- Il canguro che segna
Eddie Krncevic
Paese affascinante, l’Australia.
Ci parlo spesso con le radio (Radioamatore) ed un giorno spero di riuscire a visitarlo, magari in abbinamento con la Nuova Zelanda, altro luogo di natura selvaggia e fascino irresistibile.
Si gioca anche a calcio, in Oceania.
Durante il Mondiale del 2006 abbiamo avuto di conoscere più nel dettaglio diversi calciatori australiani, datosi che li abbiamo affrontati -ed eliminati- agli ottavi di finale.
Più di recente, nel 2022, i socceroos -come vengono soprannominati i giocatori che indossano i colori gialloverdi- hanno ripetuto la performance di sedici anni prima raggiungendo il secondo turno della competizione e venendo poi eliminati dagli argentini, futuri Campioni del Mondo.
Per ritrovare l’Australia qualificata ai Campionati del Mondo bisogna andare di parecchio indietro, negli anni.
Al 1974, per la precisione.
Siamo in Germania Ovest ed i canguri escono dalla competizione già al primo turno.
Tre passaggi storici e, prima e dopo, il nulla cosmico.
Ne consegue che molti calciatori australiani, soprattutto se nati e vissuti in periodi non coincidenti con le date in questione, non abbiano goduto di grande visibilità.
Ci sta, ancor di più per coloro che sono rimasti nel torneo locale: divertente ma, inutile negarlo, decisamente modesto, sia dal punto di vista tattico che da quello meramente agonistico.
Oggigiorno molti giocatori australiani emigrano: i migliori viaggiano verso l’Europa, mentre gli altri cercano fortuna nei tornei asiatici o moneta sonante nei campionati esotici, in particolar modo in quelli dell’area medio-orientale.
Negli anni ottanta la questione era leggermente diversa ed erano pochi gli australiani che riuscivano ad imporsi anche in paesi calcisticamente più evoluti.
Uno di loro, Eddie Krncevic, merita due note di commento, a parer mio, poiché è considerato il primo australiano ad essere riuscito ad avere successo nel nostro amato vecchio continente.
Edward Krnčević, detto Eddie, nasce a Geelong, nello stato di Victoria, nell’estate del 1960.
Australia meridionale, a poca distanza dalla celebre città di Melbourne.
Luogo di feroce immigrazione, sin dall’ottocento con la corsa all’oro e, più tardi, con il settore industriale, che ha determinato un notevolissimo incremento della popolazione già durante la fase centrale dello scorso secolo.
La famiglia di Eddie non fa eccezione e parte dalla Jugoslavia -precisamente dall’odierna Croazia- per sognare una vita felice nel cosiddetto nuovissimo continente.
Il ragazzo cresce quindi in un ambiente per certi versi ancora rurale -ma in fase di transizione- e vive immerso tra due culture completamente diverse, oltre che distanti -sia fisicamente che culturalmente- tra loro.
Matura presto, molto presto.
E si appassiona al calcio, in maniera viscerale.
Se la cava talmente bene da essere subito aggregato al team del Geelong, sotto casa.
Milita per una stagione nella divisione giovanile e dimostra subito di essere di ben altro livello, rispetto ai suoi pur volenterosi coetanei.
Viene perciò ingaggiato dal Melbourne Knights FC, che all’epoca si chiama Melbourne Croatia, in onore dei suoi fondatori e connazionali degli antenati del piccolo Eddie.
Quest’ultimo, a breve giro di posta, entra anche a far parte pure delle rappresentative giovanili del paese, peraltro non ancora del tutto riconosciute a livello internazionale.
Il ragazzo gioca da punta ed ha stoffa, per davvero.
Campionato regionale, duro e tecnicamente modesto.
Eddie porta a casa tutti i trofei in palio e poco più che maggiorenne firma con il Marconi Stallions, trasferendosi a Sidney e vincendo subito il campionato nazionale australiano (NSL: National Soccer League), il primo nella storia del suo nuovo club.
Eddie Krncevic un po’ per volta sale di livello, ma non pare affatto risentirne.
Tutt’altro.
Il calciatore australiano, dopo essere stato eletto miglior giovane del paese, conquista anche la maglia della Nazionale e diventa subito uno dei leader del team che vince l’Oceania Cup nel 1980.
Nella stessa annata Eddie alza al cielo pure la Coppa d’Australia, con il Marconi Stallions.
