• Le God

Franck Sauzée

“Le God”.
Una storta di divinità franco-inglese, ecco.
Tanti sono stati i soprannomi che nel corso del tempo sono stati affibbiati al personaggio in questione.
Rambo“, il più noto: a sottolineare la sua grande forza fisica ed il suo indomabile spirito da combattente.
Il più sfizioso, a parer mio, è l’ultimo in ordine cronologico: Le God.

Perché anche nella fase crepuscolare della carriera il calciatore che oggi ricordiamo in queste pagine è stato un tipo carismatico e trascinatore, capace di aizzare le folle con la sua personalità e di farsi amare da compagni ed avversari col suo animo battagliero ed arcigno.
Un giocatore che mi piaceva davvero parecchio, anche se in Italia ha inviato la sua controfigura.

A proposito: parliamo di Frank Sauzée.
Sì, proprio lui: l’ex atalantino.


Frank nasce ad Aubenas, nel sud-est della Francia, nell’ottobre del 1965.
Non ha compiuto ancora sei anni di età allorquando entra a far parte dei pulcini del CS Labégude, una piccola ma ben organizzata scuola calcio della zona.
Il successivo passaggio tra i giovanissimi dell’Aubenas, il principale club della cittadina dove vive, è quasi naturale.
IL ragazzino studia e gioca a calcio: tutta la sua vita à racchiusa tra l’ambiente familiare e queste due attività.
Superfluo specificare quale sia la sua preferita.
Quando si ritrova a dover passare tra gli allievi, ecco arrivare la chiamata dell’UMS Montélimar, società che negli anni settanta bazzica le serie minori transalpine.
Volente o nolente, si inizia a fare calcio in maniera seria.

Franck Sauzée si mette subito in mostra, tra i suoi coetanei: fisicamente è una bella branda, ha capienti polmoni e tanto carattere.
Gioca a centrocampo, con una buona predisposizione per gli inserimenti offensivi.

Diciassettenne, esordisce in quarta divisione francese.
Bastano poche gare per capire che il ragazzo ha stoffa.
Alcuni osservatori lo segnalano al Sochaux, società appartenente al gruppo automobilistico Peugeot che bazzica nelle zone medio-alte della Division 1, il massimo livello del calcio nazionale.

Un salto notevolissimo, per Franck.
Lui non si scompone più di tanto, però.
Ha appena compiuto diciotto anni ed è già semi-titolare in una delle squadre più importanti del paese.
Dalla stagione successiva in avanti prende il comando delle operazioni nel centrocampo della squadra e dirige il traffico nella zona nevralgica del terreno di gioco.
Segna anche un bel po’ di gol, ripetendosi anche nelle due annate seguenti.

Franck Sauzée, ancora giovanissimo, si impone all’attenzione generale come uno dei migliori prospetti del campionato e viene attenzionato dalle compagini più forti di Francia.

Franck Sauzée - Sochaux

Il Sochaux tiene duro e gli rinnova il contratto, con l’intenzione di farne un cardine del team che prova a scalare la cima del principale torneo nazionale.
Nel 1987, complice una annata disgraziata, il club della Peugeot incappa in una inaspettata retrocessione.
Eppure la rosa dei gialloblu non sarebbe affatto malvagia: oltre a Franck, in rosa ci sono ottimi calciatori quali l’elegante difensore bosniaco Hadžibegić, il forte centrocampista -anch’egli bosniaco- Baždarević, il bomber Paille, il grintoso difensore Franck Silvestre.
Ma quando non deve andare, non va.
Il Sochaux chiude al terz’ultimo posto, andando a spareggiare col Cannes (terzo in Division 2) per mantenere la categoria: vince l’andata (1-0), ma perde il ritorno (0-2) e si ritrova in cadetteria.

Sauzée finisce sul mercato e pare destinato alla partenza.
Se non fosse che la dirigenza dei leoncini non ci pensa minimamente, a smobilitare.
Tutt’altro: conferma i suoi pezzi pregiati ed inserisce in rosa alcuni innesti mirati, per vincere il campionato e tornare immediatamente nel primo livello.

