- Gondrand
Giancarlo Pasinato
Sì, il mitico Gondrand.
Soprannome coniato dall’altrettanto mitico Gianni Brera e che fa riferimento ad una nota ditta di trasporti, a voler sottolineare l’imponente vigoria fisica di un calciatore oltremodo potente ma anche caratterialmente tosto, che in carriera ha vinto molto e che è ricordato da tutti come un modello di professionalità ed impegno.
Un bel tipo, insomma.
La storia di Giancarlo Pasinato prende il via nel settembre del 1956, in quel di Cittadella.
Provincia patavina, in Veneto.
Famiglia numerosa, ove il piccolo Giancarlo viene al mondo come terzo erede, dopo altri due maschietti.
Lavoratori indefessi, i genitori del neoarrivato coltivano la terra unitamente ad altri parenti, in una sorta di “comune” che oggigiorno, con le attitudini moderne e gli avvocati che corrono nei Tribunali per battagliare tra famigliari che si massacrano per un metro di terra, beh, sarebbe quasi impensabile ricreare.
Giancarlo cresce spensierato e all’aria aperta, sviluppando presto una notevole propensione nei confronti dell’attività sportiva.
Corre come un matto e, nonostante la giovanissima età, pare un veterano.
Suo cugino Antonio, giocatore dilettante, un giorno decide di portarlo al locale campetto di calcio.
In men che non si dica fa di lui un calciatore.
Difatti il protagonista della nostra storia odierna si innamora all’istante del pallone ed inizia un percorso che lo porterà lontano.
Molto lontano.
Siamo negli anni sessanta e il boom economico inizia a deflagrare nel Bel Paese, in particolar modo nel settentrione.
La famiglia Pasinato è pregna di vitalità e dignità, ma non naviga comunque nell’oro.
Un signore di nome Bruno, che è il primo allenatore di Giancarlo Pasinato nell’Olimpia, una piccola compagine della zona, regala al ragazzino le sue primissime scarpe da calcio.
Competente ed appassionato, il Mister le porge al suo allievo e lo esorta ad averne cura.
“Vedrai che ti porteranno fortuna e ti condurranno fino alla serie A!“, le tenere e profetiche parole del tecnico.
Giancarlo, di indole timida ma già dal carattere deciso, lo ringrazia sorridendo ed incrocia le dita.
In allenamento spinge sempre al massimo ed in partita risulta essere puntualmente tra i migliori in campo.
Agisce da libero, con spiccata propensione alle avanzate in territorio “nemico”.
Nel frattempo sviluppa un fisico possente e continua a dare una mano in famiglia, guidando trattori che spingono sugli sconfinati campi della zona come lui fa nei piccoli stadi della provincia.
Nel 1973 l’Olimpia confluisce, unitamente all’Unione Sportiva Cittadellese, nel Cittadella Padova, che oggi milita in cadetteria.
La neonata società veneta partecipa al campionato di Promozione, nell’allora quinto livello del calcio nazionale.
Giancarlo Pasinato -appena sedicenne- gioca tutte e trenta le gare della stagione, mettendo a segno tre gol ed imponendosi come l’elemento più interessante della rosa, nel ruolo di centrocampista puro.
In estate passa quindi al Treviso, allenato da Giacomini.
Siamo in serie D: si incomincia a fare sul serio.
Giancarlo, che da qualche tempo ha trovato lavoro come impiegato in una azienda siderurgica, deve scegliere se rischiare il tutto per tutto nella carriera sportiva oppure dedicarsi ad una attività di sicuro meno remunerativa rispetto all’altra ma, di gran lunga, più “sicura e “tranquilla”.
Il giovane ne parla col suo datore di lavoro che, a sua volta, convince il proprietario del Treviso ad aumentargli lo stipendio da sportivo.
Le cose paiono mettersi per il verso giusto, insomma.
L’ultimo scoglio da superare è Riccardo, il papà di Giancarlo.
Un uomo tutto di un pezzo, burbero ma dal cuore d’oro.
“Se il calcio è la tua passione, non arrenderti e cerca di arrivare in alto“, lo rassicura il genitore.
La madre, Luigina, annuisce, con la classica lacrima materna -pregna di amore ed apprensione- che accompagna la partenza del figlio.

