- La Mosca volante
Maurizio Moscatelli
“La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo“.
Una grande, grandissima verità.
Certo, di giocatori sfortunati la Storia del Calcio è piena.
Anzi: pienissima.
Maurizio Moscatelli, protagonista dell’odierno racconto, non è stato sfortunato come altri e non è stato neanche un fuoriclasse di quelli che tutti ricordano senza la benché minima esitazione.
Però a livello di sfiga è stato un Top: e la cattiva sorte lo ha colpito più volte, proprio mentre stava per spiccare il volo.
“O’cane mozzeca semp o’stracciat”, direbbero a Napoli.
E datosi che siamo in vena di proverbi, citiamo pure il più bello di tutti: “quando lo devi prendere in culo, il vento ti alza la camicia”, citazione romana corcionizzata.
Intro simpatica e pedagogica.
Bene.
Ora torniamo a noi.
Maurizio Moscatelli nasce a Cesena, nel marzo del 1955.
Romagnolo DOC, è un bambino educato ed intelligente.
A scuola va molto bene ed è bravo anche a giocare a calcio.
Timido come pochi altri, si diletta nel ruolo di portiere.
Giovanissimo, ma già ben presente a sé stesso, entra quindi a far parte del settore giovanile del Cesena, uno dei migliori della penisola.
Non ancora maggiorenne inizia ad affacciarsi in prima squadra, ma soltanto per gli allenamenti.
Difatti, chiuso dal mitico Boranga e dal solido Mantovani, viene prestato dodici mesi più tardi al Piacenza, col Cesena che acquista l’esperto Ernesto Galli per sostituire proprio l’infortunato Mantovani, piuttosto che puntare sull’ancora acerbo Moscatelli.
D’altronde i bianconeri giocano in serie A e negli anni settanta raggiungi certi livelli soltanto se sei davvero pronto per sostenere l’enorme pressione che un ruolo come quello del pipelet comporta.
Il Piacenza è invece in C e punta a salire in cadetteria.
Nel calciomercato autunnale chiede Moscatelli in prestito, ottenendolo.
L’innovativo mister dei biancorossi, Giovan Battista Fabbri, inizialmente affida le chiavi della porta piacentina a Lazzari.
Quando quest’ultimo ha un passaggio a vuoto, il buon Fabbri pensa a Chiaravalle, la sua riserva.
Poi, d’istinto, sceglie Moscatelli e non lo toglie più dai pali.
L’intuizione si rivela azzeccata ed il Piacenza, al termine di una cavalcata epocale, sbarca in serie B, grazie anche alle ottime prestazioni del giovane Maurizio.
I dirigenti romagnoli, su richiesta di Fabbri, rinnovano il prestito del portiere, che il Cesena concede volentieri per una ulteriore annata.
Il ragazzo continua il suo percorso di crescita e maturazione, incappando però in una stagione abbastanza turbolenta.
Difatti Fabbri, per la seconda serie nazionale, pretende l’acquisto di un altro estremo difensore, Candussi, che già ha allenato a Giulianova.
Lazzari viene spedito al Taranto e Moscatelli fa da secondo, col giovane Agostinelli a chiudere il cerchio da terzo.
La squadra viene rinforzata con raziocinio, sebbene in attacco manchi un bomber di peso, vista la cessione di Zanolla alla Ternana.
Il Piacenza, dopo un inizio balbettante, si attesta comunque a metà classifica.
A poche giornate dal termine parrebbe salvo, mentre nel finale invece inanella una serie di sconfitte consecutive che lo portano ad un’inopinata retrocessione.
Maurizio Moscatelli gioca poco (6 gare), a causa di scelte tecniche e di persistenti fastidi alla schiena, ed in estate ritorna alla casa madre per essere subito girato, ancora in prestito, allo Spezia.
Coi liguri, allenati dal coriaceo Sonetti, si rimette in piena forma ed ottiene un apprezzabile terzo posto finale, venendo inoltre premiato come miglior portiere della C, oltre a ricevere la convocazione per la Nazionale di categoria.
Il Cesena, nel frattempo precipitato in B, lo richiama a casa ed ingaggia l’allenatore Marchioro, non nascondendo velleità di promozione.
