- Destino crudele
Marco Saltarelli
Dopo aver raccontato di Maurizio Moscatelli e della sua cattiva sorte in maglia Laziale, il pensiero vola inesorabilmente ad un altro calciatore che invero con la Lazio ha ottenuto una promozione in serie A, sì, ma col quale il destino si è accanito in maniera incredibile nella vita, piuttosto che sul terreno di gioco ove, bisogna dirlo, forse pure avrebbe meritato una carriera migliore, viste le premesse.
I tifosi della Lazio e gli appassionati del mitico Calcio degli anni 80 avranno già capito di chi stiamo parlando.
Yeah, proprio lui.
Marco Saltarelli, classe 1962, ha natali nell’hinterland romano e, più precisamente, ad Albano Laziale.
Cresce nel bel quartiere che si sviluppa nei dintorni di Via Aurelio Saffi, dove abita la sua famiglia.
A scuola se la cavicchia discretamente, però la passione autentica del piccolo Marco ha un solo nome: il pallone.
Fisico asciutto e tanta corsa: il bambino si trasforma presto in ragazzo ed inizia a mettersi in mostra, tra i coetanei.
Milita in diverse compagini locali, sin quando a mettere gli occhi sui di lui è la Lodigiani, terza società romana -dopo Lazio e Roma- e fucina di ottimi talenti a livello giovanile.
Nei dintorni della maggiore età Marco fa il suo esordio con la casacca della prima squadra, che nei primi anni ottanta milita nel campionato Interregionale (oggi Campionato Nazionale Dilettanti), ai tempi il quinto livello della piramide calcistica tricolore.
Il suo allenatore, Attardi, lo utilizza soprattutto da stopper, per quanto il ragazzo dimostri una notevole capacità di adattamento pure negli altri ruoli della difesa.
Il tecnico dei biancorossi, che aprirà un ciclo importante con la Lodigiani, ha buon occhio e pronostica a Saltarelli una carriera importante, a patto che continui a lavorare con umiltà ed a crescere giorno per giorno, come un vero professionista dovrebbe sempre fare.
L’albanense lo prende in parola e disputa un’ottima annata, culminata nel terzo posto in classifica del suo team.
Non basta a salire in C2, però è sufficiente per attrarre sul difensore gli occhi di alcune società di categoria superiore.
Un passo indietro è doveroso, a questo punto.
Dodici mesi prima una segnalazione giunge anche alla Lazio, all’epoca in serie B, che visiona in un paio di occasioni il giovane prospetto e poi, nel settembre del 1981, invita i cugini al Flaminio, per una amichevole.
Il match termina col punteggio di 5-2, in favore dei Biancocelesti.
Marco Saltarelli gioca trequarti di gara, quindi rientra negli spogliatoi, sostituito da un compagno.
I ritmi sono blandi, come si confà ad una partita amichevole di metà settimana e di inizio stagione.
L’allenatore della Lazio, Castagner, è a San Benedetto del Tronto, per visionare quella Sambenedettese che gioca in Coppa Italia con il Lecce e che di lì a poco affronterà i romani per il primo incontro di campionato.
Il suo vice, l’argentino Morrone, lo relaziona sulla sgambata con la Lodigiani e gli conferma che Saltarelli è davvero un calciatore interessante.
I dirigenti Laziali continuano a seguire Marco nell’arco dell’annata in Interregionale ed in estate decidono di portarlo a Roma, facendogli firmare un contratto con gli Aquilotti.
Un sogno, per il difensore, che decolla direttamente per la B con un salto epocale.
Starà a lui dimostrarsi all’altezza della fiducia riposta in un giovane di belle speranze, certo, ma pur sempre a digiuno di calcio vero, se discorriamo di professionismo ad alti livelli.
Saltarelli in Interregionale ha avuto modo di forgiare il suo carattere, invero già bello tignoso di indole, lottando su campi polverosi ed infidi contro attaccanti che manco nei peggiori bar di Caracas.
Nell’estate del 1982 si ritrova nel ritiro della Lazio che si svolge in Alto Adige, in provincia di Bolzano.
La società vuole la serie A e la vittoria dell’Italia di Enzo Bearzot ai recenti Campionati del Mondo, in Spagna, ha restituito -mediante amnistia- ai biancocelesti due fenomeni come Giordano e Manfredonia, oltre al portiere Cacciatori.
