Cipro
  • Storia e Bellezza

Cipro

Ho girato praticamente tutta l’Europa, dopo essermi goduto in primis -ed adeguatamente, ça va sans dire– l’Italia.
Il mio adorato paese, pur con tutti i suoi difetti, è al comando in solitaria nella classifica delle nazioni più belle.
Non è un parere soggettivo, intendiamoci.
Qui siamo nell’incontestabile oggettivo.
Ovvio, oserei dire.
Anzi: ovvio, lo dico.
L’Italia è la nazione più bella del mondo: insuperabile.
Non si discute.

Come insuperabile è la mia isola, Ischia, dove lo splendore della natura circostante si intreccia magnificamente con la storia, la cultura, l’enogastronomia e tutto ciò che contribuisce a rendere magico un luogo e far sì che il desiderio di viverlo diventi quasi una dipendenza, quando non una vera e propria ossessione.


In un viaggio, solitamente, cerco emozioni, libertà, curiosità.
Un paio di settimane or sono mi è balenata l’idea di trascorrere alcuni giorni “in giro”, sia per muovere finalmente il deretano dopo lungo tempo (covid, etc.) e sia per concedere un meritatissimo riposo alla mia amata complice, sottoposta al notevole stress di doversi occupare del sottoscritto, oltre che di una marea di altre cose.

Inizialmente pensavo al classico viaggetto nella capitale europea di turno.
Vienna, ad esempio.
Con magari Budapest o Bratislava in aggiunta.

Poi è sbucata Salonicco, meta di sicuro fascino ed interesse.
Però gli orari da Napoli non erano il massimo della comodità, nei periodi in questione.

Ad un certo punto leggo Cipro sul display del pc e penso che tra le mete continentali è quella dove ancora non ho messo manco una bandierina, come si suol dire.
Peccato che anche in questo caso gli operativi -leggasi orari di viaggio- non siano idilliaci.
Partendo da un’isola è abbastanza scontato che sia necessario ricorrere a qualche piccolo compromesso, per raggiungere gli obiettivi prefissati.

La complice, che come il sottoscritto adora i luoghi selvaggi ed incontaminati, si impunta e mette nel mirino proprio Cipro.
Scelta vincente.
Onore a Lei.
Dalle foto pare una Ischia di svariati decenni fa.
Quella che avremmo voluto vivere noi, insomma.
E Cipro sia, infine.

Bandiera di Cipro

Un’isola.
Grande.
Molto grande.
Terza -per estensione – nel Mediterraneo, dopo Sicilia e Sardegna.
E divisa in due da una linea di confine che separa la Repubblica di Cipro dalla Repubblica Turca di Cipro del Nord.
Quest’ultima rientra nella zona asiatica ed è uno stato non riconosciuto dalla comunità internazionale, per quanto codesta divisione sia in vigore sul territorio cipriota e divida in due la stessa capitale, Nicosia.

Da Napoli, per volare a Cipro, la soluzione più comoda è quella di atterrare a Pafo (Paphos), nell’ovest del paese.
Decidiamo di lanciarci e di tastare il terreno, magari approfondendo il resto in futuro, qualora nasca un bel feeling con il territorio.

Affidiamo il nostro zoo (sei gatti e due cani) in mani sicure -grazie Alessandra ♥🔝!- e ci lanciamo alla scoperta di questo affascinante luogo situato a brevissima distanza dalla penisola anatolica e dal cosiddetto Vicino Oriente.

Mappa di Cipro

Un paese che, ad onor del vero, ci sorprenderà e ci entrerà dentro in poco tempo ed in maniera devastante.
Ma andiamo con ordine.


Il volo diretto per Pafo (Paphos) è operato dalla compagnia irlandese Ryanair.
Un paio di ore e mezza di travaglio (low cost, ci sta) ed il gioco è fatto.

Pafo è una delle mete più gettonate di Cipro.
Sorge nell’estremità occidentale dell’isola, come detto, e presenta tutta una serie di aspetti oltremodo intriganti per il turista che, come noi, decide di farne la base d’appoggio per le escursioni in zona.
Capitale europea della cultura nel 2017, la cittadina cipriota si mostra ai suoi visitatori con garbo e si lascia ammirare passo dopo passo, in un modo che oserei definire alquanto suadente.