La rosa, in effetti, è composta da diversi ottimi elementi: i difensori Oddi (Campione d’Italia con la Lazio nel 1974), Cera (ex Nazionale e scudettato col Cagliari di Gigi Riva, nel 1970), Ceccarelli e Lombardo, ad esempio.
Oppure i centrocampisti Rognoni, Beatrice, Pozzato.
Gli attaccanti Petrini e Bonci, inoltre.
E poi i tanti giovani presenti nel roster, come De Falco, Arrigoni, Zuccheri e Piangerelli.
I portieri sono il collaudato Bardin, titolare, ed appunto Moscatelli, la sua riserva.
Il giovane Maurizio trova comunque il suo spazio (11 presenze) in una stagione decisamente interlocutoria, per i bianconeri, chiusa a distanza siderale dalle zone dedicate alla lotta per la promozione.
Va peggio nell’annata successiva, allorquando il Cesena si salva con qualche patema dalla caduta in C.
Il lancio di alcuni giovani interessanti non basta a regalare alla squadra guidata dal neo-tecnico Cadé il salto di qualità sperato dalla dirigenza romagnola.
Maurizio Moscatelli, inizialmente destinato a far da rincalzo al nuovo portiere Graziano Piagnerelli (prelevato dal Vicenza), viene ceduto a titolo definitivo alla Pistoiese in un maxi affare che oltre al suddetto coinvolge i difensori Lombardo e Bittolo ed il centrocampista Rognoni.
In cambio vanno agli arancioni il portiere Settini ed i centrocampisti Dossena e Fabiano Speggiorin.
A volere Moscatelli è il bravo mister Riccomini, che è appena riuscito nell’impresa di mantenere i suoi in B dopo essere subentrato all’altrettanto valido collega Bolchi, che aveva cominciato la stagione ottenendo risultati non all’altezza delle aspettative.
Nella meravigliosa Toscana Maurizio Moscatelli trova un ambiente tranquillo ed un portiere di riserva esperto e pronto a dargli consigli importanti: Lido Vieri.
La Pistoiese, con gente di livello come Frustalupi, Rognoni, Borgo, Stefano Di Chiara, Capuzzo, Venturini, Torrisi, Saltutti e Mosti, gioca un calcio sbarazzino ed efficace, sfiorando addirittura la promozione in serie A.
Moscatelli gioca tutte le gare e lo fa in modo impeccabile, abbassando la saracinesca di una compagine che subisce davvero poche reti.
Si ripete anche nella stagione successiva, con la Pistoiese che centra alcuni ottimi rinforzi (Berni, Lippi, Guidolin, Salvatori, Luppi, Cesati) e chiude al secondo posto in graduatoria, cogliendo una straordinaria promozione in serie A.
Per Maurizio Moscatelli, venticinquenne, è il coronamento di un sogno e di un percorso di crescita lineare ed incessante.
La Mosca volante, come lo chiamano affettuosamente gli amici, viene eletto miglior giocatore del campionato (riceve il prestigioso premio Guerin d’Oro) e, di conseguenza, pure miglior portiere della stessa competizione.
Il cesenate è ambito da parecchie società, sia di cadetteria che di massima serie.
La Pistoiese chiede un miliardo di lire, per liberarsene.
Molti abdicano, alla richiesta.
Altri riflettono, sul da farsi.
A cercarlo con insistenza è soprattutto la Lazio, che gioca in A.
Piazza esigente, complicata, intrigante.
Moscatelli ci pensa su: non vorrebbe lasciare un ambiente che adora e che lo adora, ma l’idea di trasferirsi nella capitale e disputare la massima serie, beh, lo alletta non poco.
A Pistoia ha conosciuto anche una fanciulla del quale si è innamorato e che diventerà presto sua moglie.
Il momento è bellissimo, insomma, e Maurizio lo vive con vivo trasporto e con notevole emozione.
Decide quindi di accettare il corteggiamento dei biancocelesti e firma un contratto che prevede un compenso di poco inferiore ai quaranta milioni di lire annui, circa il doppio di quanto percepito nella Pistoiese.
Quest’ultima per il cartellino del suo portiere riceve in prestito i centrocampisti Agostinelli e Badiani ed incassa un bel malloppo (oltre cinquecento milioni), girandone una parte alla Ternana per prelevare Mascella, sostituto di Moscatelli, che nella susseguente annata ben poco potrà per evitare all’Olandesina il rapido ritorno in cadetteria.
