Dan Corneliusson
  • Mister 100%

Dan Corneliusson

E dopo aver narrato di Johnny Ekstrom, ecco un altro prodotto del calcio svedese -e, più precisamente, del Goteborg- che è passato dalla penisola negli anni 80.
Anch’egli attaccante, per giunta con una militanza nel nostro torneo più duratura rispetto a quella del sopraccitato ex empolese.

Parliamo di Dan Corneliusson, punta di quel Como che proprio nel decennio in questione divertì i suoi tifosi (e gran parte degli appassionati italiani) con un calcio grintoso e sbarazzino che gli valse un quinquennio di permanenza in massima serie.


Mats Dan Erling Corneliusson, Dan per gli amici, nasce agli inizi dell’ottobre del 1961 in Svezia e vive la sua infanzia in quel di Hönö, un isolotto che fa parte dell’area comunale di Öckerö, posta nell’arcipelago settentrionale di Goteborg, bella città situata nella zona meridionale della nazione.
L’isola prende il nome da una pietra che si usava per affilare altri oggetti e fa riferimento agli scogli levigati che affiorano dalle acque che circondano il suo territorio.
Ad Hono si pesca, si coltivano terreni agricoli, si pratica birdwatching e si gioca a pallone.
Perché la polisportiva locale è incentrata sullo sport più bello del mondo.
Meteo permettendo, chiaro.
Perché a queste latitudini, soprattutto in determinati periodi dell’anno, diventa estremamente complicato fare sport se Eolo, il Dio dei venti, non è dell’umore appropriato.

Il piccolo Dan, figlio di un pescatore e di una casalinga, cresce in una famiglia numerosa, con ben cinque fratelli ed una caterva di cugini.
Piccolo si fa per dire, inoltre.
Perché da bambino pare destinato alla carriera di giocatore di pallacanestro, per quanto è alto e slanciato.
Lui però non è dello stesso avviso: ama il calcio e già a nove anni fa parte della squadretta dell’Hono, dove per un quadriennio mostra qualità che spingono i suoi tecnici a segnalarlo agli scout del Goteborg, una delle più organizzate società del paese.

Dan, ragazzino sveglio e responsabile, frequenta con profitto la scuola e si reca quasi ogni giorno agli allenamenti, sia in tram che, spesso, in bici.
Sedicenne, inizia ad essere attenzionato dallo staff tecnico della prima squadra e va a vivere in un piccolo appartamento a metà strada tra la casa dei genitori ed il centro di allenamento.
Il Goteborg, da poco affidato al giovane allenatore Sven-Göran Eriksson, vincitore del campionato di terza divisione col Degerfors, vive una fase strana della propria storia.
Dopo essere tornato in prima divisione, il club scandinavo si ritrova a dover fronteggiare una seria crisi economica.
La squadra non pare risentirne oltre misura, a dire il vero.
Difatti mette in bacheca la Coppa di Svezia del 1979 (mai conquistata sino ad allora) e sfiora la vittoria del campionato, chiudendo al secondo posto alle spalle dell’Halmstad.

Dan Corneliusson esordisce prima di compiere la maggiore età e si impone subito come uno dei migliori prospetti del florido vivaio biancoblu.
Poi si fracassa il ginocchio e rischia di veder rallentare la sua ascesa.
Con carattere e tigna si ristabilisce, aspetta il suo momento e contribuisce alla vittoria di due campionati (1982, 1983) e due Coppe di Svezia (1982, 1983) e, soprattutto, al trionfo in Coppa UEFA del 1982, dove l’attaccante è tra i protagonisti più importanti, unitamente ai compagni Torbjörn Nilsson e Stig Fredriksson, di un trionfo clamoroso quanto meritato.

Dan Corneliusson - Goteborg

In finale, col Goteborg che sconfigge sia all’andata (1-0) che al ritorno (3-0) i forti tedeschi dell’Amburgo del santone austriaco Happel, Dan domina la scena e stuzzica l’appetito di parecchi club europei.
D’altronde il ragazzo ha già vinto il titolo di capocannoniere in patria, ha esordito con la Nazionale Svedese, ha svolto il servizio militare obbligatorio e ha desiderio di confrontarsi con un calcio più qualitativo rispetto a quello scandinavo.

