Edi Bivi - Cremonese
  • Il cannoniere di provincia

Edi Bivi

La serie B degli anni ottanta è famiglia, per me.
Insieme a tanto altro, con i soliti Mondiali del 1986 in Messico al comando della flotta.

Ma quelle atmosfere armigere e dinamiche che trasmetteva il calcio della B dell’epoca in quei mitici campi di provincia costruiti appositamente per scrivere indelebili pagine di storia, beh, mi piacevano tantissimo.
Il pubblico era spesso l’arma in più, ma anche i giocatori davano il fritto.

Certo, non si giocava ogni venti minuti come oggi ed il Totonero aveva meno potere decisionale rispetto alle scommesse odierne.
Indi, i numeri erano meno impressionanti ma, a parer mio, maggiormente indicativi della qualità dei goleador.
Alcuni di essi, poi, erano autentici “specialisti” della categoria: Bivi, Cantarutti, Traini, D’Ottavio, Rebonato, Frutti, Tivelli, De Rosa, Pradella, Cinello, Piras, Fiorini, De Falco, De Vitis, Marulla, Garlini ed altri ancora, in ordine sparso.

Chi più, chi meno.
Ma tutta gente che con la rete aveva un feeling speciale.


Qualcuno, al fato piacendo, proveremo a raccontarlo.
Uno di loro, invece, lo raccontiamo subito: Edi Bivi.

Cotto e magnato: Edi Bivi.
Tiro e gol.
L’onomatopea mi intriga, nel calcio come nella vita.

Bivi, però, non è stato soltanto un super cannoniere della B.
Da giovanissimo ha rischiato di diventare Campione del Mondo.


Lignano Sabbiadoro, in Friuli-Venezia Giulia.
Una regione che merita molteplici soggiorni, per davvero, sia dal punto di vista prettamente turistico e sia da quello enogastronomico.
Alto Adriatico, con il Veneto ad un passo ed il mare a dominare una scena regionale che, solitamente, vede prevalere tutt’altra tipologia di paesaggio.
Una godibile anomalia, insomma.

Edi viene alla luce proprio qui, agli inizi del 1960, in una famiglia tranquilla che lo educa con grande attenzione e lo cresce con affetto smisurato.
Da bambino è vispo ma con un carattere mite, che però si trasforma in irrequieto allorquando vi è un pallone di mezze tra sé ed i compagni di giochi.
Non ci sta a perdere, Edi.
Nemmeno nel cortile di casa.
Gli piace segnare e gli piace talmente tanto che ben presto iniziano ad arrivare segnalazioni sul suo talento.

Ancora infante inizia ad apprendere il “mestiere” nella Polisportiva Lignanese, sotto casa, prima di essere adocchiato da un osservatore della Fiorentina che recluta il friulano per il florido settore giovanile dei viola.
In Toscana resta dai quattordici ai diciotto anni, quelli della formazione.
Con la Primavera vola a Barcellona per un torneo ed osserva da vicino il suo idolo, Johan Cruijff: una folgorazione, per Edi.
Poi la Fiorentina decide di disfarsene, puntando su altri prospetti.


Bivi si avvicina a casa e firma un contratto con l’US Mestrina.
La società veneta è appena stata promossa dalla serie D e si appresta a disputare il primo campionato di C2, per la recente riforma della terza serie italiana e l’inserimento del quarto livello.
Edi realizza sei gol e fa coppia con Luciano Speggiorin, ex giocatore del Vicenza e fratello del più celebre Walter.
La squadra è un buon mix di esperienza e gioventù ed il settimo posto nella graduatoria finale ne conferma il valore.
A fine stagione la società prova a migliorare ulteriormente il roster ed ingaggia altri elementi di valore: l’esperta punta Fava, ex laziale, prelevato dal Treviso.
Il portiere e decano della categoria Piccoli, in A col Verona, proveniente dalla Reggiana.
Il giovane e promettente centrocampista Orati, in arrivo dal Varese.
Il bi-scudettato (Fiorentina e Cagliari) difensore Mancin, dal Pescara.
L’altro giovane difensore Da Re, dal Campobasso.
Bivi mette a segno undici reti e l’Unione Sportiva Mestrina chiude al quinto posto, disputando una gran bella stagione.
Il cambio di denominazione in Associazione Calcio Mestre porta il quarto posto, con Edi che aumenta di una unità lo score della precedente annata, portandolo a 12 marcature.
il Mestre migliora di anno in anno, come il buon vino della zona, e punta ormai chiaramente al salto di categoria.
Lo centra dodici mesi dopo e senza il suo bomber, perché Edi Bivi è stato ceduto al Catanzaro -serie A- nell’estate del 1981.
Un triplo salto per il giovane che, in quegli anni, non è prassi.
Infatti le società preferiscono investire su elementi esperti o su giovani che provengono dalla categoria inferiore, al massimo.
Raro, molto raro, trovarsi dinanzi ad un calciatore che dalla C2 passa direttamente in serie A.