E l’impresa riesce, pure grazie alle reti di Paille (18) e ad un Franck Sauzée che si trasforma in goleador, mettendo a segno ben sedici gol che trascinano i suoi ad una vittoria trionfale del gruppo A della Division 2, edizione 1987-88.
Inoltre segna come un centravanti pure in Coppa di Francia, col Sochaux che fa fuori in serie Tours, PSG, Montpellier, Lens e Nizza ed arriva a giocarsi la finale col Metz, persa soltanto ai calci di rigore (1-1 al termine dei tempi regolamentari e supplementari).


Insieme a Paille e Silvestre il centrocampista di Aubenas partecipa inoltre al Campionato Europeo Under 21.
Nei quarti, con la sua Francia, supera (2-1 all’andata e 2-2 al ritorno)) l’Italia di Paolo Maldini, Crippa, Berti e Rizzitelli.
In semifinale fa fuori (4-2 all’andata, 2-2 al ritorno) l’Inghilterra di Gascoigne, mentre in finale tocca alla Grecia di Karasavvidis arrendersi al cospetto dei galletti (0-0 all’andata in terra ellenica, 3-0 al ritorno in Francia, con doppietta di Franck).
Les Bleus si laureano Campioni d’Europa, con una squadra di valore (Cantona, Blanc, Roche, Martini, Guerin, etc.) ed un Franck Sauzée, in stato di grazia, che domina letteralmente la scena.

Un calciatore ormai pronto al definitivo salto di qualità.
E non è un caso che difatti, da qualche settimana, il nostro sia stato acquistato dall’Olympique di Marsiglia, da poco acquisito dall’ambizioso magnate Bernard Tapie.
Sauzée sale ancor più su, pure in Nazionale, venendo preso in considerazione dal C.T. della Francia, Henry Michel, che lo lancia sin da subito come titolare in una squadra che prova a qualificarsi per Italia 90.
I risultati sono modesti e Michel viene sostituito da un altro Michel, stavolta di nome: Platini.
Manco lui riesce a cambiare le sorti della Francia, però, e i galletti restano fuori dalla kermesse che si svolge nel nostro paese.

Franck Sauzée si ambienta perfettamente a Marsiglia, vincendo al primo anno Campionato (in volata sul Paris Saint-Germain di Susic, Bats, Xuereb e Simba, allenato da Ivic e battuto nello scontro diretto a poche giornate dal termine con rete decisiva dello stesso Sauzée) e Coppa di Francia (4-3 in finale sul Monaco di Weah, Amoros, Hoddle e Battiston, allenato da Wenger).

L’OM, allenata dapprima da Banide e poi da Gili (con la supervisione del mitico Hidalgo), dispone di una rosa decisamente importante: Papin, Cantona, Karlheinz Förster, Abedi Pelé, Le Roux, Klaus Allofs, Vercruysse.
Giusto per fare qualche nome, ecco.

Nell’annata successiva ecco il bis nella Division 1 superando il Bordeaux di Genghini e Dugarry, allenato dal belga Raymond Goethals.
La rosa dei marsigliesi viene rinforzata da Francescoli, Amoros, Mozer, Deschamps, Tigana, Waddle: Tapie vuole vincere anche in Europa, è chiaro.
In Coppa dei Campioni il Marsiglia si ferma al penultimo atto, in semifinale, eliminato dal Benfica di Valdo e Thern allenato dallo svedese Sven-Göran Eriksson
Medesimo esito in Coppa di Francia: fuori in semifinale contro il Racing Paris.

In estate lo staff tecnico e quello dirigenziale si convincono a rivoluzionare la rosa:  dei Focesi (Les Phocéens): Boli, il ritorno di Cantona, Stojković, Olmeta, Fournier ed altri piccoli ritocchi.
Indi, a sorpresa, viene annunciato il passaggio di Franck Sauzée al Monaco.

Il centrocampista della Nazionale ha discusso animatamente col tecnico Gili e col boss Tapie, per questioni di ordine tattico.
Inoltre teme che l’eccessiva concorrenza possa tarpargli le ali: è pronto a lottare per conquistarsi il posto, ci mancherebbe altro.
Però cerca un progetto che lo metta indiscutibilmente al centro della scena, senza rischiare di fare tappezzeria.
Il club monegasco lotta proprio col Marsiglia per il titolo e Wenger è un grande estimatore del ragazzo: Tapie acconsente alla sua partenza, sebbene l’idea di rafforzare una diretta concorrente non lo attizzi affatto, ma cede il suo centrocampista solamente in prestito.
Secco, senza riscatto e senza contro-riscatto.
A fine annata le due società si siederanno a tavolino e discuteranno del futuro.


