- Il piccolo gigante
Eligio Nicolini
Anni ottanta e novanta, quando nella Penisola albergava il Top del Top del Calcio mondiale.
Bei tempi, altroché.
E tra i tanti campioni, italiani e stranieri, vi erano pure molti calciatori di grande qualità che però, a causa della fortissima concorrenza, passavano quasi sottotraccia rispetto, tanto per capirci, ad alcune pippe sopravvalutate del calcio moderno.
Tipo il protagonista del nostro racconto odierno, ovvero Eligio Nicolini.
Uno che oggi giocherebbe in squadre dalla quinta/sesta posizione di classifica a salire, ecco.
Omegna, inizi del 1961.
Fa un freddo boia, nel territorio del Cusio e nell’Alto Piemonte.
In questo gelido frangente viene al mondo il piccolo Eligio.
Che piccolino, ad onor del vero, resta anche crescendo.
Infatti è di statura “formato mignon” e non pare destinato ad allungarsi più di tanto.
Sveglio e ben educato, Eligio si diverte sia a scuola che a giocare con i compagni, col pallone che la fa da protagonista assoluto.
Perché il ragazzino mostra un tocco della sfera a dir poco sopraffino, in relazione alla sua età.
Inoltre il fisico minuto gli consente di sgattaiolare via in dribbling a tutti i suoi avversari, il che lo pone al centro delle attenzioni di alcuni scout che, a soli tredici anni, lo portano nel settore giovanile dell’Omegna, allora militante in serie D.
Eligio Nicolini ci mette poco a conquistare l’interesse dei tecnici locali, che subito segnalano il centrocampista – questo è il suo ruolo- ai responsabili della prima squadra, in quegli anni impegnata a tentare lo sbarco in serie C.
L’Omegna sfiora ripetutamente l’obiettivo, riuscendo finalmente a conseguirlo nella stagione 1976-77.
La società piemontese non regge l’impatto con la terza serie, però, e retrocede nella neonata C2, evitando quindi -abbastanza fortunosamente, invero- il ritorno negli inferi della D.
Verdetto rimandato soltanto di qualche mese, comunque: perché pure in C2 l’Omegna non ha vita facile e chiude al penultimo posto della graduatoria, perdendo la categoria.
L’esperto attaccante Enzo ed il giovane centrocampista Piraccini sono, unitamente ad Eligio Nicolini, le figure più interessanti presenti nella rosa del club rossonero.
L’Omegna, smaltita l’ovvia delusione per la doppia retrocessione, appronta una squadra discreta per la pronta risalita e la centra, con merito.
Nicolini, con nove segnature, è il bomber dei suoi, oltre che l’uomo chiave per la promozione della squadra.
Eligio, appena diciottenne, si muove come un veterano nel ruolo di mezzala, svariando sulla trequarti offensiva del team.
Ha talento e visione di gioco.
Pure perché all’epoca mingherlino come è, o sei forte oppure vai a casa.
Lui rientra nella prima categoria ed in estate firma col Lanerossi Vicenza, in serie B.
Un salto notevole, quello tra i professionisti.
Meritato, in quanto il ragazzo ha doti tecniche e caratteriali che possono lanciarlo nel calcio che conta.
Il Vicenza lo fa esordire in cadetteria e poi, per favorirne l’impiego costante e la crescita, lo presta subito in terza serie, alla Ternana.
Gli umbri, appena retrocessi proprio dalla B, disputano una stagione transitoria.
Eligio Nicolini mette esperienza nel motore e gioca quasi sempre titolare, realizzando una rete.
A fine annata ritorna al Vicenza, nel frattempo precipitato anch’ esso in C1.
I veneti allestiscono una compagine di tutto rispetto.
I portieri Bianchi e Di Fusco, i difensori Renica e Marangon, i centrocampisti Donà, Dal Prà, Del Neri e Perrone, gli attaccanti Briaschi e Grop.
Gente di valore.
In alcuni casi di ottimo valore, eh,
Difatti vincono la Coppa Italia di C e sfiorano la promozione in B.
Nonostante l’ingaggio di elementi quali Bigon e Scaini, il salto non riesce neanche dodici mesi dopo.
E nemmeno nella seguente stagione, che pur vede l’esplosione di un signore chiamato Roberto Baggio e la presenza in rosa di calciatori che rispondono ai nomi di Rondon, Filippi, Petrovic ed altri ancora.