La rosa attrezzata dai dirigenti Laziali è più che discreta.
I portieri sono Moscatelli, Orsi e Cacciatori.
In difesa, oltre a Marco Saltarelli, ecco Podavini, Spinozzi, Miele, Chiarenza, Perrone, Pochesci e Sciarpa.
In mezzo al campo agiscono D’Amico, Manfredonia, Badiani, De Nadai, Montesi, Vella, Tavola, Sanguin, Marini, De Angelis e Ferretti.
Davanti Giordano, Chiodi, Ambu, Meluso, Vagheggi e Surro.
Chiarenza, Sanguin, Ferretti e Vagheggi salutano la compagnia nel calciomercato di riparazione autunnale, andando a completare quella che è a tutti gli effetti una vera e propria rivoluzione attuata dalla Lazio, con una dozzina di acquisti ed una quindicina di cessioni in tutto, rispetto all’annata precedente.
La separazione con Chiarenza, in particolar modo, è connessa all’esplosione di Saltarelli che chiamato in sostituzione dell’altro, espulso per un fallo di reazione alla terza giornata di campionato contro il Monza, conquista il posto da titolare e non lo molla più sino a fine stagione.
Inoltre ottiene la soddisfazione della chiamata nella Nazionale Under 21 di serie B, giocando titolare in una amichevole con i pari età della Grecia, terminata sul punteggio di parità (0-0).
Insieme a lui ci sono Vialli, Francini, Incocciati, Bruno, Icardi, Rampulla.
Giusto per dire, oh.
Marco gioca da terzino sinistro, molto accorto.
Una sorta di “braccetto” della difesa a tre, che oggi va tanto di moda.
Davanti ad Orsi, che nella dalla medesima terza giornata prende il posto di Moscatelli, ci sono Podavini a destra e lui a sinistra, con Perrone, Spinozzi, Miele e Pochesci che si alternano come centrali.
A centrocampo Manfredonia -che può agire anche in difesa- e Vella sono pressoché inamovibili, con Badiani, De Nadai e Tavola ad alternarsi tra loro nel settore nevralgico del gioco.
All’estro di D’Amico è affidata l’ispirazione per il bomber Giordano e per i suoi assistenti, Ambu e, più di rado, Surro.
Gli altri in rosa danno una mano ed alla fine si festeggia il secondo posto in classifica, che vale il ritorno della Lazio in massima serie.
Marco Saltarelli è tra i migliori dei suoi.
Costante, determinato, ambizioso: è felicissimo di far parte di una società gloriosa e, nel contempo, di potersi misurare in una piazza importante, dinanzi ad un pubblico caloroso e con la prospettiva di sbarcare in una serie A che, negli anni ottanta, è il miglior campionato del pianeta.
Il sogno si infrange presto, purtroppo.
Il centravanti della Lazio che vinse lo Scudetto nel 1974, il mitico Giorgio Chinaglia, in estate torna a Roma ed acquisisce le quote della società, promettendo la conferma del trio delle meraviglie Giordano-Manfredonia-D’Amico e l’acquisto di stranieri fortissimi, che porteranno la squadra nelle posizioni nobili della classifica.
Si parla del brasiliano Eder, del tedesco Littbarski, del francese Giresse e di un altro paio di autentici campioni.
Ovviamente non arriva nessuno di loro, per quanto la Lazio ingaggi il discreto -ma decisamente incostante- brasiliano Batista e il talentuoso -ma ancora acerbo- danese Laudrup.
Il trio di “campioni” resta, quantomeno.
E sbarca a Roma anche uno stuolo di comprimari e rinforzi (o presunti tali, in qualche caso).
Tra essi vi è un buon difensore, prelevato dall’Atalanta: Daniele Filisetti.
Gioca prevalentemente da stopper, ma se la cava bene anche da terzino marcatore, sia a destra che a sinistra.
Beh, trattasi della fotocopia di Marco Saltarelli.
In tutto e per tutto, anche se Filisetti ha tre anni in più dell’altro.
Sarebbe un motivo valido per confermare pure Marco, in verità, magari sacrificando qualche altro elemento meno di prospettiva.
Però non va così ed in una fase storica in cui nel calcio comandano ancora le società, piuttosto che i calciatori ed i procuratori, ecco che Saltarelli viene inserito in un affare col Monza, che acquista sia lui che Ambu in cambio di un robusto assegno girato alla Lazio.
