• Il Re dello Stretto

Giuseppe Catalano

Nella metà degli anni ottanta, in una serie B di livello elevatissimo, sia dal punto di vista tecnico che agonistico, ricordo parecchie immagini del vecchio stadio di Messina, con atmosfere caldissime ed un palo posto dinanzi alle tribune laterali che, di tanto in tanto, faceva capolino durante le riprese televisive finendo per divenire quasi una costante: una sorta di seccatura che però, a lungo andare, si trasforma in una caratteristica peculiare che finisce quasi per diventare un’abitudine.
Piacevole?
Beh, insomma.

In quelle stesse immagini si poteva notare anche altro, bisogna dirlo.
Soprattutto alcuni calciatori di notevole talento.
Uno di essi, per me -e non soltanto- fortissimo, era Giuseppe Catalano.
Peppe, per gli amici.


Giuseppe Catalano nasce a Potenza, in Basilicata, nel marzo del 1960.
Mi mandarono lì per il CAR (Centro Addestramento Reclute), nella chiamata per svolgere il Servizio Militare.
Metà anni novanta, in novembre.
Un freddo boia, infinito.
Poi, durante la notte, una sveglia improvvisa con la proposta di trasferirsi in quel di Barletta, sulla costa pugliese, a causa di un sovrannumero in caserma.
Manco il tempo di parlarne che ero già sul bus diretto in Puglia.
La mia esperienza potentina si concluse in men che non si dica, quindi.
Sono comunque ripassato in zona, tempo dopo.
Molto bella, la Basilicata.
Una regione oltremodo affascinante, senza dubbio.

Con pochissimi calciatori che hanno raggiunto la gloria.
Soltanto due di essi sono arrivati ad indossare la maglia della Nazionale.
Uno dei quali, Franco Selvaggi, è stato anche Campione del Mondo nel 1982, con gli Azzurri di Enzo Bearzot.

Eppure tantissimi giocatori provenienti da questa zona hanno lasciato un’impronta importante nella Storia del Calcio Italiano.
E tra questi, ve ne era uno che con i mezzi tecnici a sua disposizione avrebbe sicuramente potuto fare molto di più di quello, pur bello, che ha messo in mostra nella sua carriera.
Sì, proprio lui: parliamo del buon Peppe Catalano.

Che, giovanissimo, incanta col suo piedino (destro) fatato.
Dopo aver militato in alcune squadrette del luogo, a quattordici anni d’età viene inserito nel settore giovanile del Potenza, che a metà degli anni settanta ondeggia tra la serie C e la serie D.
Il ragazzo non ci mette molto a scavare un solco con i coetanei: ha personalità, forza fisica e classe.
Dimostra ben più delle diciassette primavere che porta sul groppone allorquando viene lanciato nella mischia, col Potenza che centra un terzo posto -in serie D- utile all’inserimento della società lucana nella neonata serie C2.
Centrocampista offensivo, estroso quanto tenace, Giuseppe Catalano diventa presto uno dei cardini della compagine rossoblù, con cui resta per un triennio diventando il cannoniere del team e trascinando i suoi nelle zone alte della graduatoria, in coppia con lo sgusciante attaccante Scarpa.

Un exploit che non passa inosservato, quello del gioiello locale.
Che attira le attenzione di parecchi club di seconda e terza serie.
Il Potenza entra nell’ordine di idee di cederlo, sia per rimpinguare le casse societarie che, come giusto che sia, per non tarpare le ali al ragazzo.


L’idolo locale, a sorpresa, compie un salto epocale e si ritrova addirittura in massima serie.
Ad ingaggiarlo è la Pistoiese, che per la prima volta affronta la serie A da quando quest’ultima è organizzata in un girone unico.
I toscani, allenati da Lido Vieri e da Edmondo Fabbri, ex commissario tecnico della Nazionale Italiana, hanno deciso di affondare il colpo dopo aver saputo che il ragazzo avrebbe dovuto svolgere il Servizio Militare proprio nella cittadina toscana.
A garantire per lui è il tecnico delle giovanili potentine, Masperi, che però è oltremodo onesto e lucido nel giudizio sul talentino lucano: “Catalano è un giovane serio, di talento, con tutti i mezzi a disposizione per sfondare nel calcio che conta. Sono certo che arriverà lontano, ma ad oggi serve avere pazienza con lui. La serie A è un altro pianeta, rispetto alle categorie minori“.

Giuseppe Catalano, ventenne, sbarca in quello che ai tempi è di certo uno dei campionati più importanti al mondo.
Il potentino si trasferisce in prestito con diritto di riscatto -per una cifra prestabilita- a favore degli arancioni.

