- Montesamba
Giampaolo Montesano
«Per la sua categoria, facendo le giuste proporzioni, Montesano è stato il giocatore più forte che abbia affrontato.
Pietro Vierchowod
E guardi che io Maradona l’ho marcato più di una volta.
Ma uno come Montesano non l’ho più incontrato!»
Parole e musica di Pietro Vierchowod, uno dei migliori difensori degli ultimi decenni.
Lo Zar, un mostro di velocità e forza che ha messo la museruola ad avversari veramente straordinari.
Campioni assoluti, come il succitato Maradona che però, superfluo specificarlo, fa categoria a sé.
Eppure il buon Pietro ricorda come un incubo Giampaolo Montesano.
Che per molti, ne sono certo, è al massimo il cugino del buon Enrico, l’attore.
La storia del Calcio abbonda di ali estrose e genialoidi che sulla fascia hanno lasciato solchi profondissimi.
Immarcabili nelle giornate ispirate, inesistenti quando la luna è storta.
Garrincha, Best, Jairzinho, Džajić e Matthews, giusto per fare qualche nome di calciatori che hanno raggiunto l’apice.
In Italia abbiamo visto Meroni, Conti, Causio, Donadoni e tanti altri ancora che, tranne il primo per mera sfortuna, hanno vinto tutto.
Perché una volta sfornavamo anche talenti, oltre che pippe presuntuose.
Poi c’erano i fenomeni di provincia.
Quelli che parevano fortissimi e che, in un modo o nell’altro, si perdevano per strada.
Oppure arrivavano, sì, ma ti lasciavano la perenne sensazione che avrebbero potuto fare molto di più.
Il Marocchino (Juventus) di turno, per intenderci.
E infine c’erano quelli che entravano nel cuore degli appassionati, pur senza riuscire ad emergere a livelli consoni al proprio -invidiabile- bagaglio tecnico.
In questa ultima categoria merita una citazione il buon Giampaolo Montesano.
Montesano nasce nell’estate del 1958 in provincia di Massa Carrara.
Regione Toscana e zona della Lunigiana.
La scena si sposta presto nel nord Italia, dove la famiglia Montesano si è trasferita poco dopo la nascita del pargolo a causa del lavoro del padre Luciano (capomastro).
Lago Maggiore, il luogo in questione.
Scenari meravigliosi, eh.
Dove si vive bene e si gioca per strada.
Quantomeno negli anni sessanta, allorquando il buon Giampaolo si diletta a tirare calci ad un pallone per le viuzze del suo paesello.
Se la cava discretamente, il ragazzino.
Tanto che dapprima spopola in Promozione con l’Angera Calcio e successivamente lo prende la Milanese 1920, società dal florido settore giovanile.
E Giampaolo ripaga subito la fiducia riposta in lui, disputando un’ottima annata in serie D.
Su di lui, poco più che diciottenne, mette gli occhi il Varese.
Serie B, quindi.
Un salto importante, per il ragazzo.
Insieme a lui il Varese preleva dalla Milanese 1920 -società satellite dei biancorossi lombardi-anche l’estrosa mezzala Doto ed il coriaceo bomber Russo.
I giovani succitati trovano una società ben organizzata ed una rosa attrezzata per conseguire una tranquilla salvezza nella seconda serie nazionale.
Il carismatico portiere Boranga; il rude difensore Spanio; il rapido attaccante Ramella; il tenace marcatore Taddei; i promettenti Acerbis, Massimi, Criscimanni e Giovannelli, che arriveranno a giocare in serie A, nell’arco della propria carriera.
Una discreta compagine, insomma, che seppur con qualche patema riesce a mantenere la categoria in un torneo tosto ed equilibrato.
In estate vi è un avvicendamento alla guida tecnica, con Rumignani che prende il posto di Maroso.
Il Varese, nonostante alcuni rinforzi interessanti (Maggioni, Manueli, Limido), incappa in una stagione negativa e retrocede in C1, con Fascetti che subentra in corso d’opera a Rumignani senza però riuscire a rimettere in sesto la baracca.