La bellezza della natura circostante la fa da padrona, senza alcun dubbio.
Ma è tutto il resto a corroborare la causa e completare il magnifico quadro.
Storia, archeologia, mitologia, cultura, cibo, vino e chi più ne ha, più ne metta.
Vi pare poco?
Non direi.

L’inserimento nella lista dei Patrimoni dell’Umanità da parte dell’UNESCU certifica la rilevanza culturale ed il prestigio che Pafo, capitale dell’isola ai tempi del mitico Impero Romano, ha saputo ritagliarsi nell’arco dei secoli.

Il primo impatto che si ha con il luogo è decisamente esaltante.
Allorquando l’aereo inizia a sorvolare l’isola e si avvicina allo scalo cipriota si possono osservare i paesaggi locali, impregnati di selvaggia beltà naturale.
Mi è sovvenuta in mente l’Islanda e, posso garantire, il paragone non è affatto blasfemo.
Ci accorperei un accostamento istintivo con la mia isoletta adorata, ribadisco, perché alcuni scenari mi ricordano quella che deve essere stata la insuperabile Ischia degli anni sessanta, raccontata per immagini e ricordi da coloro che hanno avuto l’immane fortuna di poterla vivere.

Cipro, per chi ama i paesaggi bradi e primitivi, è un sublime bagno di sangue emozionale.
Bella, fottutamente bella.
E, soprattutto, densa.
Gravida di incanto ed amenità.


L’aeroporto di Pafo, principale scalo della regione e secondo (dopo Larnaca) per importanza della nazione, offre un gradevole esordio in terra cipriota.
Piccolo ma ben organizzato, tende ad incasinarsi se è il meteo è inclemente e/o l’afflusso contemporaneo diventa numericamente degno di rilievo.
Per fortuna 🍀🤞, una volta tanto, non è il nostro caso.

Con un bus di linea, efficace ma non frequentissimo, si arriva rapidamente in città.
Nella scelta del soggiorno ho avuto ampia libertà d’azione.
Veronica (la complice), ormai sazia per aver influenzato notevolmente la meta, mi ha lasciato campo libero.
Non conoscendo l’ambiente mi sono concentrato sulla ricerca di un appartamento che fosse centrale ma non troppo in centro (cit. Claudio Corcione) e che, tra le varie “features”, disponesse di una piscina, nell’eventualità che andassimo incontro a qualche giornata non propriamente da mare e/o da escursione.

Ho quindi optato per Paphos gardens studio suite e l’intuizione si è rivelata vincente.
Una casetta molto carina, con un simpatico balconcino che dal secondo piano della struttura affaccia sul verde circostante, in una atmosfera tranquilla e discreta.
La piscina è sfiziosa, con un bar che in Italia sarebbe classificato di cinquantesima categoria ma poco importa.
A cinque metri dicasi cinque vi è il Paphos garden, l’hotel di riferimento: un casermone stile anni 80, con un’altra bella piscina e tanto intrattenimento a disposizione.
Noi, manco a dirlo, rifuggiamo ogni forma di baccano organizzato, mentre abbiamo usufruito della colazione (regale: fin troppo, per due morigerati in cerca di avventure, piuttosto che di grasso).
Pranzi e cena li abbiamo rispediti volentieri al mittente, invece, poiché abbiamo preferito optare per soluzioni rustiche e casarecce.

Tornando in tema: a Pafo vi sono dei dintorni clamorosi.
Qui la Dea Natura si è davvero sbizzarrita ad incastonare tutti gli elementi del caso, fortificando un già di per sé ragguardevole affresco panoramico.

Uno scooter, preso in affitto dal cordiale ed efficiente Pambos ha strepitosamente coadiuvato la riuscita del nostro viaggio.
Perché sì, girare Cipro su due ruote ha un fascino unico.
Certo, le condizioni climatiche hanno aiutato.
Sole, sole, sole.
Spettacolo puro.
Ed un mare caldo che nemmeno noi, abituati ad un’isola dove spesso anche a novembre si può fare una immersione nel Tirreno, ci saremmo aspettati di trovare.