Edi Bivi è nel massimo campionato perché ha fatto intravedere doti importanti ed ha sfruttato la fortunata circostanza di essere uno dei pochi obiettivi abbordabili per un Catanzaro appena orfano dell’idolo Palanca, venduto al Napoli.
Il presidente dei calabresi, Merlo, è originario del Friuli ed ha ricevuto ottime referenze sull’ex attaccante del Mestre.
Il prezzo è basso e per il massimo dirigente del Catanzaro questa è una caratteristica quasi più importante di quelle di ordine tecnico.
Anche l’allenatore arriva dalla C ed è Bruno Pace, che ha dapprima portato il Modena in C1, vincendo il torneo di C2, e poi lo ha guidato alla permanenza in terza serie.
Nella succitata stagione in C2 Pace ha avuto modo di affrontare Bivi, da avversario.
Il puntero gli piace e lo accoglie in ritiro con un approccio paterno: lo coccola, lo invita a non avvertire oltre misura la pressione della serie A ed a non preoccuparsi dei malumori dei tifosi, che al posto dell’amato Palanca avrebbero voluto un nome di grido.

Edi ascolta i suggerimenti del suo mister e li mette subito in pratica: realizza lo stesso numero di gol che aveva messo a segno in C2, cioè 12.
All’esordio nella massima serie, come se nulla fosse.
Inizia da Napoli, con un rigore all’ultimo minuto che regala al Catanzaro il pareggio (1-1) proprio contro il grande ex, Palanca.
Poi continua, senza fermarsi, segnando anche a Milan, Inter, Roma, Torino ed altre, sino a diventare vice-capocannoniere dietro al romanista Pruzzo (15).

Edi Bivi, Catanzaro

I calabresi chiudono al settimo posto, miglior risultato di sempre per loro, vantando una solida difesa imperniata sul capitano Ranieri (sì, proprio il mister -2023- del Cagliari) e sull’esperto Santarini e schierando un nugolo di giovani rampanti quali lo stesso Bivi, Sabato, M. Mauro, Borghi e Celestini a completare centrocampo ed attacco.
Il rumeno Nastase, che in teoria avrebbe dovuto rappresentare la principale bocca di fuoco del team, si perde tra infortuni e notti insonni, non dando l’apporto sperato.
Bivi segna anche per lui e pure in Coppa Italia, trascinando il Catanzaro sino alle semifinali, con i giallorossi che vengono eliminati dall’Inter, poi vincitrice del torneo, solo ai supplementari -ovviamente- della gara di ritorno.