Giampaolo Montesano, che ha legato moltissimo con Fascetti, sarebbe pronto a seguire il suo mister in terza serie, per tentare la risalita insieme a lui.
Ma il giocatore, che da ala -sia a destra che a sinistra- si è ben destreggiato nel suo biennio varesino, viene ceduto al Palermo.
Sud.
Estremo sud, per essere precisi.
Lui, che già ha preso moglie, accetta il trasferimento -un tempo i calciatori non avevano il potere decisionale odierno- con riserva.
Non vorrebbe allontanarsi troppo da casa ed ha alcuni pregiudizi sulla gente del meridione.
Una sorta di “Benvenuti al Sud” in chiave calcistica, ecco.
I primi tempi frequenta soltanto il campo d’allenamento, poi pian piano inizia a conoscere la città, la regione, la gente.
E s’innamora della piazza.
Venendo ricambiato, alla grandissima.
I rosanero, allenati da Cadè, chiudono ottavi, nel 1979-80.
Un campionato tutto sommato tranquillo, col difensore Silipo che è il cannoniere della rosa (6 gol).
A dimostrazione che gli attaccanti non girano alla grande, ecco: però segnano tutti gli altri, bene o male.
E i calciatori di valore non mancano: De Stefanis, Gasperini, Ammoniaci, Bergossi, Maritozzi, Frison, Larini, Di Cicco.
Giampaolo Montesano gioca titolare e segna cinque reti.
Un bottino discreto, per un’ala offensiva.
Nel torneo seguente i siciliani ingaggiano Veneranda, come allenatore.
A causa del coinvolgimento di un proprio tesserato -Magherini- in una vicenda di partite truccate, i rosanero partono con cinque punti di penalizzazione in classifica.
Sul mercato viene attuata una sorta di rivoluzione che porta alla Stadio La Favorita diversi nuovi elementi: Lopez, Calloni, Volpecina, Pasciullo, Vailati, Bencina.
L’annata non è all’altezza delle aspettative ed il Palermo si salva con parecchi patemi, cambiando tre tecnici in stagione.
Montesano brilla soltanto a tratti ed in estate riparte voglioso di far bene, agli ordini del nuovo allenatore Renna.
Con qualche rinforzo mirato (Caneo, Piagnerelli, De Rosa) i palermitani si riportano nelle zone nobili della graduatoria, sprecando alcune occasioni per giocarsi la promozione.
Giampaolo Montesano torna ad esprimersi a livelli eccelsi e segna sei reti, oltre a contribuire alla grande all’esplosione del bomber De Rosa, capocannoniere del torneo con ben 19 marcature a referto.
Invero tra i due, inizialmente, i rapporti sono “intermittenti”.
De Rosa riprende un paio di volte il compagno a muso duro, rinfacciandogli una serie di movimenti superflui che mandano lui fuori giri e mettono la squadra in difficoltà.
Montesano è difatti un dribblomane accanito, che talvolta si diverte a giocherellare oltremisura con la sfera, finendo per concedere agli avversari la possibilità di recuperare spazi ed energie ed innervosendo i compagni fino a far perdere loro il controllo.
Giampaolo, matto ma non certo stupido, capisce che De Rosa ha ragione ed inizia a far fruttare le sue doti, mettendosi al servizio del suo ariete e del bene comune.
I tifosi impazziscono per il funambolo natio della Toscana.
Talvolta snerva pure loro, oh sì.
Però quando è in vena fa ammattire chi ha la sventura di doverlo marcare e regala spettacolo di categoria superiore.
L’anno dopo i rosanero tornano ad essere altalenanti.
Chiudono al quindicesimo posto ed evitano la C per un soffio.
Gorin, Venturi, Violini, Marmaglio, Odorizzi e Fattori sono i rinforzi estivi, oltre all’inserimento in rosa di alcuni giovani di valore (Bigliardi e Barone su tutti).
Giampaolo Montesano è il più presente in campo ed offre una buona continuità di rendimento.