Marco accetta, invogliato da un buon contratto e spinto dalla convinzione che saprà farsi valere e che, prima o poi, potrà tornare a Roma e riconquistare la serie A da protagonista assoluto.
Non accadrà.
Mai più.
Sia per la prima che per la seconda ipotesi.
Niente Lazio e niente serie A, per il giocatore di Albano Laziale.
Marco Saltarelli riparte quindi da Monza, in una squadra che è reduce da un’ottima annata di B e che sogna la massima serie.
L’allenatore è Mazzetti e la rosa è abbastanza omogenea.
Molti mestieranti della cadetteria e qualche nome di spicco, diciamo così: l’attaccante Marronaro (anche lui ex Lazio), l’ottima mezzala Ronco, il solido mediano Papais, il futuro settepolmoni milanista Angelo Colombo, il bravo centrocampista Saini, gli ex difensori interisti Angiolino Gasperini e Guida, il funambolico trequartista Bolis, il grintoso interno Lorini, gli affidabili portieri Torresin e Mascella.
Saltarelli va a rafforzare il reparto difensivo dei lombardi, giocando quasi sempre da titolare.
Solitamente da terzino sinistro, ancora una volta.
“Bloccato”, nel senso che ha compiti di contenimento e raramente, molto raramente, scende sulla sua fascia, da fluidificante.
Il Monza non brilla e disputa una stagione al di sotto delle attese.
A metà stagione a Mazzetti subentra Magni che, seppur con qualche patema, riesce ad evitare ai brianzoli una sciagurata retrocessione in terza serie.
Nel calciomercato estivo del 1984 i monzesi danno il via ad una mini-rivoluzione, con un organico che vede ai nastri di partenza del nuovo torneo diverse facce nuove.
Tra queste ultime spiccano la duttile seconda punta Pagliari, il coriaceo mediano Boccafresca, la promettente mezza punta Pellegrini, il tenace terzino Catto, il risoluto laterale Tacconi.
Marco Saltarelli, al termine del campionato, è il calciatore più presente della rosa.
Non ne salta una che sia una, manco a pregarlo.
Il Monza chiude a metà classifica, mantenendo un buon margine sulla zona salvezza in un campionato oltremodo equilibrato.
In estate il difensore romano sogna il ritorno alla Lazio.
Le Aquile Biancocelesti sono retrocesse in B e Saltarelli sarebbe felicissimo di tornare all’ovile.
Non è tipo da proporsi, assolutamente.
Spera in una chiamata, in cuor suo.
Le cessioni di Manfredonia, Storgato, Miele e Vianello hanno liberato spazio nel settore arretrato dei Laziali.
Il neo allenatore Simoni ha chiesto ai suoi dirigenti di investire in profili di spessore, esperti della categoria e con mentalità vincente.
Il poderoso laterale di fascia mancina Magnocavallo e l’elegante libero Galbiati sono acquisti di indubbio valore.
Manca ancora qualcosina, però.
Marco Saltarelli sarebbe un nome spendibile, datosi che conosce bene sia l’ambiente che la categoria.
Però la Lazio vira sul giovane Calcaterra, scuola Inter, e conferma Calisti, Filisetti e Spinozzi, chiudendo -di fatto- al possibile ingaggio di altri rinforzi.
Il Monza, che non si sarebbe opposto alla partenza del suo giocatore, offre allo stesso il rinnovo di contratto, a dimostrazione della stima e dell’affetto che i brianzoli nutrono nei confronti di un ragazzo che si è fatto apprezzare per l’impegno che profonde sul manto verde e per la serietà dell’uomo, prima ancora che dello sportivo.
Nel torneo di B 1985-86 Saltarelli è nuovamente il giocatore con più presenze della rosa monzese.
I biancorossi incappano però in una stagione balorda, caratterizzata da un pessimo rendimento in trasferta e da un mediocre andamento nelle gare interne.
L’esito è immancabilmente deprimente, col Monza che retrocede senza opporre resistenza, finendo addirittura ultimo.