Il primo bagno nella landa cipriota è letteralmente epocale.
E p o c a l e.
Petra Tou Romiou, la Roccia di Afrodite, ci accoglie in tutta la sua inarrivabile seduzione.
Qui, secondo la leggenda, dalle onde del mare è emersa Afrodite, la Dea dell’amore.
Sempre qui, a detta di chi ci passa, si respira un’aria unica, indefinibile, misteriosa.
Molti vengono a sposarsi al cospetto della Dea, altri chiedono di fertilizzare la coppia in modo da condurre alla procreazione, altri ancora invocano semplicemente un paio di centimetri di sessualità in più (sia nel dare che nel ricevere, immagino).
Sia quel che sia, ad Afrodite tutti rivolgono un pensiero.
E lei, in un habitat naturale che più bello non si potrebbe manco immaginarlo, si concede con la comprensibile parsimonia e la dovuta superbia.

Roccia di Afrodite
Roccia di Afrodite

Il collegamento della saga di Afrodite con la Coppa di Nestore, custodita a pochi chilometri in linea d’aria dalla casa ischitana, è l’ennesima convergenza che ci convince di come Cipro, per noi, fosse destino, piuttosto che destinazione di viaggio.
Destino.


Nella stessa giornata abbiamo raggiunto Limassol.
Oltre alla tappa di cui sopra abbiamo avuto modo di approfondire tutta la costa meridionale dell’isola, godendo di paesaggi e panorami che resteranno per sempre scolpiti nel cuore e nella memoria.
Evitando le autostrade (gratuite e tenute ottimamente, per inciso) e percorrendo le statali, inoltre.
Il che ci ha permesso di vivere il territorio con maggiore veracità, pur dipanando abbastanza i tempi di percorrenza.

Un’altra tappa emozionante è stata quella al Santuario di Apollo Hylates (divinità dei boschi), posto all’interno del più vasto comprensorio facente riferimento al Sito Archeologico di Kourion, situato nei pressi di una delle due grandi basi militari britanniche presenti nel paese.
Il Santuario si visita in un’oretta, circa: è immerso nel silenzio dei boschi, distante da qualsivoglia gorgoglio della modernità, e regala degli spunti storici di assoluto interesse, oltre che emanare una spiritualità che si respira a pieni polmoni sin dal percorso di avvicinamento alle sue rovine.

Santuario di Apollo Hylates
Santuario di Apollo Hylates

Dopo aver fatto scorta di cultura ci dirigiamo in quel di Limassol: città moderna, con un’anima turistico-commerciale che fa riferimento all’elemento marittimo.
Difatti parliamo di un porto che nel passato era tra i più importanti del Mediterraneo.
Oggi Limisso, come la chiamano gli indigeni, è ricca di vita, in particolar modo nel suo vivacissimo e piacevole lungomare.
I palazzoni giganti che svettano accanto non ci hanno affatto entusiasmato, però.
Limassol va vista, questo è sicuro.
Ma a Cipro forse conviene soffermarsi di più su altre località.

Nel percorso a ritroso da Limassol a Pafo (una ottantina di chilometri, viaggiando sulla statale B1) ci ritroviamo proiettati in una traversata incredibile, che trasforma un semplice viaggio di ritorno in scooter in una magica esplorazione dei nostri sensi.
La luna, piena.
La notte, silente.
Le stelle, splendenti.
Le strade, vuote.
E noi, estasiati.

Nonostante il freschetto sopraggiunto con il calare delle tenebre ed il nostro abbigliamento light che era previsto per una scampagnata fuori porta e non per un itinerario di quasi 24 ore, decidiamo di fermarci nuovamente nei pressi della Roccia di Afrodite.
Lei, la Dea, è ancora sveglia.
Ne captiamo il respiro, lieve ed accattivante.
Ci avvolge e ci stringe a sé, leggiadra e decisa.
Tra nove mesi trarremo le debite conclusioni.

Essendo tutto chiuso, chiaramente, per rispetto nei confronti della succitata Dea mi fermo ad urinare a debita distanza, anche per non incorrere nelle sue ire che metterebbero a repentaglio la mia già traballante fertilità e la mia discutibile virilità.
A prescindere dalle ironie, è una notte che segnerà per sempre i destini dei due matti che l’hanno vissuta.
Una notte meravigliosa.
Semplicemente meravigliosa.
Varrebbe da sola l’intero viaggio e non soltanto.
Non la dimenticheremo mai.
Mai.