Arrivano per lui diverse richieste, dalla B e finanche dalla A, dove alcune società sarebbero disposte ad investire su questo prospetto ancora grezzo ma tremendamente talentuoso.
Il Palermo, forte di un contratto in essere, fa muro ed ingaggia mister Giagnoni, col chiaro intento di tentare l’assalto al vertice dopo una decina d’anni di militanza in cadetteria.
Paleari, Guerini, De Biasi, Majo, Fermanelli, Malaman e Pircher sono acquisti di qualità.
Ma l’annata è alquanto balorda ed i siciliani finiscono addirittura per sprofondare in C, dopo aver bazzicato le zone “alte” della classifica, salvo poi crollare a metà campionato e perdere un paio di gare decisive -nel finale- che ne determinano la retrocessione.
Un epilogo amarissimo, per i palermitani.
Montesano, tra i migliori dei suoi, finisce sul mercato.
Si conclude una splendida avventura, umana e sportiva.
“Montesamba“, come è stato soprannominato dai tifosi per le movenze sudamericane del suo gioco, avrebbe messo radici in Sicilia.
Dopo aver cambiato un paio di appartamenti nei dintorni della città, Giampaolo si è stabilito con la signora Giovanna in quel di Mondello, divertendosi come un matto a giocare col suo cane Devil, che diventa subito un vero e proprio partner di allenamento con gli imprevedibili movimenti a zig-zag che ispirano il giocatore.
Il rapporto con il popolo rosanero è semplicemente fantastico: la gente ama quel mattoide in grado di infiammare le platee.
I suoi compagni idem come sopra, sebbene gli imprechino contro ogni cinque minuti a causa della sua condotta geniale quanto bizzarra.
“Bugia” è l’altro nickname col quale Montesano viene appellato: glielo affibbia l’ottimo dirigente Erminio Favalli, perché Giampaolo le spara grosse ma, bisogna dirlo, lo fa con spirito guascone ed atteggiamento beffardo.
In realtà è un ragazzo schietto, onesto, compagnone.
Lega con tutti: tra i suoi colleghi i preferiti sono Venturi, Pasciullo, La Rosa e Volpecina.
Gli allenatori con i quali va più d’accordo sono invece Renna e Veneranda, mentre ha qualche problema in più con Cadè e Giagnoni.
Con i dirigenti ha un rapporto quasi filiale: sono loro a stopparne la cessione quando si presenta il Milan, appena retrocesso dalla serie A, per ingaggiare Montesano (tifoso rossonero, per giunta).
Un rifiuto netto e senza appelli: i milanesi virano su Verza e Manfrin nella ricerca di scompaginatori offensivi e dirottano il succitato difensore Venturi verso la Sicilia, a conferma delle ottime relazioni che comunque intercorrono tra le due società.
Un anno più tardi, però, nessuno può evitare che il ragazzo parta verso altri lidi.
Giungono un bel po’ di offerte dalla B e due dalla A: Udinese ed Avellino.
Ad onor del vero gli irpini avevano provato ad interessarsi a Montesano già nel precedente calciomercato estivo, su richiesta dell’allora allenatore Veneranda, ex tecnico del Palermo che, per l’appunto, ben conosce il giocatore ed auspicava di riaverlo alle proprie dipendenze.
Ma, così come accaduto col Milan, non vi era stata trippa per gatti.
L’Avellino offre al Palermo una cifra importante.
Al ragazzo propone un buon contratto e, soprattutto, gli garantisce una maglia da titolare.
L’Udinese invece è disposta ad investire leggermente meno sul cartellino del calciatore, però può garantirgli più soldi a fine mese ed uno spazio più che discreto al fianco del fuoriclasse brasiliano Zico, da un anno arrivato a dar spettacolo in terra friulana.
Giampaolo Montesano riflette per alcuni giorni, quindi firma per i settentrionali.
Si trasferisce ad Udine con Giuliana e, finalmente, sbarca in serie A.
Un sogno per lui, per i suoi genitori Luciano e Franca, ovviamente per Giovanna e per tutti i suoi tifosi.
Allenarsi col fuoriclasse Zico è un’emozione unica, per Giampaolo.
