- Carboncino
Onofrio Barone
Piccolino, ma tremendamente efficace.
Potrebbe essere un commento perfetto per una miriade di giocatori, nella lunga e meravigliosa Storia del Calcio.
Di certo è una descrizione che calza a pennello per uno dei migliori interpreti di quel divertentissimo Foggia di Zeman che fu, tra la fine degli anni ottanta e gli inizi del decennio successivo.
Trattasi di Onofrio Barone, “Nuccio” per gli amici.
Un centrocampista che mi piaceva un botto, ai tempi.
Onofrio Barone nasce nell’estate del 1964 a Palermo.
Vivere in Sicilia è una fortuna, per le bellezze locali e per tutta una serie di ragioni, in primis quelle enogastronomiche, che fanno dell’isola uno dei luoghi più belli della penisola e, di conseguenza, del pianeta.
Certo, i disagi non mancano.
Ed alcuni di essi, manco a dirlo, sono pesanti.
Estremamente pesanti.
La famiglia del piccolo Onofrio, per grazia divina, gira alla larga da certi contesti.
E lui cresce tranquillo, con una passione sfrenata per il pallone.
Un marchio di fabbrica per parecchi ragazzini che si divertono a giocare e pure per tanti futuri appassionati che avranno la immane fortuna di fare della propria passione una vera e propria professione, anche ben remunerata.
Onofrio, bassino e mingherlino, pare avere stoffa per sognare di rientrare tra i secondi e già da giovanissimo mostra doti oltremodo interessanti, disimpegnandosi nel ruolo di laterale di fascia mancina.
Sfrutta il suo fisico non statuario per sgusciare via agli avversari e, caratteristica importante per la sua età, si muove in campo alzando la testa e lavorando di cervello, oltre che di gambe.
Entra presto nel settore giovanile del Palermo.
Dagli Esordienti arriva sino alla Primavera.
Zdeněk Zeman, all’epoca allenatore della principale selezione giovanile rosanero, lo tiene sott’occhio e lo segnala allo staff tecnico palermitano.
Nella stagione 1981-82 Barone viene aggregato alla prima squadra insieme ad altri promettenti giovani del vivaio siculo, tra i quali spiccano il regista Modica, il fantasista Maurizio Schillaci ed il difensore Bigliardi.
Il Palermo, che da una decina di anni bazzica la B, è allenato dal bravo Renna.
Onofrio Barone non riesce ad esordire, chiuso da calciatori più esperti.
La squadra lotta per la promozione in serie A, ma è troppo altalenante nei risultati per tagliare il traguardo tra le prime.
Dodici mesi più tardi si salva addirittura per il rotto della cuffia dalla caduta in C, nonostante la presenza di validi calciatori tra i quali meritano una menzione il bomber De Rosa, l’estroso Montesano, il potente De Stefanis, il talentuoso Totò Lopez, il grintoso Odorizzi, il tenace Marmaglio, il poderoso Volpecina.
Barone, che in Primavera con Zeman gioca terzino sinistro e che il Palermo vorrebbe spedire in Interregionale per accumulare esperienza, si ritaglia invece un discreto spazio in rosa sfruttando un’amichevole infrasettimanale in cui si mette in mostra, conquistando la fiducia di Renna ed accumulando con la prima squadra poco meno di una ventina di presenze, mettendo inoltre a segno tre reti.
Identico numero di partite messe a referto nella seguente annata, ma senza mai andare in gol in una stagione sofferta, in cui il Palermo non riesce a ripetere il miracolo e retrocede in terza serie.
Il tecnico Giagnoni punta parecchio su Onofrio Barone, che chiama affettuosamente carboncino, a causa del colorito scuro del ragazzo palermitano.
Però il suo apporto non basta a mantenere la categoria, con Giagnoni che salta a poche giornate dal termine senza che questo serva a salvare la baracca.