Giuseppe Catalano - Pistoiese

A Pistoia vi è un grande entusiasmo per la categoria raggiunta e la squadra parte a spron battuto, disputando un bel girone di andata.
Nel ritorno paga invece l’inesperienza a grandi livelli e la forza ritrovata di parecchi avversari, finendo per soccombere nella maggior parte della gare e, alla fine della fiera, retrocedendo mestamente in serie B.

Con la casacca arancione Peppe Catalano colleziona in campionato tre sole presenze, da subentrante, per un totale di venticinque minuti di gioco.
Poca roba, in effetti.
Divide lo spogliatoio con elementi quali Bellugi, Lippi, Frustalupi, Borgo, Berni, Chimenti, Rognoni e Badiani.
Tutta esperienza, insomma.


A fine stagione non viene confermato dai toscani e vive un periodo personale abbastanza travagliato.
Firma per il Campania Puteolana, in C2, salvo poi tornare pochi mesi dopo al Potenza, nella medesima categoria, riprendendo a giocare ai suoi livelli e sfiorando la promozione in C1.

La domanda, a questo punto, è lecita: giocatore da C2 e/o C1, oppure è doveroso aspettarsi qualcosa di più?
L’esperienza di Pistoia ha in parte segnato la parabola del ragazzo, che ha impiegato un bel po’ di tempo per ritrovarsi, sia come calciatore che, volente o nolente, come uomo.
In quanto la convinzione di poter diventare un professionista ha traballato, per alcuni mesi.
Poi, per fortuna, Catalano ha riacquisito la voglia giusta e si è rimesso in carreggiata.
Per lui arrivano alcune richieste da compagini di terza serie.
Qualcosina si muove pure dalla cadetteria, invero.

Giuseppe è consapevole di non poter sbagliare le sue mosse.
Ha bisogno di un progetto serio e di una società che lo accolga con affetto e che sappia coccolarlo.
Il potentino ha un carattere particolare e va messo in condizione di poter rendere al meglio.


Nel frattempo il suo ultimo allenatore a Potenza, Rubino, ha appena firmato per l’Akragas.
Siamo in C2, con il dichiarato intento di voler puntare alla C1.
La sua prima richiesta ai nuovi dirigenti è proprio Catalano.
Quest’ultimo è abbastanza indeciso: non vorrebbe allontanarsi nuovamente da casa.
O, perlomeno, non troppo.

Inoltre ambisce a palcoscenici più importanti e le proposte non gli mancano, come detto.
Però Rubino riesce a convincerlo, motivandolo alla grande e spiegandogli che Agrigento può essere per il potentino il punto di partenza dal quale spiccare il volo verso quel calcio professionistico che, fino a quel momento, Peppe ha appena fatto in tempo a sfiorare.
Inoltre l’Akragas offre al giocatore un contratto biennale di tutto rispetto e preleva dai lucani anche i difensori Rossi e Adelfio.

Akragas Calcio

Catalano respira profondamente: poi si affida all’istinto e firma per i siciliani, traslocando nella meravigliosa isola ed andando subito a conquistare la seconda piazza -alle spalle del Messina- del girone D della serie C2, edizione 1982-83, che vale ai biancazzurri la promozione in C1.
Confermatissimo in terza serie, nonostante la serrata corte di varie società anche di B, Giuseppe Catalano contribuisce alla sofferta salvezza dei suoi, prima di spiccare il volo proprio verso Messina, dove ad attenderlo c’è Franco Scoglio, il Professore, che negli ultimi mesi ad Agrigento ha sostituito Rubino sulla panca dell’Akragas, prima di accordarsi con i peloritani.

Tra l’altro Scoglio, durante la sua avventura ad Agrigento, aveva messo fuori squadra Catalano, incolpandolo di remare contro lo staff tecnico e di essere ancora legato al succitato Rubino.
Poi tra il focoso tecnico di Lipari ed il potentino è scoppiato l’amore e l’ex calciatore della Pistoiese è stata la prima richiesta del nuovo allenatore, seguita a ruota dalla seconda, ovvero il coriaceo stopper Rossi, compagno di Catalano sia all’Akragas che, precedentemente, al Potenza.

Giuseppe Catalano - Messina

Il sodalizio tra Scoglio e Catalano trascina il Messina verso le zone nobili della graduatoria, con la promozione in B che sfuma soltanto nel finale di stagione, quando una sconfitta nel derby col Palermo condanna i peloritani ad un altro anno di C1.
Dodici mesi più tardi Catalano si traveste da bomber (14 reti) e porta i suoi nella seconda serie nazionale grazie anche al contributo di calciatori quali Salvatore Schillaci (sì, proprio lui), Franco Caccia, Nicolò Napoli, Bellopede, Leonardo Rossi, Orati, Diodicibus, Dominissini, Papis, ed altri ancora.
Una autentica corazzata, per la terza serie, che Scoglio guida con maestria alla vittoria del campionato, sopravanzando in volata il Taranto del capocannoniere D’Ottavio.