Serio e professionalmente inappuntabile, Dan viene proposto al Torino, che lo osserva da vicino in una amichevole e poi decide di virare su altri obiettivi.
Il Como lo opziona, ma fallisce per un soffio la promozione in serie A e deve rinunciare.
Eriksson, che nel frattempo si è trasferito al Benfica, in Portogallo, prova a fare una telefonata ad alcuni dei suoi allievi, incluso Corneliusson.
Alla fine riesce a convincere soltanto il centrocampista Strömberg, futuro atalantino, a seguirlo.
Il Goteborg chiede parecchi soldi, comunque: le casse societarie hanno bisogno di nuova linfa, datosi che un improvviso cambio di presidenza ha finito per causare altre turbolenze interne, culminate con la surreale colletta tra i tifosi per garantire la trasferta di Valencia, nei quarti della Coppa UEFA poi vinta.
Oltre a Stromberg il club di Goteborg recupera denaro liquido anche dalla vendita del libero Hysén (più avanti alla Fiorentina) al PSV Eindhoven, in Olanda, e dalla precedente cessione di Torbjörn Nilsson, spedito pochi mesi prima al Kaiserslautern, in Germania.

Pure Dan Corneliusson, nell’estate del 1983, trova finalmente squadra.
A mettere le mani sul suo cartellino è lo Stoccarda.
I rossi di Svevia superano una nutrita concorrenza e si aggiudicano l’attaccante svedese, sborsando l’equivalente di circa ottocento milioni delle vecchie lire.

Dan Corneliusson - Stoccarda

Lui, alla prima esperienza lontano da casa, se la cava alla grande.
L’allenatore dello Stoccarda, il preparato Helmut Benthaus, dispone di una rosa non particolarmente numerosa, ma formata da calciatori di qualità e personalità.
Il portiere Rolander, totem locale.
I difensori Buchwald, Karlheinz Förster e Bernd Förster (questi ultimi due fratelli), Niedermayer e Schäfer.
I centrocampisti Allgöwer, Andreas Müller, Ohlicher e Sigurvinsson.
Gli attaccanti Kelsch, Reichert e, per l’appunto, Corneliusson.
A loro si aggiungono diversi buoni mestieranti e lo Stoccarda, a sorpresa, riesce a vincere la Bundesliga edizione 1984-84.
Lo fa in volata, con qualche brivido.
Difatti arriva all’ultima giornata da capolista, ma perde lo scontro diretto in casa contro l’Amburgo, che parte con due punti di svantaggio rispetto agli svevi.
E si fa raggiungere, oltre che dalla compagine anseatica, anche dal Borussia Mönchengladbach, pur esso distanziato di due punti. 
Tre squadre a pari punti, con la differenza reti che premia gli uomini di Benthaus e gli riconsegna la Deutsche Meisterschale dopo oltre un trentennio di attesa.

Dan Corneliusson, con dodici centri ed un rendimento più che apprezzabile, è tra gli artefici del trionfo dei rossi.
La pregevole performance in terra germanica gli vale la chiamata del Como, già sulle sue tracce l’anno prima, come detto.
Il campionato italiano, di gran lunga il migliore al mondo in quel periodo, è un bocconcino troppo prelibato per non scatenare l’appetito del ragazzo.
Il miliardo e mezzo (sempre delle vecchie lire) versato nelle casse dello Stoccarda fa il resto: i tedeschi lo sostituiscono col belga Claesen e col promettente autoctono Klinsmann e Dan sbarca sul Lago di Como con entusiasmo e curiosità, poiché proprio in zona è stato in vacanza da piccolo con i suoi genitori, in una occasione.