Dopo la caduta in C, Onofrio Barone diventa uno dei cardini sui quali il Palermo prova a costruire la risalita in cadetteria.
Il grintosissimo allenatore Tom Rosati organizza un team che lotta e produce un bel calcio, chiudendo in testa alla classifica a pari merito col Catanzaro e tenendo a debita distanza il terzo incomodo, alias il Messina di Scoglio.
Maiellaro, De Vitis, Gabriele Messina, Claudio Ranieri, Piga, Guerini, Paleari: squadra forte, senza dubbio.
Peccato che il presidente Parisi sia vittima di un agguato di stampo mafioso, a stagione in corso.
E che Rosati, malato da tempo, si spenga poche settimane dopo aver tagliato il traguardo.
La vita continua e Barone è titolarissimo anche in B, in una squadra rinforzata da Sorbello, Pallanch, Silvano Benedetti e Claudio Pellegrini.
Gli allenatori Angelillo (inizialmente) e Veneranda (poi) provano a mantenere la barra dritta in una stagione estremamente complicata per i rosanero, tra problematiche societarie e molte voci extra-campo che raccontano di storie poco edificanti, riguardanti scommesse e gare truccate.
Il Palermo, soffrendo, si salva sul campo.
Poi si ritrova coinvolto, per l’appunto, nel Totonero-bis, finendo dapprima per essere penalizzato e poi, con l’aggravarsi dei problemi societari, per essere addirittura radiato.
Diversi calciatori palermitani finiscono quindi sul mercato, anche se alcuni di essi -Onofrio Barone incluso- debbono scontare una squalifica per i provvedimenti del processo di cui sopra.
Trattasi, per la maggior parte dei casi, di omessa denuncia.
Ci si è girati dall’altra parte, insomma, mentre qualcuno tentava di organizzare combine o influenzare risultati a proprio piacimento.
Una sorta di omertà latente che nel calcio, volente o nolente, è presente da sempre.
E che è estremamente complicato individuare e punire in modo certo, corretto ed esemplare.
Ragion per cui spesso si patteggia qualche mese e si salvano capra e cavoli.
Sia quel che sia, Barone è a spasso, senza contratto.
Ventiduenne, non può permettersi di restare fermo.
Si accasa quindi al Messina di Scoglio, che dopo quasi due decenni è nuovamente salito in B.
Insieme a lui firmano per i peloritani anche i compagni Paleari e Falcetta, oltre ad altri elementi di categoria come Gobbo, Mossini ed Orati.
Il mitico puntero Totò Schillaci, l’elegante libero Bellopede, il talentuoso fantasista Catalano e l’arrembante laterale Nicolò Napoli sono i cardini di una squadra che bazzica la zona promozione e poi, con un finale non eccelso, chiude settima in graduatoria.
Onofrio colleziona qualche presenza in Coppa Italia e due panchine ed una caterva di tribune in campionato.
Perde una stagione, in sintesi.
Su segnalazione del suo mentore Zeman, appena passato dal Foggia al Parma, Barone viene acquistato pochi mesi dopo dai satanelli pugliesi.
Serie C1, con qualche velata mira di promozione.
I Diavoli del Sud ingaggiano come tecnico il navigato Marchioro e disputano una discreta stagione, giungendo quinti nel proprio girone.
Onofrio gioca da titolare ed è tra i migliori dei suoi, che pure annoverano tra le proprie fila elementi di notevole caratura, per la categoria (Barbuti, Scienza, Rossi).
Un anno dopo, sotto la sapiente guida di Caramanno, il Foggia festeggia la promozione in cadetteria.
Onofrio Barone è il miglior goleador (sei reti) di una compagine tosta e volenterosa, che approfitta di un Palermo -favorito della vigilia- dapprima rallentato dai cugini del Catania alla penultima e poi fermato dallo stesso Foggia nello scontro diretto decisivo all’ultima giornata e vola al secondo posto, che vale la B.