A nulla serve la disperata chiamata del tecnico Carosi -in luogo di Magni- al capezzale dei lombardi, che pure avevano confermato il nucleo storico e, inoltre, erano riusciti ad ingaggiare alcuni elementi di indiscutibile valore come il noto fantasista Beccalossi ed il rodato centravanti Antonelli, oltre a lanciare alcuni giovani interessanti, in primis il futuro attaccante della Nazionale, Casiraghi.
La caduta in C è una bella mazzata, per il popolo biancorosso.
C’è enorme voglia di rivalsa e la presenza del nuovo tecnico, Pasinato, è una garanzia in tal senso, poiché parliamo di un allenatore che in terza serie ha ottenuto risultati davvero prestigiosi.
La scafata punta Auteri, il promettentissimo difensore Costacurta -in prestito dal Milan- ed il valente centrocampista Maragliulo vanno a rinforzare un team che punta alla vittoria del proprio girone di C1.
Ma la concorrenza è spietata: Piacenza, Padova, Reggiana e Spal sono le maggiori indiziate per la promozione e difatti, proprio in quest’ordine, si chiude il campionato.
Il Monza è quinto, distante dalle prime.
Marco Saltarelli è titolare, per quanto gli tocchi saltare alcuni match, a causa di piccoli infortuni.
In estate, nell’ultima annata che il Monza disputa al vecchio Stadio Gino Alfonso Sada -il nuovo Brianteo, oggi U-Power Stadium, è ormai pronto-, il nuovo allenatore Frosio richiede alcuni giocatori per il suo calcio improntato ad un modulo a zona, dinamico ed aggressivo.
In effetti, a fine stagione, ottiene la promozione in cadetteria e vince la Coppa Italia di serie C.
Marco Saltarelli è già altrove, comunque.
Le sue caratteristiche non si sposano molto col gioco praticato da Frosio ed il difensore romano, dopo un pourparler che non si concretizza col Padova, si riavvicina a casa, trasferendosi alla Sambenedettese e ritornando, quindi, in serie B.
Lascia Monza con un pizzico di malinconia, al termine di un quadriennio di militanza in maglia biancorossa.
Beniamino della tifoseria lombarda, per Marco si apre una nuova parentesi in uno stadio altrettanto passionale come il Riviera delle Palme, che ha da poco sostituito il vecchio impianto dedicato ai Fratelli Ballarin.
La Samb da qualche anno è ospite immancabile della lotta per la salvezza.
E Marco Saltarelli incarna mirabilmente il prototipo di calciatore che serve ai rossoblù per riprovare a mantenere la seconda categoria nazionale.
Terzino sinistro della vecchia scuola, quella in cui abitualmente spingeva uno solo dei laterali di fascia, il nostro è solitamente colui che presidia la tangenziale mancina della propria squadra.
Come detto, può agire anche da stopper e da marcatore sulla corsia opposta.
Insomma: in difesa può praticamente fare tutto.
O quasi, ecco.
In realtà non possiede la visione tattica -e neanche la padronanza tecnica, invero- per muoversi da libero, essendo abituato al riferimento dell’avversario, quando è in campo.
Difatti è un mastino che non molla mai, tenace e guerriero.
Un complemento ideale per ogni rosa che si rispetti, soprattutto in serie B, un torneo che conosce a menadito e nel quale diventa uno dei terzini più affidabili e continui nel rendimento.
Saltarelli cova a lungo il sogno della serie A e con la Lazio l’avrebbe anche ottenuta e meritata.
Purtroppo non gli capiterà l’occasione di cimentarsi nella massima serie, per quanto anche da lì siano passati elementi molto più scarsi del giocatore nativo di Albano Laziale.
Ragazzo serio e posato, il nostro Marco: allegro con i compagni ma serissimo allorquando è il momento di scendere in campo.
Corretto e deciso, non è soggetto a gravi infortuni.
Si allena sempre con grande professionalità e sul piano prettamente calcistico, pur non essendo velocissimo, si conferma terzino fidato ma, non essendo di spinta, poco incline al bonus.
Nessuna rete e pochissimi assist per lui, in carriera.
D’altronde le consegne sono rigide e lui le rispetta in pieno.
Sempre, sino in fondo.
Nelle Marche, agli ordini del mister Domenghini, Marco Saltarelli inizia da riserva, non essendo ancora in condizione.
Poi entra in squadra e non ne esce più, tranne che per bere il tè all’intervallo.
La Samb soffre, ma si salva anche grazie all’apporto di diversi buoni giocatori.