Agli ordini di Massimo Giacomini, che ne apprezza le doti di laterale di spinta e di mediano da combattimento, il buon Pasinato disputa un’ottima annata, culminata nella promozione del team in serie C.
Il bomber De Bernardi, la guizzante ala Osellame, il grintoso difensore Cavasin e l’affidabile centrocampista De Biasi sono i migliori elementi della rosa, insieme al nostro Giancarlo Pasinato.
Non a caso arriveranno tutti ad esordire in massima serie, seppur con diverse ed alterne fortune.
In terza serie il Treviso, grazie anche ad alcuni rinforzi mirati, fa una buonissima figura, chiudendo da quinto in graduatoria e migliorandosi dodici mesi più tardi, con un bel terzo posto finale.
Pasinato è ancora una volta il migliore dei suoi, soprattutto nella terza stagione in maglia biancoceleste che lo consacra come uno dei migliori centrocampisti della categoria.
Molte compagini di serie B mettono nel mirino il ragazzo, che non vorrebbe allontanarsi troppo da casa ma che, nel contempo, al termine di un ottimo triennio col Treviso è ormai consapevole di poter spiccare il volo verso palcoscenici di grande rilevanza.
Un intermediario, uno di quelli che possono far decollare una squadra (cit. dell’inarrivabile Andrea Bergonzoni nell’Allenatore nel Pallone), lo segnala al presidente dell’Ascoli, Rozzi.
Il leggendario condottiero ascolano, come da prassi, tira sul prezzo al termine di una estenuante trattativa e riesce ad acquistare il cartellino di Pasinato.
Il ragazzo, ventunenne, sbarca nel calcio che conta.
Nelle Marche trova come allenatore il bravo Renna e come compagni parecchi elementi di valore: il portiere Marconcini; i difensori Anzivino, Legnaro, Scorsa e Perico; i centrocampisti Bellotto, Moro, Greco; gli attaccanti Roccottelli. Zandoli, Quadri e Ambu.
Quest’ultimo segna come un dannato e trascina l’Ascoli alla promozione in serie A.
Ma l’uomo chiave dei bianconeri è proprio Giancarlo Pasinato, che a fine stagione viene premiato come miglior giocatore del torneo di B.
Durante la premiazione accanto a lui, nelle foto di rito, posa un certo Paolo Rossi, futuro Campione del Mondo nel 1982 con l’Italia di Bearzot e vincitore del trofeo come miglior calciatore della serie A.
Un segno del destino, per Pasinato.
Che in estate riceve offerte da parecchi club, alcuni dei quali decisamente blasonati.
Rozzi tentenna, in quanto si è affezionato a questo cavallone di razza che corre per tre e che quando parte in progressione pare un tir.
L’attrice Laura Antonelli, che anni prima assiste casualmente ad una gara del Treviso, vedendolo all’opera lo paragona proprio ad un tir.
Il primo soprannome di Pasinato diventa storia.
Il secondo, affibbiatogli dai fans dell’Ascoli, è carro armato.
Non credo sia necessario aggiungere ulteriori specifiche, ecco.
Giancarlo, nell’estate del 1978, è vicinissimo al trasferimento al Napoli.
Parrebbe tutto fatto, perché i partenopei sono disposti a sborsare bei denari per ingaggiare il cittadellese.
E Costantino Rozzi, dinanzi alla vil moneta, è in grado di mettere da parte qualsivoglia sentimento.
D’altronde per mantenere una piccola società nella massima categoria nazionale è d’uopo fare qualche sacrificio.
Lo sanno bene anche i tifosi locali, che a malincuore salutano il loro beniamino, augurandogli le migliori fortune.
Pasinato fa la valigia, ma in direzione nord.
Difatti il Napoli, che ha un’opzione sul calciatore figlia di un accordo di comproprietà stilato un anno or sono (una compartecipazione mascherata, in pratica) con l’Ascoli, tentenna e non affonda il colpo, chiudendo per Majo del Palermo e per Filippi del Lanerossi Vicenza e lasciando in stand by la trattativa per il centrocampista ascolano che, a sorpresa, vien riscattato alle buste dai marchigiani e poi, subito dopo, firma per l’Inter.