Maurizio invece sbarca a Roma in piena bufera societaria.
Lo scandalo del cosiddetto Totonero coinvolge i romani e li declassa inesorabilmente in B.
Parecchi calciatori decidono di lasciar cadere l’accordo con i biancocelesti, mentre altri cercano di monetizzare la situazione, chiedendo un aumento per restare a giocare in seconda divisione.
Moscatelli, ragazzo serio e riservato, non alza la voce.
Rimpiange la A, ma è sicuro di poterla conquistare in futuro, sia con la maglia della Lazio che, eventualmente, con altre casacche.
In quel momento non può neanche lontanamente immaginarlo, ma non accadrà mai.
A Roma il direttore sportivo Moggi e l’allenatore Castagner provano ad allestire una squadra che possa tentare l’immediata risalita in massima serie.
Ed in effetti la rosa sembra ben attrezzata per poter competere sino alla fine per la promozione.
Il portiere è Moscatelli e ce lo siamo detti.
In difesa ci sono Citterio, Mastropasqua, Spinozzi, Perrone, Pochesci, Ghedin.
A centrocampo Bigon, Viola, Montesi, Sanguin, Greco.
Davanti Chiodi, Garlaschelli, Marronaro.
Le squalifiche (calcio scommesse) dei due campioni veri della squadra, Giordano e Manfredonia, e del portiere Cacciatori, l’infortunio e la sospensione (calcio scommesse e problemi disciplinari) del valido Montesi, oltre alla forzata cessione di D’Amico al Torino, generano un vortice interno che in qualche modo viene aggirato, seppur a fatica, con la Lazio che lotta per la promozione.
Se non fosse che un rigore sbagliato dallo specialista Chiodi, nel match decisivo contro il Vicenza alla penultima giornata del torneo, finisce per affossare definitivamente i sogni di gloria dei Laziali, condannandoli a dover trascorrere un’altra stagione nel purgatorio della B.
Per quel che concerne il nostro Maurizio Moscatelli, beh, le cose non vanno per il verso sperato.
Tutt’altro.
Le cose vanno disastrosamente male, per usare un eufemismo.
Perché il cesenate, che ben aveva figurato nelle prime gare di campionato, si rompe il tendine d’Achille della gamba sinistra alla tredicesima giornata, in quel di Monza.
In Brianza fa un freddo cane e siamo a dicembre: il portiere sale in cielo per agguantare una sfera che ballonzola nella sua area ed avverte una fitta fortissima.
Si accascia immediatamente al suolo, in preda al lancinante dolore, e spiega a compagni e staff medico di aver sentito come un colpo secco, simile ad una sassata.
Ovviamente esce dal terreno di gioco e, sin dall’immediatezza del fatto, si parla di una pietra lanciata dagli spalti che avrebbe colpito il portiere della Lazio.
Una rapida ricerca sul terreno di gioco, unitamente alle dichiarazioni dello stesso calciatore biancoceleste e di compagni ed avversari, chiarisce subito la dinamica degli avvenimenti.
Per quanto la leggenda metropolitana del sasso tirato dalle gradinate continui a riecheggiare nel tempo.
Sia quel che sia, Maurizio Moscatelli chiude anzitempo la stagione e finisce sotto i ferri, sostituito dapprima dall’esperto Nardin e poi, dopo qualche incertezza di quest’ultimo, dal giovane Marigo.
Ad operare Moscatelli è il dottor Lamberto Perugia, un vero e proprio luminare.
Nonostante ciò, dopo sei mesi ed un bel po’ di riabilitazione, Maurizio sente ancora dolore.
Le analisi evidenziano che l’operazione non ha avuto esito positivo e che bisogna nuovamente mettere mano al bisturi.
Gli tocca ricoverarsi nuovamente a Villa Bianca e rioperarsi, quindi, proprio nelle settimane in cui il giocatore sperava di poter tornare ad allenarsi con la squadra.
Una mazzata tremenda, per il pipelet romagnolo.