Alto e slanciato, attira su di sé gli sguardi di alcuni osservatori europei.
Un mediatore lo propone in Grecia e in Svizzera, senza suscitare grandi entusiasmi.
Ma è dalla Jugoslavia che arriva una proposta per il giovane: la Dinamo Zagabria decide infatti di offrirgli un contratto.
Nel calciomercato invernale della stagione 1981-82 Eddie Krncevic firma per la sua nuova società e sale sull’aereo che lo conduce nella terra di origine dei suoi avi.
Un salto importante, per lui.
La Prva Liga, il torneo jugoslavo, è combattuto e, rispetto al campionato australiano, di gran lunga più qualitativo, quantomeno dal punto di vista tecnico.
Il giovane Eddie patisce il salto, come ovvio che sia, e si ambienta con una certa lentezza.
Però, come accaduto in precedenza al Marconi, porta fortuna e contribuisce immediatamente alla vittoria del campionato.
Resta a Zagabria per un triennio, nel quale vince anche una Coppa Jugoslava (1983).
Sfiora altri successi, pur non essendo sempre titolare.
Eddie paga la giovane età, la poca esperienza maturata sino a quel momento e la concorrenza di elementi forti come Kranjčar, Mlinarić, Cerin, Cvetković ed altri ancora, nel suo ruolo.
Unico straniero in rosa, oltretutto il nostro viene spesso utilizzato dal preparato tecnico Blažević sulla fascia, talvolta quasi da centrocampista aggiunto.
Non riuscendo a conquistare i galloni di titolare, per Eddie Krncevic si aprono nuove prospettive di mercato.
Il giocatore riceve un paio di offerte dall’Australia, che rispedisce gentilmente al mittente.
Flirta con alcune compagini minori in Francia, poi firma -abbastanza a sorpresa- con i tedeschi del Duisburg, in seconda serie teutonica.
Trattativa nata sotto suggerimento di Rudi Gutendorf, allenatore (tedesco) della Nazionale Australiana agli inizi degli anni ottanta.
Le zebre (il simbolo del Duisburg) hanno appena ceduto il bomber Wohlfarth, passato al Bayern Monaco.
Krnevic arriva in squadra per sostituirlo ed è il primo australiano a militare nel campionato tedesco.
Dura poco, però.
Dopo pochi mesi in cui gioca parecchio e segna qualche gol, il Duisburg lo vende al Cercle Brugge.
Bruges è infinitamente più carina di Duisburg, diciamocelo.
Ed il torneo belga di prima divisione non è certamente meno competitivo di quello tedesco di seconda, senza dubbio.
Inoltre è una vetrina importante per campionati più importanti.
Eddie Krncevic, come al solito, arriva in squadra e vince subito qualcosa: nello specifico la Coppa del Belgio, battendo in finale il Beveren -ai calci di rigore- e contribuendo al ritorno del suo club in Europa, dopo ben cinquanta anni.
Nel campionato successivo Eddie si impone all’attenzione degli appassionati e degli addetti ai lavori, segnando dodici reti e giocando con una continuità di rendimento da top player.
Il Cercle non brilla ed in Coppa delle Coppe esce al primo turno, dinanzi ai tedeschi della Dinamo Dresda.
Krncevic però fa ampiamente il suo, talvolta in coppia con il rapidissimo zambiano Kalusha Bwalya, che qualche anno più tardi ci massacrerà alle Olimpiadi di Seul, nel 1988 (Zambia-Italia 4-0, con una sua tripletta).
Va da sé che in estate a cercarlo sono compagini più blasonate del Cercle Brugge.
Una chiamata arriva anche dalla capitale, Bruxelles.
L’Anderlecht, campione in carica, gli propone un buon contratto triennale e gli offre la maglia appartenuta al bomber Vandenbergh, ceduto ai francesi del Lille.
Il club bianco-malva è in fase di rifondazione, dopo aver lasciato partire calciatori come Morten Olsen e Vandereycken, tra gli altri.
Eddie Krncevic si gioca il posto con l’islandese Arnór Guðjohnsen, col belga Swinnen, col congolese Kabongo e con l’altro belga, giovanissimo, Nilis.
A centrocampo ci sono Vercauteren, Frimann, Lozano e Scifo, mentre dietro ci pensano Demol, Grun, Andersen e van Tiggelen.
In porta va Munaron e gli altri componenti della rosa lottano tutti per la causa, fino a rivincere la Division 1, con Eddie che segna sedici reti e consolida ulteriormente la sua già nutrita bacheca con un titolo assolutamente meritato.