In cambio vanno ad Ascoli la punta Ambu (già nelle Marche, in compartecipazione), il centrocampista Carlo Trevisanello (riscattato dal Como e ceduto in comproprietà ai bianconeri), lo stopper Gasperini e l’ex attaccante della Nazionale, Anastasi, oltre ad un conguaglio di circa settecento milioni di lire.
I nerazzurri, orfani di Sandro Mazzola che l’anno prima ha appeso le scarpe al chiodo, hanno varato un piano triennale per tornare a vincere lo Scudetto.
In panca viene annunciato Bersellini, da poco retrocesso con la Sampdoria.
I tifosi sono perplessi, ma la squadra se la cava bene e dodici mesi più tardi è pronta a scalare ulteriori posizioni in graduatoria.
Invero i calciatori forti non mancano di certo: Bordon, Beppe Baresi, Oriali, Marini, Beccalossi, Altobelli, Bini, Canuti e Scanziani, giusto per fare qualche nome.
Gente di ottimo livello, con Pasinato che si inserisce bene nel gruppo interista, pur non disputando una stagione straordinaria, frenato da un paio di fastidiosi infortuni e limitato da una seccante pubalgia.
D’altro canto è all’esordio in quella serie A che i compagni del Treviso gli avevano scherzosamente fatto credere di aver già raggiunto anni prima, inscenando la consegna di un finto telegramma che annunciava l’acquisto del giovane nientepopodimeno che da parte della Juventus, suscitando l’inenarrabile gioia di Pasinato alla notizia e, poco dopo, l’infinita delusione alla scoperta che si trattava di una montatura ordita dai suoi colleghi di squadra.
Salvo poi scoprire -questi ultimi- che il veneto ha le palle d’acciaio e che la massima serie l’ha raggiunta per davvero.
E con una maglia altrettanto gloriosa, eh.
Per amor di verità bisogna dire che qualche dirigente milanese, dopo la prima stagione di Giancarlo Pasinato in quel di San Siro, ha paventato la possibilità di disfarsi del calciatore.
Bersellini, tecnico di assoluto valore e uomo astuto quanto pragmatico, si oppone all’idea e pone il veto sulla cessione del centrocampista.
Che ripaga all’istante la fiducia e al secondo anno di A sfodera prestazioni egregie e mostra una continuità di rendimento da Top, con l’Inter che a fine stagione festeggia il suo dodicesimo Scudetto.
Sì, proprio così: Giancarlo Pasinato è Campione d’Italia.
Il veneto, che ha anche esordito nelle coppe europee, raggiunge il suo livello più elevato in carriera e mette in bacheca un trofeo di importanza monumentale.

Una immensa soddisfazione per lui e per la sua famiglia che nel frattempo si è allargata, col matrimonio con Gabriella.
Proprio durante il viaggio di nozze in Canada, in una fresca serata primaverile, Giancarlo riceve in hotel la telefonata dalla sede dell’Inter che gli annuncia il suo passaggio alla società meneghina.
Due anni più tardi, in anticipo rispetto alle tabelle di marcia più ottimistiche, ecco arrivare il tricolore.
Manca soltanto la chiamata in Nazionale, per far sì che il sogno sia esattamente quello della vita.
Giancarlo è attenzionato in più occasioni dai tecnici federali.
Ad Ascoli, pur giocando in B, pare vicino alla convocazione nella più importante rappresentativa calcistica italiana.
Dopo aver trionfato in patria, le voci sulla possibile scelta di Bearzot si infittiscono.
Lui ci crede e pensa di meritare quantomeno uno squillo.
Purtroppo quella agognata telefonata non arriverà mai.
Due gare con la Nazionale B, la cosiddetta Sperimentale, nel 1978.
Con Bearzot in panca, tra l’altro.
Poi stop.
Il vecio, evidentemente, sulla fascia destra punta sulla classe e la tecnica di Bruno Conti e di Franco Causio.
Ci sta: pure perché discorriamo comunque di un periodo storico in cui vi è abbondanza di calciatori forti e nel quale indossare la casacca della Nazionale rappresenta davvero un’impresa per pochi, anche perché le frontiere saranno riaperte più avanti e le squadre sono composte al 100% da calciatori autoctoni.
Poco male, dai.
Giancarlo Pasinato festeggia lo Scudetto e si prepara ad esordire in Coppa dei Campioni.