Nel frattempo la Lazio, che ha ceduto Nardin al Foggia e si è ripresa il portiere Campione d’Italia nel 1974, Pulici, disputa una stagione mediocre, con Castagner che viene esonerato in corso d’opera ed è sostituito da Clagluna, senza che le cose migliorino più di tanto, ad onor del vero.
Le reti del talentuosissimo D’Amico, tornato all’ovile, non bastano a dar continuità alla causa biancoceleste.
Pulici e Marigo si alternano nella porta della Lazio fin quando non rientra Moscatelli, che offre anche il suo contributo per evitare guai peggiori, con una classifica cortissima che si “tranquillizza” soltanto alla penultima giornata grazie alla tripletta proprio di D’Amico, che affossa il Varese e fa respirare gli Aquilotti.
Maurizio disputa le ultime cinque gare della stagione pure con l’intento di riassaporare il campo e prepararsi per l’annata successiva, quella che dovrà riportare il club romano nella categoria regina del calcio italiano.
E così andrà, anche per via della vittoria dell’Italia nel Campionato del Mondo in Spagna del 1982.
Trionfo che, di fatto, si trasforma in amnistia per i giocatori squalificati, che possono tornare quindi in attività.
Una Lazio con Giordano e Manfredonia, oltre a Cacciatori, è ben altra storia rispetto alla stessa compagine senza i suoi migliori elementi.
La dirigenza biancoceleste prova a convincere pure Pino Wilson, storico capitano del 1974 ed anch’egli riabilitato dall’amnistia di cui sopra, a rientrare nei ranghi.
Niente da fare, però.
Si decide quindi di rinforzare la rosa con giocatori di qualità come Podavini, Vella, Ambu, Tavola ed altri ancora.
In porta arriva Orsi, dal Parma, mentre Pulici decide di ritirarsi dall’attività agonistica, dedicandosi ad allenare la Primavera Laziale ed entrando poco dopo nell’organigramma societario.
Sul campo Clagluna, confermato in panca, conduce i suoi al secondo posto finale, che vale l’agognato ritorno in serie A.
Bruno Giordano segna, D’Amico inventa, Manfredonia equilibra ed Orsi preserva.
A larghe linee questa è la ricetta vincente di una Lazio che, pur con qualche sofferenza, centra il bersaglio grosso.
Maurizio Moscatelli accumula solamente cinque presenze totali, chiuso dal succitato Orsi col quale, come accaduto già con Marigo, stringe una solida amicizia, basata sulla stima e sul rispetto reciproco.
D’altronde il cesenate, finalmente ristabilitosi dai suoi guai fisici, inizia la stagione con i galloni da titolare.
Poi, complice un rapporto che non decolla mai con i leader del team, Giordano e Manfredonia, viene fatto fuori dopo la terza gara di campionato, giocata col Monza, ironia della sorte, in cui in verità l’estremo difensore sbaglia un’uscita e regala il gol del vantaggio ai brianzoli, poi raggiunti sull’1-1 da un rigore messo a segno da Bruno-gol.
Nel match successivo contro la Sambenedettese accade poi che Orsi, comunque portiere di valore, decida di trasformarsi in Jashin e di impossessarsi del ruolo, sino a fine stagione.
Moscatelli sprofonda in panca senza collezionare altre presenze, mentre il navigato Cacciatori -dalla tribuna- chiude il reparto dei portieri biancocelesti.
In estate la Lazio, per la serie A, decide di attuare una sorta di rivoluzione, cambiando parecchi giocatori.
In porta la dirigenza e lo staff tecnico optano invece per la continuità affidandosi ai confermati Orsi e Cacciatori, che si alterneranno nel ruolo col guardiapali della Primavera, Ielpo, a fungere da terzo.
Marigo, tornato dal prestito al Perugia, viene dirottato al Campania senza biglietto di ritorno.
Maurizio Moscatelli rientra invece in un maxi scambio con la Cavese: si trasferisce a Cava dei Tirreni insieme ai giovani difensori Calisti e Sciarpa, mentre il centrocampista Cupini compie il percorso inverso.
Per il buon Maurizio la serie A è oramai un tabu.
Dagli Aquilotti Laziali agli Aquilotti metelliani è un bel salto.
Moscatelli va a Cava a sostituire Paleari, venduto ai cugini del Palermo, e vive la sua settima annata consecutiva in cadetteria.