Ed è proprio lui, il siculo, ad entrare nella leggenda, perché nella sfida finale -disputata sul campo di Trapani per il lavori in corso alla Favorita n vista dei Mondiali di Italia 90– mette a segno la rete del vantaggio dei suoi, con un calcio di punizione dalla traiettoria beffarda che inganna un giovanissimo Tagliatela, estremo difensore rosanero, e porta in vantaggio i pugliesi, in inferiorità numerica dopo pochi minuti di gioco a causa di una scriteriata espulsione rimediata dal centravanti Coppola.
Il Palermo riuscirà a pareggiare nel finale, ma il gol di Barone, unitamente alla sapienza tattica del mister Caramanno (altro siciliano DOC), che ha giostrato i suoi uomini con maestria e senza che patissero oltre misura l’uomo in meno rispetto agli avversari, entra nella storia del calcio foggiano.
Il centrocampista siciliano festeggia la promozione ai danni del club che lo ha cresciuto, quindi.
Non è stata una sua scelta, quella di abbandonare la Sicilia.
Però a Foggia si trova davvero bene e firma il rinnovo con i satanelli, allungando il contratto già in essere.
Un segnale di fiducia, da parte dei dirigenti pugliesi, che Onofrio apprezza molto.
In Puglia il vulcanico presidente Casillo richiama Zeman sulla panca del suo team e per Barone è un’ottima notizia, datosi che il boemo lo conosce alla perfezione e ne apprezza sia le doti umane che quelle sportive.
Nasce il celeberrimo Foggia dei Miracoli, che per qualche anno stupisce l’Italia calcistica e diverte come non mai una tifoseria calda ed istintiva, come quella rossonera.
Ed Onofrio Barone è uno dei protagonisti del gruppo allenato da Zeman.
Nel suo primo anno in quella che presto diverrà Zemanlandia salta un solo match, per squalifica.
Invero l’inizio non è dei migliori, con la squadra che stenta e che non assimila rapidamente i dettami tattici del boemo.
Poi, man mano, la matassa si dipana ed il Foggia, grazie alle reti del bomber Signori, chiude in crescendo, finendo ottavo.
La sgusciante ala Rambaudi ed i solidi centrocampisti Nunziata e Fonte, oltre a Barone, si mettono in mostra, tra le fila dei pugliesi.
Nel calciomercato estivo Zeman ed il direttore sportivo Pavone allestiscono una rosa in grado di dare l’assalto alla serie A.
Il patron Casillo allenta i cordoni della borsa e porta nel Tavoliere anche il veloce attaccante Baiano, andando a comporre un tridente da sogno con Rambaudi e Signori.
Il Foggia, col miglior attacco del torneo, vince il campionato e ritorna in massima serie, mettendo in evidenza un gioco spumeggiante, nel contempo, indubbiamente redditizio.
Barone, ancora una volta, è il direttore di un’orchestra oltremodo divertente.
Nel settore nevralgico del terreno di gioco divide la sua avventura zemaniana con Manicone, Fonte e Nunziata nella prima stagione, poi con lo stesso Manicone, Porro e Mauro Picasso nella seconda.
Cambiano gli interpreti e mutano alcuni scenari, ma nello scacchiere tattico disegnato dal boemo il buon Onofrio Barone è un elemento imprescindibile.
Certo, l’esame serie A è tosto, ancor di più in un periodo in cui il calcio italiano è ancora al vertice delle classifiche mondiali per importanza e qualità dello spettacolo.
Molti addetti ai lavori pronosticano un Foggia già retrocesso a Natale.
Invece il club di Casillo disputa un’annata suntuosa, sfiorando la qualificazione nelle coppe europee e mettendo in mostra parecchi elementi di valore.
