- Il Leone di Rekem
Eric Gerets
Ancora Belgio.
Beh, è un paese che ha tirato fuori parecchi talenti calcistici, nel corso degli anni.
Uno di essi è stato di certo Eric Gerets, ottimo difensore ed inamovibile colonna della propria nazionale per un lungo lasso di tempo ove i Diavoli Rossi hanno ottenuto alcuni tra i migliori risultati della loro storia nello sport più bello del mondo.
Di recente sono riusciti a ricostruire un gruppo forte ed importante, ma la vicenda in questione risale ad epoche più distanti.
Eric Maria Gerets nasce nel 1954 a Rekem, piccola comunità oggi integrata nella municipalità di Leneken, una cittadina posta al confine con i Paesi Bassi, nella regione delle Fiandre e nella provincia del Limburgo.
Qui frequenta le scuole dell’obbligo ed inizia prestissimo a fare sport, con una naturale inclinazione per il calcio.
In zona è l’AA Rekem a reclutare i migliori prospetti ed Eric appare subito come un ragazzino che potrebbe regalare belle soddisfazioni: gioca di punta, prevalentemente da centravanti, è ben piazzato fisicamente, ha un buon tocco di palla e odia perdere, anche nei contrasti.
Insomma: è presto, ma le basi sembrano interessanti.
Nel piccolo club resta per sette anni: ne ha nove, d’età, quando varca il cancello del campetto a pochi passa da casa sua.
Ne ha invece quasi diciassette quando firma il suo primo cartellino da professionista.
E lo fa per una società di nome: difatti viene ingaggiato dallo Standard Liegi, una delle migliori compagini del calcio belga, che da un triennio domina incontrastata nel torneo nazionale.
Lo Standard ha seguito lungamente il ragazzo ed ha avuto modo di notarne i progressi, durante la crescita.
Il fisico si è irrobustito, la tecnica è migliorata, il carattere si è forgiato.
Eric Gerets è ancora giovanissimo, eppure gioca come un veterano.
Non risente del passaggio in un club di rango e, dopo pochi mesi di ambientamento, inizia già ad allenarsi con i grandi, mentre viene regolarmente utilizzato della compagine giovanile dei Rouches (rossi) di Liegi.
In questo frangente accade però qualcosa che cambierà per sempre i destini del giocatore di Rekem.
Infatti lo Standard in quegli anni è guidato dal tecnico francese René Hauss, che ha ottenuto risultati notevoli riportando la squadra in vetta al calcio belga e riuscendo a raggiungere in un paio di occasioni i quarti della Coppa dei Campioni.
Nel 1973 Hauss riceve una proposta dai connazionali del Sochaux, che gli offrono un ruolo di general manager, affidandogli in toto le redini del progetto sportivo.
Lui accetta e torna in patria.
Lo Standard sceglie al suo posto lo jugoslavo Marković, che si ferma a Liegi soltanto per una stagione.
Quanto basta per convincersi a cambiare ruolo al giovane Gerets, spostato in difesa e fatto esordire a soli diciassette anni nella prima serie belga.
Nell’annata successiva le presenze salgono a 7.
Da lì in avanti Gerets conquista la maglia di titolare a scapito della vecchia gloria locale Beurlet, da oltre quindici anni padrone della fascia destra, che disputa la sua ultima stagione a Liegi come riserva di Eric e poi va a concludere la carriera nel Saint-Gilloise.
Per una decina d’anni occupa la medesima posizione del suo predecessore, sul manto verde.
Perde la doppia finale della Coppa di Lega Belga, nel 1973, contro l’Anderlecht.
Si rifà dodici mesi più tardi, sempre contro gli acerrimi rivali e nella medesima competizione, conquistando il suo primo trofeo insieme a compagni forti quali l’iconico portiere Piot, il roccioso difensore Renquin, il talentuoso centrocampista islandese Sigurvinsson, il bomber jugoslavo Bukal.
Il suo team disputa poi diverse stagioni altalenanti, con rendimento discreto ma senza riuscire ad imporsi, fin quando -agli inizi degli anni 80- non giunge sulla panchina dei rossi il santone Ernst Happel, che guida i suoi ragazzi alla vittoria della Coppa del Belgio, nel 1981.