Il Monaco accetta e Franck Sauzée si trasferisce nel Principato, dove trova una rosa di tutto rispetto: Djorkaeff, Ramon Diaz, Weah, Passi, Rui Barros, Hoddle, Roger Mendy, Fofana, Puel, Ettori, Rust e i giovani Petit e Thuram, tra gli altri.
Wenger mette Sauzée al centro del suo progetto tattico e Franck lo ripaga con prestazioni di assoluto rilievo.

Il Marsiglia è ancora avanti, però.
Vince il campionato superando i rivali nello scontro diretto del girone di ritorno e, come dodici mesi prima, li affossa definitivamente nel finale.
Inoltre gli uomini di Tapie, guidati per un certo periodo dal Kaiser Beckenbauer e poi da Goethals, arrivano a giocarsi la finale di Coppa dei Campioni, persa ai calci di rigore (0-0 nei regolamentari e supplementari) contro la Stella Rossa di Savićević, Prosinečki, Belodedici, Mihajlović e Pancev.
Una delusione atroce bissata, quantomeno in parte, poche settimane dopo allorquando è il Monaco dell’ex Sauzée a sconfiggere i marsigliesi nell’ultimo atto della Coppa di Francia: 1-0, con rete di Passi a pochi istanti dal novantesimo.
Una sorta di rivincita, per Franck.

Che in estate torna al Marsiglia.
Difatti Tapie non vuol sentire ragioni e riporta il suo centrocampista all’ovile.
Il Monaco prova ad alzare l’offerta, ma non serve: Sauzée è di nuovo a casa, iniziando la stagione agli ordini di Tomislav Ivic, presto sostituito da Goethals.
Angloma, Steven e Xuereb sono alcuni dei volti nuovi di una squadra che rivince la Division 1 abbastanza agevolmente, dinanzi al solito Monaco -battuto nell’oramai abituale scontro diretto e decisivo nel girone di ritorno-, salvo poi uscire prematuramente in Coppa dei Campioni (agli ottavi, contro lo Sparta Praga).
In Coppa di Francia la tragedia di Bastia, col crollo di una tribuna durante la semifinale con l’OM e la morte di diciotto spettatori (oltre ad un gran numero di feriti, alcuni dei quali gravi) che porta la Federazione francese ad annullare la competizione.

Il Marsiglia vuole la Coppa dei Campioni, questo è pacifico.
Tapie non si accontenta più del campionato e/o della Coppa di Francia.
Punta su Jean Fernandez come allenatore, poi a novembre richiama ancora una volta il buon
Goethals al suo posto.
Compra Bokšić, Voller, Barthez, Desailly, Ferreri, Dobrovol’skij e richiama Stojković, nel frattempo ceduto in prestito al Verona.
Allestisce un roster di tutto rispetto, nel quale Frankc Sauzée è un perno inamovibile.

Nella prima edizione denominata UEFA Champions League, ovvero in Coppa dei Campioni, la squadra mostra una solidità impressionante demolendo i nordirlandesi del Glentoran al primo turno, poi superando senza eccessivi patemi i rumeni della Dinamo Bucarest al secondo atto della competizione, quindi vincendo il proprio girone di accesso alla finale che comprende Rangers Glasgow, Bruges e CSKA Mosca.
Nell’ultimo atto, in quel di Monaco di Baviera, è il Milan allenato da Capello a fronteggiare i transalpini.
Maldini, Franco Baresi, Van Basten, Gullit, Rijkaard, Donadoni e non finisce qui (cit. Corrado): una selva di fuoriclasse, con incluso l’ex Papin, che parte dalla panca.
L’OM schiera Barthez tra i pali.
In difesa ci sono Angloma sul centro-destra e Desailly sul centro-sinistra, con Boli a far da ultimo frangiflutti dinanzi al suo estremo difensore.
Di Meco ed Eydelie arano le fasce, mentre Sauzée e Deschamps si occupano di governare il gioco a metà campo e, nel contempo, di proteggere il settore arretrato del team.
Ad Abedi Pelé, Boksic e Voller è affidato il compito di sfidare la celeberrima difesa rossonera.
La gara è intensa e combattuta: il Milan spreca un paio di nitide occasioni e non è brillante.
L’Olympique segna a fine primo tempo (Boli) e si difende con accortezza nella ripresa, vincendo il match e salendo sul gradino più alto del continente.