Una competizione di grandissimo prestigio, in cui l’Inter si spinge sino alle semifinali, eliminata dal Real Madrid di Stielike e Santillana, con il grande Vujadin Boškov in panchina.
Il promettentissimo difensore Bergomi ed il discreto centrocampista austriaco Prohaska sono gli innesti di maggior interesse nella rosa nerazzurra.
Pasinato fa il suo, ancora una volta, in una compagine che chiude il campionato in quarta posizione.
L’annata successiva è leggermente meno favorevole nel torneo tricolore e decisamente deludente in Europa, ove l’Inter abbandona presto la Coppa UEFA, eliminata ai sedicesimi di finale dai rumeni della Dinamo Bucarest.
Vince però la Coppa Italia, sconfiggendo nella doppia finale il Torino allenato da una vecchia conoscenza di Giancarlo Pasinato, cioè Massimo Giacomini, il suo ex mister nella militanza di Treviso.
Oltretutto, nella stagione che porta al Mondiale del 1982, Pasinato perde il posto in squadra: soprattutto a causa della concorrenza del grintoso Salvatore Bagni, oltre che del tonico Centi e dei soliti Prohaska, Marini, Oriali e, all’occorrenza, Baresi.
Il ritorno del giovane Sabato e l’acquisto del tedesco Muller rendono numericamente superflua la presenza di Giancarlo nella rosa nerazzurra.
Bersellini lascia il posto a Marchesi ed il centrocampista di Cittadella finisce in una complesso affare che prevede il passaggio di Collovati dal Milan (retrocesso da poche settimane in B) ai cugini ed il percorso inverso per la punta Serena, per il difensore Canuti e per i succitato Pasinato, tutti in comproprietà tra le due società lombarde, che decideranno nel giugno successivo il futuro dei calciatori in oggetto.
Un maxi-scambio che fa rumore, ovviamente.
Giancarlo firma col Milan e disputa una super annata agli ordini di Castagner ed in una squadra che oltre ai tre ex interisti schiera gente come Franco Baresi, Tassotti, Jordan, Verza, Incocciati, Romano, Evani, Battistini, Damiani, Cuoghi, Icardi, Piotti, Nuciari, Manfrin.
Uno squadrone di lusso, per la cadetteria.
Giancarlo Pasinato segna sette reti e domina la scena.
In serie B, quando sta bene, è fuori concorso.

A fine stagione, nel Mundialito che ha vinto con l’Inter nell’edizione precedente, Gondrand travolge chiunque abbia l’ardire di porsi dinanzi al suo cammino, incluso il fortissimo brasiliano Junior.
Vince la Juventus, ma Pasinato è tra i migliori del torneo.
Giancarlo sarebbe felice di restare tra i rossoneri: questi ultimi hanno invece altre idee e non riscattano il giocatore, che torna quindi all’Inter.
Mediano dotato di buon piede e di ottimi polmoni, Pasinato è un elemento versatile, potente e generoso, in grado di spingere in fase offensiva e di ripiegare quando la sua squadra ha bisogno di una mano nel settore arretrato.
Può agire tranquillamente pure da esterno a tutta fascia, coprendo una notevole porzione di campo.
Gioca spesso da intermedio destro e si rivela un preziosissimo jolly, agonisticamente combattivo e tatticamente intelligente.
Con le dovute proporzioni, una sorta di Javier Zanetti ante-litteram.
Le sue sgroppate, con tanto di dribbling inarrestabili in progressione, finiscono sovente con assist precisi o tiri portentosi.
Inoltre non molla mai, Giancarlo.
Ha un buon fiuto per la rete ed è un professionista serissimo, che si allena con scrupolo e che fa gruppo con i compagni, mettendosi sempre al servizio della causa.
I tifosi ne adorano lo spirito indomito, mentre gli allenatori apprezzano la sua devozione alla maglia che indossa.
Mentalità vincente e grinta a iosa: con un pizzico di buona sorte in più avrebbe potuto di certo centrare il sogno di esordire in Nazionale.
Gli infortuni, manifestatisi in più occasioni, ne hanno frenato l’ascesa.