Un fugace rientro -qualche mese- al Marconi, in patria, prima di ritornare in Belgio e riprendere il feeling con la rete.
Alza inoltre al cielo una Supercoppa del Belgio (1987) ed in rapida successione vince pure altre due Coppe del Belgio (1987, 1988): il tutto da assoluto protagonista, eh.
Nel 1988 diventa capocannoniere del torneo belga, primo australiano a riuscirci in un torneo europeo, mettendo a segno 23 gol.
Un bottino da vero goleador col suo allenatore, il santone Goethals, che però non riesce a ricondurre i suoi ai fasti del passato, soprattutto in Europa.
In patria invece l’Anderlecht incrementa la propria bacheca, pur non rivincendo il campionato.
Eddie Krncevic gioca anche in Coppa dei Campioni, con il suo club.
Per due volte esce ai quarti di finale, sfiorando la gloria.
Nel 1989 l’Anderlecht accoglie un nuovo tecnico, Aad de Mos, protagonista dell’epopea del Malines.
L’olandese chiede ai suoi dirigenti di acquistare Marc Degryse, dal Bruges, come terminale offensivo.
L’ingaggio della punta Van Der Linden, dall’Anversa, riduce ulteriormente gli spazi in attacco per il canguro Eddie che, da capocannoniere, abbandona il Belgio e si trasferisce in Francia.
Invero viene sondato da parecchie società del vecchio continente.
Uno che vince il titolo di bomber nella prima divisione belga, da sempre bacino d’interesse per chi è in cerca di gente in gamba e a costi contenuti, attira l’attenzione di molti addetti ai lavori.
Il calciatore australiano viene proposto a diverse squadre, pure in Italia.
In fondo, in quello che ai tempi è il campionato più bello del mondo, non mancano club che potrebbero aver bisogno di una punta prolifica.
Nessuno affonda il colpo con decisione, però.
Tranne, come detto, in territorio transalpino, dove è il neopromosso Mulhouse a mettere le mani sul cartellino di Eddie.
Club tra i più antichi del paese e con una proprietà ambiziosa.
In teoria, almeno.
Perché poi, nei fatti, la rosa costruita dagli alsaziani non è propriamente da vertice.
Tutt’altro.
Il mattoide bosniaco Slišković, il solido centrale jugoslavo Nenad Stojković, l’ex terzino destro della Nazionale Tedesca Kaltz e la punta transalpina Priou non bastano a dar manforte a Eddie Krncevic per evitare al team una amara retrocessione.
L’australiano, invero, si ritrova spesso da solo a combattere con le difese avversarie.
Per mere ragioni di ordine tattico, è una specie di Chuck Noland in Cast Away.
Segna diverse reti, alcune delle quali pure di buona fattura: ma più di tanto non può fare e, trentenne, patisce la prima retrocessione della sua carriera.
In estate il Mulhouse richiama lo svizzero (di origini argentine) Subiat dal prestito allo Strasburgo e si disfa del lauto ingaggio di Krncevic, vendendolo al Royal FC di Liegi.
Centravanti classico, prima punta alta (quasi un metro e novanta) e filiforme, per quanto resistente nei contrasti ed abile ad aprire spazi per i compagni ed allargare la manovra offensiva della sua compagine.
Buon senso della rete, bravo rigorista e con un discreto stacco di testa, Krncevic è un pioniere del soccer australiano, essendo stato il primo calciatore del suo continente ad ottenere numeri importanti nel calcio europeo, seguito a ruota dall’ottimo neozelandese Rufer che, invero, riuscirà ad imporsi a livelli ancor superiori rispetto al pur bravo Eddie.
Il quale, durante la sua carriera, ha militato in quattro differenti nazioni (Croazia, Germania, Belgio, Francia), oltre che nel paese natio, riuscendo quasi sempre a lasciare una traccia importante del proprio passaggio.
Pur non essendo un campione, con un pizzico di fortuna in più il canguro che segna probabilmente avrebbe potuto aspirare ad un club di vertice, per quanto l’Anderlecht del periodo era di certo una società tra le più quotate del continente.
Dalla bella Alsazia alla più grigia Liegi: Krncevic ritorna in Belgio e firma per due stagioni con il suo nuovo club, nel quale non riesce ad imporsi come avrebbe sperato.