Olympique Marsiglia - 1993

Franck Sauzée -vice capocannoniere della kermesse continentale- e compagni si laureano Campioni d’Europa.
Tapie festeggia come un matto il trionfo dei suoi, inondando di champagne tutto ciò che gli capita a tiro.
I marsigliesi vincono anche il campionato, sebbene il titolo venga revocato alcuni mesi più tardi a causa di una vicenda legata alla presunta compravendita della gara col Valenciennes, disputata poco prima di affrontare il Milan nella finale di Monaco e, a dire degli inquirenti, taroccata per favorire l’OM (che vince per 1-0).
In Coppa di Francia invece il club biancoblu esce ai quarti, per mano del Saint-Étienne.

Va detto che in questi anni Franck continua a militare nella Nazionale Francese, con la quale partecipa agli Europei del 1992, in Svezia.
I transalpini impattano (1-1) all’esordio con i padroni di casa di Limpar ed Ingesson, poi chiudono sullo 0-0 con l’Inghilterra di Lineker e Shearer ed infine vengono estromessi dal torneo al termine della sconfitta (2-1) con la Danimarca di Sivebaek e Povlsen che andrà sorprendentemente a vincere la kermesse.
Sauzée, titolare dei galletti, fa il suo.
Ma non basta.
Gran delusione, per il popolo transalpino.

EURO 1992

Incredibilmente il gruppo allenato da Houllier, che ha sostituito Platini come C.T., non si qualifica per i Mondiali del 1994.
Batosta davvero epocale, con Franck Sauzée che annuncia il suo ritiro dalla Nazionale dopo una quarantina di gettoni di presenza (alcune con la fascia da capitano sul braccio) ed una decina di reti con la casacca dei bleus.
Non è l’unico, ad abbandonare la nave.
Ma sarà l’unico a non tornare sui propri passi.
L’amarezza è immane e l’atmosfera incandescente: Franck non è uno capace di scendere a compromessi.
Fiuta l’aria, ringrazia e saluta la compagnia.
Definitivamente ed a soli ventotto anni di età, nel pieno della maturità calcistica.
Un peccato.

D’altronde il calciatore del Marsiglia sta iniziando una nuova avventura professionale, pure a livello di club.
Difatti il club provenzale è stato punito per lo scandalo di cui abbiamo riferito in precedenza.
Sanzioni pesanti, tra le quali spicca il divieto di partecipare alle competizioni internazionali.
La rosa va ristretta, in funzione degli spazi (minori) da occupare.
Franck riceve svariate proposte: lo cercano in patria, ma anche dalla Germania, dalla Spagna e dall’Italia.

Già in passato si erano interessate a lui la Juventus -su suggerimento di Platini-, il Torino ed il Napoli.
Poi, alcune settimane prima della finale di Monaco, è stata l’Atalanta a firmare un pre-contratto con l’entourage del giocatore, con la promessa di risentirsi al termine della stagione, per definire la questione.

Sauzée adora l’Italia.
L’ha visitata in diverse occasioni e conosce Bergamo, che gli piace parecchio.
Ne parla con la moglie, che è in dolce attesa (la coppia ha già una figlioletta), e si convince ad accettare l’offerta orobica.
Il Marsiglia incassa tre miliardi e mezzo (da parametro) e l’ambiziosa Atalanta del presidente Percassi, che ha da poco affidato la guida tecnica all’emergente tecnico Guidolin in sostituzione dell’altrettanto astro nascente Lippi, può presentarsi ai nastri di partenza del campionato di serie A schierando nelle proprie fila un campione d’Europa.