Nel ritiro estivo nasce tra i due una intesa spontanea e potente.
Il sudamericano riconosce subito nel compagno le stimmate del campione.
“Montesano? Lui è brasiliano, credetemi. Basta osservarlo in allenamento o in partita, mentre dribbla chiunque gli si pari dinanzi. Sì, Giampaolo è sicuramente brasiliano!”.
Zico
Un’investitura, non c’è da discuterne.
Perché il funambolo ex palermitano avrebbe tutte le carte in regola per sfondare.
Il condizionale è -purtroppo- d’obbligo.
Giampaolo ha un fisico slanciato e vigoroso.
Corre come una gazzella, veloce e sgusciante.
Lunghe leve e fiato duraturo: dribbla tutti e torna indietro, facendo impazzire compagni ed avversari, come detto.
Ala destra di ruolo, ala sinistra all’occorrenza.
Si inserisce pure centralmente, quando vede il pertugio giusto.
I suoi allenatori, tranne rari casi, lo adorano ma non esiterebbero un istante ad impalarlo, se potessero.
Le sue giocate, oltremodo spettacolari, non sempre sono finalizzate al bene della squadra.
Montesano è un genialoide del Calcio, uno di quelli che ti fanno innamorare alla follia di questo sport.
Incallito dribblomane ed ottimo uomo assist, avrebbe nella corde parecchi gol, ma ne segna molti di meno rispetto alle proprie potenzialità.
Ancora una volta tocca andare di condizionale.
Incostante e lunatico, quando è in giornata di grazia non lo prendi mai.
Mai.
Crea superiorità, rompe gli argini, penetra nelle difese avversarie come un coltello affilato nel burro più delicato, scompagina tutti i piani tattici possibili ed immaginabili degli antagonisti.
Incide, insomma.
Incide maledettamente.
Però se non è ispirato, se non trova il feeling giusto con l’allenatore, se non si sente fondamentale, se non ha defecato, se la luna è storta, se il compagno non gliela passa come si deve ed eccetera eccetera, beh, la situazione cambia radicalmente e Giampaolo diventa quasi un peso, per il suo team.
Croce e delizia, quindi.
In serie A milita unicamente per un’annata ed è un fottuto peccato, per un calciatore con le sue doti e con le sue caratteristiche.
Non è però il solito elemento che potrebbe, ma non si applica.
Lui si applica, ma a modo suo.
Si allena con impegno e professionalità, legando con i compagni e non mancando mai di rispetto ai suoi allenatori, se non in qualche piccolo episodio di contestazione delle scelte, senza comunque oltrepassare la soglia della normalità.
Ammesso e non concesso che ne esista davvero una, di soglia.
In Friuli il palermitano d’adozione mette insieme 14 gettoni di presenza, per lo più da subentrante, senza riuscire ad andare in gol.
Alla penultima giornata di campionato parte titolare contro il Napoli di Maradona.
Diego è scatenato e porta in vantaggio i campani.
Giampaolo Montesano fa a pezzi la difesa partenopea e compartecipa alla reazione dei bianconeri, che dapprima impattano il match e poi passano addirittura in vantaggio.
Re Diego, nei minuti finali di partita, riporta i suoi in parità (2-2).
A tal proposito, dopo Vierchowod e Zico, ecco il pensiero di un altro grande campione:
Il più forte, e di attaccanti forti ne ho incontrati tantissimi, è uno che nessuno forse ricorda che, però, mi ha fatto patire le pene dell’inferno.
ciro ferrara
Non era titolato come Van Basten o Batistuta ed era la mia seconda partita in carriera: avevo fatto bene contro la Juve e partii titolare.
Il mister Rino Marchesi, il giorno prima di affrontare l’Udinese, convoca me, Bruscolotti e Ferrario e ci chiede quali avversari avremmo voluto marcare.
Ero un ragazzo, quindi ho preso la parola per ultimo e lì ho commesso un errore perché Bruscolotti dice: “io marco Zico” .
Ed io: “cavolo, menomale che lui marca Zico!”.