E forse il multi-ruolo -mediano/laterale/ala- a lungo andare ha nuociuto alla centralità di Giancarlo in alcune scelte dei suoi allenatori, sebbene il suo dinamismo e la sua poliedricità siano stati un autentico marchio di fabbrica, per il calciatore originario della provincia patavina.
Tornato all’Inter, Pasinato trascorre altre due stagioni con i nerazzurri.
Nella prima, con Radice in panca, gioca abbastanza, perlopiù da subentrante.
Risultati non eccelsi, sia a livello di club che dal punto di vista personale.
Nella seconda, con Castagner alla guida tecnica ed al fianco di compagni come Rummenigge, Zenga, Brady, Causio e quelli della vecchia guardia, che già conosce, ondeggia tra panchina e tribuna, a causa anche di problematiche di ordine fisico.
L’Inter è terza in campionato e giunge in semifinale sia in Coppa Italia (eliminata dai cugini del Milan) che in Coppa UEFA (out col Real Madrid).
Nel calciomercato estivo Giancarlo Pasinato si trasferisce all’Ascoli di Boskov, appena retrocesso in serie B e desideroso di riconquistare immediatamente la platea più nobile del calcio italico.
Il ritorno del carro armato in terra marchigiana è accolto con grandissima gioia dalla tifoseria bianconera.
Lo stesso calciatore veneto è entusiasta di vestire nuovamente la casacca bianconera, con cui inizialmente sorgono degli intoppi a causa di un ginocchio ballerino -operato da poco- che rischia di far saltare l’affare.
Per fortuna tutto si ricompone rapidamente e l’ex interista conquista la promozione in serie A con il suo team, stravincendo il campionato.
Una soddisfazione enorme, per un vincente nato.
Ottenuta, va detto, da capitano.
Con la fascia al braccio Giancarlo guida un gruppo di ottimi mestieranti per la categoria, tra i quali meritano una citazione Barbuti, Vincenzi, Incocciati, Iachini, Trifunovic, Corti, Bonomi, Perrone e Marchetti.
Bella squadra, l’Ascoli che trionfa nel duro torneo di B 1985-86.
Pasinato torna in serie A e lo fa da protagonista.

Ma nel 1986, agli albori del Mondiale Messicano, accade l’imprevedibile.
Il giocatore, che si è recato a Milano per un paio di giorni, torna con la famiglia ad Ascoli.
In auto con lui ci sono la moglie Gabriella, la figlia maggiore Greta (nata sei anni prima durante la militanza nell’Inter) e le piccole gemelle Elisa e Marta, venute al mondo nel periodo in cui Giancarlo gioca nel Milan.
Nel tratto di autostrada che porta all’uscita di Pesaro la Volvo guidata dal giocatore finisce fuori strada a causa di una pioggia battente e, dopo alcuni spaventosi testa-coda, si schianta contro il guardrail.
Greta resta leggermente ferita, mentre Gabriella e le gemelline per fortuna risultano illese.
Giancarlo invece è gravemente ferito: non è in pericolo di vita, ma perde molto sangue e riporta la frattura scomposta del femore sinistro e del perone sempre sinistro, oltre a diverse lesioni agli arti, svariati traumi in più punti del corpo ed un ampio versamento di sostanza muscolare.
Una botta tremenda, insomma.
Ancor di più per uno sportivo professionista.
I dottori spiegano a Pasinato che dovrà sottoporsi ad un lungo ricovero, con cure adeguate ed alcuni interventi chirurgici oltre a quello subito poche ore dopo l’incidente e che gli ha salvato la vita.
La convalescenza sarà lunga ed articolata, inoltre, e la sua carriera può dirsi conclusa, soprattutto a certi livelli.
Lui, coraggioso e mai domo, replica che farà tutto quanto è nelle sue possibilità per tornare a calcare un campo di calcio.
Gli amici che accorrono in ospedale per sincerarsi delle sue condizioni lo ascoltano con una certa commiserazione, comprendendo la gravità della situazione.
La moglie Gabriella, che lo conosce bene, è invece ben consapevole che Giancarlo, pur nella drammaticità del momento, tornerà a giocare.
L’Ascoli, in un calcio lontano dagli assurdi stipendi odierni ma comunque soggetto a determinate regole del mercato, è costretto a rescindere il contratto con il suo -oramai ex- capitano.
