Suede - Autofiction
  • 2022

Suede – Autofiction

I Suede sono una delle band che più mi divertono tra quelle che di rado ho seguito con la dovuta attenzione.

Suede - Autofiction

Nel periodo d’oro del Britpop anticiparono i tempi e le mode facendo davvero ottime cose: tra cui l’album d’esordio, omonimo, che ancora oggi è per loro un vertice insuperato e, probabilmente, insuperabile.

I tre dischi successivi sono di altrettanta ottima fattura, va detto, prima di un calo -fisiologico o meno- abbastanza vistoso.
Agli inizi degli anni duemila si sciolsero, salvo rientrare sulle scene un decennio più tardi con in dono un trittico di lavori alquanto interessanti.
Oggi, nel 2022, firmano un nuovo contratto con la BMG e pubblicano la loro nona sinfonia da studio: Autofiction.


Quello che non sempre ha convinto sino in fondo degli Suede è una talvolta troppo palese tendenza al glamour, evidente e percettibile (eccome!) pure nei solchi dei loro dischi.
Che siano glam non si discute.
Che gli piaccia esserlo, idem come sopra.
Che alcuni mercati, in primis quello italico, possano averli considerati altezzosi finendo per trattarli come fenomeno di culto, pure.
In sintesi: una sorta di Placebo più raffinati e per certi versi più innovativi, sebbene -forse- non compresi sino in fondo, quantomeno dai contemporanei.
E, come i Placebo, anch’essi maledettamente traboccanti di talento.

Oggi, maturi e con prole a carico, sfrondano tutti gli orpelli inutili e mostrano soltanto il glamour intrinseco, che non guasta affatto, iniziando un moderno viaggio a ritroso nelle sonorità passate, soprattutto 80.
Una miscela esplosiva di classe e talento, che li porta a sfornare uno dei migliori dischi dell’anno.

Autofiction entra dentro sin dal primo approccio e cresce man mano che lo si approfondisce.
Non è immediato, a dirla tutta, però è tremendamente coinvolgente.

Brett Anderson, il più coerente tra i maggiori incoerenti della Storia della Musica, è ispirato come non mai.
Gli altri membri della band lo coadiuvano con la massima attenzione e compartecipazione emotiva.
Risultato finale: trequarti d’ora di autentica bellezza sonora.


Track List:

  1. She Still Leads Me On
  2. Personality Disorder
  3. 15 Again
  4. The Only Way I Can Love You
  5. That Boy on the Stage
  6. Drive Myself Home
  7. Black Ice
  8. Shadow Self
  9. It’s Always the Quiet Ones
  10. What Am I Without You?
  11. Turn off Your Brain and Yell

She Still Leads Me è il singolo di lancio ed è incentrato sul rapporto tra Brett e la madre, che non ha più accanto ma che continua ad ispirarne le gesta ed influenzarne i pensieri.
Personality Disorder è uno strepitoso concentrato di ritmo punk ed energia darkwave, con a corredo un testo tanto alienato quanto brillante.
Insieme a Rachael degli statunitensi She Wants Revenge ed a Map of the Problematique dei Muse (roba vecchia, eh) è il mio pezzo del mese, in loop 24H24 o-v-u-n-q-u-e: tenuto conto che la mia isoletta ormai abbonda di autovelox e controlli, sono pronto a spendere un capitale in sanzioni.
15 Again è il secondo singolo e con i suoi grintosissimi riff è molto rappresentativo di quello che gli stessi Suede hanno definito un disco -appunto- punk.
The Only Way I Can Love You, al contrario di altre ballate simili, si presenta come una canzoncina melodica del cazzo e poi sale rapidamente di tono fino a stupire.
That Boy on the Stage, terzo singolo, è un lesto intermezzo hard rock incastonato perfettamente in un punto della scaletta dove sta a meraviglia.
In Drive Myself Home il leader e vocalist della band regala una performance davvero toccante, con un cantato profondo che esalta liriche possenti e tormentate.
Black Ice, in poco più di un paio di minuti di basso e passione, evidenzia un sound post-punk di elevata ispirazione.
Shadow Self continua l’avventura in territori musicali oltremodo sconfinati, ampliando gli orizzonti di Brett e compagni sino ad un mistico gotico.
La seguente It’s Always the Quiet Ones non rallenta affatto i battiti, tutt’altro.
What am I Without You? è un sentito tributo ai fans ed è un inno di gratitudine nei confronti di tutti coloro che, negli anni, a vario titolo, non hanno mai perso di vista i propri beniamini.
Turn Off Your Brain And Yell chiude trionfalmente il disco, con toni epici e che, come in altri momenti del lavoro, al sottoscritto riportano alla mente l’intensità e la veemenza espressiva dei The Sound.


Con alla produzione Ed Buller, che li accompagnò agli esordi, sarebbe stato lecito attendersi l’abituale (e proficua) operazione vintage, in ricordo dei bei tempi andati.
Invece pur non rinnegando il passato, anzi, i Suede si proiettano al presente, con la capacità di non guardare al futuro ma bensì a quello che è oggi e che, di conseguenza, è già domani.
Parola d’ordine: determinazione, reinventandosi con fervore ma senza tradire le proprie origini.
Così i britannici danno alle stampe un lavoro semplicemente sublime, a tratti emozionalmente irresistibile, che squarcia qualsivoglia perplessità sul percorso artistico di una band complessa e non di rado “insolita” in alcun frangenti della carriera, ma assolutamente onesta.

Is it wrong to love you?
As much as I do?
Is it wrong to do the things we’ve done?
You witnessed our confession and execution
You walked us to the rope and watched us drop

personality disorder

Geniale anche l’idea iniziale di produrre l’opera in piccoli club, sotto falso nome, per fare in modo di trasferire sul disco l’atmosfera dal vivo e senza annunciarne preventivamente l’espediente.
Il Covid ha fatto saltare il piano e i Suede hanno successivamente messo in atto la cosa con modalità differenti (una sorta di segreto di Pulcinella, per quanto oltremodo sfizioso) ed hanno registrato in Dolby Atmos, per fare in modo che il suono possa avvolgere completamente l’ascoltatore piuttosto che raggiungerlo soltanto attraverso i due canali classici (destro-sinistro).

Nessuna magniloquenza, nessun trucco, nessun inganno.
Ambizione, sì.
Ma con estrema autenticità, oserei dire con crudezza.
I Suede si presentano esattamente come sono oggi, nel 2022.
O, per meglio dire, come sentono di essere.

Il risultato è strepitosamente intrigante.
Uno dei dischi dell’anno: mi ripeto e lo faccio con assoluta convinzione.
Audace come un esordio, inquieto come una rinascita.
Bello, bello, bello.


E quella Personality Disorder che nel posto giusto e con la gente giusta deve essere spettacolare. In tour e anche altrove.

Suede – Autofiction: 8

V74

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