Il giorno precedente lo avevamo invece trascorso tra le piscine dell’hotel ed il porticciolo di Pafo, grazioso ed accogliente.

Porto di Pafo

Ricco di localini, perlopiù turistici, e di negozi di souvenir.
Tutto nella norma, ecco.
Tranne che per il Castello di Pafo, una fortezza bizantina ricostruita dagli Ottomani che di sera, con luci soffuse ed appositamente posizionate, risulta essere molto suggestiva.

Castello di Pafo

Per la cena abbiamo optato per la Hondros Tavern, nei dintorni.
Tra i più antichi ristoranti di Pafo, ci ha servito quel che era disponibile datosi che la cucina aveva chiuso da alcuni minuti.
Ottima la moussaka, per la cronaca: un succulento sformato di melanzane, pomodori, patate e stufato di carne precotta in vari strati, con abbondante aggiunta di besciamella.
Piatto tipico della cucina greca, che nella versione cipriota si contraddistingue per alcune modifiche non sostanziali.
Caffè da denuncia per circonvenzione di buongustaio e cetrioli messi praticamente ovunque, frutta inclusa.
Sia io che la mia Lei odiamo il cetriolo, quanto meno per usi alimentari.
Fa bene, lo sappiamo bene.
Fa schifo, è altrettanto indubbio.
La frutta fresca locale è deliziosa, mentre quella “lavorata” è meno gustosa a causa di un eccessivo dosaggio zuccherino che uccide dapprima il palato, infine il diabetico che alberga in me.
Dolce (torta di mele) meritevole di bis, chiaramente non previsto dal rigido protocollo familiare.

Hondros Taverna, Paphos

Al mattino seguente visitiamo l’originale Agioi Anargyroi Church (mastodontica chiesa ortodossa, recentemente restaurata) e decidiamo di fare colazione in centro.
In quello storico, per la precisione.
Cioè nella cosiddetta “Old Town”, la città vecchia.
Parcheggiamo nell’ampio spiazzale a disposizione e mediante un divertente ascensore ci ritroviamo in un pittoresco ed elegante villaggio, all’interno della mura cittadine.
Turistico quanto si vuole, per carità.
Ma elegante, oh sì.
Il mercatino rionale merita una visita e la mia Signora non manca di approfondire la questione.
Ne approfittiamo per fare una deliziosa breakfast all’inglese, come da prassi in casa Corcione.
Il panorama è sublime ed i locali in questo quartiere si equivalgono un po’ tutti, essendo raffinati e, mi sia consentito dirlo (è il mio blog, comando io), parecchio fighetti.

Ma non è la cucina, per quanto degna di nota, il piatto forte di Pafo e di Cipro.
Girando in lungo e in largo la regione si apprezza una natura invidiabile.
Proprio andando a zonzo per Cipro abbiamo finito per innamorarcene perdutamente.

Indimenticabile, per dire, la visione che ci ha accolto quando siamo arrivati a Coral Bay.
Precisamente nella baia dove, nel 2011, il cargo Edro III si è arenato a causa del mare in tempesta.
Nessun problema per l’equipaggio, fortunatamente.
Ma l’imbarcazione, divenuta inutilizzabile, è stata abbandonata e si è trasformata, nel tempo, in una specie di attrazione turistica.
Il relitto, metallico ed arrugginito, incredibilmente non stona affatto con l’ambiente circostante.
Il contrasto, per assurdo, finisce per valorizzare le stupende calette che si dispiegano con feroce bellezza dinanzi agli occhi sconvolti quanto emozionati del visitatore.
Noi, più prosaicamente, ci siamo limitati a trasognare come due bambini in attesa della calza della Befana.

Coral Bay, Pafo
Edro III - Cipro

Proprio dinanzi alla costa, dopo aver passeggiato per un bel po’, ci siamo rinfrescati e rifocillati con un aperitivo da Oniro By the Sea, un modaiolo cocktail bar/ristorante gourmet/trattoria/lounge room e tutto quello che vi pare, situato esattamente di fronte alla sublime baia ove riposa il succitato Edro III.