Giuseppe Catalano si ferma sullo stretto per altre tre stagioni, oltre a quella della promozione in seconda serie.
Nell’annata successiva a quella in oggetto centra un buon settimo posto in B, seguito da un campionato meno brillante culminato comunque in una tranquilla salvezza ottenuta senza alcuni uomini chiave della rosa peloritana, ovvero quelli che erano stati appellati come i bastardi di Scoglio, cioè il gruppo che ha condotto il Messina in B dopo quasi un ventennio di assenza e lo ha poi portato a metà classifica nello stesso torneo cadetto.
Peppe Catalano, nella sua seconda avventura in B, si mette in mostra come uno degli elementi chiave del Messina.
Segna una decina di reti (la maggior parte di esse su rigore) e, soprattutto, delizia la platea sicula con giocate da vero fuoriclasse.
Ispira il cannoniere Schillaci -per un periodo anche il cugino di quest’ultimo, Maurizio Schillaci- e gode della presenza in squadra di ottimi mestieranti della categoria come Pierleoni, Gobbo, Mossini, Lerda, Di Fabio e via discorrendo.


In estate Scoglio firma per il Genoa ed il Messina ingaggia Zeman.
Catalano, che per caratteristiche intrinseche non viene ritenuto molto adatto al gioco del boemo, passa all’Udinese.

In Friuli il patron Pozzo e l’allenatore Sonetti hanno allestito una rosa di tutto rispetto.
De Vitis, Branca, Galparoli, Zannoni, Lucci, Storgato, Garella, Firicano, Pasa, Manzo: giusto per fare qualche nome, eh.
L’intento è evidente: ottenere la promozione in serie A.

Catalano, titolare pressoché inamovibile, contribuisce ottimamente alla causa e riconquista la massima serie dopo un decennio di assenza dal palcoscenico calcistico più ambito della penisola.

Giuseppe Catalano - Udinese

Per il funambolico centrocampista potentino è la certificazione del suo valore.
Dopo aver appena assaggiato una succulenta torta che invece avrebbe voluto divorare in solitaria, ora ha nuovamente la possibilità di sedersi alla più bella tavola del mondo.
Purtroppo, ancora una volta, la ruota non gira nel verso giusto, per l’ex messinese.

L’Udinese, che ingaggia il tecnico Mazzia, acquista i due ottimi argentini Balbo e Sensini, nonché il forte spagnolo Gallego.
Con altri rinforzi mirati la salvezza parrebbe fattibile, se non fosse che la squadra, passata a stagione in corso da Mazzia a Marchesi, non riesce ad avere continuità e, con un pizzico di sfortuna annessa, a fine stagione torna in serie B.

Giuseppe Catalano è già altrove, però.
E precisamente alla Triestina, in serie B.
Difatti l’Udinese cede il giocatore in prestito nel mercato di riparazione autunnale, dopo averlo utilizzato per un paio di brevi spezzoni, da subentrante, nelle gare con Roma e Bologna.

Catalano si ritrova di nuovo in cadetteria e, come se nulla fosse, riprende a macinare calcio.
Con la casacca dei Muli triestini segna sette reti -miglior cannoniere dei suoi- in poco meno di una trentina di match, col team alabardato che ottiene una tranquilla permanenza nella seconda categoria tricolore, senza patemi ma, anche, senza acuti.

Peppe, tra i migliori dei suoi, in estate torna ad Udine, per fine prestito.
I bianconeri, nel suo ruolo, mettono le mani su Francesco Dell’Anno, convincendosi quindi a privarsi di Catalano, che pure in B sarebbe da considerare un lusso.


Perché il potentino è calciatore vero, di classe e di sostanza.
Numero 10 per eccellenza, oh.
Centrocampista di grande tecnica e di raffinato estro, mette il suo fine talento al servizio dei compagni, proponendosi sempre nella giocata, senza alcun timore reverenziale.
Si assume le sue responsabilità ed è perennemente nel vivo del gioco.
Trequartista, mezzapunta, fantasista, mezzala, centrocampista offensivo e, all’occorrenza, regista: Beppe sa fare un po’ di tutto e, inutile girarci intorno, lo sa fare bene.
Eccellente rigorista, discreto uomo assist e rifinitore sopraffino, calcia benissimo anche da fermo e dalla distanza e possiede un dribbling ubriacante, che talvolta pare comparire dal nulla, con dei movimenti da fermo e delle finte in un fazzoletto di campo che mandano al manicomio i suoi avversari.
Segna diverse reti anche di testa, dimostrando ottimo tempismo e rilevante capacità di leggere l’azione.
Dalla serie B a scendere fa immancabilmente la differenza, con continuità e personalità.
In massima serie non riesce invece ad imporsi, complici alcune situazioni contingenti che parrebbero concedergli più attenuanti che colpe.
Un peccato, davvero.
Un centrocampista completo, fisicamente tosto, con una sublime visione di gioco e che quando parte in slalom è uno spettacolo che illumina la scena, oltre che deliziare la platea con le sue aperture millimetriche e le sue incredibili doti balistiche.
Sì, uno così avrebbe meritato maggiori chance ai livelli top del calcio italiano.