I lariani, neo promossi in serie A, sono guidati dal bravo Ottavio Bianchi.
Punti di forza: il portiere Giuliani; i difensori Albiero, Bruno e Tempestilli; i centrocampisti Matteoli, Fusi e Centi; l’attaccante Todesco.
Oltre a Corneliusson, in vista del difficile torneo al quale andranno incontro, i comaschi si rafforzano coniil talentuoso tedesco Hansi Muller, con l’attaccante Morbiducci e col ritorno del centrocampista Invernizzi.
Pochi mesi più tardi anche il difensore Ottoni giunge a dar manforte ad un gruppo che lotta con le unghie e con i denti e porta a casa una meritata salvezza.
Corneliusson intasca i suoi centocinquanta milioni annui previsti dal contratto e segna due reti in diciassette gare: bottino alquanto magro, anche se il ragazzo mostra doti interessanti che gli valgono la riconferma in Lombardia.

Como Calcio

In estate il Como attua una sorta di rivoluzione, ingaggiando l’allenatore Clagluna e cambiando parecchi calciatori.
Gli inizi della stagione non sono entusiasmanti e Clagluna è costretto a lasciare il posto a Marchesi, il quale riesce a risollevare le sorti del team lombardo, guidandolo ad un onorevolissimo nono posto finale in graduatoria.
Come se non bastasse gli azzurri sfiorano la finale di Coppa Italia, sfumata soltanto a causa di una sconfitta patita a tavolino, per degli incidenti verificatisi nel match di ritorno contro la Samp, col Como in vantaggio ed ormai vicinissimo a centrare l’obiettivo.
Corneliusson, che in coppia col giovane e forte Borgonovo è ispirato dall’estroso brasiliano Dirceu, disputa un’ottima annata e mette a segno sette reti.

Pare ormai pronto a salire definitivamente di livello, ma nei mesi successivi incappa in una lunga serie di problemi fisici che lo costringono a numerosi stop in un torneo che comunque conferma il Como a metà classifica, con in sella il preparato allenatore Mondonico.

Nel campionato 1987-88 Dan torna ad esprimersi al meglio, segnando sei reti e contribuendo ad una complicata salvezza ottenuta dal tecnico Burgnich, ritornato in riva al Lario per sostituire Agroppi, che aveva iniziato la stagione in maniera alquanto ballerina.
L’argentino Borghi, in prestito dal Milan, è la novità più succulenta del gruppo costruito dal presidente Gattei e dal Direttore Sportivo Vitali.
Il sudamericano non riesce ad integrarsi nel calcio italiano, eccessivamente complesso dal punto di vista tattico per un elemento ancora troppo acerbo, ma l’esplosione del giovane regista Notaristefano ed i gol di Corneliusson e del grintoso Giunta permettono al Como di mantenere la categoria per il quarto anno consecutivo.

L’impresa non riesce dodici mesi dopo, sfortunatamente.
L’ingaggio del forte brasiliano Milton, la verve del giovane Didonè e la bravura dell’ottimo Simone non bastano agli uomini di Marchesi -sostituito in corsa da Perani, nel disperato tentativo di cambiare le sorti dell’annata- per evitare la caduta in serie B.

Dan Corneliusson non segue i lombardi in cadetteria.
Qualche tempo prima era stato vicinissimo a firmare un contratto biennale con la Roma del suo mentore Eriksson, oltre ad essere cercato dall’altro svedese Liedholm, allenatore del Milan.
Con il Como il buon Dan ha sfidato fuoriclasse come Maradona, Platini, Zico, Rummenigge, Falcao e Gullit, giusto per fare qualche nome.
Ha segnato gol importanti e disputato ottime gare, pure dinanzi alle grandi squadre.
Ad un certo punto andare a far punti sul Lago diventa quasi un’impresa, per capirci.
Ma gli infortuni al quale lo spilungone scandinavo è sovente soggetto, fino al punto di togliergli due anni di militanza sui cinque passati in Lombardia, spingono le società interessate a guardare altrove, per rafforzare il proprio roster.