Il bomber di Lignano Sabbiadoro viene convocato nella Under 21, giocando tre gare e partecipando al Campionato Europeo di categoria.
Siamo nel 1982, anno dei Mondiali in Spagna.
Bearzot convoca 40 giocatori e si prende del tempo per decidere i ventidue che faranno parte della spedizione nella penisola iberica.
Il suo corregionale Bivi meriterebbe la convocazione, senza alcun dubbio.
Il vecio opta per scelte di gruppo, piuttosto che individuali.
Punta sui blocchi di Juventus , Inter e Fiorentina ed in attacco, datosi che Bettega non riesce a recuperare in tempo da un infortunio, come riserve chiama Massaro e, soprattutto, Selvaggi, che di fatto e per caratteristiche viene preferito a Bivi.
Non sarà l’unica scelta discutibile, poiché anche Pruzzo resta in Italia e con lui Beccalossi, Claudio Pellegrini ed altri elementi messisi in luce durante la stagione.
Paolo Rossi va protetto e coccolato in ogni modo: Bearzot porta avanti le sue idee e vince il Mondiale.
Edi Bivi festeggia, ma per tutta la vita resta convinto che lì, al posto di Selvaggi o Massaro, ci sarebbe dovuto essere lui.
Magari in tribuna, ok.
Ma da Campione del Mondo.


Un bel rimpianto, tenuto conto che non esordirà mai in Nazionale A.
E che in soli due anni si ritroverà in serie C, col Catanzaro che incappa in due retrocessioni consecutive.
Edi segna 3 reti in A e 14 in B (vice capocannoniere), senza riuscire ad evitare la caduta agli inferi dei suoi.

La delusione per la non convocazione in Spagna è stata la causa dello scarso rendimento offerto nella prima stagione, con il Catanzaro che inoltre si è privato di alcuni elementi cardine finendo per smantellare il giocattolo che, giocoforza, non ha retto neanche alle forti pressioni della seconda serie.

Ovviamente le quattordici marcature consentono al giocatore di avere un buon mercato.
Un paio di anni or sono pareva chiuso l’accordo per passare alla Roma, poi l’affare era saltato per il gioco a rialzo e le conseguenti richieste avanzate dal Catanzaro, ritenute eccessivamente esose dalla dirigenza romana.
Il Milan si era fatto sotto poco dopo, senza esito.
Il Napoli aveva fatto un sondaggio, anch’esso senza seguito.
Con la doppia retrocessione dei calabresi il prezzo di Bivi diventa abbordabile a le proposte non mancano di certo: in A lo cercano Fiorentina (sarebbe un ritorno, per lui, dopo aver giocato nelle giovanili dei gigliati), Udinese (che dopo gli affari Mauro e De Agostini dispone di un canale privilegiato con il Catanzaro, frutto anche dell’amicizia tra i presidenti Mazza e Merlo), Lazio, Sampdoria e Torino, intenzionate a provare a rilanciare il ragazzo friulano utilizzandolo inizialmente come riserva.
In B c’è letteralmente la fila.
Il calciatore vorrebbe l’Udinese, sia per avvicinarsi agli affetti familiari e sia perché è convinto che in Friuli troverebbe spazio e, con l’aria di casa, anche la gloria recentemente sfiorata (leggasi: Nazionale).

Invece, a sorpresa, l’attaccante finisce al Bari, che trova l’accordo col presidente Merlo e mette le mani sul cartellino di Edi Bivi.
I pugliesi, appena promossi dalla C1, mancano dalla serie A da ben quindici anni e pianificano di ritrovarla entro 2/3 annate.
Costruiscono una squadra intelligente, con gente come Cupini e Piraccini in mezzo e Bergossi e Bivi davanti.
A fine annata arriva la promozione in A, grazie anche all’ottimo lavoro del tecnico Bolchi.
Edi è capocannoniere, con ben 20 reti (11 su rigore), e ritorna in massima serie.

Edi Bivi, Bari

In Puglia si trova benissimo ed è entusiasta di far parte della rosa del Bari, che affronta la serie A ingaggiando gli inglesi Cowens (centrocampista) e Rideout (attaccante), oltre a Sclosa (che ritrova il suo amico Edi, dopo aver iniziato con lui nella Polisportiva Lignanese), Carboni e Pellicanò.
La stagione non è brillante, però: tutt’altro.
Il Bari retrocede e Bivi, complice l’ingombrante presenza di Rideout, segna soltanto due reti e non riesce ad imporsi come vorrebbe.
Nella seconda serie, con Catuzzi in panchina, soffre esattamente come l’anno prima, realizzando ancora una volta la miseria di due gol.
Si trova a meraviglia con Cowens, che ha testa e piedi da regista vero.
Ma con Rideout -che avrebbe caratteristiche simili alle sue ma ama ricevere traversoni alti- non riesce ad integrarsi affatto, abituato ad avere accanto un giocatore come Bergossi che apre gli spazi e si mette al servizio del suo amico goleador.

