- Potenza alare
Didier Six
I Mondiali del 1986, in Messico.
Poi gli Europei del 1984, in Francia.
I miei due tornei preferiti di sempre anche se l’Italia, in entrambi i casi, non è protagonista dei giochi.
In Francia manco era presente, per dire.
Invece c’era Didier Six, uno di quei calciatori che piacciono a me, per tipologia di gioco e per capacità di adattamento ai vari contesti in cui si ritrovano a militare.
Ma proviamo, come sempre, ad andare per ordine.
Didier Six nasce a Lilla, nel nord della Francia, nell’estate del 1954.
Ci troviamo a pochi chilometri dal confine col Belgio e chi è passato in zona, sottoscritto incluso, in effetti ricava l’impressione che si tratti di una città più “connessa” al paese fiammingo che a quello transalpino.
Il piccolo Didier cresce in un ambiente familiare tranquillo e votato allo sport, essendo suo padre un patito del calcio ed un ex giocatore che negli anni in cui il figlio inizia a tirare calci ad un pallone è anche allenatore.
E si coccola il pargolo, guidandone i primi passi nel piccolo Iris Club Lambersart, a pochi chilometri da Lille.
Qui il giovanissimo figlio d’arte si mette subito in mostra per la velocità di base e per le doti fisiche che sembrano davvero notevoli in relazione alla sua giovanissima età.
Ci sarebbe pure quel sinistro, che il ragazzo usa come un veterano, a catturare l’attenzione di chi ne osserva le gesta.
È presto, ma le sensazioni di parecchi addetti ai lavori della zona sono più che positive.
A puntare sul prospetto di Lille è dapprima il Calais, che lo tessera per la selezione dei Giovanissimi.
Poi lo prende lo Stade Béthunois, dove milita nella Juniores, ed infine passa nella selezione giovanile del Valenciennes, che in quegli anni vive una fase di transizione e fluttua tra la prima e la seconda serie francese.
Didier Six entra a far parte di un settore giovanile ben organizzato, dove crescere ulteriormente e poter migliorare sia dal punto di vista tecnico che tattico, oltre che da quello disciplinare.
Diventare un calciatore, in pratica.
In questa fase molti elementi, anche promettentissimi, si perdono.
Lui invece no.
Six esordisce a diciassette anni in cadetteria e contribuisce alla promozione dei suoi in massima serie, dove sbarca a diciotto anni ed inizia a convincere tutti, se stesso in primis, di poter fare del calcio una vera e propria professione.
In campo Didier gioca da ala.
Risoluto e sgusciante, si distingue per classe ed astuzia ed attira gli sguardi dei tecnici federali.
Viene convocato nella Rappresentativa Militare e nella Under 21, prima che Michel Hidalgo, al quale è stato affidato il compito di costruire una Francia all’altezza delle aspettative, non si infatui dell’attaccante di Lilla e decida di puntarci, insieme ad altri interessanti virgulti quali Platini e Rocheteau, per la nazionale maggiore.
Nel 1976 per Didier arrivano diverse richieste: l’Ajax, società di rango, vorrebbe portarlo ad Amsterdam.
Dal Belgio è l’Anversa a proporgli un ingaggio, mentre in Germania pensa a lui il Fortuna Düsseldorf.
Il ragazzo ci riflette su e poi, insieme al padre che ne cura gli interessi, preferisce fermarsi per un’altra stagione al Valenciennes, pure per non perdere il treno della Nazionale, alla ricerca della qualificazione al Mondiale del 1978, in Argentina.
A fine annata, proprio alla luce di quanto sopra, Didier Six rispedisce al mittente le offerte di Feyenoord, Borussia Dortmund, PSV Eindhoven e Servette e firma per il Lens, ambiziosa compagine transalpina che ha appena sfiorato la vittoria del campionato, chiudendo al secondo posto alle spalle dei campioni del Nantes.
A pochi chilometri da casa ed in un contesto rilevante e stimolante: Didier Six inizia la stagione che porta ai Campionati del Mondo con tutte le carte in regola per sfondare.
Il Lens compete pure in Coppa Uefa, dove ai sedicesimi incontra la Lazio di Giordano, D’Amico, Manfredonia, Wilson e Garella.
All’andata i romani si impongono per 2-0, mettendo una seria ipoteca sulla qualificazione.
Al ritorno Didier Six è scatenato e con una doppietta porta la gara ai supplementari, allorquando i biancocelesti crollano e beccano altre quattro reti, un’altra delle quali messa a segno dallo stesso Six.