Dan Corneliusson è un centravanti vecchio stampo.
Longilineo, possente, tenace.
Non è un fenomeno dal punto di vista tecnico, ma è ambidestro e dispone di un buon senso della posizione e di un discreto fiuto del gol.
In acrobazia è fenomenale ed è bravo a muoversi su tutto il fronte offensivo della propria squadra, supportando i compagni in fase di ripiegamento ed aprendo spazi per gli inserimenti degli stessi.
Il suo soprannome, Mister 100%, dice già tutto sulla generosità e l’ardore che mette sul terreno di gioco.
Suda sempre la maglia e fa gruppo in maniera ideale.
I trionfi col Goteborg, la vittoria della Bundesliga a Stoccarda e le salvezze di Como dimostrano la sua spiccata attitudine nel sapersi calare in qualsivoglia realtà professionale con eccezionale proficuità, andando a migliorare il suo rendimento in ambienti nei quali, man mano, si adatta alla perfezione sia come sportivo che come uomo.
Purtroppo è soggetto a diversi infortuni, alcuni dei quali estremamente impattanti, che gli tarpano le ali in una fase storica in cui il calcio italiano è al Top e, proprio per questo motivo, sbagliare un acquisto, ancor di più se straniero, quindi in numero all’epoca ridotto, può trasformarsi in una vera e propria tragedia, quantomeno dal punto di vista calcistico.
Con un pizzico di fortuna in più e con una maggiore freddezza sotto porta, Dan avrebbe potuto rappresentare il complemento ideale in una rosa ambiziosa, con la sua capacità di giocare anche da seconda punta e la succitata duttilità tattica che talvolta diventa un’arma letale.
Tra l’altro contro le grandi squadre si trasforma in un autentico fattore e non sbaglia una gara che sia una nella Svezia del periodo che, pur non essendo ancora la forte squadra degli anni successivi, si ritrova ugualmente a competere in una panorama internazionale arduo e combattivo.

Nazionale della Svezia - Calcio

A Como lascia il cuore, contraccambiato da una tifoseria che lo adora.
Ventottenne, si accorda quindi con il Wettingen, società elvetica da poco tornata in massima serie e che nella precedente stagione ha rischiato di far fuori il Napoli di Maradona dalla Coppa UEFA.
Nel Canton Argovia, zona settentrionale della Svizzera, Dan Corneliusson si ambienta bene e disputa una discreta stagione, invero culminata in una salvezza abbastanza risicata, tenendo conto delle ambizioni di partenza.
Lui si impegna al massimo, come sempre.
Pure perché sotto sotto spera di riuscire a strappare la convocazione per il Campionato del Mondo del 1990, in Italia.
Impresa ardua, che difatti non riesce a portare a compimento.
La Svezia parte per la penisola con Magnusson, Ekstrom, Brolin e Petterson come attaccanti e Dan chiude con la sua Nazionale qualche mese più tardi, con dodici reti in ventidue gare: una media di tutto rispetto, eh.
La delusione per non essere riuscito a qualificarsi per il Mondiale del 1986 in Messico e la mancata convocazione del 90 sono per lui motivi di grande rimpianto.

In estate lascia Il Wettingen, prossimo al fallimento.
Quindi rifiuta un paio di approcci dalla seconda serie tedesca e dall’Austria e torna in patria, firmando per quel Malmo che già lo aveva cercato l’anno prima.
In pochi lo sanno, ma Dan Corneliusson sta vivendo una fase alquanto delicata della propria esistenza, poiché il suo rapporto con la moglie Lena inizia a traballare.
Dan non vuole allontanarsi troppo da lei e dai due figli, Sebastien e Alexander.
Per un po’ mette in secondo piano la carriera agonistica e prova a salvare il matrimonio.
Durante l’ultimo anno di contratto del marito col Malmo, Lena fa i bagagli e torna a Goteborg.
Dan rispedisce al mittente la proposta di prolungare l’accordo con gli azzurri di Svezia ed inizia a percorre una parabola declinante, sia dal punto di vista sportivo che, ancor di più, personale.