In campo di sono ancora sia Renquin che Sigurvinnson, oltre allo stesso Gerets.
In porta il bravo Preud’Homme ha preso il posto della leggenda Piot, mentre davanti c’è Voordeckers a cercare di trasformare in gol le giocate dei suoi compagni.
Di fronte il Lokeren, che in attacco schiera il potente danese Elkjær, futuro campione d’Italia a Verona, ed il rapidissimo polacco Lato.
Match senza storia: 4-0 per i rossi di Liegi e tutti a casa.
Al termine dei festeggiamenti Happel avvisa i dirigenti che firmerà per l’Amburgo.
Sulla panchina dello Standard arriva un altro santone, quel Raymond Goethals che ha guidato per anni la nazionale belga ed è appena reduce dall’avventura al São Paulo, in Brasile, dove ha sfiorato la vittoria del campionato.
Con Goethals in panca lo Standard vince due campionati consecutivi, nel 1982 e nel 1983, entrambi sopravanzando i soliti rivali dell’Anderlecht.
Per il calcio belga sono anni importanti.
Les Diables Rouges della Nazionale hanno iniziato a mettersi in mostra sulla scena internazionale, vincendo la medaglia d’argento ai Campionati Europei del 1980, in Italia, con l’unica sconfitta nel torneo patita in finale, contro la Germania Ovest.
Eric Gerets già da un quinquennio è nel giro dei convocati -dopo essere passato celermente per la Under 21- ed è ormai un titolare fisso del gruppo allenato dal mitico Guy Thys, che oltre ai succitati Gerets, Renquin e Preud’Homme può disporre di parecchi calciatori di talento come il possente jolly offensivo Ceulemans, il genialoide portiere Pfaff, lo sgusciante attaccante Vandenbergh.
Una compagine solida e compatta, che inizia alla grande anche i Mondiali Spagnoli del 1982, sconfiggendo l’Argentina di Maradona all’esordio e vincendo il proprio girone.
Nel secondo turno il rendimento dei fiamminghi cala vorticosamente e le sconfitte con Polonia ed Unione Sovietica rimandano i ragazzi di Thys a casa.
Gerets è ovviamente titolare, ma si infortuna nell’ultima gara del girone iniziale e, sarà un caso, è assente nelle due gare decisive per l’eliminazione del Belgio.
Il terzino dello Standard è ormai uno dei migliori interpreti nel suo ruolo, a livello europeo.
Come detto ha vinto due scudetti (1982 e 1983), una Coppa di Lega (1975), una Coppa del Belgio (1981) ed ha messo in bacheca anche due Supercoppe Belghe (1981 e 1983).
Nel 1982 arriva fino in finale in Coppa delle Coppe, con il Barcellona di Simonsen e Lattek che porta a casa il trofeo.
Leader e capitano della sua Nazionale e dello Standard, ha appena vinto in patria il premio di miglior calciatore dell’anno e si sente ormai pronto per una nuova sfida.
Viene sondato da alcune società tedesche e francesi e riflette sul trasferimento, fin quando arriva una proposta dall’Italia che gli accende una lampadina: un bel triennale da circa duecento milioni di lire annui -più i premi- ed un appartamento a sua disposizione.
Dove?
A Milano.
Sì, perché a cercarlo è il Milan, appena ritornato in massima serie, che offre allo Standard poco meno di un miliardo per accaparrarsi le prestazioni del terzino.
Eric ha voglia di sole (rispetto al Belgio, quantomeno), di buon cibo e di sfide di livello, quindi firma il contratto con entusiasmo.
Si trasferisce in Italia e svolge una accurata preparazione, propedeutica ad una stagione in cui vuole dimostrare di essere all’altezza delle aspettative.
Atleta serio e di grande professionalità, si mette subito a studiare la lingua tricolore per inserirsi nel migliore dei modi.
Inizia con una sconfitta, ma si riprende subito.
Gioca le prime gare ed è costretto a fermarsi, per un infortunio.