L’exploit è fragoroso, ma il Lens dura da Natale a Santo Stefano.
Agli ottavi, in Uefa, esce con i tedeschi del Magdeburgo.
In campionato inizia a sbandare paurosamente prima della pausa invernale, con un crollo vertiginoso nel girone di ritorno ed una disperata rimonta finale che si rivela inutile, sfociata in una clamorosa retrocessione a causa della differenza reti nei confronti del Lione, che invece si salva.
Didier va a segno in sedici occasioni, continuando a tenere la buona media realizzativa che già aveva contraddistinto la sua avventura al Valenciennes.
La caduta agli inferi del Lens gli viene però addossata quasi in toto, con l’accusa di essersi concentrato soprattutto sulla Nazionale e di aver creato parecchi problemi nello spogliatoio a causa di un carattere bizzarro e, troppo spesso, egocentrico.
In Argentina il calciatore inizia col botto.
Al primo minuto della gara contro l’Italia con uno scatto bruciante salta Gentile e Scirea (oh, Gentile e Scirea!) e deposita un bellissimo pallone sulla testa di Lacombe, per il vantaggio dei blues.
Gli azzurri di Bearzot rimontano poi con Rossi e Zaccarelli e portano a casa la vittoria, mentre i francesi perdono per 2-1 pure la seconda gara, contro i padroni di casa, rendendo inutile la vittoria per 3-1 contro l’Ungheria che, di fatto, si trasforma nel saluto dei galletti alla competizione.
Al ritorno in Europa il padre di Didier si mette alla ricerca di una nuova squadra per il figlio, che non ha alcuna intenzione di scendere di categoria col Lens, e riesce a piazzarlo all’Olympique di Marsiglia.
Didier Six trasloca al sud, trasferendosi in una società importante e di rango.
In due anni non riesce purtroppo ad imporsi, con uno “strano” incidente automobilistico a metà della seconda stagione che azzera la già traballante stima dei dirigenti nei confronti dell’attaccante, accusato di avere un rendimento sin troppo umorale e di mostrare un atteggiamento indolente, a livello professionale.
Six è nervoso e deluso dalle sue stesse prestazioni, tanto da appassionarsi all’equitazione ed all’artigianato per tentare di ridurre uno stress che pian piano sta prendendo il sopravvento su tutto il resto.
La sorprendente retrocessione del Marsiglia, come se non bastasse, mette la pietra tombale sul rapporto tra il calciatore e l’ambiente che, come accaduto a Lens, punta il dito sull’ala della Nazionale come primo colpevole del disastro sportivo in atto.
Stavolta manco il padre di Didier riesce a trovargli una squadra che possa sopportarne le bizze.
Nella questione interviene lo scaltro mediatore Bernard Genestar, l’uomo che di lì a breve porterà Platini alla Juventus.
Genestar si accorda con lo Strasburgo, ma allenatore e giocatori alsaziani fanno fronte comune e rifiutano l’idea di aver Six come compagno di spogliatoio.
La fama di Didier lo precede, oramai.
Dall’estero si fanno vive Stoccarda e Dortmund, che duellano a suon di proposte e poi, di botto, allentano la presa.
Così nella diatriba subentra il Cercle Brugge, che fa firmare a Six un contratto triennale.
Didier, che ha il nonno di passaporto belga e che avrebbe potuto essere egli stesso naturalizzato, passa la frontiera con la consapevolezza di dover resettare gli ultimi anni.
Ha voglia di ripartire e di superare le recenti delusioni, inclusa la mancata qualificazione della sua Francia agli Europei del 1980, in Italia.
In Belgio l’avventura inizia bene, con un ambientamento veloce e delle ottime prestazioni.
Stavolta a metterci lo zampino e la malasorte, purtroppo.
Il Cercle Brugge entra in una crisi finanziaria ed è costretto a cedere i suoi pezzi migliori.
Didier Six passa, nel mercato di riparazione invernale, proprio a quello Strasburgo che solamente pochi mesi prima ne aveva rifiutato l’ingaggio.
Il cambiamento nella guida tecnica e le esigenze di classifica convincono i francesi ad acquistare Six, che in Alsazia si innamora della zona e dell’ambiente, tanto da decidere di piazzarci le tende, una volta chiusa la sua carriera di sportivo.
Ovviamente parliamo degli anni a venire perché il girovago di Lilla, nonostante una discreta parte di stagione trascorsa a Strasburgo, si è già accordato con lo Stoccarda, in Germania, per ripassare ancora una volta la frontiera francese.