L’allenatore è Giorgi, che ha sostituito Cadè e Mazzia sulla panchina veneta.
Il mister è uno tosto e ci riprova, cogliendo il bersaglio dopo aver battuto per 3-1 il Piacenza di Serioli e Madonna nello spareggio per la promozione in B, disputato sul campo neutro di Firenze.
Baggio viene venduto alla Fiorentina ed il Vicenza arriva in cadetteria sull’onda della polemica, a causa dell’inchiesta che viene definita Totonero-bis e che coinvolge a pieno titolo anche i veneti.
La squadra si compatta e riesce addirittura ad ottenere la promozione in serie A, annullata poi dalle sentenze del processo di cui sopra.
Eligio Nicolini, miglior marcatore dei suoi, è oramai una certezza.
Era già pronto a festeggiare la conquista della massima serie, ma è consapevole che la cosa è soltanto rimandata.
Il centrocampista di Omegna resta a Vicenza per una ulteriore annata, che coincide con la retrocessione in C dei suoi.
Stagione balorda, con l’allenatore Burgnich che non riesce a trovare la quadra e con il suo sostituto, Magni, che fallisce il disperato tentativo di salvare la nave da un drammatico affondamento.
Eligio Nicolini si ritrova dal sogno della A all’incubo della C.
Viene comunque sommerso di richieste da società di B e qualche timido interessamento per lui giunge anche dalla serie maggiore.
Quasi duecento le gare con la casacca biancorossa, per l’omegnese.
Ma il tempo di lasciare il Lane è giunto.
Nei giorni in cui l’Italia si preparava a festeggiare il tredicesimo compleanno dello scrivente (27 giugno 1987) ricordo che il Corriere dello Sport, ai tempi il mio pane quotidiano, riportava la notizia della cessione dei vicentini Fortunato e Nicolini all’Atalanta.
A Bergamo il buon Nicolini va a sostituire Magrin, ceduto alla Juventus.
La compagine allenata da Mondonico (ingaggiato al posto di Sonetti), reduce dalla retrocessione dalla serie A, ha voglia di rivalsa.
Inoltre gioca in Coppa delle Coppe, avendo raggiunto pochi mesi prima la finale di Coppa Italia, vinta dal Napoli di Maradona e Giordano che, essendosi aggiudicato anche lo Scudetto e dovendo competere in Coppa dei Campioni, concede (di diritto) ai lombardi la disputa della seconda coppa europea per importanza.
Una platea oltremodo prestigiosa, nella quale l’Atalanta se la cava egregiamente giungendo sino alle semifinali, eliminata dai forti belgi del Malines di Preud’homme e Clijsters, che andranno poi ad alzare il trofeo in finale dinanzi agli olandesi dell’Ajax di Wouters e Winter.
Eligio Nicolini, unitamente ai compagni, fa un figurone nella competizione, giocando un gran calcio e segnando diversi gol.
Idem in campionato, con l’Atalanta che si assicura l’ultimo posto utile -il quarto- per la promozione in serie A.
Il portiere Piotti, i difensori Progna, Gentile, Barcella, Salvadori e Rossi, i centrocampisti Stromberg, Fortunato, Bonacina, Icardi e Ivano Bonetti, gli attaccanti Garlini e Cantarutti: gli orobici dispongono di gente coriacea e di qualità.
E poi lui, Eligio, che è la seconda bocca di fuoco della squadra dopo il bomber Garlini e pure nel torneo di B gioca un gran calcio, dando un fondamentale contributo al risultato del team.
Nel calciomercato estivo arrivano per il piemontese alcune timide richieste, ma gli orobici fanno orecchie da mercante e rinforzano la rosa con giocatori solidi come Prytz, Evair, Madonna, Ferron, Pasciullo e Contratto, riuscendo a centrare il sesto posto finale, utile per la qualificazione nella successiva Coppa UEFA.
Eligio Nicolini è il calciatore più presente del roster e con i suoi sei gol dimostra anche nella massima serie di essere all’altezza del contesto.
In estate ad Eligio si interessano Sampdoria, Roma e Fiorentina, ma l’Atalanta non ha la minima intenzione di privarsi del suo piccolo guerriero.