Quest’ultimo, lentamente, si riprende dalla immane botta.
Per un anno intero si dedica alla riabilitazione.
Prova a ripartire, allenandosi duramente.
Ma si accorge di non essere ancora pronto.
Ha qualche abboccamento con un paio di società nei dilettanti, però non se ne fa nulla in quanto Giancarlo Pasinato non ha l’ok dei medici per riprendere l’attività sportiva.
Trascorrono altri dodici mesi in cui il ragazzone veneto dimostra tutto il suo spirito ostinato e battagliero.
Nell’estate del 1988, trentaduenne, Pasinato torna a calcare il manto verde.
Lo fa nel Cittadella: un ritorno alle origini, il suo.
Siamo in Interregionale, ma per Giancarlo non fa differenza.
Ci mette il cuore e rimette in pista il mitico carro armato.
Da capitano e da leader guida il Cittadella alla promozione in serie C2, aiutandolo poi a mantenere la categoria nell’annata seguente e non riuscendo, purtroppo, a contribuire alla salvezza in quella successiva.
Quindi saluta la compagnia e, trentacinquenne, appende le scarpe da gioco al fatidico chiodo.
Peccato per quel brutto incidente, che ha fatto calare anzitempo il sipario sulla carriera di un bel calciatore, esempio di professionalità e tigna.
Uno di quegli elementi “vecchio stampo”, dediti al sacrificio e sempre pronti a sputare sangue e spremere sino all’ultima goccia di sudore in loro possesso per onorare la maglia che indossano.
Ricordo Pasinato in una gara contro la Lazio nella quale sembrava sdoppiarsi: mediano infaticabile e tatticamente diligente e cursore di fascia instancabile e continuo.
Le immagini del tempo, sporadiche e quindi ancor più preziose, ne raccontavano ed esaltavano il valore.
Ovunque è stato ha ottenuto risultati di rilievo.
Un vincente, con quel magnifico Scudetto in bacheca a sottolinearne l’imperitura gloria.
E poi la forza di rialzarsi sempre e comunque, contro ogni malasorte e/o nefasta previsione.
Al termine della carriera agonistica Giancarlo Pasinato intraprende l’attività di allenatore.
Inizia dalle serie minori, con discreti risultati.
Poi stoppa la gavetta, capisce di non essere caratterialmente portato per gli inevitabili compromessi richiesti per guidare club di spessore e si dedica ad aiutare la consorte in alcune attività commerciali ed alla formazione calcistica dei giovanissimi.
Trasmette loro l’infinita passione per lo sport più bello del mondo e cerca di inculcare nei più piccoli il suo apprezzabile spirito di abnegazione.

Alcuni anni or sono perde il cugino Michele, noto pluricampione con la Nazionale Italiana di Pallavolo, per un brutto male.
Nel tempo libero adora trascorrere ore con la sua adorata famiglia, leggere un buon libro, ascoltare musica rilassante e prendersi cura del giardino di casa e di un piccolo orto circostante, che cura con innata devozione.
“In ogni cosa che faccio debbo metterci tutto me stesso, sono fatto così. Lo facevo in campo, lo faccio ancora oggi al di fuori del terreno di gioco. Non ho rimpianti, nel calcio: ho vinto tanto, ho giocato contro campioni incredibili come Platini e Maradona ed ho sfiorato in diverse occasioni la Nazionale. Quest’ultima sarebbe stata la ciliegina su una torta già bellissima, ma la concorrenza era davvero notevole. Il mio era un calcio diverso da quello attuale: guadagnavamo meno rispetto ai campioni odierni, però ci divertivamo molto di più. Se fossi rimasto al Milan avrei probabilmente vissuto i primi anni di Berlusconi, come presidente. Chissà come sarebbe andata a finire. Ma sono pensieri in libertà, null’altro. Come detto, non ho alcun rimpianto. Solo ricordi stupendi!”
Giancarlo pasinato
E quando c’è un raduno di vecchie glorie o una bella cena tra tifosi lui è presente.
Perché il calcio è meraviglioso, certo, ” ma anche tutto il resto non è niente male“.
E se lo dice Gondrand, con quella faccia da film western e quel fisico ruspante, beh, c’è da credergli.
Sulla parola.
Giancarlo Pasinato: Gondrand.
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