Franck Sauzée - Atalanta

Il bravo portiere Ferron, il rude difensore centrale uruguaiano Montero, il grintoso centromediano brasiliano Alemao, il prolifico attaccante Ganz: questo è l’asse centrale sul quale punta l’Atalanta, con Franck Sauzée a rappresentare la ciliegina sulla torta e parecchi mestieranti della categoria e diversi giovani in rampa di lancio pronti a dare il loro contributo per raggiungere l’Europa.
Progetto intrigante, in teoria.
La pratica è completamente in disaccordo e la compagine bergamasca incappa in una roboante retrocessione, al termine di una stagione oltremodo difficile.
Guidolin è bravo, ma ancora non pronto per determinati livelli.
Viene sostituito da Prandelli, senza che cambi chissà cosa.

Sauzée è titolare nel girone di andata ed in Coppa Italia, dove mostra -seppur a sprazzi- doti importanti.
Poi, progressivamente, scivola indietro nelle gerarchie e, complice un brutto infortunio ed un fastidioso accenno di pubalgia, passa più tempo in tribuna che in campo.

Qualcuno, malignamente, mette in giro la voce che il francese non vada molto d’accordo con il compagno di reparto Alemao.
Franck, tempo dopo, ha smentito questa diceria.
Alemao è stato un ottimo giocatore, tatticamente intelligente e molto resistente dal punto di vista fisico.
Saremmo stati assolutamente complementari, se le cose fossero andate in maniera diversa.
Invece il calcio italiano degli anni novanta era maledettamente tattico.
Troppo, per i miei gusti.
La tattica conta, eccome.
Ma se diventa esasperante può rivelarsi anche controproducente.
Nel mio unico anno da professionista in Italia soltanto il Parma giocava bene, a parer mio.
Tutti gli altri, Atalanta inclusa, erano inguardabili
“.


Nell’estate del 1994 Sauzée si ritrova sul mercato.
Possiede una bella casa a La Destrousse, una trentina di chilometri di distanza da Marsiglia.
Va a caccia nei boschi limitrofi e si diverte con dei cavalli che possiede e che, talvolta, fa gareggiare anche livello agonistico.
Tornerebbe a piedi all’OM, se non fosse che la squadra di Tapie è stata retrocessa in seconda serie, sempre a causa delle problematiche legate al caso di corruzione esploso due anni prima.
Ridursi l’ingaggio e ripartire dalla seconda divisione non sarebbe un problema, per Franck.
Ma tocca far quadrare i conti e l’affare risulta impossibile per entrambe le parti coinvolte.

Auxerre e Nantes provano ad ingaggiare l’ex Monaco, che viene proposto anche ad altre società italiane.
Il giocatore ha voglia di rilanciarsi, ma l’annata atalantina ha lasciato il segno nella penisola.
Nessuno si fida di lui.
In Francia è diverso ed oltre alle società sopracitate, è lo Strasburgo a mostrare un interesse concreto.

Franck Sauzée firma un biennale con gli alsaziani e si trasferisce nel Basso Reno.
Zona davvero molto bella.
E squadra che bazzica il centro classifica della prima divisione francese.

L’ex atalantino si ambienta alla grande nella sua nuova società e guida i compagni alla finale di Coppa di Francia, persa al cospetto del Paris Saint-Germain (0-1).
Lebœuf, Keller e Mostovoj sono gli elementi di maggior spessore di un gruppo che giunge decimo in campionato e che si migliora dodici mesi più tardi (nono posto), non ripetendo però il bel cammino nella coppa nazionale.
Vince invece la prima edizione della Coppa Intertoto, unitamente ai connazionali del Bordeaux, surclassando nella doppia finale gli austriaci del Tirol Innsbruck.
Sauzée, manco a dirlo, è il migliore dei suoi.