Chiede quindi la cessione e spinge per trasferirsi in Svizzera, dove Losanna, San Gallo, Sion (prima serie) e Lugano (seconda serie) mostrano interesse.
A concretizzare maggiormente è il Lugano, che però è disposto a pagare un ottimo ingaggio alla punta ma vorrebbe ottenere gratuitamente il suo cartellino.
Il Bari risponde picche e per poco meno di ottocento milioni di lire cede Bivi alla Triestina, dove va a comporre un tridente di lusso per la categoria col barone Causio, Campione del Mondo nel 1982 ed ancora sulla cresta dell’onda a trentotto anni suonati, e col prolifico Cinello, costato oltre due miliardi, versati all’Empoli.
Dietro di loro il beniamino del tifo alabardato, De Falco, oltre ad una selva di buoni mestieranti per la categoria.
Una squadra che è allenata dal bravo Enzo Ferrari e che ambisce ad essere la sorpresa del torneo, con latenti mire di promozione, fortuna permettendo.
Le cose vanno diversamente, invece.
Molto diversamente.
I cinque punti di penalizzazione inflitti dalla Giustizia Sportiva per illeciti risalenti ad anni prima -la Triestina è ala terza stagione consecutiva nella quale parte con un handicap: un vero e proprio record- finiscono per fare la differenza in un torneo in cui l’equilibrio regna sovrano.
I muli scendono in C1 ed Edi Bivi, che con i suoi dieci gol ha portato a casa la pagnotta, è nuovamente con le valigie in mano.
Ormai il centravanti lignanese è considerato come un assegno circolare, per la seconda serie: in base alle esigenze, lui garantisce un tot di reti.

Triestina

La scottante retrocessione della Triestina induce però Edi a riflettere con attenzione sulle proposte ricevute.
Ma siamo ancora in un calcio dove a decidere i destini dei giocatori è pur sempre la società.
Quest’ultima viene contattata dalla Cremonese, che vorrebbe acquistare sia Bivi che Cinello.
La trattativa si protrae per alcuni giorni, prima della fatidica fumata bianca.
La Cremonese cerca anche Causio, come ulteriore rinforzo di esperienza sulla trequarti.
Il fantasista è svincolato e sia Bivi che Cinello sarebbero felicissimi di riavere al loro fianco la vecchia gloria nazionale.
Ma Franco si sente logoro, a causa di vari infortuni, e preferisce chiudere la carriera alla soglia del quarantesimo compleanno.

La squadra, agli ordini del mister Mazzia, è ben costruita.
Oltre all’attacco pesante, schiera ali guizzanti ed imprevedibili come Chiorri e Lombardo.
Dietro vi è un bel mix tra giovani in rampa di lancio (Favalli) ed esperti combattenti della B (Gualco, Montorfano, Citterio, Garzilli).
Rampulla in porta è una garanzia, mentre Maspero, Piccioni, Avanzi e Loseto in mezzo fanno la differenza.
Compagine rodata e coesa, che offre un rendimento altalenante centrando, alla fine, la promozione in A al termine di uno spareggio disputato in quel di Pescara, battendo ai rigori la Reggina di Nevio Scala.
Bivi (14) e Cinello (10) sono i principali artefici del risultato ottenuto, ma mentre il secondo è confermato pure in prima serie, Edi viene messo sul mercato.
I lombardi, che retrocederanno a fine stagione, puntano difatti sull’argentino Dezotti, acquistato dalla Lazio.