La Cavese, che solamente pochi mesi prima pareva una compagine destinata a lottare per traguardi ambiziosi, becca una stagione disastrosa, cambiando allenatori come fossero mutande e retrocedendo in C senza passare dal via.
Moscatelli divide la porta col collega Oddi (girone d’andata per il primo, girone di ritorno per il secondo) e ne diventa amico, aprendo insieme a lui un’attività a Milano Marittima, tempo dopo.
A livello tecnico il torneo disputato a Cava dei Tirreni è deludente, per il calciatore di Cesena.
La verità, dura da ammettere ma ormai evidentissima, è che da quel maledetto infortunio di Monza -e dal conseguente calvario- l’ascesa di Maurizio, sino a quel momento inarrestabile, si è bruscamente interrotta finendo per trasformarsi in una inconvertibile decadenza.
Slanciato e smilzo, come si usava un tempo per essere pronti a volare da palo a palo.
E parecchio timido, di indole.
Forse troppo per esprimersi al meglio in un ruolo ove possedere la faccia come il culo -o disporre di una sana dote di sfacciataggine, per dirla con garbo- è fondamentale al fine di imporsi in un calcio che negli spogliatoi, ancor prima che sul terreno di gioco, stabilisce spesso le proprie regole e gerarchie.
Ma attenzione: Maurizio Moscatelli non è affatto privo di personalità.
Anzi: tornare a giocare dopo quello che ha passato è sintomo di carattere vero.
Pure quando si tratta di comandare la difesa non si tira certo indietro, eh.
Ad inizio carriera fa incetta di premi personali e di vittorie di squadra.
Poi, per mera sfortuna, si sfascia il tendine d’Achille ed inizia una lunga tribolazione che gli tarpa le ali, maledettamente.
Atletico e sicuro, tecnicamente eccelso, il cesenate è un estremo difensore che abbina solidità ed istinto, cercando sempre di essere più efficace che spettacolare.
Un pragmatico che punta a vincere, piuttosto che a sorprendere.
Nelle uscite basse è coraggioso, in quelle alte un pizzico più prudente.
Tra i pali è attento e concentrato, in ogni frangente di gara.
Con gli allenatori ha un rapporto improntato al massimo rispetto.
I compagni, anche i suoi contendenti nel ruolo, sono fratelli.
Maurizio è davvero un ragazzo d’oro e nel calcio questo si trasforma -non di rado- in un limite talvolta invalicabile.
Senza quel dannato infortunio, che oltretutto ha dato il là a tutta una serie di altre problematiche fisiche, Moscatelli sarebbe probabilmente stato destinato a militare in serie A per un bel po’ di tempo.
Quel giorno a Monza, oltre al tendine, nel ragazzo si è rotto anche qualcos’altro, a livello psicologico.
Ed un portiere che perde sicurezza, fosse anche in minima parte, è come un attore porno col pisello altalenante: brutta, bruttissima storia.
Nel 1984, ventinovenne, Maurizio Moscatelli si accasa alla Pistoiese, ritornando in maglia arancione.
Spera di rinverdire i fasti del passato, probabilmente.
Riparte dalla serie C1, senza peraltro riuscire a conquistare la maglia di titolare che finisce sulle spalle di Riccetelli, scuola Roma, e saltuariamente su quelle di Gambino, prodotto della Primavera del Milan.
La Pistoiese, composta da diversi calciatori di indubbio valore (Borgo, Parlanti, Garritano, Piraccini, Berni, Di Stefano, Gasperini, Tendi, Perugi, Mitri, Zuccheri, Apolloni, Baldini, eccetera), centra incredibilmente la seconda retrocessione consecutiva, finendo in C2.
Ironia della sorte, Moscatelli non gioca a causa di un grave infortunio ai legamenti del ginocchio occorsogli ad inizio stagione in un match di Coppa Italia contro la Lazio, al Flaminio.
I tifosi biancocelesti lo accolgono affettuosamente, memori della speranza di avere un portiere forte e futuribile in squadra, pochi anni or sono.
Lui si emoziona parecchio, anche perché a Roma ha sognato la gloria e nella capitale gli è nata una figlia.