Al termine di una mattinata simile diventa estremamente complicato aspettarsi qualcosa che possa essere all’altezza delle visioni appena narrate.
Eppure la regione di Pafo -siamo a Peyia, per la precisione- non finisce mai di sorprenderci.

Il nostro fido scooter rigetta al mittente qualsivoglia timore di abbandono improvviso a causa delle temperature roventi raggiunte dal suo motore, messo a durissima prova dai nostri spiriti indemoniati di natura e libertà, e ci trasporta nella Foresta di Pafo, nel regno dei Monti del Troodos.

Una serie di paesini e villaggi che rendono la regione sud-occidentale di Cipro un’oasi di passione bucolica.
Mare e montagna.
Come Ischia.

Mare e montagna.
Il Top.

Il Monte Olimpo si innalza sino a quasi duemila metri di altezza.
Un mix irresistibile di storia, cultura, tradizione.
Sentieri, cascate, ruscelli, boschi: un inno al verde, al relax, alla meditazione, alla natura incontaminata.

E tanto, tanto silenzio.
Non è un caso, infatti, che da queste parti abbondino i Monasteri, con quel non so che di spirituale che prende il sopravvento su tutto il resto.
I monaci, è cosa nota, non si fanno mai mancare un bicchierino di quello buono.
A Cipro è vino, con una saga millenaria che sfocia nel rinomato Commandaria -che si ritiene essere il più antico del mondo-, un passito che si produce ad Omodos, la capitale cipriota del nettare degli dei.
Ma è un po’ tutta la zona dell’entroterra ad essere coltivata per la produzione vinicola, oltre che per le olive, le carrube, gli agrumi, i cereali.
Verso il mare è invece più frequente osservare i bananeti, che per un amante del prodotto quale è lo scrivente rappresentano uno spettacolo non indifferente.

Tornando in quota, mulinare chilometri senza un domani girovagando tra un villaggio e l’altro alla scoperta della Cipro autentica, beh, è veramente fantastico.
Il navigatore è ben fissato sul mezzo, però in parecchie occasioni se ne fa volentieri a meno.
Vince sempre l’istinto e non vi è una volta, nemmeno una, in cui ci si possa pentire della scelta.

Chloraka, Lempa, Kissonerga, Tala e Kathikas sono alcuni dei paesini che abbiamo incrociato sul nostro cammino.


A Peyia abbiamo mangiato da Elisaveta, una tipica trattoria che miscela le tradizioni greche a quelle cipriote.
La famiglia che gestisce il ristorante è originaria di Salonicco.
L’ambiente è 100% ellenico: nei colori, nei sapori e nella cordialità del servizio.
Last but not least: il cibo è superbo.
Io ho replicato la moussaka di Pafo che, nella versione di Elisaveta, si è rivelata essere strepitosa.
Idem per la scelta di Veronica: un monumentale piatto greco-messicano a base di pollo con verdure, fagioli e spezie varie a corredo.
Adoriamo le taverne rustiche ed ospitali, vecchio stile.
Di solito le scegliamo seguendo l’istinto, anziché il web.

Elisaveta - Peyia
Elisaveta - Peyia

Altro giro, altra corsa.
Il giorno successivo ci lanciamo in una traversata quasi oceanica, tenendo conto delle condizioni di partenza, e ci allunghiamo sino a Polis.
Siamo nei dintorni della meravigliosa e selvaggia Penisola di Akamas, uno dei posti più belli dell’intera Cipro.
Le attrazioni sono molteplici.
Noi, da Pafo, optiamo per la strada interna, quella che sale in quota e poi declina verso il mare.
Sulla costa, dove le strade sono pressoché inesistenti, troveremo il modo di passare in futuro.
La montagna ci omaggia di scorci mirabolanti: la parte finale della discesa che da Giolou (circa 300 metri s.l.m.) conduce alla destinazione è un’altra cartolina che non verrà mai cancellata dalla nostra memoria.