Rientra dopo oltre due mesi e riprende velocemente il ritmo, ma dopo alcune settimane deve nuovamente tornare ai box.
Questa volta il problema non è di ordine fisico, però.
Perché proprio in quelle settimane in Belgio deflagra uno scandalo calcistico di notevoli dimensioni.
L’accusa fa riferimento ad un episodio accaduto un paio di anni prima, al termine del torneo 1981/82, ultima giornata, con la gara Standard Liegi-Waterschei che si sospetta essere stata truccata.
Goethals, tecnico dello Standard, si era convinto che vi fosse un piano per non consentirgli di vincere con i rossi di Liegi, dopo i trionfi ottenuti in Europa con l’Anderlecht che, guarda caso, contendeva ai suoi il titolo.
Per cui iniziò a sondare il terreno con i propri giocatori, peraltro in discreti rapporti con alcuni calciatori della compagine avversaria, ed offrì una cifra invero modesta per calmarne gli ardori.
Il Waterschei era salvo e allo Standard sarebbe bastato un punto per vincere il campionato.
La gara finì 3-1 e lo scandalo esplose parecchio dopo, generando svariate condanne ma non modificando i risultati del campo.
Gerets, sottoposto ad interrogatori molto opprimenti, confessò di aver partecipato alla combine spiegando che non era sua intenzione alterare il risultato del campo, ma piuttosto era desideroso di proteggere la sua squadra, sottoposta alle sfiancanti pressioni del proprio tecnico e convinta di essere esposta ad un probabile sopruso.
Offrì l’equivalente di quindici milioni di lire ad un avversario, suo amico, al quale chiese di intercedere per non giocare duro datosi che pochi giorni dopo lo Standard avrebbe disputato la finale di Coppa delle Coppe contro il Barcellona e, nel contempo, di non impegnarsi eccessivamente, in modo da favorire il trionfo in campionato dei rossi di Liegi.
Una serie di debolezze e controsensi che costano al difensore tre anni di squalifica in territorio belga -poi ridotti a due, in appello-, il licenziamento immediato da parte del Milan e l’allontanamento a tempo indeterminato dalla Nazionale.
Una mazzata tremenda, ancor di più per uno sportivo di trent’anni e per colui che, sino a quel momento, era stato indicato come un’icona di affidabilità e rettitudine.
Bannato dal luogo natio, Eric Gerets trova rifugio nella vicina Maastricht -Paesi Bassi- e si accasa nel MVV, il club locale appena promosso in massima serie.
Qui mantiene la forma e contribuisce alla salvezza del suo team, seppur con pochissime presenze.
A fine anno si trasferisce nel PSV di Eindhoven, entrando a far parte dell’élite del calcio olandese.
Trentuno anni e la vitalità di un ragazzino.
Gerets apre un nuovo capitolo della sua carriera e nessuno, neanche il più ottimista degli ottimisti, potrebbe immaginare che sarà il migliore.
In Olanda gioca per ben sette stagioni, col PSV che centra un ciclo di vittorie straordinarie.
Ben 6 campionati olandesi in bacheca (1986, 1987, 1988, 1989, 1991, 1992), 3 Coppe d’Olanda (1988, 1989, 1990) e, soprattutto, una Coppa dei Campioni, col trionfo contro il Benfica in finale a Stoccarda (1988).
Annate indimenticabili per Gerets, che ha come compagni dei conclamati fuoriclasse quali Romario, Gullit ed Arnesen e che poi, sotto la sapiente guida del bravo Guus Hiddink ed insieme a tanti altri ottimi calciatori (Ronald Koeman, Lerby, Vanenburg, Van Aerle, Van Breukelen, Kieft), si issa addirittura sul tetto d’Europa.
Si reimpossessa pure della maglia della Nazionale partecipando ai Mondiali del 1986 in Messico, allorquando Les Diables Rouges raggiungono le semifinali, fermati soltanto dall’infinito talento di Maradona.
E disputa il suo terzo mondiale, nel 1990 in Italia, col Belgio che sotto la abituale mano sapiente di Thys parte bene ma esce, con una buona dose di sfortuna, agli ottavi di finale contro l’Inghilterra.