Manco a dirlo, durante la partita becca due reti e poi si scontra col danese Laudrup, infortunandosi e lasciando il campo.
La gara termina con la vittoria dei romani, per 3-1, ed il cesenate salta praticamente tutta l’annata.
Tra Maurizio Moscatelli e la Lazio non era proprio destino.
Nel 1985, lasciato libero dalla Pistoiese, Moscatelli firma per l’Ancona.
C1, allenatore Bruno Pace.
Squadra di valore, che non carbura come sperato e che resta invischiata a metà classifica, senza sussulti.
Il portiere è Recchi, ex vice di Zenga all’Inter ed a lungo a difesa della porta del Cesena, anni prima.
Maurizio gli fa da fidato rincalzo, scendendo in campo in una sola occasione.
L’Ancona lo confermerebbe volentieri, ma il cesenate ha voglia di giocare e per questa ragione si accasa alla Vis Pesaro, neopromossa in C2.
Il mister è Nicoletti ed in campo c’è un bel mix tra marpioni della categoria e giovani rampanti.
Grazie ai gol di un imberbe Marco Nappi ed alle parate di un Maurizio Moscatelli finalmente tornato ad essere protagonista, la Vis Pesaro vince il campionato e sale in C1.
In questa stagione l’ex Laziale fa anche da chioccia ad un promettente prodotto del vivaio del Cesena, Alberto Fontana, che negli anni a venire avrà una importante carriera ai massimi livelli del calcio tricolore e che si trova a Pesaro in prestito, per maturare esperienza.
Moscatelli resta in maglia biancorossa pure nella stagione seguente, conclusa con un buon ottavo posto in classifica.
Quindi si sposta di una trentina di chilometri, accordandosi col Riccione (C2).
Pochissime presenze e retrocessione a fine anno, mitigata dal successivo ripescaggio in quarta serie.
In estate per Maurizio arrivano alcune offerte dall’Interregionale (l’attuale Campionato Nazionale Dilettanti).
Lui riflette, poi appende gli scarpini al chiodo.
Trentacinquenne, si rende conto che il meglio è oramai alle spalle ed ha voglia di cimentarsi nel ruolo di preparatore di portieri, come molti suoi colleghi.
Inizia a lavorare per il Cesena e per una decina d’anni svolge la mansione di cui sopra.
Quindi, per quasi altre dieci stagioni, si occupa dei ragazzi nel settore giovanile dei bianconeri.
Infine si dedica totalmente alla famiglia, mettendo a riposo quella gamba malandata che ancora gli ricorda ciò che sarebbe potuto essere e che, purtroppo, non è stato.
La mia memoria è vivida, pensando a quanto mi gasava leggere sul Corriere dello Sport, il mio pane quotidiano dell’epoca, di Moscatelli alla Lazio.
Inizialmente come acquisto e poi, man mano, come possibile rientro, rinforzo, ritorno e tutta la dannata trafila che per un triennio ha visto Maurizio al centro di una scena che, per un motivo o per l’altro, non si è mai veramente concretizzata.
Lui e Marigo, dal punto di vista onomatopeico (sì, lo so…), sembravano garantire alla porta della mia Lazio un futuro radioso e sereno.
Indossando una casacca -quella biancoceleste dei primi anni ottanta- che rimarrà indelebile nella memoria collettiva di parecchi appassionati di calcio, per quanto era bella ed iconica.
Invece è andata diversamente.
Molto diversamente, per essere precisi.
Oggi Moscatelli si gode il meritato riposo, insieme alla sua signora Angela.
Segue con simpatia le sue ex squadre e tifa soprattutto per il Cesena, come la sua erede Martina.
Ama viaggiare ed è impegnato nel sociale, a conferma della bella persona che è.
Quando qualche fanciullo sognante ed intenzionato a giocare in porta gli chiede un consiglio, lui c’è sempre.
Con la caviglia malandata che ancora gli crea fastidi, certo, ma anche col cuore gonfio di passione che ancora lo fa palpitare, come ai vecchi tempi.
Peccato che la sfiga ci abbia voluto mettere lo zampino, altrimenti sarebbe stata tutta un’altra storia.
Una storia importante.
Perché in fondo mancò la fortuna, non il valore!
Maurizio Moscatelli: la Mosca volante.
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