Centrocampista dal fisico imponente e dall’ottima tecnica di base, Franck è un leader naturale.
Intelligente tatticamente ed oltremodo carismatico, si piazza nella zona nevralgica del terreno di gioco e detta i tempi della manovra.
Non è rapidissimo, quantunque il suo cervello viaggi ad una velocità supersonica.
Regista, mediano e metodista, l’ex marsigliese è in grado di esprimersi in vari ruoli e sempre con risultati apprezzabili.
Sul finire della carriera agisce anche da difensore centrale, sia come libero d’impostazione alle spalle dei compagni e sia -più di rado, come marcatore puro, addirittura.
Prima, ai tempi d’oro, si muove spesso da mezzala e da trequartista, dove il suo potenziale forse trova la location ideale.
Un ruolo nel quale se la cava altrettanto bene è quello di intermedio, sia di destra che di sinistra, che interpreta nel Marsiglia che vince la Coppa dei Campioni e nella Francia del periodo di Platini allenatore.
In Italia non ha avuto molta fortuna, ma in patria è stato un Top.
Mentre con la Nazionale Francese ha pagato il suo carattere rigido e poco incline ai compromessi, altrimenti avrebbe potuto scrivere ancora molte pagine importanti con la casacca dei galletti, che -come detto- ha in diverse occasioni anche capitanato.
Idolo dei tifosi delle compagini nelle quali ha militato, Sauzée è molto apprezzato anche da parecchi addetti ai lavori.
Ottimo rigorista e tiratore di punizioni, calcia con un tiro radente e preciso, che raramente lascia scampo ai portieri avversari.
Di testa sa farsi valere.
Non ama sacrificarsi nei ripiegamenti difensivi, per non disperdere preziose energie che preferisce utilizzare nelle scorribande offensive, dettate soventemente dall’istinto e da una innata attitudine a tagliare le linee nemiche a sprazzi, più che dalla razionalità e/o dagli schemi studiati a tavolino.
L’istinto che, in quantomeno in alcune scelte professionali, potrebbe averlo tradito.
Ma lui è fatto così: prendere o lasciare.
Box to box, quando non esisteva ancora codesta definizione nel mondo del calcio.
E noi lo prendiamo, eccome.

Il calcio per me è una professione.
Non che io manchi di sacro fuoco e di passione: tutt’altro.
Però non rinnego il resto, cioè la vita.
Sarei tornato a Marsiglia anche in seconda serie e non avrei mai lasciato Monaco, se fosse dipeso soltanto da me.
Questo per dire che i soldi ed i premi non sono le uniche cose che contano, per il sottoscritto.
Invece i piani non sempre vanno come noi vorremmo.
Con la Francia, ad esempio, ero infelice.
Orgoglioso di farne parte, ma infelice.
Vedevo cose che non mi piacevano affatto e ho preferito farmi da parte.
Non ero il solo, ma gli altri hanno saputo fare buon viso a cattivo gioco.
Io invece no.
Un limite?
Forse sì, forse no.
A me piace vivere a testa alta, anche nel mondo del calcio
“.

Franck sauzèè

Kaiser Sauzée, come lo hanno soprannominato i tifosi dello Strasburgo miscelando il celebre personaggio del film I soliti sospetti al nomignolo del grande Franz Beckenbauer, al termine del contratto con la compagine alsaziana firma un triennale col Montpellier, sesto nell’ultimo torneo francese, che già lo aveva cercato l’anno prima.

Con la sua nuova squadra Franck arriva decimo in patria ed esce in semifinale in Coppa di Francia, in Coppa di Lega ed in Coppa Intertoto.
In Coppa Uefa invece arriva una precoce eliminazione per una compagine che disputa comunque un’annata importante.
Nelle due stagioni seguenti non vi saranno molte soddisfazioni, per la società dai colori blu e arancione: una finale di Coppa Intertoto nel 1998 (persa con i connazionali del Lione) ed un’altra semifinale di Coppa di Lega.
Poi solo qualche discreto piazzamento.
Il Montpellier vincerà la Coppa Intertoto nel 2000: ironia della sorte, ciò accadrà nella medesima annata in cui il club occitano retrocederà in seconda divisione.

Ma Franck Sauzee sarà già altrove.
Difatti pochi mesi prima della scadenza del suo contratto il centrocampista, in rotta col tecnico Mezy che mal digerisce la sua ingombrante personalità, si è trasferito In Scozia, nell’Hibernian di Edimburgo che contribuisce a portare in prima divisione.

Il club scozzese, già in testa al campionato, nel calciomercato invernale è alla ricerca di un profilo internazionale che possa dare quel tocco in più necessario a certificare la promozione nella massima serie locale e, soprattutto, ad apportare esperienza e carisma nello spogliatoio in vista del salto di livello.