Fatto sta che al termine della parentesi friulana Giuseppe Catalano viene spedito alla Reggina, ritornando al sud.
La società amaranto, che proviene da una stagione in cui ha sfiorato la promozione in A, ambisce a lottare nuovamente per il vertice.
Catalano è il fiore all’occhiello della campagna di rafforzamento autunnale dei calabri, che già nel mercato estivo hanno preso diversi calciatori di valore.
Alla fine in rosa, oltre ai succitati, ci sono elementi come La Rosa, Benito Carbone, Giovanni Tedesco, Simonini, Rosin, Fimognari, Scienza, Soncin, Vincioni, Maurizio Poli, Attrice, Paciocco, Bernazzani, Giuseppe Bagnato.
Oh, in teoria si può sognare.
Eccome.
In pratica va differentemente.
Molto differentemente.
La Reggina, allenata dapprima da Cerantola e poi da Ciccio Graziani (col ritorno di Cerantola, nella parte finale del torneo), è terzultima in graduatoria e retrocede in serie C1 senza passare manco dal via.
Giuseppe Catalano gioca poco e non brilla affatto, saltando alcune gare per infortunio e poi chiudendo anzitempo la stagione, sia per problematiche di ordine fisico che per incomprensioni con lo staff tecnico.
Il ritorno sulle sponde dello Stretto di Messina va male, insomma.
Molto male.


Trentunenne, Beppe riflette sul da farsi.
Per qualche settimana si guarda intorno, decidendo quindi di ripartire dall’Akragas, che guida alla vittoria del campionato di serie D.
Resta ad Agrigento -dove oramai ha piazzato le tende con la famiglia- per un ulteriore biennio, in C2, abbandonando la nave giocoforza dopo la radiazione della società sicula.

Chiamato dal suo allenatore Mosti passa al Catania, dove insieme a compagni quali Vincenzo Del Vecchio, Pasquale Marino, Giuseppe Mosca, Massimo Drago ed altri ancora vince di nuovo il campionato di serie D, per quanto lo faccia da comprimario, con appena due presenze a corredo.

Per altri quattro anni è protagonista ancora in D con le casacche di Sancataldese, Peloro Messina, Milazzo e Agrigento Calcio, prima di appendere le scarpe al chiodo alla veneranda età di trentanove anni.


Cala il sipario su una carriera di tutto rispetto, costellata di soddisfazioni ed apprezzamenti.
Ribadisco quella che non è solo la mia idea, ma la convinzione di parecchi addetti ai lavori e di moltissimi tifosi: Giuseppe Catalano avrebbe potuto militare per lunghi anni in serie A.
Mancò la fortuna, non il valore“, ecco.

Fermatosi a vivere in quel di Agrigento, come detto, Peppe allena la compagine locale in diverse occasioni, lavorando per alcuni anni anche a Messina (nelle giovanili), a Porto Empedocle, a Raffadali ed a Favara.
Di recente si dedica ad i giovanissimi, organizzando alcune scuole calcio di ottimo livello tecnico.
D’altronde il maestro conosce benissimo la materia, no?

Chi gioca oggi?
Catalano, sicuro.
Poi altri dieci.

Franco Scoglio

Ricordo che negli spezzoni di partite di B trasmesse ai tempi, Catalano era sempre presente e decisivo.
Uno dei migliori calciatori di una serie cadetta di grande livello, senza alcun dubbio.

Insieme al mio concittadino ischitano Buonocore, Peppe Catalano è stato probabilmente il fantasista più amato dalla tifoseria peloritana.
Caratteristiche simili, per certi versi, e dissimili, per altri.
Comunque classe a profusione, questo è certo.

Catalano era più “anni 80”, mentre l’altro più “novanta”.
Entrambi non sono arrivati a collezionare neanche una decina di gare in serie A.
Eppure, nelle imperscrutabili memorie dei calciofili, tutto ciò non è poi così importante.

Perché, a prescindere dai tabellini e dalla bacheche, certe meravigliose reminiscenze di un calcio stratosfericamente emozionante restano indelebili nei cuori degli appassionati.
O dei malati, per essere sinceri sino in fondo.

Giuseppe Catalano

Giuseppe Catalano: il Re dello Stretto.

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