Giolou - Cyprus

Polis è un piccolo comune che cela tanti punti d’interesse.
In primis il suo centro cittadino, ben curato e caratteristico.
Poi le sue spiagge, molte delle quali riserve naturali.
Il suo porticciolo, sfizioso e con la spiaggia di Latchi a disegnare una bella passeggiata lì vicino.
E la mitica Blue Lagoon, che non abbisogna di ulteriori commenti.

Blue Lagoon, Cyprus

Aperta parentesi: le spiagge di Cipro sono stupende.
Acque cristalline, dai colori caraibici.
Tanti apprezzamenti per la qualità del mare, pluripremiato con 65 Bandiere Blu e svariate attestazioni di unicità, ad integrarsi alla perfezione con un territorio intriso di valori ambientali e turistici, dotato di ben 11 Parchi Naturali ricchi di flora e fauna.
Il costo di ombrelloni e sdraio, se comparato ai lidi nostrani, è irrisorio.
In alta stagione vi è di sicuro parecchio bordello, magari pure di qualità non eccelsa.
Negli altri periodi si sta da Dio.
A settembre Dio stesso si trasferisce, anch’Egli, a Pafo.

A Polis ci godiamo il piccolo nucleo di cui sopra, nel centro cittadino, e pranziamo alla Mikis Tavern dove un signore anziano -Mikis, per l’appunto- ci serve il piatto locale più celebre del paese, il Meze.
Meze, ovvero “gusto”, da consumare come aperitivo o antipasto quando non da vero e proprio pranzo/cena, datosi che si tratta di una lunga serie di porzioni di tutto quel che si possa immaginare e di centinaia di salse ed intrugli da ingurgitare.
Mikis, ex avvocato bicentenario, è gentile e premuroso, anche se osservandolo con attenzione si percepisce una comprensibile scoglionatura derivante dall’età e dalla stancante routine che -immagino- lo avvolge da decenni.
Il suo meze è comunque ottimo ed abbandonante, sin troppo per due sobri (oddio, sobri forse proprio no…) come noi.
La carne è fenomenale.
Le salse idem.
Volendo, si può optare anche per la versione di mare, del meze: non mancheremo di assaggiarla, quando sarà.
Ciao Mikis, alla prossima!

Mikis Tavern, Polis

Per la sera ci soffermiamo nuovamente nella old town.
Pagkratios Tavern è la prescelta per rifocillarci al termine di una giornata ricca di impegni e divertimento.
Mangiamo benissimo, beviamo ancora meglio (vince una superba Zivania, il distillato tipico cipriota) e facciamo amicizia con la simpatica coppia che gestisce il locale: la serata entra a pieno titolo tra le più amabili degli ultimi mesi, insomma.


Che spettacolo, Cipro.

Sensazioni indimenticabili, che ci ricondurranno a Pafo e ci porteranno a Nicosia, Larnaca e tutto il nord, che giocoforza visiteremo quanto prima.

A Pafo, oltre alla Roccia di Afrodite, sarà d’uopo ripassare alle Tombe dei Re, necropoli Patrimonio dell’Umanità sin dall’inizio degli anni ottanta.
Sito archeologico di assoluta importanza e di vaste dimensioni, che richiede un bel po’ di tempo da dedicare alla visita e che ripaga ogni singolo secondo della stessa.

Tombe dei Re - Paphos

Mastodontico ed affascinante.


A pochi chilometri, nel villaggio di Kissonerga, ci stoppiamo senza un perché ed andiamo a tuffarci nelle caldissime acque settembrine di Potima Beach, spiaggia di sabbia e ciottoli, mare aperto ed infinito senso di libertà.
Uno dei momenti migliori della nostra breve ed intensa vacanza.
Indimenticabile.

Potima Beach - Cyprus

Superfluo aggiungere che mi sono appassionato ancor di più al calcio cipriota.
Lo seguivo abbastanza, per ragioni di betting.
Oggi entra a pieno titolo nella graduatoria dei miei tornei preferiti (prima e seconda divisione).

Su Cipro, cos’altro dire?
Sia io che Veronica non vediamo l’ora di tornarci, come scritto già venti volte.

Un luogo magico, che ci ha conquistato in modo incalzante ed immutabile.

La seconda parte del racconto, di conseguenza, non tarderà ad arrivare.

V74

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