Il belga Albert ed il bulgaro Kostadinov sono attenzionati per alcune settimane.
Poi Alex McLeish, il tecnico del club, ha una illuminazione: Franck Sauzée.
Carisma, esperienza, notorietà: un vincente, oltretutto.


Il francese, inizialmente riluttante a lasciare nuovamente la propria nazione dopo la non esaltante esperienza atalantina (nei mesi precedenti ha rifiutato proposte da Austria, Svizzera, Grecia, Germania e Brasile), si convince ad accettare la sfida.
E si trasforma in Le God: una divinità calcistica che stravince il campionato e riporta l’Hibernian nella Premier League scozzese, conducendola poi dapprima a metà classifica nel secondo anno in terra nordica e quindi, nella terza stagione, guidando il club ad un memorabile terzo posto in graduatoria, alle spalle di Celtic e Rangers Glasgow.
Inoltre, nel lo stesso anno, i biancoverdi raggiungono anche la finale di Coppa di Scozia, persa nettamente (0-3) contro lo stesso Celtic, già vincitore del campionato.

Franck Sauzée - Hibernian

Franck Sauzée è un idolo indiscusso, nel Regno Unito.
Gioca da libero, con arguzia e mestiere.
Comanda la difesa e domina la scena con grinta e sicurezza.
I tifosi amano il suo spirito combattivo e la sua inattaccabile professionalità.
In un violento scontro con una avversario durante un match gli saltano alcuni denti: lui tampona il sangue con un batuffolo di stoffa e continua a giocare, come se nulla fosse.
I compagni ne ammirano il portamento regale, in campo e fuori, mentre lo staff tecnico apprezza notevolmente la sua duttilità e l’estrema autorevolezza che infonde a tutto l’ambiente.

Sauzée non esita un secondo ad accettare l’offerta di prendere possesso della panchina dell’Hibernian, nel momento in cui McLeish dice sì all’offerta dei rivali Rangers.

Il francese, con un serio problema al tendine d’Achille, appende le scarpe al chiodo ed inizia ad allenare.
Dura meno di tre mesi, prima di essere esonerato.
La leggenda, che ancora oggi in città rievocano come tale, è fuori dai giochi.

In un lasso di tempo veramente ridotto Franck Sauzée chiude col calcio giocato e pure con la professione di tecnico, datosi che si rende conto di non essere adatto a lavorare in una posizione che non gli concede la facoltà di muoversi con le tempistiche a lui necessarie.
Inoltre, diciamocela tutta, una cosa è il campo e ben altra è la panchina.

Sempre di calcio discorriamo, ovvio.
Ma sono due mondi completamente differenti.


Franck si dedica al commento televisivo e radiofonico, nel quale eccelle.
Ha competenza, arguzia, verve.
Lavora per le più importanti emittenti francesi e collabora anche con diverse testate giornalistiche.

Continua a coltivare le sue passioni e trascorre il tempo libero insieme alla sua adorata famiglia.
Segue le sue ex squadre, in primis quel Marsiglia che ha condotto in cima all’Europa e che tifa sin da quando era bambino.

A Bergamo lo ricordano come una sorta di bidone.
Il Mendieta atalantino, per farla breve.
Uno arrivato da padrone del continente e ripartito da pippa conclamata.
Niente di più falso, chiaramente.
Prescindendo dalle attenuanti del club (crisi tecnica, problemi societari, confusione dilagante) e personali (ambientamento non eccelso, stato fisico debilitato, complessità tattiche), l’annata lombarda ha rappresentato un’eccezione, nella eccelsa carriera sportiva del giocatore.

Di certo il campionato italiano, soprattutto all’epoca, è un torneo maledettamente difficile da approcciare.
Franck non ha brillato, è indubbio.
Anzi: ha deluso.
Le aspettative erano importanti ed un Campione d’Europa in carica doveva fare meglio.
Molto meglio.

Stagione balorda, la sua e quella del club.

Però non scherziamo.
Sauzée è stato un signor centrocampista.
Ogni volta che l’ho visto giocare “m’ha fatt cunsulà“, per usare una terminologia tanto cara al mio papà-nonno.

Forte vero, altroché.
Un numero 8 che sapeva il fatto suo.
Eccome, se lo sapeva.

Franck Sauzee: Le God.

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