Biennale con opzione di rinnovo e Didier Six che in Bundesliga fa la sua figura, mostrando il meglio del suo repertorio e giocando -finalmente- con continuità.
Nel frattempo l’attaccante è convocato per i Mondiali del 1982, in Spagna.
La Francia passa il girone iniziale soffrendo, con la sconfitta inaugurale con l’Inghilterra (1-2), la successiva vittoria per 4-1 con il Kuwait ed il pareggio (1-1) con la Cecoslovacchia.
Six entra dalla panca contro gli inglesi, mentre gioca da titolare le altre due gare, mettendo a segno una rete in ciascuna di esse.
Al turno successivo i transalpini sconfiggono per 1-0 l’Austria di Pezzey, grazie ad una rete di Genghini.
Six è titolare, mentre subentra nella ripresa nel 4-1 inflitto dai blues all’Irlanda del Nord di Jennings, con doppiette di Rocheteau e Giresse.
In semifinale i francesi affrontano la forte Germania Ovest di Karl-Heinz Rummenigge, Stielike, Littbarski e Breitner.
La celeberrima Notte di Siviglia, passata alla storia per il durissimo colpo rifilato da Schumacher a Battiston.
1-1 al termine dei tempi regolamentari, con Amoros che sfiora il colpaccio per la Francia poco prima del novantesimo.
Ai supplementari nulla cambia ed ai rigori, prima volta di sempre in cui un match finisce in codesta maniera ad un Mondiale, gli errori di Six e Bossis condannano la Francia all’eliminazione.
Didier tira il suo penalty senza nerbo: è comprensibilmente teso ed inoltre si è innervosito a causa di una imprecisa comunicazione tra lui, Hidalgo e Platini su chi debba calciare gli ultimi due tiri della serie tra lui ed il fuoriclasse di Nancy.
Alla fine il nostro, che doveva essere il quinto, è costretto ad andare a provare la trasformazione del quarto.
Dettagli magari risibili per gente di questo livello: ma che in determinati contesti di tensione ed emozione possono fare la differenza.
La Francia perde anche la finale per il terzo posto, contro la Polonia, e Didier Six torna a casa deluso ed amareggiato.
Poteva e voleva entrare nella Storia, quella con la maiuscola, ma sfortunatamente per lui e per il suo paese l’ha soltanto sfiorata.
Dopo essere stato eletto miglior straniero del torneo tedesco, Didier Six ha l’opportunità di giocare con alcuni club blasonati, sia in Germania che in Francia.
La sua famiglia è però radicata in Alsazia, dove il calciatore ha investito in appartamenti e negozi di abbigliamento sportivo, e quindi non vorrebbe allontanarsi troppo da lì.
A Stoccarda, poco più di un’ora di auto da Strasburgo, decidono a sorpresa di non rinnovargli il contratto, probabilmente per ragioni economiche.
Lo cercano da Bordeaux, ma lui ringrazia e rifiuta.
A Strasburgo non hanno moneta liquida per sostenere il suo ingaggio, quindi l’unica opzione disponibile è quella del Mulhouse, in seconda serie.
Una scelta strana, probabilmente dettata dai buoni rapporti di Didier col presidente degli alsaziani, Goeirg.
A Mulhouse l’attaccante della Nazionale fa ampiamente il suo dovere, trascinando i suoi in Coppa di Francia sino agli ottavi e segnando parecchio in campionato.
La squadra però non è all’altezza ed in campionato chiude al settimo posto.
In estate Didier Six partecipa con la sua Nazionale ai Campionati Europei del 1984, che la Francia gioca in casa.
Un immarcabile Platini trascina i compagni ad un trionfo epocale, con Six che è un semi-titolare: salta però la finale, poiché Hidalgo gli preferisce Bellone.
Didier ci resta un po’ così, ma è finalmente nella storia -stavolta sì, seppur non a livelli intercontinentali- e si congeda dai blues con affetto e riconoscenza, con oltre cinquanta gettoni di presenza a corredo.
Il Mulhouse, tra l’altro, scopre che il cartellino di Six non è gratuito, come si presumeva.
Per una questione di clausole e di burocrazia tocca sborsare del cash e i francesi non ne possiedono a sufficienza.
New York Cosmos, Amburgo, Borussia Moenchengladbach e Watford si fanno avanti, senza esito.
Lo Strasburgo, al solito, non dispone di contante a sufficienza per chiudere l’operazione.
Il Lens ci pensa, poi memore del passato preferisce rinunciare.