Dan Corneliusson - Malmo

Nel disperato tentativo di risollevare i destini della coppia, Corneliusson si trasferisce anch’egli a Goteborg, firmando per il modesto Qviding, in quarta divisione.
Pochi mesi di attività, salvo poi accordarsi col Karlstad, in terza serie.
Quindi, a fine stagione, l’addio al calcio giocato con trentaquattro primavere sul groppone.

Dan Corneliusson vorrebbe proseguire, in verità.
Si sente bene, atleticamente parlando.
Gli infortuni sono alle spalle e dalla serie cadetta riceve un paio di proposte interessanti per continuare a giocare.
Il problema è la testa, però.
L’ex nazionale svedese ha visto naufragare definitivamente il suo matrimonio e ha difficoltà a relazionarsi con i figli.
Inizia a bere e l’alcool finisce per demolirlo dal punto di vista psicologico.
Per tre volte viene sanzionato per guida in stato di ebbrezza ed il giudice, nell’ultima occasione, lo condanna ad alcuni mesi da trascorrere in una struttura detentiva, sebbene aperta ai visitatori esterni.
Lui capisce che è il momento di reagire e si affida al suo spirito isolano, quello natio, che prevede dignità e forza d’animo da ricavare dentro se stessi, prima ancora che dal resto del pianeta.
Il vecchio leone ruggisce ancora e torna a sentirsi un padre, prima ancora che un uomo.
Ricostruisce una relazione civile con Lena e recupera appieno il rapporto con i suoi figli.
Tempo dopo incontra Jennie e torna ad innamorarsi: con lei si sposa per la seconda volta e mette al mondo Matilde, la sua terza erede.


Dopo aver guidato la squadretta da dove è partito (Hönö) decide quindi di non lavorare nel mondo del calcio, specializzandosi come amministratore immobiliare e fermandosi a vivere nei dintorni di Goteborg.
Ogni tanto gioca ancora a pallone e a beach soccer e si diverte a fare qualche partita di pallavolo, sport che aveva praticato per qualche mese da giovanissimo.
Ultimamente ha scoperto la passione per lo sci di fondo, che adora.
Segue e tifa tutte le compagini nelle quali ha militato e, nel tempo libero, viaggia, ascolta musica e fa qualche comparsata in TV.

Al Como giunsi con l’idea di farne un trampolino di lancio, per poi passare in qualche club di vertice.
Invece è diventata la squadra della mia vita, insieme al Goteborg.
E la cosa non mi dispiace affatto.
Conservo ricordi meravigliosi del mio percorso in Italia.
Gentile e Brio erano i peggiori difensori da affrontare, due veri mastini.
Mannini fu colui che mi impedì di passare alla Roma, invece, in quanto con un intervento rude mi spaccò tendine e ginocchio, facendo saltare il trasferimento in giallorosso, all’epoca oramai imminente.
Chissà che alla fine non mi tocchi ringraziarlo, però.
Torno spesso in Italia e amo tutta la penisola, ma Como è il posto più bello della Terra e mi piace pensare che ho speso tutta la mia carriera italiana lì ed in quello che negli anni ottanta era di sicuro il miglior campionato del mondo.

Dan Corneliusson

Dan Dan Superstar“, gli gridavano i tifosi del Como dalle tribune dello Stadio Sinigaglia.
E lui, fedele all’altro soprannome che ne ha contraddistinto gli esordi, Mister 100%, sputava sangue per la causa lariana.

Il padre sognava per lui un futuro da pescatore: ma il destino aveva ben altri piani in mente, per il bomber di Hönö.


Ricordo perfettamente la sua iconica figurina, nel mitico album Panini.
E ho bene in mente pure la coppia che andò a comporre col povero Borgonovo: senza infortuni e con un pizzico di buona sorte in più, beh, quello era un attacco da Coppa UEFA, piuttosto che da lotta per la salvezza.

Bei tempi, altroché.
Stupendi.

Dan Corneliusson: Mister 100%.

V74

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