Ennesimo trasferimento per il centravanti friulano, che si sposta di qualche chilometro e si accorda col Monza allenato da Frosio, appena salvatosi dalla C e privatosi degli attaccanti Ganz e Casiraghi, entrambi destinati a platee di grido.
Bivi è il terminale offensivo di un team con buone individualità (Di Biagio, Robbiati, Consonni, Saini, Viviani, Serioli ed altri), che non riesce purtroppo a trovare la quadra e chiude il torneo al quart’ultimo posto, insieme a Cosenza, Barletta e Messina.
Le prime due si salvano, grazie alla classifica avulsa.
Il Monza ed il Messina spareggiano -ancora una volta a Pescara-, con i siciliani che si impongono per 1-0 e mandano i lombardi in terza serie.
Edi Bivi mette a segno la solita decina di reti in stagione, ma non bastano a garantire la salvezza ai brianzoli.

Tra promozioni e retrocessioni è un saliscendi continuo per il calciatore friulano che, dopo aver cambiato 4 club in 4 stagioni, ha voglia di un progetto più duraturo.
I due spareggi consecutivi giocati a Pescara gli sembrano quasi un segno del destino, quando viene contattato dai dirigenti della società abruzzese.
Città di mare, ambiente passionale, squadra ambiziosa.
Ed in panchina quel Carlo Mazzone che in varie occasioni ha tessuto le lodi dell’ex catanzarese.


Invero Edi Bivi ha molti estimatori, in giro.
Mancino e brevilineo, attaccante velenoso alla Montella, ha caratteristiche che ben si sposano con allenatori che puntano su un calcio prettamente offensivo.
In area di rigore è pressoché una sentenza e come terminale offensivo, in serie B, ha pochi rivali.
Predilige giocare accanto a compagni veloci e scattanti, come l’intesa con Bergossi nel Bari ha evidenziato.
Però è un ragazzo intelligente e tatticamente sa anche mettersi al servizio di un altro elemento di valore, come accaduto alla Cremonese con il conterraneo Cinello.
Un nove che gioca da undici e viceversa.
Professionista esemplare, si esalta in contesti passionali.
Possiede un’ottima tecnica di base, un dribbling secco e movenze feline che disorientano il suo diretto marcatore, consentendogli di scoccare un tiro secco e preciso che raramente lascia scampo ai portieri avversari.
Ottimo rigorista, pure con lo scavetto in epoca non sospetta, e bravo sulle punizioni.
Non è invece un drago di testa (anche a causa del fisico minuto) e, non di rado, tende ad estraniarsi dalla gara, se non è in giornata.
Per la serie B è un lusso, senza se e senza ma, mentre per la A quel pre-ritiro a Coverciano che poteva lanciarlo verso la gloria eterna potrebbe avergli dato una mazzata psicologicamente devastante, una volta compreso che non sarebbe decollato per la Spagna.
Con la maturazione di certo si acquisiscono consapevolezza ed autostima, però alcune molle interiori, soprattutto se legate a frangenti della propria vita a dir poco determinanti, possono continuare ad essere presenti e, spesso, decisive.


Fatto sta che Edi Bivi, nel 1990, appone la sua firma su un contratto pluriennale con il Pescara.
“Da qui non mi muovo per un bel po’, nemmeno se ci mandano direttamente in D!”, confessa scherzosamente ad un paio di amici.
In effetti apprezza le tante richieste che giungono per assicurarsi le sue prestazioni, però è stanco di cambiare aria di continuo.
Non può ancora saperlo, ma a Pescara metterà radici a lungo, pure dopo aver lasciato il calcio.