Il promettente portiere Ferron, il buon interno Luperto, la rapida ala Sinigaglia, lo sgusciante attaccante Mandelli, il navigato centrocampista Salvioni, l’imprevedibile punta Ginelli, il grintoso centravanti Faccini, il rude difensore Bronzini: il materiale per lottare non manca, Saltarelli incluso, per quanto il romano debba rifare le valigie, in estate.
La Sambenedettese, che nel biennio successivo sprofonderà in C2, lo cede infatti al Barletta.
Resta sull’Adriatico, Marco, firmando un biennale.
A Barletta ho svolto il CAR (centro addestramento reclute), un bel po’ di anni or sono.
Bei ricordi, davvero.
E pure all’ex Laziale il posto non dispiace affatto, così come la squadra.
Che è al suo secondo anno consecutivo in B, categoria mai raggiunta in precedenza dai pugliesi.
La formazione allenata inizialmente da Specchia e poi da Albanese, subentrato dopo poche giornate al primo, disputa un’ottima stagione, culminata con un dodicesimo posto che soddisfa pubblico ed addetti ai lavori.
Il Barletta gioca un calcio ordinato ed intenso, con una pleura di marpioni della categoria guidati da Beccalossi, Vincenzi, Magnocavallo e, per l’appunto, Saltarelli, anche se Marco salta una decina di partite per alcune noie di carattere fisico.
L’anno dopo le Furie Rosse arrancano all’inizio, poi carburano e, pur con qualche patema, conquistano un’altra salvezza grazie a mister Mario Corso, che subentra ad Albanese e conduce i suoi fuori dalle sabbie mobili.
Saltarelli stavolta le gioca quasi tutte ed insieme a parecchi nuovi arrivi (Angelini, Pedone, Strappa, Marcato, Gabrieli, eccetera) a fine stagione festeggia l’obiettivo centrato.
Come già accaduto al Monza, nell’anno in cui Marco Saltarelli saluta la compagnia la squadra retrocede in C.
Di certo è una doppia casualità, ma intanto al giocatore tocca organizzare un nuovo trasloco.
Continua l’opera di riavvicinamento a casa, comunque, datosi che la nuova squadra del terzino è il Perugia.
Gran bella piazza, che nel 1990 -anno del trasferimento di Saltarelli in biancorosso- milita in C1.
L’allenatore è Ammoniaci e la squadra è costruita per tentare la scalata alla B.
L’intento è nobile, ma il campo è di diverso avviso ed i grifoni chiudono quarti in graduatoria.
Va meglio dodici mesi più tardi, con un terzo posto che però ugualmente non basta a raggiungere la cadetteria.
Il difensore, che nella prima annata in terra umbra ha giocato pochissimo e che nella seconda è letteralmente scomparso dai radar, vive una complicatissima fase della propria esistenza.
Durante la prima stagione col Perugia ha difatti vissuto un dolorosissimo dramma personale, che giocoforza ha impattato enormemente su tutto il resto: Angela, la moglie di Marco, è deceduta dopo aver dato alla luce Lia, la secondogenita della coppia.
Una tragedia assurda, con la donna che dopo aver partecipato ad un matrimonio inizia ad avvertire una serie di fortissime fitte.
Essendo in stato di gravidanza, viene ricoverata all’Ospedale San Giuseppe, ad Albano Laziale, ma senza che il primario ed il suo primo assistente si preoccupino di visitarla, nonostante avessero la reperibilità.
Al mattino successivo, con colpevole ritardo, i due si palesano e si accorgono della gravità della situazione, decidendo di trasferire la paziente al San Giovanni di Roma, ove le viene praticato il parto cesareo per far nascere la piccola e poi viene sottoposta ad un disperato intervento chirurgico per tentare di fermare alcune emorragie interne.
Niente da fare, però.
Angela si spegne poche ore dopo, a soli ventinove anni, tra la inconsolabile disperazione del marito e dei suoi congiunti.
Marco crolla in uno stato di rabbia e devastazione che la successiva sentenza della Cassazione -che condanna il primario ed il suo assistente a due anni e due mesi di pena (sospesa) e ad un risarcimento di poco meno di cento milioni di lire ai familiari, evidenziando quindi in maniera netta che la donna sarebbe potuta essere salvata- non può far altro, per paradosso, che acuire.
