

Hans Dorfner

Al ritorno in patria Dorfner si tuffa nella Bundesliga, per smaltire la delusione.
E ci riesce, vincendo il torneo col suo Bayern.
I bavaresi fanno poca strada in Coppa di Germania, invece, mentre arrivano sino alle semifinali in Coppa Uefa, con il Napoli di Maradona che passa nel doppio confronto.
Il nostro Hans ricorderà sempre questo accadimento: con un po’ di tristezza per la sconfitta ma dicendosi onorato di aver potuto affrontare quello per lui è il miglior giocatore nella Storia del Calcio.

Maradona

Il picco è ormai raggiunto.
E, purtroppo, da questo momento in poi inizia la discesa.

Perché la sfiga, succitata, inizia a prendere il sopravvento nella vita sportiva di Hans Dorfner.

Un centrocampista completo, come detto.
Tatticamente intelligentissimo, con dei bei polmoni a supporto.
Può giocare centrale di metà campo, dinanzi alla difesa, agire stabilmente sia sul centro-destra che -preferibilmente- sul centro-sinistra oppure spingersi fino alla trequarti.
Centromediano metodista vecchio stampo, è bravo a leggere il gioco e spesso si abbassa di qualche metro per coprire le spalle ai compagni.
Con Lothar Matthäus forma per un paio di stagioni un’ottima diga nel settore nevralgico del campo.
Quando il compagno passa all’Inter, Hans si ritrova accanto l’altrettanto tecnico ma meno potente Olaf Thon, con il quale riesce ugualmente ad interagire con successo.
Sa adattarsi ai compagni, alle esigenze di squadra, ai momenti del match.
Segna diverse reti, con degli ottimi inserimenti in aria avversaria, e se la cava anche nel dribbling.
L’opposto del classico robot tedesco, tutto muscoli e culto del fisico, per quanto possieda un tono muscolare di tutto rispetto, al netto dei soliti acciacchi.
Buon destro, discreto sinistro e, pur essendo bassino, decente elevazione.
Il limite, enorme, è nell’abbonamento illimitato agli infortuni.
Da record, letteralmente.


Müller-Wohlfahrt, il celebre medico del Bayern, lo rimette in sesto in diverse occasioni.
Hans Dorfner è un uomo tenace, devoto alla causa, professionista serissimo.
Ogniqualvolta si ferma, è sempre pronto a ripartire.
Mostra una invidiabile forza di carattere e si aiuta con un paio di aspirine, prima delle gare, per regalarsi un pizzico di energia e, fondamentalmente, per convincersi che servano a qualcosa.
Più tardi dovrà ricorrere al cortisone imitando il connazionale Harald Schumacher, per ridurre le sofferenze fisiche.
L’eccessivo uso di medicinali finirà oltretutto per comportargli varie reazioni allergiche, alcune delle quali decisamente pericolose.


Inutile aggiungere che l’epopea della Nazionale è durata pochissimo (appena 7 presenze) e lo stesso Bayern è stato costretto a cedere il giocatore nonostante ne apprezzasse l’indubbia classe, sia sportiva che umana.
Prima di salutare vince la sua terza Bundesliga (1990) e sfiora una finale di Coppa dei Campioni, uscendo col Milan di Sacchi in semifinale, ai supplementari.

Bayern Monaco

L’anno dopo, nella sezione di calciomercato invernale, Hans Dorfner torna al Norimberga.
Arriva in condizioni fisiche non eccezionali, tanto per cambiare.
Alla prima gara subisce un fallo durissimo che gli crea dolori intensissimi al bacino e che dovrebbe costringerlo a fermarsi per otto settimane.
Dovrebbe, ma il Norimberga è ultimo in classifica in Bundesliga e lui è arrivato per evitare la retrocessione.
Prima di ogni partita un chiropratico lo rimette in sesto ed Hans gioca bene, da regista e talvolta anche da trequartista, guidando i suoi ad una incredibile salvezza.

Nell’annata seguente riesce a calcare il terreno di gioco soltanto nella seconda parte della stagione, quando si allena pochissimo, per non subire ricadute, e va direttamente in campo nel fine settimana.
Il suo club sfiora la qualificazione nelle coppe europee, giungendo settimo in graduatoria.
Risultato notevole e non bissato dodici mesi più tardi, allorquando la squadra termina nelle zone poco nobili della classifica.
Hans Dorfner ritorna a star bene e gioca da titolare, salvo rifermarsi per gli ultimi due mesi della stagione, a causa dei soliti malanni.

Nel torneo successivo il Norimberga retrocede a causa della differenza reti, con un crollo finale ed una sfortunata gara proprio contro il Bayern che sarà ripetuta per un errore arbitrale, diventando decisiva per la caduta dei franconi in seconda serie.

Dorfner accumula solo 4 presenze e, stanco e sfiduciato, decide di appendere gli scarpini al chiodo.


Ben nove -nove!- interventi chirurgici subiti: due legamenti, due ernie, quattro operazioni al ginocchio ed una sindrome compartimentale al polpaccio.
E, soprattutto, una marea di partite giocate quando sarebbe stato meglio riposare.


Una bacheca discreta, parecchie gare in massima serie, alcune presenze in Nazionale ed in Coppa dei Campioni.
Niente male per uno che, a neanche trent’anni, è costretto a chiudere bottega.

La passione per il Calcio, il rispetto di contratti che altrove non avrebbe mai potuto ottenere, l’amore per i tifosi e per i propri colori sociali e la feroce competizione che nei top club costringe i giocatori a non potersi permettere delle pause troppo lunghe sono le principali ragioni per le quali Hans non si è mai voluto prendere un momento di tregua, nonostante il suo sfigato calvario.


Un calciatore generoso, tenace, coraggioso.
Tremendamente sfortunato, sebbene alcune problematiche -come ammesso, con grande onestà- se le sia andate un po’ a cercare.

Al termine dell’attività sportiva allena una squadra locale per qualche tempo, poi ha una intuizione vincente ed apre una scuola calcio (link) che in pochi anni diventa una delle più grandi ed apprezzate di tutta la Germania, con filiali estive anche in Austria ed in Italia (Trentino).

Hans Dorfner, oggi

Il nostro paese è la sua destinazione turistica preferita, tra l’altro.
Si diverte a giocare a golf, adora la musica ed il buon cibo, gli piace passeggiare all’aperto ed ama passare del tempo libero con sua moglie ed i loro tre figli.

Guarda spesso il calcio in tv e, quando può, va anche allo stadio.
Non riesce più a giocarlo, ovviamente, ma è sempre innamorato del cuoio.
Così come lo era da bambino, quando sognava di giocare in Nazionale.

  • Hans, tanto dolore e tanti patemi: ma ne è valsa davvero la pena?
    Sì, assolutamente.
    Rifarei tutto allo stesso modo, proprio tutto.
    Perché la mia vita da calciatore professionista è stata la migliore che io potessi immaginare
    .”

Pensiero chiaro e sincero, che non ammette repliche.
Hans Dorfner: Sfiga e Cuore.

V74

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