Oltre cinquecento gare disputate tra la prima serie belga e quella olandese.
Ben 86 presenze con la maglia del Belgio, tante da capitano e da leader, come accaduto pure nei club ove ha militato.
Uno dei migliori terzini di fascia destra della sua generazione e non soltanto.
Un totem che impressiona per continuità di rendimento, tecnica, grinta, spinta offensiva e, parallelamente, per solidità difensiva.
Concentrazione feroce e grande intelligenza tattica, con una spiccata propensione alla leadership.
Nello spogliatoio della Nazionale, ad esempio, è il primo a ridere e scherzare, ma non tollera atteggiamenti poco professionali.
Il suo mitico barbone lo rende un’icona di stile e lo caratterizza in maniera indimenticabile.
Al Milan è stato fondamentalmente sfortunato.
Allo Standard ha commesso una ingenuità colossale, sebbene sotto la spinta emotiva del suo allenatore: una leggerezza comunque inaccettabile per uno come lui che ha una visione sacra di uno spogliatoio di calcio.
Al PSV si è rifatto con gli interessi, esibendo una notevole vigoria fisica che gli ha permesso di essere un top sino alla soglia dei quarant’anni di età.
In Nazionale ha partecipato a tre campionati del mondo e ad un europeo, entrando di diritto nella storia del suo paese con risultati assolutamente degni di nota ed apprezzamento.
Un Campione a tutto tondo, che ha vinto moltissimo con le sue squadre e che ha collezionato pure parecchi premi personali, a conferma della sua bravura.
Inoltre segna diverse reti e, come ricorderanno i “patologici“, batte le rimesse laterali a lunga gittata, come se fossero calci d’angolo.
Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo intraprende subito la carriera di allenatore e se la cava benissimo anche in questo caso.
Parte dal modesto RFC Liegi, con due tranquille salvezze.
Passa successivamente al Lierse, dove riesce sorprendentemente a vincere il campionato.
La terza tappa è a Bruges, con un altro scudetto belga messo in bacheca.
Il ritorno al PSV, da allenatore, porta due campionati vinti e due supercoppe da aggiungere alla collezione, in un triennio.
Un biennio al Kaiserlautern ed un anno a Wolfsburg, in Germania, prima del volo in Turchia, per andare a vincere un altro campionato con il Galatasaray.
La chiamata del Marsiglia gli consente di far bella figura anche in Francia, riportando l’OM nelle posizioni che contano e venendo acclamato come un idolo dai tifosi bianco-blu.
Avventura esotica in Arabia Saudita, con l’ennesimo trionfo allenando l’Al-Hilal, prima dell’ingaggio come C.T. del Marocco.
In Africa le cose non vanno come sperato e Gerets fa le valigie in direzione Qatar, all’Al-Duhai ove, manco a dirlo, vince il campionato locale.
Il club dell’Al Jazira, negli Emirati Arabi Uniti, è il suo ultimo team allenato.
Dopo aver subito una emorragia celebrale (per fortuna senza conseguenze) quando era in Qatar, Eric Gerets ha scelto di fermarsi definitivamente poco dopo, datosi che il suo sogno di allenare la Nazionale Belga non è più plausibile, viste le circostanze.
Collabora saltuariamente con il figlio, ex giocatore nelle categorie minori del Belgio ed attualmente fisioterapista e preparatore atletico.
Torna alla ribalta di recente in quanto convola a nozze con la ex compagna di Bodart, suo compagno in Nazionale ai tempi d’oro, il quale non gradisce affatto il cambio di direzione della signora.
Minacce, rancori, dispiaceri.
Infine, in qualche modo, tutto si ricompone.
D’altronde, se c’è da combattere, Eric Gerets non si tira certamente indietro.
Tutt’altro.
Non a caso parliamo del Leone di Rekem, eh.
Convocato insieme a Jorginho (e forse Tassotti) per ambire ad essere padrone della fascia destra difensiva, nel mio ideale Resto del Mondo.
Una autentica roccia che quando infuria la battaglia è lì, pronta a capitanare la ciurma.
Sempre.