Nella seguente annata il Perugia fa meglio, come detto, chiudendo sul podio, ma senza promozione.
Saltarelli si vede soltanto nelle foto del ritiro e negli ultimi minuti della gara interna col Monopoli, vinta per 2-0, alla diciannovesima giornata del torneo.
Poi qualche panchina ed una marea di tribuna, per lui.
Al termine del biennale firmato col Perugia, a Marco Saltarelli viene concessa la lista gratuita.
Il club umbro, passato nelle mani della famiglia Gaucci, ha altre idee sul mercato e saluta tutti coloro che non sono ritenuti utili alla causa.
Il calciatore prova a reagire, riflette su qualche proposta che gli giunge dai dilettanti, nella zona della capitale, poi si convince ad appendere le scarpette al chiodo e si ritira dal calcio giocato a soli trent’anni di età.
Scelta in parte sorprendente, tenendo conto sia dell’anagrafe che delle prospettive iniziali di carriera del difensore di scuola Lodigiani.
Purtroppo l’ultima fase della sua parentesi sportiva e personale è stata costellata da situazioni spiacevoli, in primis per la immane disgrazia di cui sopra, e la sua decisione è palesemente figlia delle circostanze in atto.
Perché Saltarelli deve occuparsi dei figli, innanzitutto.
Lo fa con l’aiuto della sua famiglia e di quella della sfortunatissima consorte.
Poi respira a pieni polmoni e riparte con la tigna che ha sempre mostrato in campo.
Anche fuori dal terreno di gioco si fa valere, riciclandosi come imprenditore.
Apre un locale sul litorale romano e vede apparire all’orizzonte un nuovo amore, dal quale scaturisce un’altra paternità.
Parrebbe un segnale di ritrovata serenità, dopo tanta sofferenza.
Ma il perfido fato è in agguato.
A poche ore di distanza dai festeggiamenti per il suo quarantaduesimo compleanno Marco Saltarelli è coinvolto in un gravissimo incidente: accade che dopo aver chiuso il suo locale, l’ex giocatore si offra di accompagnare a casa il cugino, che vive ad Ariccia.
Il parente aveva già un accordo con un amico, che però nel frattempo ha avuto un impegno ed è in ritardo.
Marco, in uno dei suoi rinomati eccessi di generosità, apre la portiera della sua Mercedes, invita il cugino ad entrare e parte velocemente, in modo tale da poterlo accompagnare a destinazione e non fare troppo tardi nel rientro a casa.
Forse proprio a causa dell’alta velocità, forse per una manovra avventata sulla carreggiata o forse per una distrazione, sulla strada che da Pomezia conduce a Santa Palomba la vettura dell’ex calciatore finisce per impattare violentemente contro un tir che stava facendo una inversione di marcia.
Saltarelli muore sul colpo, mentre il cugino -estratto con difficoltà dalle lamiere dell’auto- viene ricoverato in ospedale con prognosi riservata.
Un destino oltremodo crudele per un giovane padre di tre piccole anime e per un ragazzo generoso ed alla mano, che pure nei suoi periodi di maggiore notorietà non ha mai fatto pesare uno status di presunta fama ma si è sempre mostrato umile e, come si dice a Roma, veramente di cuore.
Come tanti altri suoi colleghi del tempo lo ricordo nelle strepitose figurine con le quali riempivo quei fantastici album dei calciatori che, da piccolino, mi facevano sognare, e con indosso una delle più belle casacche di sempre che, pure in bianco e nero, è una meraviglia.
Quell’anno alla Lazio fu per lui incredibile, poiché partì pochi mesi prima dai Dilettanti e si svegliò, con pieno merito, alle soglie di una serie A che lui stesso aveva contribuito a raggiungere.
Simpatizzante romanista da giovanissimo, Marco è entrato nella Storia della Lazio prendendosi la maglia da titolare in una stagione che, per varie ragioni, è ben presente nella memoria collettiva di molti tifosi, non solo Biancocelesti.
Vero: non è andata come avremmo sperato, sia lui che noi.
Assolutamente no, soprattutto per come è finita.
Ma se siamo qui a ricordare Marco dopo tanti anni, beh, vuol dire che in qualche modo è ancora qui con noi.
Sì, credo sia davvero così.
Marco Saltarelli: Destino crudele.
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