Oltre al solito tridente show, a rubare l’occhio sono: lo spericolato portiere Mancini, il valente jolly russo Shalimov, l’infaticabile laterale rumeno Petrescu, lo sgusciante attaccante russo Kolyvanov, il ruvido stopper Matrecano e, neanche a dirlo, il solito Onofrio Barone che, unitamente all’arrembante terzino Codispoti, risulta essere il più presente della rosa pugliese e, come se non bastasse, pure uno dei cinque sempre presenti in campo per l’intera stagione in oggetto e, tra questi ultimi, l’unico giocatore di movimento (gli altri quattro sono infatti i portieri Ferron, Rampulla, Gregori e Pagliuca).
Oltretutto il nostro supera a pieni voti l’esame con la massima serie, va detto.
Nel 2024 sarebbe già stato chiamato per uno stage con la Nazionale.
Ma siamo agli inizi degli anni novanta e la maglia azzurra è ancora una cosa seria.
Barone, autore di una stagione veramente da incorniciare, sogna ad occhi aperti, pur senza voli pindarici.
Perché Onofrio, oltre ad essere un ottimo centrocampista, è soprattutto un ragazzo serio, umile, con dei valori autentici e profondi.
Dotato di una raffinatissima intelligenza tattica, riesce ad essere il complemento ideale per qualsivoglia compagno che giostri nella metà campo del suo team.
Tecnica eccelsa e cervello fino, oltre agli inesauribili polmoni che ne accompagnano l’azione.
Può giocare da regista, pure avanzato, da metronomo dinanzi alla difesa, da interno (a sinistra )e da mezzala.
Una storta di tuttocampista, come si direbbe oggi.
Essendo minuto, di testa la becca poco o nulla, ma nei contrasti sa farsi valere.
Ha grinta, insomma.
E manco poca.
Con un sinistro fatato che illumina e che, sia da fermo che in movimento, fa la differenza.
Eccome, se la fa.
Non è soggetto ad infortuni gravi, in carriera.
Buon rigorista, tra l’altro.
Tenendo conto che riesce ad imporsi come titolare, che spesso è leader e capitano e che fa la differenza in ogni contesto ed in qualsivoglia categoria, beh, la sensazione è che sia stato, per molti versi, un giocatore decisamente sottovalutato.
Neanche a dire che non fosse continuo, tutt’altro.
Non parliamo di Xavi o Iniesta, ci mancherebbe.
Qualche difetto c’è, come per chiunque altro.
Magari talvolta pecca in velocità, ecco, sebbene sopperisca con la rapidità di pensiero e la visione panoramica del gioco.
Il fatto che il suddetto si ritrovi con due sole stagioni -la seconda delle quali da part-time, per giunta- di serie A nel curriculum, almeno a parer mio, resta un oltraggio al pudore calcistico.
A proposito: sì, avete letto bene.
Onofrio Barone, al termine di una meravigliosa annata di massima serie con i Satanelli dei quali è fiero capitano, viene ceduto ai cugini del Bari, in serie B.
Baiano passa alla Fiorentina, Schalimov si trasferisce all’Inter, Signori viene ceduto alla Lazio, Matrecano di accorda con il Parma e Rambaudi firma con l’Atalanta.
Il Foggia non smobilita, bensì prova a rimescolare le carte e tenta l’azzardo, ingaggiando una pletora di sconosciuti e/o di calciatori da valorizzare.
Alcuni di essi non sono affatto male: Di Biagio, Seno, Biagioni, Mandelli, Roy, Bresciani.
Una sessantina di miliardi in e una ventina out, il consuntivo del calciomercato del boss Casillo e del D.S. Pavone.
Zeman avalla tutto, anche la cessione di Barone, convinto che in certi contesti l’unica arma di concentrazione di massa sia il riciclo continuo di risorse e di stimoli.
Brutto a dirsi, ma tremendamente efficace a farsi.
Il siciliano sposa il progetto Bari, voglioso di riconquistare sul manto verde la categoria regina del calcio italiano, che sente di aver meritato.