Pochi gol e prestazioni non eccelse, con il Royal che dapprima chiude a metà classifica e quindi, nella seconda stagione di Eddie con la casacca rossoblù, ottiene la salvezza con qualche patema.
D’altronde la rosa è alquanto modesta e l’australiano non è Van Basten, che può cambiare da solo le sorti della sua squadra.
A trentadue anni Krncevic medita il ritorno in Australia, allorquando gli arriva una chiamata dal mitico Jan Ceulemans, icona del calcio belga, appena insediatosi sulla panchina dell’Eendracht Aalst, società di seconda serie.
Jan spiega ad Eddie di voler costruire una squadra in grado di lottare per la promozione nel massimo livello del calcio locale e che ha bisogno di una boa centrale con le sue caratteristiche, in attacco, datosi che conosce bene l’australiano per averlo affrontato più volte sul terreno di gioco e ne apprezza le doti di calciatore e di uomo-spogliatoio.
Krncevic si confronta con la moglie e poi si convince ad accettare la sfida.
Appone la sua firma sul contratto biennale e sfiora la promozione al primo anno, quando l’Eendracht perde la possibilità di salire in prima serie al play-off.
Dodici mesi più tardi Eddie e Jan festeggiano invece la promozione dopo aver vinto proprio gli spareggi.
Ed il calciatore di Geelong si accorda per fermarsi un’altra stagione ad Aalst, contribuendo all’ottima annata del club che si inerpica sino al quarto posto in classifica, qualificandosi per il tabellone della seguente Coppa Uefa.
Gioca spesso anche da seconda punta, mettendosi umilmente al servizio del cannoniere Gilles De Bilde.
In estate al trentacinquenne attaccante viene offerto un ulteriore prolungamento di contratto, per dare una mano come rincalzo.
Lui sta per accettare, quando gli viene recapitata una offerta dello Charleroi: accordo annuale con opzione per una eventuale seconda stagione.
La punta accetta, sperando di trovare più spazio rispetto al recente passato.
Ma finisce quasi sempre in panca e a fine stagione torna in Australia, definitivamente, mettendo fine alla sua bella avventura nel calcio europeo.
Indi qualche mese al Gippsland Falcons Soccer Club, nella cittadina di Morwell, prima di appendere definitivamente le scarpette al fatidico chiodo e ritirarsi dal calcio giocato.
Con la maglia della Nazionale Eddie Krncevic ha chiuso invece tempo prima, non venendo preso in considerazione dopo il suo trasferimento in Europa, salvo che in sporadiche circostanze.
Pochi risultati di rilievo, dopo la vittoria nella Coppa delle Nazioni OFC del 1980.
Trentacinque gettoni di presenza e diciassette reti a corredo rappresentano comunque un risultato di tutto rispetto, per il bomber.
Il quale, dopo il ritiro dall’attività agonistica, si dedica al ruolo di allenatore.
Guida Carlton SC, Marconi, South Melbourne FC (in due occasioni), Fawkner Blues, Maribyrnong Greens e North Geelong Warriors FC, specializzandosi nel ruolo di formatore giovanile e scopritore di talenti.
La moglie Maggie gli ha dato due eredi, Jesse e Lana.
Il primo, nato a Duisburg durante la militanza del padre nella società tedesca, ha giocato da attaccante in Australia e nelle serie minori di Germania, Croazia ed Olanda.
Recentemente il buon Eddie è stato consulente tecnico del North Geelong Warriors FC, dando così una mano al club che lo ha lanciato da giovanissimo e che gli ha offerto anche la panchina, tempo dopo.
L’importanza di Eddie Krncevic nel calcio australiano, come detto, è stata oltremodo ragguardevole.
Oltre ad aver fatto praticamente da apripista per coloro che dagli anni ottanta in avanti hanno tentato di avere successo in Europa partendo dall’Oceania, Eddie è stato sempre disponibile nel dispensare validi consigli e nell’offrire disponibilità a chiunque lo cercasse per condividere esperienze e sensazioni a riguardo della sua carriera e dei paesi nei quali si è professionalmente esibito.
Un attaccante vecchio stampo, grintoso ed affidabile.
Che soprattutto nei suoi momenti all’Anderlecht si è imposto come uno dei cecchini più forti del torneo belga.
Non un fuoriclasse, ci mancherebbe.
Ma iconico sì, senza alcun dubbio.
Molto iconico.
Eddie Krncevic: il canguro che segna.
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