Edi Bivi, Pescara

Nella stagione post Italia 90 i biancazzurri mettono su una corazzata, per la categoria.
Investono molto ed ingaggiano calciatori di nome: Righetti, Baldieri, Monelli, Destro, Mannini e Zago, oltre a Bivi.
Per far “correre” il gruppo viene chiamato Carlo Vittori, concittadino di Mazzone e preparatore atletico di Mennea, Fiasconaro, Sabia, Pavoni e altri storici velocisti dell’atletica tricolore.
Ci sarebbero tutti gli elementi per far saltare il banco, ma la squadra non riesce a decollare.
Mazzone viene esonerato a metà stagione ed al suo posto arriva Galeone, di ritorno da una breve parentesi nel Como.
Il tecnico napoletano instaura subito un gran feeling con Bivi, che segna due reti nella penultima gara di Foggia (3-3) e si ripete una settimana dopo contro la Triestina (2-0), permettendo al Pescara di festeggiare la salvezza.
In totale tocca quota 8 gol, trovando parecchie difficoltà ma accendendosi nel momento decisivo del campionato.
In estate altra rivoluzione della rosa, soprattutto in attacco: escono Baldieri ed il brasiliano Edmar ed entrano l’estroso tornante Pagano, la sgusciante ala Massara e la navigata punta Sorbello.
Max Allegri, in mezzo al campo, è l’altra variabile impazzita del gioco di Galeone.
Il Pescara chiude al secondo posto, alle spalle del Brescia, e torna in serie A.
Bivi timbra per dodici volte il cartellino e riabbraccia la massima divisione dove, purtroppo, la sua gioia dura poco.
Gli abruzzesi prendono il forte brasiliano Dunga, il bravo danese Sivebæk (Campione d’Europa) e il grintoso senegalese Mendy, oltre al ritorno del mattoide jugoslavo Blaž Slišković ed all’ingaggio del goleador Borgonovo.
L’inizio è promettente: vittoria per 1-0 all’Olimpico, con la Roma, e sconfitta onorevolissima per 3-4 in casa, col super Milan di Capello.
Poi i delfini perdono smalto e finiscono ultimi, tornando in B.
Bivi segna soltanto tre volte in A ed ancora meno nei dodici mesi successivi, in B: due reti in un Pescara che grazie alle reti di Carnevale evita di un soffio la doppia retrocessione.


Edi Bivi, a trentaquattro anni, chiude col calcio che conta.
Lascia Pescara e trova l’accordo col Giorgione, in serie C2, tornando a segnare parecchio (16) e meritandosi a metà stagione la chiamata del Livorno, medesima categoria e identico girone, che contribuisce a portare in C1.
Il centravanti saluta i labronici in estate, firmando per l’Ospitaletto.
Nel bresciano, a causa di problemi fisici, gioca poco o niente.
La squadra si salva ai play-out, in C2, mentre lui si riavvicina a Pescara -dove ha scelto di vivere- passando all’Ortona, in Eccellenza.
Realizza una decina di gol contribuendo alla promozione del club, prima di trasferirsi per dodici mesi all’Imolese, nel Campionato Nazionale Dilettanti, collezionando qualche presenza e a fine anno -trentottenne- appendendo gli scarpini al chiodo.

Venti reti in una novantina di gare in A.
Quasi cento in oltre duecentosettanta in B.
Parecchie altre tra C e CND.


Un vero e proprio bomber, specialista della serie cadetta.
Quella sliding doors del 1982, come detto, ha probabilmente deciso il suo destino.
Che non è stato affatto malvagio, intendiamoci.
Ovunque è stato ha lasciato il segno ed i tifosi lo ricordano con sincero affetto.

Per qualche anno ha allenato nelle categorie minori, provando a mettere a frutto gli insegnamenti ricevuti in particolare da Galeone e Catuzzi, i suoi allenatori preferiti.
Ben presto si è reso conto che il suo essere poco incline ai compromessi non è dote gradita per andare avanti nel calcio professionistico odierno.

Segue le sue squadre preferite, soprattutto Catanzaro, Pescara e Bari.
Guarda molto calcio estero, gira in bici, si diverte a passeggiare con i suoi adorati cani ed a fare qualche partitella tra amici, quando capita.
Oggi vive con parte della sua famiglia in quella Pescara che, come detto, dopo due spareggi in due anni era evidentemente nel suo destino.

Edi Bivi

Un uomo dallo sguardo limpido ed un allenatore forse deluso dal calcio moderno.
Io continuo a seguirlo, il calcio moderno, ma gran parte del mio cuore è lì, negli anni 80.
I mitici anni 80.
Con Edi Bivi e con i suoi compari.

Edi Bivi: il cannoniere di provincia.

V74

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