Gli uomini del presidente Vincenzo Matarrese ingaggiano come allenatore l’ex Fiorentina e Nazionale Brasiliana, Lazaroni.
Oltre a Barone, dal Foggia prelevano il difensore centrale Consagra.
Ed acquisiscono anche i cartellini di Alessio (Juventus), Igor Protti (Messina), Montanari (Inter), Tovalieri (Ancona) e Taglialatela (Napoli), oltre alla solita ed immancabile trafila di movimenti minori, tra prestiti, rientri alla base ed altro ancora.
La rosa è buona, non si discute.
Onofrio Barone condivide il centrocampo col compianto Enrico Cucchi, col versatile Alessio e col grintoso Terracenere.
Le alternative non mancano, ma il palermitano è l’unico insostituibile della squadra, as usual.
Lazaroni lascia il posto a Materazzi, a stagione in corso.
Il subentrante conclude il campionato senza sussulti, purtroppo.
Un torneo deludente, per i galletti.
Che in estate ripartono alla carica confermando il tecnico -e dando quindi un bel segno di continuità al proprio progetto-, indovinando alcuni rinforzi mirati (Pedone, Gautieri, Ricci, Bigica e Mangone, su tutti) e centrando infine un bel secondo posto che vale il ritorno in serie A.
I gol del tandem d’attacco Tovalieri-Protti e le geometriche giocate di Barone, per l’ennesima volta il calciatore più presente della rosa, valgono un trionfo meritato, per il gruppo biancorosso.
Onofrio, con i sopraccitati Bigica e Pedone, si occupa del centrocampo barese e lo fa con la solita maestria.
Sbarca di nuovo in A, quindi: ma complice il ritorno a Bari del brasiliano Gerson, il furetto siciliano si ritrova a far da tappezzeria.
Mette in fila poco meno di una ventina di presenze, perlopiù da subentrante in una compagine che si salva abbastanza “tranquillamente”.
Barone, trentunenne, capisce che il treno per certi livelli è ormai bello che passato.
Si sente fisicamente bene, comunque.
Ed ha il sacro fuoco del calcio dentro.
Si guarda intorno e saluta un Bari che andrà incontro ad una cocente retrocessione, dodici mesi più tardi.
Lo cercano diverse società di B, alcune delle quali decisamente ambiziose.
Lui, uomo del Sud, decide di spostarsi al nord ed accettare la corte del Verona ove, insieme all’allenatore Perotti ed a compagni quali De Vitis, Zanini, Cammarata, Baroni, Tommasi ed altri ancora, ottiene -da protagonista, s’intende- un’altra promozione in A.
Una garanzia di successo, Onofrio.
Oltre che un portafortuna.
Gli scaligeri decidono di non confermare il calciatore nativo di Palermo, finendo anch’essi, come accaduto al Bari poco prima, per tornare subito in cadetteria.
Onofrio Barone firma per la Lucchese, sempre in B, disputando una discreta annata culminata con una placida salvezza dei toscani.
Quindi rifà la valigia, in direzione Palermo.
Torna a casa, finalmente.
I siciliani, retrocessi in C1, sognano il ritorno in B.
Il figliol prodigo fa il suo, però l’annata è impregnata di polemiche, malumori, dissidi, proteste.
Un disastro annunciato, che culmina in una deprimente retrocessione in C2, al termine dei play-out.
Il fallimento dell’Ischia permetterà poi il ripescaggio dello stesso Palermo, in una vicenda che definire oscura è davvero poco.
Onofrio, deluso ed amareggiato per l’esito del torneo, saluta la compagnia e firma un biennale per il Trapani, appena retrocesso i C2.
Insieme a Zaini, Bonaiuti, Amato, Bucciarelli, Fusco ed altri calciatori di buon palmarès cerca di riportare subito i granata nella categoria successiva, non riuscendoci.
Un anno più tardi, nonostante la presenza di rinforzi come Grimaudo e Pittana, il Trapani sprofonda addirittura tra i Dilettanti.