Poi Marchesi chiama Ferrario e Moreno risponde: “mister, va bene, io prendo Carnevale”.
Penso: “menomale va, mi è andata bene”.
Alla fine, convinto di essere il re dei furbi, esclamo: “io prendo Montesano”, il terzo attaccante dell’Udinese.
Soltanto alla fine della partita ho capito perché quei due furbastri non volevano Montesano.
Era un dribblomane incallito che quando era in giornata ti mandava al manicomio.
Quel giorno sono completamente impazzito per le finte che è riuscito a farmi.
E ancora maledico i miei compagni che mi fregarono».
Incredibile, vero?
Eppur non sfonda.
Troppo discontinuo, per una serie A che a metà anni 80 è qualitativamente eccelsa.
Inoltre l’Udinese non brilla affatto.
Il brasiliano Vinicio, al comando della squadra, si ritrova uno Zico a corrente alternata, a causa di consistenti problematiche di ordine fisico.
Senza il proprio leader i friulani soffrono parecchio, anche perché Causio e Virdis sono stati sacrificati in estate proprio per mettere Zico al centro della scena.
Montesano ha caratteristiche diverse da Causio e non può sostenerne la pesante eredità.
Carnevale, preso al posto di Virdis, è forte, certo: ma non è ancora quell’attaccante completo che diventerà in futuro.
Poi ci sono gli altri, che fanno il possibile.
Brini para il parabile, non oltre.
Edinho è un signor libero.
Galparoli e Cattaneo sono due difensori da battaglia.
De Agostini è un bel treno, sulla fascia.
Gerolin, Criscimanni e Miano accatastano parecchia legna in mezzo al campo.
Mauro ha talento vero, sebbene ancora da sgrezzare appieno.
Selvaggi è utile alla causa, ma non è un bomber di quelli devastanti.
Tutto ruota intorno a Zico, come detto.
E se il brasiliano non gira e/o è rotto, diventa complicato inventarsi qualcosa.
I bianconeri traballano e chiudono al dodicesimo posto, poco oltre la soglia utile per salvarsi dalla B.
A fine campionato le strade di Giampaolo Montesano e dell’Udinese si separano.
Idem quelle tra l’estroso calciatore e la serie A.
Il nostro torna ad esibirsi su di un’isola.
In Sardegna, stavolta.
Lo prende il Cagliari, appena ripescato in B -per un illecito sportivo a carico del Padova- dopo essere retrocesso sul campo in C1.
Il suo nome era stato fatto mesi prima dal solito Veneranda, poi sostituito in corsa da Ulivieri.
Nel capoluogo sardo Giampaolo ritrova De Rosa e Venturi, compagni al Palermo, oltre ad elementi di valore quali Branca, Bergamaschi, Sorrentino, Piras, Bellini, Occhipinti ed altri ancora.
Con Ulivieri il buon Montesano non lega affatto.
Tutt’altro.
A metà stagione il tecnico toscano viene esonerato e sostituito da Giagnoni, altra vecchia conoscenza di Montesamba.
L’ala destra fa il suo, contribuendo ad una sofferta salvezza del team isolano.
In estate Giampaolo viene confermato dal presidente Riva: la storica bandiera rossoblù ne intuisce le doti e cerca di stimolarne il carattere, sebbene ci finisca a litigare ogni due minuti, a causa dell’eccessiva esuberanza del ragazzo.
Quest’ultimo non si tira indietro, va detto.
Ha personalità e la mette in mostra pure sul terreno di gioco disputando un’ottima stagione, al netto di qualche piccolo infortunio.
Il Cagliari, che inizia il campionato con cinque punti di penalizzazione a causa del coinvolgimento dei sardi nel Totonero-bis, sprofonda in serie C.
Disputa un’eccellente Coppa Italia, invece, giungendo sino alle semifinali dopo aver fatto fuori compagini blasonate come Torino e addirittura Juventus, prima di arrendersi al Napoli al penultimo atto.
In estate Montesano, miglior cannoniere dei suoi, riceve alcune offerte dalla B.