I bergamaschi acquistano l’estroso argentino Caniggia e prendono altri elementi di contorno, riuscendo a qualificarsi nuovamente per l’UEFA, sebbene nell’edizione appena trascorsa siano stati eliminati al primo turno.
Nicolini ha qualche problemino fisico e gioca meno del solito, riuscendo comunque ad incidere.
Nel ritiro estivo della stagione 1990-91 trova Frosio al comando del vapore in quanto Mondonico, dopo un triennio di grandi soddisfazioni, ha deciso di accettare la corte del Torino del presidente Borsano.
Nicolini non trova con il succitato Frosio il medesimo feeling che aveva instaurato con Mondonico e l’Atalanta stenta alquanto.
Nel girone di ritorno i lombardi si affidano a Bruno Giorgi, che Eligio ben conosce per averlo avuto al Vicenza, e nel finale la compagine bergamasca recupera qualche posizione, sebbene non sia sufficiente a qualificarsi per le coppe europee.
Idem dodici mesi più tardi, in chiusura di un campionato non eccelso disputato dai nerazzurri e da Nicolini che, incredibilmente, non va mai in gol.
Il brasiliano Bianchezi, che ha sostituito il connazionale Evair, e l’argentino Caniggia si occupano di mettere in difficoltà le difese avversarie, mentre Carlo Perrone ed Eligio Nicolini hanno il compito di assisterli.
Bordin e Minaudo corrono per tutti, mentre Stromberg, all’ultimo anno di calcio giocato, prova a dare una mano con il suo tocco di esperienza.
Porrini, Bigliardi e Pasciullo compongono invece la diga difensiva dinanzi a Ferron.
Squadra operaia, che non sfigura ma che non ripete le annate d’oro che furono.
Nel periodo estivo gli orobici ingaggiano l’emergente tecnico Lippi, destinato a scrivere pagine indelebili nella Storia del Calcio, e portano a Bergamo anche il forte brasiliano Alemao, ex Napoli, oltre ad una lunga serie di giovani promettenti.
Eligio Nicolini finisce quindi sul mercato, cercato da alcune compagini di B e da un paio di A.
La migliore proposta, sia dal punto di vista economico che da quello logistico, arriva dalla vicina Cremona.
Infatti la Cremonese, da poco in mano al bravo allenatore Simoni, uno specialista delle promozioni dalla serie cadetta, vuole affidare al calciatore di Omegna le chiavi del proprio centrocampo.
Ed il furetto piemontese accetta la sfida.
Simoni costruisce una Cremonese operaia, che lavora proficuamente per attivare il tridente Tentoni-Dezotti-Florjančič.
Eligio se la comanda in mezzo al campo (5 reti, a corredo) ed i grigiorossi chiudono al secondo posto in classifica, conquistando un posto nella successiva serie A.
Come se non bastasse, gli uomini del presidente Luzzara vincono anche la Coppa Anglo-Italiana, battendo in finale il Derby County, per 3-1.
Nell’ultimo atto in quel di Londra, nel mitico Wembley Stadium, la Cremonese risponde presente: Nicolini si fa parare un rigore, ma ci pensano Verdelli, Maspero e Tentoni a mettere la firma sul prestigioso trofeo che entra in bacheca proprio nei giorni in cui i tigrotti grigiorossi festeggiano i novanta anni dalla nascita della società.
Con pochi e mirati rinforzi la Cremonese fa il suo pure in A, salvandosi con una certa tranquillità.
E si ripete nella stagione successiva, seppur con qualche patema in più.
Eligio Nicolini è titolare nella prima annata, mentre salta qualche gara in quella seguente, dando comunque un bel contributo di esperienza e grinta per l’ottenimento del risultato finale.
Poi, a 34 anni suonati, lascia la serie A.
E la lascia da calciatore vero, quale è.
Centrocampista completo, in grado di muoversi in tutti i ruoli della metà campo.
Mezzala di mestiere, trequartista su richiesta.
Garantisce molteplici varianti tattiche ai suoi allenatori, potendo agire sia dietro le punte che, nel caso, come attaccante aggiunto in un modulo che prevede soltanto una boa centrale.
Regista avanzato, si disimpegna alla grande pure sulla fascia e, più raramente, da organizzatore di gioco qualche metro più dietro.
Grande tecnica, piede (destro) raffinato, visione di gioco pulita e lineare, con ottima capacità di inserimento e notevole intuito per la rete, che spesso trova calciando dal limite, radente e preciso.