Barone resta in C2, però.
E lo fa per un triennio, indossando le casacche di Puteolana, Campobasso e Nocerina.
Con i campani si diverte e disputa un bel torneo, con la squadra che si attesta nelle zone nobili della graduatoria.
Con i molisani invece le cose vanno male: retrocessione e fallimento, a brevissima distanza temporale.
Il ritorno in Campania, alla Nocerina, è foriero di buone prestazioni e risultati discreti, con un terzo posto finale.
In quel di Pozzuoli ed a Nocera a volere Barone è il folcloristico Eziolino Capuano, che si fida ciecamente del regista palermitano (allenato al Trapani) e gli affida le chiavi di centrocampo del suo club prima di essere, come d’abitudine, esonerato a stagione in corso.
Nel 2003, oramai prossimo alle quaranta primavere, Onofrio Barone si accorda con la Casertana, in serie D.
Il sodalizio con Capuano prosegue anche a Caserta, con il centrocampista palermitano che è capitano dei suoi e ne diventa anche allenatore, dopo l’allontanamento di Capuano e dei suoi successori.
Onofrio guida i casertani ad un buon finale di torneo ed alla vittoria per 3-1 nel ritorno dei play-off, contro il Savoia, che aveva vinto per 1-0 l’andata.
Il risultato della gara di Caserta, viziata da gravi incidenti tra le tifoserie, non viene però omologato ed arriva la sconfitta a tavolino per 3-0 per entrambe le compagini col Savoia che passa il turno, in virtù del punteggio dell’andata.
Un’autentica beffa, per i ragazzi di Barone.
Onofrio viene confermato in panca per la seguente stagione, sebbene venga sollevato dall’incarico dopo poche giornate e continui soltanto come calciatore.
Annata disgraziatissima e retrocessione quasi annunciata, peraltro giunta a stagione in corso, per inadempienze sportive.
Barone, quarantunenne, se ne ritorna in Sicilia e gioca in Eccellenza col Carini, vicino casa, per un anno.
A volerlo è il suo caro amico Compagno, col quale ha militato in passato nel Palermo e nel Trapani.
L’offerta del Carini arriva prima di quella del Siracusa (D) e consente ad Onofrio Barone di poter vantare presenze in serie A, B, C1, C2, Campionato Dilettanti, Eccellenza.
Poi, alla soglia delle quarantadue primavere, arriva l’addio al calcio per un giocatore che è stato basilare nelle proprie squadre, arrivando a calcare i terreni da gioco in un’età in cui nessuno dei suoi coetanei riesce più a correre dietro a giovanissimi con la fame negli occhi.
Onofrio, che si è sempre allenato con serietà, ha la capacità di far girare la sfera, oltre che la testa degli avversari.
Le gambe mulinano sino ad una certa, poi bisogna saper usare anche altro.
Barone, che comunque non riesce a stare lontano dal calcio, si reinventa subito come tecnico.
Collabora con Materazzi, al Bari, e poi lo segue nel progetto Ibiza, in Spagna, dove il primo è Direttore Generale e l’altro allenatore capo.
Quindi il rientro in Italia e l’inizio di una proficua collaborazione con Devis Mangia, da vice.
Primavera e prima squadra del Palermo, in rapida serie.
Poi la Nazionale Under 21, ancora da vice.
Negli anni recenti si è divertito a collezionare orologi, una sua innata passione, e si occupato del settore giovanile del Palermo, in attesa di una chiamata come primo allenatore che, sfortunatamente, non è mai arrivata.
Il ricordo di quel furetto nel Foggia di Zeman è quanto mai vivido, così come lo è in tutte le tifoserie che lo hanno apprezzato vedendolo indossare la propria casacca da gioco.
Un bel centrocampista, completo, di quelli che oggi “non se ne fanno più”.
Onofrio Barone: Carboncino.
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