Sceglie quella del Modena, accordandosi per un contratto biennale.
In Val Padana prova a rilanciarsi.
Gli emiliani, allenati da Mascalaito, puntano ad una tranquilla salvezza.
La rosa è abbastanza omogenea, con diversi buoni mestieranti della categoria ed alcuni interessanti giovani in rampa di lancio.
Il portiere Ballotta, i centrocampisti Masolini e Boscolo e gli attaccanti Frutti e Sorbello sono alcuni dei nomi più altisonanti, si fa per dire, dei gialloblù.
Montesano si inserisce bene nella realtà modenese, chiudendo ancora una volta l’annata come miglior cannoniere della squadra.
I canarini però si ritrovano invischiati nella lotta per la salvezza e perdono l’ultimo match in casa, un vero e proprio spareggio col Genoa, dovendo dire addio alla serie B.
Un verdetto crudele, che sancisce la seconda retrocessione consecutiva per Giampaolo Montesano.
A trent’anni la carriera della funambolica ala destra pare palesemente in caduta libera.
Giampaolo resta a Modena, per tentare la risalita in B.
La società emiliana ingaggia Viviani come allenatore e sul mercato investe sull’attaccante Bonaldi, sui centrocampisti Colomba, Calonaci e Sanguin e sul giovane puntero Melli, oltre ad alcuni altri elementi di categoria.
Il risultato non è pari alle aspettative ed il Modena chiude al quinto posto, a distanza siderale dalla zona promozione.
Montesano delude e l’arrivo a Modena del suo “nemico” Ulivieri gli chiude definitivamente le porte nel club.
E non soltanto quelle, purtroppo.
Appena trentunenne, per Giampaolo il calcio professionistico sembra non poter offrire altre opportunità.
Un paio di richieste ci sarebbero, ma nulla di veramente convincente.
Alla fine della fiera il calciatore accetta la proposta della Pro Patria, società dal glorioso passato che sul finire degli anni ottanta milita nel campionato Interregionale.
Un quindicina di presenze ed un paio di reti, prima del passaggio all’Arona.
In Piemonte si ferma per un quinquennio, in rapida alternanza tra Promozione ed Eccellenza.
Si diverte e regala sprazzi di spettacolo ai tifosi locali.
Poi, nel 1995, Giampaolo Montesano si ritira dal calcio giocato, ponendo fine ad una avventura emozionante ma che, viste le sue qualità tecniche, sarebbe potuta essere ancor più scintillante.
Un numero 7 (o 11) che, a suo modo, è entrato nell’immaginario collettivo come il più classico dei talenti non espressi fino in fondo.
Anche a parere del sottoscritto Montesano avrebbe potuto fare di più, è indubbio.
Ma non sarebbe stato lui.
Nel senso che non discorriamo di un indolente o di una testa calda, di uno che si allena male o di uno sfascia-spogliatoio.
No, assolutamente no.
Giampaolo Montesano è stato più banalmente Giampaolo Montesano, cioè uno fatto proprio così.
Prendere o lasciare.
E noi ce lo prendiamo esattamente così.
Dopo il ritiro Giampaolo, che ha un figlio di nome Mattia, si è stabilito definitivamente sul Lago Maggiore.
Collabora dapprima con Milan, Como e Pro Patria per segnalare giovani promesse.
Poi fonda la Montesano Promotion, società di servizi e scuola calcio itinerante, alla perenne ricerca di talenti in giro per la nostra penisola.
Ha mantenuto parecchi contatti con ex compagni e tifosi, che non hanno mai dimenticato quell’ala scattante e stravagante, capace di mettere a soqquadro le difese avversarie, scombinando i programmi dei più astuti maestri della tattica e mandando in crisi difensori feroci e granitici.
Oggi, per una immancabile nemesi del destino, insegna ai giovani calciatori come gestirsi al meglio e come unire passione, equilibrio, preparazione ed efficienza.
Prima, ai tempi in cui il Calcio era davvero tale, aizzava le folle con le sue movenze feline.
Lui, Giampaolo Montesano.
Montesamba, per gli amici.
V74