Fisicamente è minuto, ma ha muscoli d’acciaio e polmoni capienti e trasforma la sua piccolezza in un’arma devastante per gli avversari, che ne soffrono maledettamente sia la rapidità intrinseca che il movimento continuo quanto imprevedibile.
Calcia bene rigori e punizioni ed è un valido assist-man, sempre pronto a mettersi al servizio dei compagni, anche nei ripiegamenti in fase difensiva.
Generoso e responsabile, fa gruppo ed è presente a se stesso, durante ogni singola gara.
Nel suo periodo migliore avrebbe meritato una chance in un club di vertice, senza se e senza ma.
Poco sponsorizzato, probabilmente per una questione di immagine, lascia il segno nel Vicenza, nell’Atalanta e nella Cremonese, dimostrando nelle due compagini lombarde di essere assolutamente all’altezza di una serie A che in quegli anni è letteralmente uno show a cielo aperto.
Ogni tanto si assenta, è vero: ma se non lo facesse avrebbe una bacheca da record e giocherebbe nel Real Madrid con un altro nome.
Della serie: grazie al *****, insomma.
Dopo aver abbandonato momentaneamente la Lombardia, per Eligio Nicolini si aprono le porte del Sud.
Prima volta per lui nel Meridione d’Italia, con la casacca della Reggina.
La Cremonese lo cede a titolo definitivo e spedisce a Reggio Calabria anche il difensore di scuola interista Di Sauro, in prestito.
Gli amaranto, neopromossi in B, stentano all’inizio: poi iniziano a carburare e chiudono in crescendo, evitando la retrocessione in C.
Nicolini salta proprio la parte conclusiva della stagione, quella decisiva, a causa di un infortunio.
Da uomo intelligente si rende conto che il meglio è oramai alle spalle ed in estate torna al Nord, firmando per il Cremapergo, in C2.
Se la cava bene, quindi a trentasei anni si accorda con l’Omegna, ritornando all’ovile.
Un biennio in Eccellenza, con l’idea di ritirarsi poco dopo.
Il fisico ancora regge, però: e l’offerta della Grumellese non è male.
Per un triennio si diverte saltuariamente correndo appresso a ragazzini che potrebbero quasi essergli figli, prima di appendere le scarpe al chiodo e salutare la compagnia, a quarantuno anni suonati.
Professionista esemplare, notevole giocatore di carte (epiche le sue partite con Mondonico) e grande appassionato di cinema, di Eligio Nicolini conservo anche un ricordo personale, perché nel 1989 lo vidi giocare dal vivo a Bergamo, contro il Napoli.
Match che terminò sul risultato di 1-1: vantaggio dei partenopei di Maradona, con un incredibile stacco di testa, e pareggio degli orobici proprio con Nicolini, su calcio di rigore.
Per motivi di studio mi trovavo lì e mi godetti lo spettacolo, col Dio argentino che vale sempre il prezzo del biglietto e pure qualcosa in più.
Ancora oggi, che non è qui tra noi.
Ave, Diego.
Salutando la divinità e tornando al bassetto umano, quello di nome Eligio.
Il nano, come per l’appunto lo chiamano simpaticamente gli amici, ha collezionato più di centocinquanta gare in serie A, altrettante in B e circa duecento in C, oltre che parecchie altre in D ed in Eccellenza.
Ha lasciato il segno in tutte le categorie del calcio italiano, insomma.
E pure quando affrontava la mia Lazio, beh, era perennemente tra i migliori i sul manto verde.
Ispiratissimo, porca vacca.
Una sentenza.
Dopo il ritiro diventa allenatore, specializzandosi nella formazione dei giovani e lavorando soprattutto nella sua amata vallata bergamasca.
Per una stagione guida pure la compagine locale di calcio femminile, nella seconda serie nazionale.
Continua inoltre a seguire con grande affetto le squadre in cui ha giocato, in particolar modo l’Atalanta.
Personaggio simpatico e genuino, ottimo interprete di centrocampo di un calcio che, ai tempi, era il più bello del mondo.
E, ribadisco, con un pizzico di fortuna in più avrebbe potuto qualche trofeo importante in salotto.
Assolutamente.
Eligio Nicolini: il piccolo gigante.
V74
Articolo sontuoso
Troppo gentile.
Grazie, amico mio!
🤗🤗