Il Nizza offre un paio di contropartite e non si spinge oltre.
In Italia ci provano Atalanta e Como, senza molta convinzione.
Il perché presto detto.
Didier Six è un ottimo attaccante, tecnicamente dotato e tatticamente intelligente.
Seconda punta ed ala vecchio stampo, fisicamente tosto e maledettamente dinamico, in grado di puntare l’uomo e di saltarlo senza colpo ferire.
Rapido, potente, scaltro.
Può ribaltare l’esito di una gara in un nanosecondo, sforna assist in serie, possiede un buon senso della rete ed un tiro -sinistro- di rara forza e precisione.
Numero 11 per antonomasia, calcia anche i rigori sebbene non sia infallibile, come si è visto.
In campo non si risparmia e non è soggetto agli infortuni, quantomeno oltre la norma.
Ha grinta e furore agonistico, quando gli va.
Ecco, il problema è proprio questo: quando gli va.
Un limite enorme, per un calciatore di alto livello.
In carriera ha rallentato troppe volte nei momenti decisivi.
La sua attitudine zingaresca, umanamente divertente quanto calcisticamente intrigante, gli ha però tarpato le ali in diverse occasioni.
Quarto ad un Mondiale, primo ad un Europeo.
Niente male, eh.
Tutt’altro.
Ma con i mezzi a disposizione -notevoli- poteva fare molto di più, fidatevi.
A trent’anni di età Six si rimette in gioco in Inghilterra, firmando per l’Aston Villa.
In realtà non lo dice a nessuno, ma sogna di tornare in Nazionale per i Mondiali in Messico, nel 1986.
D’altronde l’ambizione non gli ha mai fatto difetto, bisogna riconoscerlo.
In Inghilterra se la cava più che discretamente, poi si convince che tornare in patria lo potrebbe aiutare a conquistare il sogno di cui sopra e si mette sul mercato, rifiutando approcci da Germania, Grecia e Turchia.
Si offre al Paris St. Germain, senza riscontro, prima di accordarsi col Metz dove aiuta Bocandé a segnare come un ossesso.
Annata invero non memorabile per il buon Didier, che vede svanire i suoi sogni di gloria e passa allo Strasburgo, in seconda divisione.
Pochi mesi, con la solita crisi societaria di rito annessa, ed ecco concretizzarsi il romantico ritorno al Valenciennes, ancora in cadetteria.
L’estate seguente, con un coup de théâtre, Didier Six se ne va in Turchia, cedendo ad un lungo corteggiamento che è andato avanti per diversi anni.
Lo prende il Galatasaray, che gli fa ottenere la nazionalità turca, in modo da liberare spazio per altri stranieri.
Dündar Siz, alias Didier Six, si laurea campione di Turchia con la squadra della capitale.
Si trova bene, sul Bosforo.
Ma il richiamo della madrepatria è forte ed a trentaquattro anni suonati si accorda con lo Stade de Vallauris, in terza serie francese.
Giusto il tempo di un caffè e via verso casa, a Strasburgo.
Stavolta al Vauban, nell’equivalente della nostrana serie C.
A fine stagione l’idea è di smettere, ma una chiamata del suo vecchio amico ed allenatore allo Stoccarda, Jurgen Sundermann, lo convince a passare alcuni mesi a Lipsia, giocando per il VfB, nella seconda serie teutonica.
Al termine dell’annata sportiva Didier Six appende definitivamente le scarpe da calcio al fatidico chiodo.
Ormai trentottenne, decide di dedicarsi al mestiere di allenatore.
Guida -con risultati altalenanti- le riserve dello Strasburgo, poi FCSK 06 (sempre nella cittadina alsaziana) e Jeunesse sportive audunoise nelle serie minori francesi.
Quindi, dopo alcuni anni di stop, viene chiamato dalla Nazionale del Togo.
Successivamente è in panchina con la rappresentativa delle Mauritius, prima di passare a quella della Guinea.
Sposato, con due figlie a carico, amante del golf e del buon vino, continua a vivere di emozioni, sussulti, slanci.
Una specie di zingaro del Calcio, con una carriera degna di nota che senza alcuni passaggi discutibili e privata di un paio di momenti in cui forse l’ingombrante figura paterna ne ha curato gli interessi con eccessiva tracotanza, sarebbe potuta essere ancora migliore.
Personaggio strambo, intrigante, inusuale.
E calciatore forte, in grado di sprigionare una irresistibile forza nello scatto e di scrivere pagine notevoli nella storia della sua Nazionale.
Didier Six: potenza alare.
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